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domenica 27 novembre 2016

335) REFERENDUM COSTITUZIONALE: LE RAGIONI DEL NO




LA RIFORMA COSTITUZIONALE È PASTICCIATA, NON SEMPLIFICA LA LEGISLAZIONE E RIDUCE DI POCO I COSTI DELLA POLITICA. NON SI CAPISCE NEANCHE A COSA SERVIRÀ IL NUOVO SENATO: NON ERA MEGLIO ELIMINARLO DEL TUTTO? LE PROVINCE VANNO ABOLITE COME ISTITUZIONI MA NON COME ENTITÀ GEOGRAFICHE. 


Da molto tempo e senza avere il minimo dubbio ho scelto di votare no alla proposta di riforma costituzionale del Gabinetto Renzi. In quella riforma non si capisce che funzione avrà il nuovo Senato: sarà il dopolavoro di cento sindaci che potranno dare indicazioni alla Camera dei Deputati sulla modifica alle proposte di legge, ma nella maggioranza dei casi essa se ne fregherà di quello che dirà il Senato. Nei casi di riforme costituzionali, col sistema proposto, servirà il doppio voto: sarà facile che Camera e Senato avranno colori politici diversi e difficilmente si metteranno d’accordo. Il ruolo dei nuovi senatori sarà quello di fare le “belle statuine”. Le loro immancabili trasferte saranno molto costose e ricadranno sul contribuente: non c’è nessuna norma che dica il contrario. Un altro aspetto controverso è che i senatori eletti dai consigli regionali avranno scadenza quinquennale, mentre in nominati dal Capo dello Stato dureranno un settennato. Che senso ha dire di abolire il Senato (e in passato le province) e poi i loro membri verranno nominati dall’alto e non dal popolo? O si elimina del tutto o non si elimina affatto: si potranno ridurre i loro membri, si potranno cambiarne le funzioni, ma se si terrà in vita sarà meglio che il senato verrà eletto dai cittadini.

Era meglio la proposta di riforma costituzionale del 2006 che fu bocciata tramite referendum: in quel caso il Senato avrebbe regolato e promosso le leggi delle regioni, che sarebbero diventati dei piccoli stati nello stato; allora sì che quell’organo sarebbe servito a qualcosa.  Inoltre c'era anche la norma anti-ribaltone, non presente in questa riforma: cioè i parlamentari eletti in un partito non avrebbero potuto cambiare casacca e dare vita a governi non eletti. Nella riforma costituzionale che fu promossa dal Governo Berlusconi non solo il numero dei senatori sarebbe stato ridotto, anche quello dei deputati; mentre nella proposta di riforma odierna il numero dei deputati rimarrà invariato. Nel 2001 il centrosinistra approvò una riforma per dare più potere alle regioni; oggi invece vorrebbe tornare allo stato centralizzato. Per adesso secondo il mio parere è meglio far restare tutto com’è, in seguito si studieranno proposte più serie di riforme costituzionali, attraverso una vastissima collaborazione politica, e non come adesso: con un governo imposto dall’alto e non eletto dai cittadini, che incrementa i consensi con i regali elettorali.

Per quanto riguarda le province non si capisce se  verranno abolite totalmente, o solo come istituzioni; a gennaio prossimo ci dovrebbero essere le elezioni (ristrette per pochi) per eleggere i loro consiglieri. Boh, non si capisce nulla. Una cosa però è certa: io tengo molto a (LT), che è sempre stato presente nel mio indirizzo e voglio che non sia rimosso. Sarebbe importante lasciare le sigle delle province per indicare la provenienza geografica; va bene poi eliminare i consiglieri provinciali, i presidenti e gli assessori, soprattutto dopo che hanno cambiato la formula per eleggerli. 

A conti fatti il no a questo referendum dovrebbe prevalere sul si: il centrodestra è contrario, il M5S è contrario, un terzo del Pd è contrario, la sinistra estrema è contraria; per il si ci sono soltanto la maggioranza Pd e quel poco di centro che c’è. Ma non si sa come finirà: l’elettore potrebbe decidere di non seguire le indicazioni dei vari partiti. Sarà soprattutto un referendum su Renzi, per giudicare le sue politiche: a destra intendono punirlo per l’immigrazione clandestina di massa, a sinistra per le politiche sociali, in disaccordo con la Cgil, e per sbarazzarsi di un non ex comunista. La tendenza mondiale odierna è quella di andare contro i poteri forti: si vedano le recenti elezioni presidenziali americane e il referendum britannico sull’Ue. Sarebbe il colmo se l’Italia andasse controcorrente, attraverso l’ennesima sorpresa elettorale. C’è da preoccuparsi del giornale Economist che dà indicazioni negative a questo referendum: di solito avviene tutto il contrario di ciò che quel settimanale consiglia.

domenica 20 novembre 2016

334) LATINA CALCIO FINE O RILANCIO?




LE INCHIESTE GIUDIZIARIE CHE CI SONO STATE A LATINA, PER DEI FAVORI ILLECITI ALLA SQUADRA DI CALCIO, RISCHIERANNO SERIAMENTE DI  FAR PERDERE IL GRANDE PATRIMONIO DELLA SERIE B ALLA CITTÀ, CON I SOGNI E LE SPERANZE DI MOLTI.







Nel corso della settimana si è parlato moltissimo nei giornali provinciali delle inchieste giudiziarie che hanno travolto Latina. Ora attendiamo fiduciosi il lavoro dei magistrati. Le indagini hanno stabilito anche che il Comune si sarebbe accollato gli oneri dei lavori allo stadio al momento della promozione in Serie B della squadra, i quali avrebbero dovuti essere a carico della società calcistica e inoltre ci sarebbero stati degli altri favori. Delle quote societarie della compagine calcistica sono state sequestrate dalla Guardia di Finanza. Il presidente Pasquale Maietta, azionista di maggioranza del Latina Calcio, parlamentare ed indagato per questa vicenda, si è dimesso dalla presidenza della società: è stato incalzato dalla piazza a fare un passo indietro. Rimane in sella il socio di minoranza della società Antonio Aprile, estraneo alle indagini: potrebbe essere l’elemento che consentirà al Latina di salvarsi e di non sparire. Già da tempo si parla di una cordata di imprenditori interessati a rilevare la società sportiva: speriamo che il loro interesse non demorda. Ora bisognerà vedere finiranno queste vicende: se esse verranno provate. Nel calcio di tutti i livelli sono diventati intransigenti: basta che si ritardano i pagamenti delle tasse o le mensilità ai calciatori e scattano i punti di penalizzazione. Guardando la pagina Wikipedia del Latina Calcio, precisamente la sua storia, si può notare che la società ha avuto in tutto tre fallimenti, l’ultimo nel 2006. Dopo un anno di inattività ripartì l’avventura calcistica latinense dalla promozione regionale: iniziò una scalata che portò alla storica promozione in Serie B nel 2013, attraverso tanti soci che si alternarono ai vertici societari; l’unico rimasto con continuità è stato Maietta.





Se quei reati verranno provati naturalmente li condannerò, ma innanzitutto guardo al bicchiere mezzo pieno. Il patrimonio della Serie B è da difendere a tutti i costi: è una grandissima pubblicità per l’intero nostro territorio avere una squadra di calcio nella seconda serie nazionale dello sport più popolare. Io particolarmente ho sempre avuto un debole per il Latina, sin da bambino, da adolescente, quando la squadra militava in Serie C2 e in Serie D: tutti i lunedì sfogliavo le pagine interne dei giornali sportivi e non (ancora oggi lo faccio), per vedere cosa aveva fatto, gioendo per una vittoria e dispiacendomi per una sconfitta. In questi anni di Serie B ho provato un pizzico d’orgoglio in più nell’avere una compagine del nostro comprensorio in quella categoria, la quale dà più soddisfazione delle squadre di Serie A che si tifano (era così anche per il Cori quando militava in promozione). Soffrire ed esultare di settimana in settimana, sino alla sfiorata Serie A e sino alle sudate salvezze, fa passare in secondo piano per qualche tempo i problemi delle nostra vite quotidiane e quelli della nostra società in generale.

sabato 12 novembre 2016

333) CICLONE DONALD TRUMP



IL POPOLO AMERICANO, NON FACENDOSI CONDIZIONARE DAI POTERI FORTI MONDIALI, HA SCELTO COME PROPRIO PRESIDENTE DONALD TRUMP, IL QUALE HANNO CERCATO IN TUTTI I MODI DI FARLO FUORI, SIN DALLE PRIME BATTUTE DELLE PRIMARIE REPUBBLICANE. 


Lo scorso 9 novembre gli americani democraticamente hanno dato una lezione ai poteri forti mondiali (come avevano già fatto i britannici votando per la brexit), i quali vorrebbero far passare per normalità ciò che per la maggioranza dei cittadini è anormale. Così il miliardario Donald Trump sarà il quarantacinquesimo presidente degli Stati Uniti d’America, la prima potenza mondiale. Più facevano di tutto per metterlo in cattiva luce, inclusi i grandi esponenti del suo partito, sin dall’inizio delle primarie del Partito Repubblicano Americano, più calamitava consensi ed entusiasmi (ricorda un po’ la storia politica nostrana di Berlusconi).

Gli analisti radical chic, con rabbia e scervellandosi, si chiedono cosa non ha funzionato: tutti sono concordi nel dire che i bianchi non ispanici (in maggioranza di ascendenza britannica e germanica) hanno votato compattamente per Trump, compresi i poveri e i disoccupati, spaventati dalla sempre crescente immigrazione latina. La Signora Clinton auspicava di stravincere col voto delle minoranze etniche e di tutte le donne, non curandosi degli scandali politici e non, suoi e del marito ex presidente: entrambi, attraverso il verdetto popolare, sono stati giudicati troppo assetati di potere. 



Ora continueranno più di prima a scavare nel passato di Trump, alla ricerca di qualcosa, di indecenze, che possano eliminarlo politicamente. Il neopresidente Usa si riavvicinerà alla Russia ed insieme uniranno le forze contro il terrorismo di matrice islamista. Se avesse vinto la democratica Ilaria Clinton, seguendo la politica di Obama, la tensione con la Russia sarebbe salita alla stelle, col rischio di far scoppiare un’altra guerra mondiale.

Gli esponenti italiani del centrosinistra non avranno ingoiato questa clamorosa affermazione di Trump: apparentemente cercano di non esternarlo, facendo finta di salire sul carro del vincitore; è uguale per il Cinque Stelle, che ora elogia il miliardario di Nuova York (e la sua vittoria contro coloro che avevano deciso chi doveva vincere), quando in passato lo criticò. Questa splendida vittoria potrebbe dare nuova linfa e rigenerare le destre di tutta Europa, anche quella italiana: l’auspicio è che possa essere proposta un’alternativa, capace di catapultare più consensi possibili, frutto dell’alleanza Salvini – Meloni – Berlusconi.

domenica 6 novembre 2016

332) SINDROME DA ONNIPOTENZA



TROPPA LIBERTÀ SU INTERNET? SI, MA È UN MEZZO A DISPOSIZIONE DI TUTTI. COSA DIRE ALLORA DEI PERIODICI CARTACEI DI INFORMAZIONE NEI PAESI, AD ESCLUSIVO USO DI UNA RISTRETTA CERCHIA DI PERSONE, CHE SI ACCANISCONO SENZA PIETÀ CONTRO CHI NON LI GARBA (COSTORO SENZA LA RETE VIRTUALE NON POTREBBERO FAR NULLA PER DIFENDERSI) O SI AGGIUSTANO LE NOTIZIE A LORO MODO, SPESSO NON DANDO LA POSSIBILITÀ DI REPLICA? 


Ormai su internet c’è di tutto e di più: la quasi totale popolazione mondiale vi accede ed in assoluta libertà vi immette di tutto, compreso ciò che è penalmente perseguibile. Per chi fa abuso di questo strumento scatta la denuncia penale e la chiusura dei suoi vari siti. Bisogna innanzitutto vedere il lato positivo: cioè descrivere il mondo dal proprio punto di vista e non deformando l’informazione come i principali media di regime. Esprimere il proprio parere in questi nuovi mezzi di comunicazione è un fenomeno di massa globale, non è un’anomalia; semmai lo è farsi ossessionare da uno solo in mezzo a miliardi, tirando fuori la collera che si porta dentro, quando basterebbe ignorare o pensare agli affari propri, oppure contrastare le posizioni altrui, direttamente o indirettamente, con i dovuti modi. Basta usare questa tecnologia con moderazione, senza divenirne schiavi: sarebbe più opportuno per tutti noi preoccuparci di più delle faccende di casa o d’altre cose prioritarie, anziché stare dalla mattina alla sera appiccicati ad uno schermo o ad un telefono mobile a guardare i fatti degli altri. Tutti possono accedere facilmente alle reti informatiche, a differenza degli altri mezzi di informazione grandi e piccoli. 

  
È nei paesi che coloro che riescono a pubblicare dei fogli di informazione con continuità, godendo di un quasi monopolio, si sentono onnipotenti, importanti. Come fanno coloro che non sono di Roma e che per darsi un tono d’importanza si fissano col linguaggio popolare della metropoli (con i tempi che corrono non mi sembra un gran vanto passare per romano). Va bene la critica (oltre a quella, quali posizioni? Quali idee?) sui fatti paesani, sui personaggi più in vista e sul loro pubblico operato, ma non la cattiveria, la denigrazione e gli insulti (Che cosa manca loro? A me sembra che stanno molto meglio rispetto agli altri). Perseguitare i vari personaggi paesani che non garbano, per avversità politiche, personali, per gelosie, da parte dei micro – media locali di oggi e di ieri, è più grave dell’uso improprio della rete virtuale: vuoi perché questi fogli locali raggiungono tutti, anche coloro che non hanno dimestichezza con i computer, sputtanando i malcapitati nel luogo in cui vivono, e vuoi perché i perseguitati non dispongono di mezzi altrettanto potenti per difendersi o per replicare (ad esempio a me una volta non fu concessa la possibilità di rispondere ad un articolo in cui si commentava una mia composizione personale, dove se ne uscirono con argomenti che non c’entravano nulla). Oggi qualcuno in parte si salva tutelandosi su internet (ma non avrà mai l’utenza globale di un giornale paesano); venti o trent’anni fa cosa avrebbe fatto? Con un attacco diretto avrebbe potuto rispondere dattiloscrivendo un manifestino, facendo delle fotocopie ed affiggendole nei vari punti del suo paese; il guaio è che coloro che hanno inveito da sempre, è raro che lo abbiano fatto direttamente, a viso aperto e guardando in faccia. La pazienza della gente non è infinita: alla lunga si stufa di essere pubblicamente denigrata sul piano personale, di essere ferita, umiliata e quant’altro. Non è una questione del sentirsi di avere la coda di paglia; il fattore più fastidioso è il divertimento di chi comprende. Uno fa di tutto per essere superiore, per pensare ad altro, per non abbassarsi anch’egli a quei miseri livelli e per non ripagare con la stessa moneta. Mi capita di sentire le omelie domenicali cattoliche, in cui il sacerdote ci ripete con severità che il cristiano non giudica, non si vendica. Penso che è meglio scaricarsi, liberarsi, rispondere a tono, piuttosto che tenersi tutto dentro, far finta che vada tutto bene e poi sfogare il proprio malumore con chi non c'entra nulla. Tempo fa ad un signore che era molto religioso venne l’esaurimento a furia di essere superiore e di  perdonare chi gli faceva contro qualcosa. Uno in condizioni normali se ne guarderebbe bene di entrare nei fatti privati altrui: ma se lo fa, avrà le sue buone ragioni, spinto dall’esasperazione, poiché non si sono fatti scrupoli di entrare più volte nella sua sfera personale e di sfregiarlo. Parlando per me, non mi sembra di essere mai entrato nella vita privata delle singole persone, di qualcuno/a in particolare (se non rientrano nella mia cerchia dei parenti o delle amicizie intime non mi importa nulla di chi sono e di quello che fanno): ho sempre parlato a livello generico, totale. 

Le persone sconosciute,  con cui non si ha nulla a che fare, che non hanno i titoli per giudicare gli altri e spettegolando stampano delle sentenze indirette: che ne sanno chi sono i giudicati, cosa fanno, chi frequentano, se sono fidanzati, sposati, divorziati, ri – fidanzati, zitelli; per caso presentano loro settimanalmente delle relazioni dettagliate sui loro fatti privati? La risposta più semplice e banale è quella più efficace: non sono fatti loro. 


Conservo i fogli mensili locali in cui ho scritto qualcosa: tirandoli fuori dopo tanto tempo ho notato un fatto. Potrei continuare parlando di una contraddizione nel giudicare diversamente, prima in positivo e poi in negativo (quando preferii non rispondere, pure se fui aggredito brutalmente), un mio testo pubblicato due volte (su carta ed in rete), ma mi fermo qui.