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domenica 28 febbraio 2016

303) CRONISTORIA ITALIANA DAL 1940 AL 1945

LO SCRITTORE ARRIGO PETACCO RACCONTA DETTAGLIATAMENTE MESE PER MESE LA VITA QUOTIDIANA DEGLI ITALIANI (E GLI EVENTI BELLICI) DAL 10 GIUGNO 1940 AL 25 APRILE 1945, CIOÈ NEGLI ANNI DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE.


Lo scrittore, giornalista e storico Arrigo Petacco, già direttore de "La Nazione", de "La Storia Illustrata" e dello "Speciale Tg1", ha pubblicato un libro che racconta la vita quotidiana degli italiani dal 10 giugno 1940 al 25 aprile 1945: negli anni del Secondo Conflitto Mondiale. Si tratta di una piccola enciclopedia che, mese per mese nei cinque anni di guerra, narra la vita della gente comune, impegnata nella lotta per la sopravvivenza, tra i bombardamenti e tra la quantità di cibo scarso e razionato. Pochi prima d'ora avevano affrontato gli anni dell'ultima guerra in Italia da questo punto di vista: infatti i principali storici mettevano e mettono in primo piano gli eventi bellici e politici di quegli anni. 
                                                                                                   
Come tutti sapranno i cinque anni di guerra italiani sono divisi in due fasi: giugno 1940 - settembre 1943, con il Regno d'Italia parte integrante dell'Asse Roma - Berlino (e successivamente) Tokyo, in guerra contro gli Alleati (Francia e Gran Bretagna prima, Unione Sovietica e Stati Uniti dopo); settembre 1943 - aprile 1945, con la guerra (civile e non) nel territorio italiano diviso in due: occupato dai tedeschi al nord, in collaborazione con i fascisti, e dagli Alleati al sud con a fianco il governo monarchico. Nella prima fase di guerra può essere individuata un'altra parte che porta così a tre le divisioni dei periodi di guerra dell'Italia: 1940 - 1941 guerra parallela (indipendente) italiana all'interno dell'Asse, 1941 - 1943 guerra congiunta italo - tedesca (dopo le prime sconfitte italiane in Africa ed in Grecia nel primo anno). 

Già da mesi, prima del giugno 1940, si facevano le prove sugli allarmi aerei e si costruivano i rifugi; puntualmente i bombardamenti sulle città italiane settentrionali  iniziarono subito dopo il 10 giugno 1940 e ci furono alcune vittime. Roma invece fu risparmiata dalle bombe fino al 1943: per rispetto dei suoi millenari monumenti e del Papa. Il primo militare caduto fu il milanese Carlo Milinverni che era impegnato sul fronte francese. Complessivamente l'Italia ebbe tra il 1940 ed il 1945 circa 450.000 morti (300.000 militari e 150.000 civili), un numero inferiore rispetto ai caduti italiani tra il 1915 ed il 1918 (600.000 e quasi tutti militari) e altresì un numero inferiore rispetto ai caduti degli altri stati europei nella Seconda Guerra Mondiale: ad esempio l'Unione Sovietica ebbe oltre 23 milioni di morti e la Germania oltre 7 milioni. In Italia gli effetti dei bombardamenti furono inferiori in confronto al resto d'Europa: per il fatto che le case erano costruite in pietra e ciò limitava il dilagare delle fiamme, ma quando una o più bombe cadevano nelle vicinanze dei rifugi antiaerei, spesso non c'era nulla da fare e si faceva la fine dei topi. Chi poteva fuggiva dalle grandi città e si rifugiava nelle campagne, già dall'estate del '40: i quotidiani cercavano di minimizzare, visto che tutti dicevano che la guerra sarebbe durata poche settimane (molti si affrettavano ad arruolarsi con la speranza di fare in tempo), dicendo che la fuga dalle città era una corsa anticipata alle vacanze. I giornali non descrivevano realmente la situazione sui vari fronti, particolarmente quando le nostre forze armate erano in difficoltà: quando c'erano le sconfitte non se ne parlava e si dava risalto ai successi dell'Asse nei fronti ove non era impegnata l'Italia. "L'Albo della Gloria" era una rubrica dei fogli d'informazione che riportava i nominativi dei nostri militi caduti in combattimento (alcune volte pubblicavano anche le fotografie), successivamente si limitò a fornire solamente i numeri dei morti, dei feriti e dei dispersi. Dei fatti di cronaca nera non se ne parlava sui media di allora: si dava notizie solo delle sentenze di morte, mediante fucilazione, per i reati più gravi, come gli omicidi, lo spionaggio militare pro - Alleati e in alcuni casi la borsa nera. Nel cuore della guerra, dopo circa vent'anni ricominciarono gli scioperi nelle fabbriche. I contadini e gli operai non avevano la certezza di conservare il posto di lavoro, una volta terminato il conflitto, spogliati dalle vesti militari e tornati alla vita civile, potevano solo sperare sul buon cuore dei padroni; gli impiegati invece erano privilegiati da quel punto di vista.

alcuni manifesti invitanti al silenzio, onde evitare lo spionaggio nemico

Nonostante la guerra e le privazioni, gli svaghi e i divertimenti fino al 1943 non mancarono: cinema, teatro, campionati di calcio, ciclismo, Mostra del Cinema di Venezia.  Quando i militari tornavano a casa per le licenze, davano ai familiari un quadro reale della situazione sui fronti e nelle retrovie, smentendo le visioni fasulle dei giornali, dei cinegiornali e della radio. Il fenomeno della Resistenza, cioè della guerriglia interna contro gli occupanti, nacque nella Seconda Guerra Mondiale: gli Italiani, prima di ritrovarsela in casa, la fronteggiarono in Jugoslavia ed in Grecia. I civili in Italia avevano diritto a una quantità modesta di cibo al mese, bisognava avere un'apposita tessera, ma chi era benestante illegalmente ricorreva alla borsa nera e nelle campagne si soffriva meno la fame. Anche i ristoranti dovettero adeguarsi alla magra di quel tempo di guerra. In quegli anni si inventavano cibi alternativi: surrogati di caffè, sigarette con comuni foglie, pane non fatto col grano e la farina, la biancaspuma, che sostituiva il latte e lo zucchero; si realizzarono metodi alternativi ala legna da ardere per scaldarsi, come ad esempio bagnare la vecchia carta, farla asciugare. Nelle città saltarono fuori i ciclotaxi, il cuoio fu bandito dalle suole delle scarpe e fu sostituito dal cartone. Si raccoglieva metallo ovunque, anche spogliando le recinzioni dei parchi pubblici, per realizzare cannoni ed altre armi da guerra. Nelle aree verdi pubbliche delle città nacquero gli orticelli di guerra. Le inserzioni sui giornali, con l'avanzare della guerra, si intensificarono: la gente comune metteva in vendita quasi tutti gli averi per comprare cibo. Con l'arrivo degli Alleati al sud la grande fame in un primo momento si attenuò. Sono descritti i noti episodi della Resistenza e della "Campagna d'Italia": incursioni partigiane, rappresaglie, combattenti di Salò, del Regno del Sud, Anzio, Montecassino, liberazione di Roma, di Firenze, del Nord, uccisione di Mussolini. Non solo i tedeschi, anche gli americani alcune volte si macchiarono di crimini contro i civili, ma a differenza dei primi, quando venivano scoperti, i loro comandi li processavano e li condannavano a morte; non si può dire altrettanto per i marocchini. Con il ripristino dell'autorità monarchica a Roma anche il direttore del carcere di Regina Coeli, Pietro Caruso, fu processato e condannato a morte per collaborazionismo con i tedeschi, mentre il suo vice fu linciato dalla folla. 

Insomma questo volume è un bel lavoro. Ora non so come l'autore del libro la pensi politicamente, ma sembra che sia molto obbiettivo: descriva gli eventi come cronaca senza schierarsi.

mercoledì 24 febbraio 2016

302) I SOLITI DEPRIMENTI DATI ISTAT

LE STATISTICHE SULLA POPLAZIONE ITALIANA NON CAMBIANO MAI DI ANNO IN ANNO: SEMPRE MENO NASCITE, SEMPRE PIÙ ITALIANI IN FUGA, SEMPRE PIÙ ANZIANI E SEMPRE PIÙ STRANIERI. PER LA POLITICA È TUTTO NELLA NORMA: NON PRENDE PROVVEDIMENTI PER LA SALVAGUARDIA DELLA NOSTRA IDENTITÀ, DELLA NOSTRA CIVILTÀ, PRIMA CHE SIA TROPPO TARDI.


Indicatori demografici

Al 1° gennaio 2016 la popolazione in Italia è di 60 milioni 656 mila residenti (-139 mila unità). Gli stranieri sono 5 milioni 54 mila e rappresentano l'8,3% della popolazione totale (+39 mila unità). La popolazione di cittadinanza italiana scende a 55,6 milioni, conseguendo una perdita di 179 mila residenti.

I morti sono stati 653 mila nel 2015 (+54 mila). Il tasso di mortalità, pari al 10,7 per mille, è il più alto tra quelli misurati dal secondo dopoguerra in poi. L'aumento di mortalità risulta concentrato nelle classi di età molto anziane (75-95 anni). Il picco è in parte dovuto a effetti strutturali connessi all’invecchiamento e in parte al posticipo delle morti non avvenute nel biennio 2013-2014, più favorevole per la sopravvivenza.

Nel 2015 le nascite sono state 488 mila (-15 mila), nuovo minimo storico dall’Unità d'Italia. Il 2015 è il quinto anno consecutivo di riduzione della fecondità, giunta a 1,35 figli per donna. L'età media delle madri al parto sale a 31,6 anni.

Il saldo migratorio netto con l'estero è di 128 mila unità, corrispondenti a un tasso del 2,1 per mille. Tale risultato, frutto di 273 mila iscrizioni e 145 mila cancellazioni, rappresenta un quarto di quello conseguito nel 2007 nel momento di massimo storico per i flussi migratori internazionali. Le iscrizioni dall’estero di stranieri sono state 245 mila e 28 mila i rientri in patria degli italiani. Le cancellazioni per l'estero riguardano 45 mila stranieri e 100 mila italiani.

Gli ultrasessantacinquenni sono 13,4 milioni, il 22% del totale. In diminuzione risultano sia la popolazione in età attiva di 15-64 anni (39 milioni, il 64,3% del totale) sia quella fino a 14 anni di età (8,3 milioni, il 13,7%). L’indice di dipendenza strutturale sale al 55,5%, quello di dipendenza degli anziani al 34,2%.

Diminuisce la speranza di vita alla nascita. Per gli uomini si attesta a 80,1 anni (da 80,3 del 2014), per le donne a 84,7 anni (da 85). L'età media della popolazione aumenta di due decimi e arriva a 44,6 anni.




È monotono ascoltare o leggere ogni volta i dati che elabora l'Istat: anziani e stranieri in aumento, italiani e natalità in diminuzione; non si verifica mai una controtendenza. La denatalità in sé farebbe pure bene al paese, perché eviterebbe il sovraffollamento in un territorio con un'alta densità di popolazione, se non fosse per la vita media che si allunga sempre di più, di conseguenza c'è una massiccia fascia di pensionati da mantenere, e se non fosse che fuori dell'Europa la popolazione cresce a ritmi vertiginosi: in futuro ci sarà il rischio di venire schiacciati e cancellati. L'Asia sta registrando una lieve frenata alla natalità, l'Africa no. La Cina ha abolito l'obbligo del figlio unico: nasceranno altri centinaia e centinaia di milioni di cinesi, molti dei quali saranno stivati nei sottoscala per venti ore al giorno a produrre robaccia. La politica in Italia, in Europa, anziché mettere al centro della propria agenda la famiglia, l'incitamento alla procreazione, mettendo nelle condizioni necessarie i giovani nell'operare in tal senso (più lavoro, meno sgravi fiscali, più asili nido, aiuti economici, ecc.), la salvaguardia della nostra civiltà, cultura ed italianità, dà priorità all'immigrazione e all'omosessualità. I politici antinazionali vanno fieri delle loro scelte e non si rendono conto che quelle loro decisioni sono alcune delle molteplici cause per cui nascono sempre meno bambini: alcuni non vedono un buon futuro per una nuova vita in mezzo a tutta questa immigrazione e nell'incremento della propaganda omosessuale, perché da adulto il neonato di oggi potrebbe rimanere vittima di violenze di matrice integralista islamica o di violenza criminale comune, oppure potrebbe legarsi sentimentalmente a un islamico/a e convertirsi all'Islam, o ci saranno maggiori probabilità rispetto al passato che diventi sodomita (molti commenti in rete denotano queste paure). Così si preferisce fuggire dall'Italia in paesi tranquilli, dove regna la quiete e la disciplina: i giovani  per cercare fortuna, gli anziani per godersi le pensioni senza costi della vita e tasse eccessive, tutti per vivere in pace e serenità. L'immigrazione non cessa nonostante la crisi, anche se ci sono meno ingressi rispetto al recente passato. Abbiamo un tasso di disoccupazione che è al 13%, quindi come si manterranno i milioni e milioni di stranieri che vorrebbero far entrare per incrementare la forza lavoro, mantenere i servizi, le pensioni e per sostituire la popolazione italiana che non figlia quasi più? Se si creerà nuovo lavoro non dovrebbero dare la priorità agli italiani? Ci vorrebbero dei cambiamenti politici radicali per far tornare il buonsenso, ma ci saranno sempre i paletti della Consulta e dell'Europa che lo impediranno, per questo sarà molto difficile (ma non impossibile) che i futuri dati statistici ci faranno sorridere.

martedì 9 febbraio 2016

301) NO ALLO STRAVOLGIMENTO DELLA NORMALE FAMIGLIA

SI A DEI PATTI DI CONVIVENZA, RICONOSCIUTI A LIVELLO GIURIDICO, NON SOLTANTO TRA PERSONE CHE HANNO UNA RELAZIONE SENTIMENTALE; NO ALL'EQUIPARAZIONE DEGLI STESSI CON LA FAMIGLIA TRADIZIONALE E NO ALLE ADOZIONI DEI BAMBINI ALLE COPPIE OMOSESSUALI. 



In queste ultime settimane ci sono state delle accesissime discussioni sul progetto di legge in esame nel Parlamento Italiano che prevede anche in Italia il riconoscimento giuridico delle convivenze e addirittura i parlamentari vorrebbero legalizzare le adozioni dei bambini da parte delle coppie omosessuali. Ormai è un dato di fatto che molte coppie che vivono un legame sentimentale non necessariamente si uniscono in matrimonio: è la logica conseguenza della modernizzazione e della secolarizzazione, le quali stravolgono le tradizioni di millenni; i genitori "vecchio stampo" e "antiquati" cercano invano in molte occasioni di dissuadere i loro figli a vivere come concubini (questa parola fino a qualche decennio fa destava molto scandalo, così come le gravidanze extra-matrimoniali, mentre oggi nessuno si sconvolge più). Sono d'accordo a un riconoscimento legale delle convivenze (non soltanto tra persone legate sentimentalmente, anche tra coloro che semplicemente condividono un tetto), non sono d'accordo all'equiparazione tra le stesse e la famiglia tradizionale. A me non importa nulla se le persone legate da un rapporto intimo, compresi gli omosessuali, convivono, soltanto che, se le convivenze verranno equiparate ai matrimoni, sempre più gente sceglierà la prima scelta, così un vincolo sacro, vecchio di millenni, una tradizione legata ai valori religiosi della patria di appartenenza si disintegrerà per sempre. Sarà bene tenere anche in futuro un abisso tra coppie informali e coppie unite ufficialmente da un vincolo sacro, che è il punto portante della famiglia, della procreazione. Alcune persone che coabitano senza essere unite in matrimonio sono della stessa mia idea: per loro la convivenza è un primo passo verso l'altare; anch'io se convivessi non cambierei parere. Ormai tutto l'occidente ha legalizzato le convivenze, addirittura le unioni omosessuali con le adozioni; in Italia c'è la sede centrale della Chiesa Cattolica, da questo punto di vista può essere considerato un bene: è fortissima la sua influenza sull'opinione pubblica e sulle istituzioni, anche se siamo arrivati al divorzio e all'aborto nonostante la contrarietà del Vaticano. 



Dico assolutamente no alle adozioni dei bambini da parte delle coppie omosessuali. A parte quell'inglesismo orrendo (stepchilp adoption), che deturpa sempre più la nostra lingua (perché non interviene la Consulta, visto che la Costituzione Italiana dice chiaro e tondo che la lingua ufficiale d'Italia è l'italiano? Quell'articolo costituzionale dovrebbe valere soprattutto per le istituzioni); come si fa ad affidare un bambino a due padri o a due mamme, stravolgendo il normale equilibrio? Il fanciullo crescerà molto male sicuramente se gli faranno credere che l'anormalità è la normalità. La natura dice che per "fabbricare" una nuova vita umana sono necessari due sessi diversi. Quando un bimbo cresce con un solo genitore, o a causa di divorzi o a causa di vedovanze, egli sa con certezza che ha un padre o una madre che non vivono con lui, o sa di averli avuti: grazie alla loro unione è venuto al mondo. Se un pargolo chiederà ai due genitori sodomiti come lo hanno creato cosa risponderanno? Qualcosa non quadrerà.




Avete visto a che livelli ci stanno portando? E per certi politici tutto rientra nella norma. Quelli che sostengono questo governo e nelle politiche 2013 furono eletti con il Pdl, oltre che mostrare una scarsa coerenza verso gli elettori che li hanno portati lì su, perché gli stessi volevano mantenere la famiglia tradizionale e volevano regole ferree verso l'immigrazione, mostrano incoerenza anche verso loro stessi, non mollando le poltrone: il profitto e la carriera per loro viene prima degli ideali di bandiera. Abbaiano, abbaiano ma non mordono: non minacciano di far cadere il governo per ottenere il ritiro della norma sulle adozioni. Quando hanno visto i ministeri e i sottosegretariati hanno perso il lume della ragione, infischiandosene di tradire gli elettori.