bandiera

bandiera

sabato 30 aprile 2016

311) TRASTEVERE (FILME DEL 1971)


TRASTEVERE È UNA PELLICOLA DEL 1971 DIRETTA DA FAUSTO TOZZI CHE, ATTRAVERSO UNA CAGNETTA SMARRITA, CI PARLA DELLE MILLE SFUMATURE DELL’OMONIMO QUARTIERE ROMANO, DALLE CARATTERISTICHE DI UN PAESE, IN CUI FIGURANO ANCHE LE “MADONNARE”, DEVOTE ALLA MADONNA DEL DIVINO AMORE.



Nel lungometraggio “Trastevere”  del 1971, diretto da Fausto Tozzi, una cagnetta di nome Mao, della razza bulldog francese, appartenente ad un noto baritono del luogo, si smarrisce, finendo in mano ad alcuni personaggi caratteristici trasteverini: inizia il giro in una famiglia di contrabbandieri, passando per un droga party, arriva ad un poliziotto tossicodipendente, poi la trova uno statunitense, che si suicida dal Gianicolo dopo essere caduto nelle grinfie di un conte omosessuale. Successivamente l’animale è accudito da un vedovo di una prostituta, con un figlio adolescente, che aiuta le donne di strada, dopo Mao è travata da un garzone di un macellaio, seduttore della moglie di un professore, il quale, per la delusione d’amore subìta, la porta dalla Sora Regina: strozzina, venditrice di sigarette di contrabbando e “regina” delle Madonnare, devote alla Madonna del Divino Amore (il loro canto è: "viva, viva sempre viva, la Madonna del Divino Amore, fa le grazie a tutte l'ore, noi l'annamo a visitar!"). Regina è la protagonista assoluta della pellicola: molte scene la riguardano ancor prima che le venga portata la cagna. Il giorno del pellegrinaggio al “Divino Amore”, si guasta l’autobus lungo la strada, le Madonnare, sotto pressione di Regina, cercano di completare il percorso a piedi, ma ad un passo dalla meta sono sfinite e preferiscono fermarsi in un’osteria, finendo con l’ubriacarsi, per poi cantare e ballare. Regina si sente male, la riportano a casa e muore. La bara, a causa della grandezza, viene calata con le funi dalla finestra, mentre parte il corteo funebre, tra lo strazio delle conoscenti di Regina, consce che la Trastevere che fu se ne va con la sua “regina”, il proprietario di Mao esulta per aver ritrovato la sua cagna. Il film termina con una veduta di Trastevere, in cui si sentono le chiacchiere cattive, tipiche di un piccolo paese, su Regina e la vita continua. Alcune scene furono a suo tempo censurate, riducendo così la durata dell’opera. Un cittadino di Grosseto provò ad intentare una causa contro il film per vilipendio alla religione: vi è una scena in cui una madonnara, in toni coloriti e volgari, spiega secondo lei il motivo per cui la Madonna non vuole le pellegrine. Il giudice istruttore, tuttavia, decise il non luogo a procedere poiché "la frase stessa non era altro che l'espressione volgare, e certamente irriverente, per dire che la Madonna poteva pur esser risentita, che ben si inquadrava nella volgarità del linguaggio che distinse il film in questione; che pertanto nella frase non v'era né invettiva, né vi erano parole oltraggiose dirette alla Madonna".


mercoledì 20 aprile 2016

310) ANTONIO SOCCI SULLA VISITA DEL PAPA A LESBO


Socci: "Il Papa non parla di quell'eccidio. Perché scorda cinque milioni di morti?"



I migranti morti nel Mediterraneo dal 2000 ad oggi, secondo calcoli approssimativi, sono stati circa 27 mila.
È un’orribile tragedia e va fermata. Ma da qui a definirla - come ha fatto ieri papa Bergoglio a Lesbo - «la catastrofe umanitaria più grande dopo la Seconda guerra mondiale» ce ne corre.
Debole in teologia l’attuale vescovo di Roma appare debolissimo in storia contemporanea. Basta ricordare una tragedia che Bergoglio dovrebbe conoscere bene: la dittatura militare argentina dal 1976 al 1983 ha fatto circa 40 mila vittime.
Parlando di catastrofi umanitarie dal 1945 ad oggi (ma morti ammazzati, mentre così non è per i migranti), va ricordato il genocidio del Sudan dove, nel 1983, fu imposta la sharia anche a cristiani e animisti: alla fine del 2000, su 30 milioni di abitanti, si contavano quasi 2 milioni di vittime, 4,5 milioni di sfollati, 500 mila profughi all’estero e centinaia di donne e bambini ridotti in schiavitù.
C’è poi l’orrendo genocidio del Ruanda che, nel 1994, fece quasi 1 milioni di vittime su circa 5 milioni di abitanti.
Infine c’è il capitolo comunista su cui Bergoglio glissa sempre. A parte l’Urss (che dal 1917 - secondo le stime minimali - fece 20 milioni di vittime) c’è la Corea del Nord (inferno comunista tuttora funzionante): dal 1950 circa 3 milioni di vittime. E la Cambogia: dal 1975 al 1979 i Khmer rossi hanno fatto 2 milioni di vittime su 6 milioni di abitanti.
Accanto ad altri macelli comunisti dal 1945 in avanti (Africa, Vietnam, Afghanistan, Europa dell’est, Cuba), che hanno fatto anch’essi qualche milione di vittime, c’è il caso più tragico: la Cina.
Dal 1949, quando il comunismo di Mao ha preso il potere, ha fatto più di 70 milioni di vittime. A cui vanno aggiunti gli aborti forzati imposti dal 1979 per la legge sul figlio unico: 300 milioni di “nascite in meno” in 21 anni.
A questo regime comunista - tuttora imperante - Bergoglio tre mesi fa ha lanciato un amorevole messaggio (sotto forma di intervista) che - come scrive Sandro Magister - brilla «per il suo totale silenzio sulle questioni religiose e di libertà» e «per le sue parole sfrenatamente assolutrici di passato, presente e futuro della Cina, esortata a farsi “misericordiosa verso se stessa” e ad “accettare il proprio cammino per quel che è stato”, come “acqua che scorre” e tutto purifica, anche quei milioni di vittime che il papa mai nomina, neppure velatamente».
Avendo taciuto così pure sulle migliaia di persone tuttora nei lager (compresi vescovi e sacerdoti) come può oggi Bergoglio fare la morale agli altri sui migranti?
Peraltro - a proposito di aborto - i predecessori di Bergoglio ritenevano una “catastrofe umanitaria” anche l’aborto libero (non forzato come in Cina) introdotto dalle legislazioni dei paesi democratici dagli anni Settanta (sull’esempio dei paesi totalitari).
I dati dell’Organizzazione mondiale della Sanità dicono infatti che ogni anno, in tutto il pianeta, si fanno circa 50 milioni di aborti (la Seconda guerra mondiale in sei anni fece 50 milioni di vittime).
In 40 anni dunque siamo ben sopra al miliardo di aborti. Ma questa tragedia non è in cima ai pensieri di Bergoglio come l’emigrazione.
Per la quale ama fare esibizioni di bontà “politically correct” (e in favore di telecamera) come quella di Lesbo e (prima) di Lampedusa.
Naturalmente il problema c’è e va risolto. I trattati internazionali stabiliscono che i profughi (che scappano da guerre e persecuzioni) devono essere accolti ed è quello che l’Europa fa.
Ma i profughi sono una minoranza e - come hanno ripetuto molte volte i patriarchi delle chiese martiri orientali - desiderano anzitutto tornare nelle loro case.
Sogno impossibile se non si spazza via totalmente l’Isis. Ma come fare? Bergoglio, che si è sempre rifiutato di chiamare per nome - cioè “Stato islamico” - l’autore di quei crimini, è contro interventi di polizia internazionale. Altre soluzioni?
Il Papa potrebbe chiedere all’Arabia Saudita di farsi carico dei profughi provenienti da Siria e Iraq: è un Paese con tantissimo territorio libero, uno Stato con immense ricchezze derivanti dal petrolio ed è anche il centro propulsore dell’Islam, quindi sarebbe tenuto a soccorrere i musulmani. Oltretutto l’Arabia è vicinissima a quelle aree, quindi i profughi potrebbero trovare asilo lì, evitando migrazioni terribili e pericolose.
Lo stesso discorso si potrebbe fare all’Iran che è l’altro Paese confinante, anch’esso super-islamico (sia pure sciita). Ma sia Arabia Saudita che Iran in quella regione sono tra i fomentatori dei conflitti e non tra gli operatori di pace. Perché il Papa non lancia messaggi morali a quei due regimi?
Ci sono poi - accanto ai profughi - i migranti economici. In questo caso il primo diritto da proclamare - come fecero Giovanni Paolo II e Benedetto XVI - è il “diritto di non emigrare”, cioè di non doversi sradicare.
Pure i vescovi africani, l’anno scorso, hanno lanciato un appello alle giovani generazioni scolarizzate perché restino nei propri Paesi aiutandone lo sviluppo (oggi l’Africa è un continente in crescita che ha prospettive economiche molto buone).
Il fenomeno dell’emigrazione sconvolge sia Paesi di partenza, sia quelli di arrivo che non sono in grado di sopportare una simile invasione.
Oltretutto il traffico di esseri umani è spesso gestito da organizzazioni criminali che si arricchiscono sulla pelle dei migranti e talora portano quei poveretti alla morte.
Perché dunque il Papa non invita anzitutto a scongiurare il fenomeno migratorio invece di pretendere l’abbattimento delle frontiere d’Europa? Non si rischia così di alimentarlo?
Secondo certi osservatori, per esempio, il suo tour buonista a Lampedusa nel 2013 probabilmente contribuì a illudere migliaia di persone inducendoli a intraprendere viaggi terribili e a volte mortali.
Il Papa dimostra altrettanta superficialità riguardo all’impatto sull’Europa della marea migratoria. Sottovaluta l’evidenza storica di una difficilissima integrazione (vedi il caso del Belgio). E non considera che certi Paesi come l’Italia hanno già fatto il massimo. Del resto la nostra opinione pubblica - che avverte la crisi economica (l’Italia ha il record europeo della povertà) - trova sconcertanti certi episodi di cronaca che mostrano un eccesso di pretese da parte dei migranti che ospitiamo.
Il problema è soprattutto l’enormità dell’ “invasione”.
In una recente intervista Bergoglio è arrivato a dire: «Si può parlare oggi di invasione araba» dell’Europa, «è un fatto sociale». Ma - ha minimizzato - «quante invasioni l’Europa ha conosciuto nel corso della sua storia! Ha sempre saputo sorpassarsi, andare avanti per trovarsi poi come ingrandita dallo scambio di culture».
Colpisce la spensierata superficialità di queste parole. Ancora una volta papa Bergoglio mostra di essere a digiuno di storia.
Se parliamo delle invasioni barbariche sono state per l’Europa una vera devastazione: fu spazzato via il millenario Impero romano e il continente sprofondò nel caos, regredendo a uno stato pressoché selvatico.
Ci vollero secoli - e la vigorosa Chiesa dei monaci (non certo quella di Bergoglio) - per risollevarsi e dar forma al luminoso Medioevo.
Se poi parliamo - come Bergoglio - di “invasione araba” va detto che nella storia d’Europa proprio le invasioni musulmane (arabe e turche) sono state il più tragico dei flagelli.
Perché a Oriente hanno spazzato via la grande civiltà bizantina e per tre volte hanno tentato l’occupazione militare dell’Europa (miracolosamente scongiurata anche grazie a veri papi davvero illuminati).
I saraceni hanno poi sottoposto per secoli l’Italia a scorribande sanguinarie. Bergoglio continua a voler ignorare la natura dell’Islam e sottovalutarne il pericolo.
Si dedica con tanta passione ai migranti musulmani, che non ha tempo di ricordarsi dei molti cristiani perseguitati (come Asia Bibi), schiavizzati e uccisi sotto regimi islamici e comunisti.
di Antonio Socci 

http://www.antoniosocci.com/           http://www.liberoquotidiano.it/

domenica 10 aprile 2016

309) ANALISI SULLE POSIZIONI DEL PAPA



Francesco è cattolico Le sue encicliche no...

Il filosofo Cuniberto analizza le posizioni del Papa: suonano molto più cattocomuniste e ambientaliste che cristiane

Camillo Langone Gio, 07/04/2016 - 06:00
(http://www.ilgiornale.it/autore/camillo-langone.html)

Papa Francesco è cattolico? È una domanda che fra i cattolici, non necessariamente ipertradizionalisti, circola. Quando per mettermi in difficoltà o per ansia sincera la pongono a me, io me la cavo dicendo che Bergoglio lo ha messo lì lo Spirito Santo (se i conclavi venissero davvero decisi dai cardinali la Chiesa si sarebbe estinta da molti secoli) e che da lì deve toglierlo lo Spirito Santo. So che la risposta può suonare fideistica ma da credente nel Vangelo (e quindi in Matteo 16,18: «Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa») non ho molto altro da dire.

Ciò non mi impedisce di essere intellettualmente interessato alle analisi circa la situazione dell'edificio di Dio. Purché siano appunto analisi e non propaganda. Cerco di leggere il meno possibile i plauditores così come gli apocalittici, perché spero che abbiano tutti torto. È ininfluente che la ragione sia di Alberto Melloni o di Antonio Socci (per dire due campioni dei due schieramenti): in entrambi i casi la Chiesa cattolica come da quasi duemila anni viene intesa starebbe per dissolversi, dunque la fine del mondo sarebbe vicina. Siccome la notte voglio dormire bene, senza incubi, preferisco leggere un esegeta non programmaticamente ansiogeno e non partigiano, capace di esaminare i documenti papali sine ira et studio. Sto parlando di Flavio Cuniberto, filosofo torinese che insegna Estetica all'Università di Perugia e che non si palesa né papista né ateista, né di destra né di sinistra, né progressista né tradizionalista, né ciellino né ex ciellino: che sollievo! Leggendo Madonna Povertà. Papa Francesco e la rifondazione del cristianesimo (Neri Pozza, pagg. 96, euro 12) non si capisce nemmeno se l'autore è cattolico e pure questo contribuisce alla sensazione di obiettività. Trovo inoltre positivo che il suo curriculum sia vastamente filosofico anziché strettamente teologico, e quindi pieno di Platone, Schlegel, Nietzsche e non di quei teologi da seminario dai quali è sortito Vito Mancuso. Con bella prosa più letteraria che universitaria Cuniberto non affronta l'esortazione Amoris laetitia, non ha fatto in tempo, ma la Evangelii gaudium e la successiva enciclica Laudato si', insomma i documenti sulla povertà e sull'ambiente. «Un dittico che trasforma la Chiesa cattolica alle radici», leggo nelle prime righe con qualche preoccupazione. L'analisi si basa essenzialmente sulla logica ed è proprio sulla logica che cadono i due testi. Si prenda la questione della povertà: «È una categoria sociologica o teologico-spirituale? Male da combattere o tesoro da custodire?». Se il pauperismo bergogliano non fosse così aggrovigliato sarebbe accusabile di eterodossia ma poiché le accezioni positive e negative, mistiche ed economiche, nell'esortazione apostolica si mischiano di continuo, Cuniberto può parlare di «drammatica incertezza dottrinale». È un giudizio forte? Io temevo di peggio: meglio il dramma della confusione che la tragedia dell'eresia. L'autore, che Dio ce lo conservi, ricorda ciò che noi cattolici lussuosisti continuiamo sempre più vanamente a ripetere: «Non c'è nei Vangeli nessuna enfasi particolare sulla povertà in quanto condizione materiale. Gesù suscita scandalo perché frequenta pubblicani e peccatori (gente ricca), né sono poveri i suoi amici e discepoli stretti (da Lazzaro a Maria di Magdala a Nicodemo)». E rimarca come la Evangelii gaudium torca il Vangelo e San Paolo per far dire al Vangelo e a San Paolo ciò che si vuole dicano: beati i poveri nel senso sociopolitico del termine, e maledette le disuguaglianze provocate dai ricchi. Una volta tutto questo si sarebbe chiamato cattocomunismo.

Analogamente, il pensiero che innerva la Laudato si' è possibile chiamarlo cattoambientalismo? Secondo Cuniberto, sempre pacato ma pure sempre affilato nel ragionamento, no, il prefisso stavolta è di troppo, il pensiero è ambientalista e basta, l'enciclica si allontana dalla Bibbia ancor più dell'esortazione e «spazza via l'antica dottrina del peccato originale attribuendo alla natura una fisionomia edenica». E io che volevo dormire sonni tranquilli... Stavolta ad aleggiare non è l'ambigua teologia della liberazione ma addirittura Rousseau: «La natura assume tratti spiccatamente romantici: diventa la sfera dell'innocenza originaria, il luogo intrinsecamente buono che l'intervento umano altera e corrompe». Un simile documento è stato scritto in Vaticano o nella sede di Greenpeace? Cuniberto ci sente soprattutto la mano del confratello (gesuita come Bergoglio) Antonio Spadaro, direttore della rivista La civiltà cattolica e avventuroso cyberteologo. Che Papa Francesco abbia firmato la Laudato si' senza nemmeno leggerla? Lui che nelle omelie di Santa Marta tante volte ha parlato del diavolo, davvero condivide la trasformazione del Male da entità metafisica a problema antropologico risolvibile per mezzo di riforme sociali e di una migliore raccolta differenziata? «La riconversione eco-teologica proposta dall'enciclica delinea un cristianesimo senza Croce e senza Incarnazione, dove la figura storica di Gesù non è più fondante. Quel che rimane è una sorta di deismo neo-illuministico». Non mi concedo di aderire appieno al virgolettato di Cuniberto ma, dopo Madonna Povertà, sebbene continui a credere che Papa Francesco sia cattolico non sono più tanto sicuro che lo siano le sue encicliche.

domenica 3 aprile 2016

308) PASQUA 2016 A BERLINO

BERLINO, LA CITTÀ EMBLEMA DELLA STORIA MONDIALE DEL ‘900, È UNA METROPOLI ALL’AVANGUARDIA: RICCA DI STORIA, D’ARTE, DI CULTURA, CHE È TORNATA AL RUOLO DI EGEMONIA SULL’INTERA GERMANIA, L’ODIERNA LOCOMOTIVA DELL’EUROPA.



Dopo il cammino quaresimale è arrivata la Pasqua, quest’anno in netto anticipo rispetto agli anni passati. Per premio mi son concesso circa quattro giorni di vacanza a Berlino. Dopo averla sentita elogiare da molti, ho avuto la curiosità di visitarla. Qualche timore di viaggiare sulle rotte internazionali dopo gli eventi tragici di Bruxelles c’era; ma anche se si va a Roma si rischia e chi non può fare a meno di andarci cosa fa? Già da qualche mese avevo programmato e pianificato il viaggio e non c’era alcun rimborso se non fossi andato, quindi…… Non sono molto costosi i viaggi di pochi giorni nelle città europee: ovviamente uno va se non ha altre spese prioritarie e se prenota con largo anticipo c’è ulteriore convenienza. Tale convenienza si riesce a trovare anche nei periodi dell’anno in cui i prezzi non si abbassano, come le feste natalizie e pasquali: ad esempio se si parte a ridosso dell’Epifania, quando tutti stanno rientrando, si spende di meno; a Pasqua idem: per Berlino sono partito il giorno stesso, il resto dei vacanzieri erano partiti nei giorni precedenti, e ho approfittato di un’offerta vantaggiosa che mi ha fatto guadagnare un giorno in più. Dopo le esperienze precedenti andate a buon fine non ho avuto nessun timore di avventurarmi da solo; se qualcuno si fosse voluto unire a me volentieri, ma tutti avevano le loro vite, i loro impegni, così come io ho il mio da fare quando gli altri organizzano differenti viaggi. Per certi versi è anche meglio andare in vacanza soli: così uno può tranquillamente visitare quello che preferisce: senza discussioni, senza adattarsi a quello che decide la maggioranza, o i pochi più carismatici, in una comitiva. 


Appena arrivato non mi ha fatto una buona impressione Berlino, vedendo il suo aeroporto un po’ vecchiotto, io che arrivavo dal grandissimo e modernissimo Fiumicino: era l’aeroporto di Berlino Ovest, che verrà dismesso appena finiranno i lavori di quello nuovo, che ingloberà l’area del vecchio aeroscalo di Berlino Est. L’odierna capitale tedesca solo da pochi anni è tornata al ruolo di prima città della Germania unita, forse prima potenza europea; il clima grigio ed austero della vecchia Ddr ancora non è svanito del tutto, per cui alcune cose restano ancora da fare e ci sono molti cantieri aperti. A Berlino i tedeschi sembrano un po’ meno freddi e meno sprezzanti nei confronti degli italiani: la politica rigida che hanno vissuto per decenni li ha resi più abbordabili rispetto ai loro connazionali dell’ovest e non possono trattar male i turisti che portano i soldi. La paura degli attentati non si sente affatto: le stazioni dei treni, delle metropolitane, le strade e gli aeroporti non sono militarizzati come da noi. Mah, evidentemente avranno dei metodi più sofisticati dei nostri per prevenire gli attentati terroristici e non si sentiranno tanto a rischio, considerando che la Germania non si impiccia molto delle faccende arabe – mediorientali. Le differenze tra est ed ovest ancora si notano, anche se presto i nuovi moderni palazzi uniformeranno tutto. Ci sono vari tipi di trasporti urbani ferrati: le U Bahn, le metropolitane sotterranee, le S Bahn, i treni  di superficie. Berlino era un piccolo paese quando nei primi del ‘700 venne scelto per capitale del Regno di Prussia, che nel 1871 unificherà la Germania, e la storia mondiale del ‘900 vi è ruotata interamente attorno: le due guerre mondiali, il nazismo, il Muro di Berlino, emblema della Guerra Fredda. Alexanderlatz, ovvero la piazza simbolo della Berlino Est, con la sua Torre della Televisione che domina tutta la città, è divenuta una piazza commerciale e di feste sfrenate: è piena di bancarelle alimentari, di birrerie all’aperto, e di tendoni con discoteche; la Casa del Municipio Rosso, adornata dai disegni della vita secondo la visione socialista, rammenda i tempi andati. La città è piena di musei: da quelli che ricordano il Nazismo, la divisione, la Ddr e il Muro (esiste ancora un pittoresco checkpoint americano), a quelli più famosi vicino al Duomo, la cosiddetta Isola dei Musei, in cui spicca il famoso Museo di Pergamo. Tale museo fu allestito a cavallo tra l’800 e il ‘900: gli archeologi tedeschi  ritrovarono e smontarono nell’Asia Minore interi templi romani, rovine dei palazzi, l’Altare di Pergamo, la Porta di Babilonia, trasportando tutto a Berlino e rimontando. Ho fatto un’ora e mezza di fila per entrare e ho impiegato altrettanto per visionare tutto, ascoltando l’audio guida in italiano, rischiando di perdere il volo del ritorno. Sono stato anche a Potsdam, una cittadina attaccata a Berlino, famosa per la conferenza degli Alleati al termine dell’ultimo conflitto mondiale, in cui c’è il famoso Parco Sansoucci, con i palazzi che erano le residenze dei Principi di Prussia e dei loro illustri ospiti. Un’altra visita interessante è stata quella allo Stadio Olimpico (Olimpyastadion in tedesco), che fu costruito dal Regime Nazista in occasione dei giochi olimpici del 1936, dove la squadra di calcio italiana trionfò nelle medesime olimpiadi e recentemente nella Coppa del Mondo del 2006. Lo stile originale di quell'impianto non è stato alterato, di moderno ci sono soltanto la copertura, il prato, i tabelloni e i sedili. Fu più magnifico visitare nell’agosto 2014 un altro impianto che vide ancora una volta l’Italia campione del mondo, nel 1982: vale a dire il Santiago Bernabeu di Madrid; lì si potevano vedere tutti i trofei e la storia del Real Madrid, gli spogliatoi, le panchine del campo e la sala conferenze stampa.

Purtroppo questi viaggi per me non durano in eterno (ma beato chi può farseli durare perennemente), bisogna ritornare alle realtà che include la vita quotidiana, ma sono senz’altro dei bei raggi di sole, da rivedere attraverso le immagini immortalate e attraverso i perenni ricordi. Quando l’aeroplano Alitalia si staccava dal suolo berlinese e volava verso le nuvole, attraverso l’oblò si vedeva tutta la città ammucchiata, ben riconoscibile era la Torre Televisiva, ho scattato qualche fotografia. Stava quasi per scendermi una lacrima pensando che in quel momento dall’alto avrei potuto prendere Berlino in una mano e a tutte le sudate, alle lunghe camminate, alle corse nei treni sotterranei e di superficie, alla Porta di Brandeburgo, al Reichstag (il palazzo parlamentare), a qualche anziano suonatore di organetto, alle mangiate e bevute nelle birrerie tedesche, nei ristoranti italiani, perfino a una contravvenzione rimediata, in quei pochi, ma intensi, giorni.