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domenica 21 maggio 2017

353) L’ITALIA CHE AMIAMO DELLE TRADIZIONI RELIGIOSE



·        L’Italia che amiamo/ Le sagre, le processioni, le feste di popolo. Quando la Tradizione è vita

del

All’articolo di Mario Bozzi Sentieri vanno riservati meritata attenzione ed adeguato consenso, perché mette l’accento, un accento tanto misurato quanto avveduto, sul culto delle “sagre”  diffuso e avvertito dall’Alto Adige alla Sicilia, dalla Valle d’Aosta alla Puglia.
Si tratta – osserva giustamente – di «un culto laico ed insieme religioso, per la capacità che ha di unire il sacro con il profano, il tempo della festa fa emergere una volontà di condivisione e di gioiosa partecipazione, che pareva soffocata dai meccanismi del consumismo di massa».
Sono nato e vivo a Tivoli, città di circa 60 mila abitanti, caposaldo di una vasta area, confinante con le province di Rieti, di L’Aquila e di Frosinone, ricca di insediamenti comunali vetusti, dalle tradizioni consolidate da secoli, in cui vengono, nel corso dell’anno con sagre e cerimonie religiose , «riprodotti e rappresentati modi e modelli di vita comunitaria che si pensavano travolti dalla modernità» e che all’opposto sono conservati e tramandati anche di fronte alle insidie rappresentate dalle mode e della mentalità della vicina metropoli.
Concordo totalmente che «basta appena immergersi, senza grette prevenzioni, in una delle tante celebrazioni che punteggiano l’Italia, annunciate da squillanti manifesti murali. Parla la Tradizione», che non è solo estiva ma trova occasioni anche negli altri mesi dell’anno.
E’ vero che in ogni località ed in ogni festa, si manifesta la «singolare miscela religiosa e profana, fatta di Madonne e di riti propiziatori, di fuochi celebrativi e di Santi Patroni, di oroscopi e di Fede, di bancarelle e di incenso». La religiosità  non scompare, vive, però, in un ambito diverso, spesso solo sopportato e mai vissuto e condiviso sinceramente dal clero postconciliare e protestantizzato, soprattutto con la presenza sempre più diffusa di sacerdoti del Terzo mondo, nati e cresciuti con mentalità diverse, se non opposte a quelle dei nostri centri.
Nella mia città si celebra il 14 agosto, vigilia dell’Assunta, da secoli una cerimonia religiosa, la c.d. “Inchinata“, in cui due immagini, quella del Salvatore e quella della Madonna si incontrano dopo un lungo percorso, scambiandosi un triplice inchino tra il tripudio pirotecnico e la devota partecipazione di centinaia di cittadini. In precedenza il Trittico del Salvatore compie altre soste, piene di significati e di insegnamenti morali, la benedizione delle acque dell’Aniene, un tempo minaccia costante della città con le piene alluvionali, ed il “bacio della soglia del dolore“ all’ingresso dell’Ospedale. Si tratta di passaggi consolidati nei secoli ma tali da rappresentare ancora oggi «la risposta del “Paese reale” allo smarrimento contemporaneo, a certa cultura impopolare, alla mancanza d’identità chiare», a certe tentazioni esibizionistiche, all’irrisione laica e al nichilismo consumistico. Si tratta di momenti da conservare, momenti da conservare nel cuore e nella mente per il resto dell’anno, perché essi possono «aiutare a riflettere su ciò che siamo veramente, come popolo, e su ciò che potremmo essere. In fondo, il futuro ha un cuore antico … ».



·        La festa della Madonna del Soccorso a Cori regge bene, nonostante qualche segnale di declino

 Processione del 2006

Adattando il precedente articolo al mio mondo, al mio paese, il pensiero corre alla festa padronale della Madonna del Soccorso, la più importante di Cori, che coinvolge l’intera cittadina e non i singoli rioni come le altre ricorrenze religiose paesane. Le altre feste religiose rionali del luogo sono in perenne declino (Sant’Antonio, Madonna del Rosario, San Tommaso da Cori e soprattutto Sant’Oliva, la vecchia patrona di Cori dimenticata), la festa della Madonna del Soccorso invece no: ha retto bene l’urto degli stravolgimenti socioeconomici degli ultimi decenni. Anticamente, quando c’erano pochissimi divertimenti e spassi, le feste paesane, comprendenti le processioni e le fiere, erano viste come dei momenti di svago, per staccare la spina dal durissimo ritmo delle fatiche quotidiane, e per mangiare meglio e di più. Oggi con i miglioramenti delle condizioni di vita, con gli svariati divertimenti e svaghi, con la perenne secolarizzazione della società, le masse non hanno a cuore come prima le tradizioni paesane. Ma ultimamente si è notata questa gelosa riscoperta delle tradizioni religiose locali, da contrapporre al politicamente corretto, al mondialismo, alla globalizzazione, al rinnegamento della propria cultura e all’imposizione di quella altrui. Fortunatamente c’è ancora chi si prodiga con fervente passione a mantenere viva la memoria storica del luogo in cui vive. Dicevo che la Festa del Soccorso è ancora molto sentita, è vero, ma ho notato qualche segnale di declino. Nella sua processione qualche fedele è diminuito: infatti nel lungo percorso cittadino, da Cori Valle a Cori Alto, arrivando fino al Monte della Ginestra, prima bisognava attendere oltre 40 minuti per vedere il corteo dall’inizio alla fine, mentre quest’anno l’attesa è stata di mezz’ora scarsa.


 Processione del 1993

I canti popolari antichi tipici della Processione del Soccorso, delle donne vestite di verde, scalze, con in braccio grossissimi ceri e che hanno fatto voto per grazia ricevuta, stanno sparendo. Quelle donne sono morte tutte, solo qualche fedele prova a tenere viva quella tradizione. Anni addietro avevo lanciato un appello non raccolto, affinché quell’usanza, che era una caratteristica della processione, non morisse del tutto. Durante le feste del Soccorso passate, le parole di quei canti popolari mi risuonavano in testa nelle ore successive alla processione, non sentendo i frastuoni delle giostre, della festa civile in piazza ed era una bella sensazione, che accresceva ulteriormente con l’assaggio dei prodotti enogastronomici tipici paesani. Tutte le Madonne, ovunque si trovino, anticamente avevano le loro madonnare che intonavano “viva, viva, sempre viva…” La festa civile è stata altrettanto bella: ci saranno meno introiti rispetto al passato, ma la generosità di alcune discrete aziende del paese fa sì che ci siano sempre dei concerti di affermati cantautori e di altri piccoli gruppi locali. Non solo i canti religiosi antichi delle processioni mi piacciono, apprezzo anche la musica leggera moderna. A tal proposito, alcuni anni fa ci misi tutta la buona volontà ad avvicinarmi a quell’ambiente, cercando di vincere le diffidenze; c’era un gruppo musicale che organizzava anche altre attività culturali e fondò un piccolo giornale: io era da poco che avevo il blog e pensavo di fare una buona cosa parlando della creazione di quel giornalino. Credevo di ricevere dei compiacimenti, ma al contrario ricevetti freddezza, indifferenza: non capii il perché. Eppure ne avevo parlato bene, mica male. Morale: uno nonostante ce la metta tutta per apprezzare, per valorizzare, qualche cosa del luogo in cui vive, qualunque cosa fa non va mai bene. Vale anche per la Festa del Soccorso, dove sacro e profano si incrociano sempre, e che fa parte di quell’Italia che amiamo.

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