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sabato 29 dicembre 2018

411) TUTTO IL 2018 NEL BLOG


RIASSUNTO DEGLI ARGOMENTI TRATTATI IN QUESTO BLOG NEL 2018

 

Molti temi, tra cronache, avvenimenti di rilevanza, contornati da esperienze ed opinioni personali, sono stati trattati in questo blog nel corso del 2018. Sono state seguite con attenzione la elezioni politiche del mese di marzo, pubblicando in modo dettagliato i risultati, col centrodestra che ha mancato la maggioranza assoluta, e sono state seguite le complesse trattative che hanno portato tre mesi dopo alla nascita del governo Conte, con appoggio della Lega e d’un Movimento Cinque Stelle dalle continue giravolte, al fine di evitare immediate e nuove elezioni e per non darla vinta a coloro che remavano contro, in primis i tecnocrati dell’Unione Europea. Con questi ultimi il braccio di ferro è continuato sino ad oggi, specie dopo la proposta di legge finanziaria che introduce quota cento per le pensioni e il reddito di cittadinanza, che sono stati ridimensionati entrambi da come li avevano proposti all’inizio a causa della forzata   riduzione del rapporto deficit\pil dal 2,4% al 2,04%; il taglio dei costi della politica e delle pensioni d’oro per i privilegiati andrà a coprire le spese pensionistiche della gente comune e i sussidi d’inoccupazione. Oltre all’argomento finanziario è stato seguito un altro atto delicato del governo, come quello dell’immigrazione e i problemi ad esso connessi, come la criminalità: il discusso decreto sicurezza per limitare l’immigrazione irregolare e garantire più sicurezza è riuscito ad essere approvato.

Sempre qui gli argomenti storici – religiosi hanno fatto la parte del leone, parlando e pubblicando i film che li trattavano: “per grazia ricevuta”, “in nome del popolo sovrano”, “la grande guerra” (per il centenario della vittoria di quel conflitto); inoltre sono state elaborate dettagliate trame su alcune serie televisive Rai di successo degli anni 1980: Marco Polo, Cristoforo Colombo, Cuore. Si è parlato di alcune località visitate in breve tempo dall’autore del blog: Palermo e Trieste. Alcune polemiche e precisazioni non sono mancate: il declino della lingua italiana con l’avanzare, parlando dal punto di vista lessicale, dei forestierismi, la fissazione col pericolo fascista, morto e sepolto da molto tempo, il mancato clamore di alcune tragedie del XX secolo e dei cristiani perseguitati, i tatuaggi che deteriorano la persona, l’eccesivo clamore mediatico del matrimonio dei reali inglesi, la lentezza nel realizzare le infrastrutture e le vie di comunicazione fondamentali per la crescita di un paese, includendo anche la ricostruzione del viadotto di Genova crollato e che ha causato decine di vittime. È stato trattato anche il declino del calcio italiano nell’anno dei mondiali di Russia, i quali sono stati narrati dal punto di vista sportivo sull’altro blog.  Gli argomenti storici – politici sono stati completati parlando di temi in voga in quei momenti determinati: la trattativa Stato – Mafia, il quarantennale del delitto di Aldo Moro, l’irredentismo di oggi, la tensione in Siria tra Russia ed Usa.

Quest’anno, un po’ di più rispetto ai precedenti anni, lo spazio del suddetto blog è stato occupato da Cori (LT): anche quel paese, nelle politiche di marzo, non è stato risparmiato dall’ondata gialloverde che si è abbattuta su tutta Italia e per la prima volta in assoluto le sinistre, alle politiche, non hanno ottenuto la maggioranza dei voti. Sono state sollevate sentite proteste contro il degrado dell’ospedale corese e la possibile chiusura del suo pronto soccorso; le destra corese è stata la pioniera di questa nuova battaglia per l’ospedale, dopo è arrivato ancora una volta il comitato civico per la sua difesa, che include molti esponenti di sinistra e di sinistra estrema soprattutto, ma non mancano  rappresentanti di tutte le forze politiche, e che sta facendosi sentire prepotentemente: fa bene, la salute è di tutti e non conosce distinzioni politiche. In piena estate ci sono stati dei furti di alcune reliquie sacre nelle chiese di Cori: la stampa paesana e provinciale non se ne sono occupate, il blog lo ha fatto. Sono state pubblicate delle altre considerazioni sul paese di Cori: forse l’unico centro collinare\montano che nei tempi moderni, invece di svilupparsi in pianura, nelle vallate, ancora continua ad a evolversi sui monti e dove il declino demografico è causato, oltre che dal saldo negativo nati\morti, dall’emigrazione in altri luoghi, motivata dalla riduzione delle opportunità occupazionali nel territorio circostante, dal degrado e dalla perenne perdita di molte cose di pubblica utilità (ospedale, piscine e altro).

Gli articoli di altri autori e i testi pubblicati qui sopra da altri siti sono stati di meno rispetto agli anni precedenti: un post è stato completamente copiato e incollato (dal Secolo d’Italia) e tre post sono stati sempre copiati e incollati, ma incrementati da altri contenuti dell’autore del blog (Beppe Grillo, In nome del popolo sovrano e la cronologia del fronte italiano nella Prima Guerra Mondiale). Molte volte uno è tentato di fare dei semplici copia\incolla, con dei pensieri che corrispondono al suo, citando autore e fonte ovviamente, così si risparmierebbe la fatica di scrivere e di pensare.

mercoledì 19 dicembre 2018

410) DALLE SERIE TV MARCO POLO



LA STORIA DI MARCO POLO, DESCRITTA DALL’OMONIMA SERIE TELEVISIVA DEL 1982 E DA ALTRE FONTI. 




La serie televisiva di Marco Polo di otto puntate fu trasmessa dalla Rai tra la fine del 1982 e l’inizio del 1983; ebbe un grande successo, tant’è vero che fu trasmessa in moltissimi paesi tra cui la Cina (dove andarono anche a girare il film): fu un avvenimento eccezionale per qui tempi. Si narrano i viaggi di Marco Polo, di suo padre e di suo zio, veneziani, avvenuti nella seconda metà del 1200, verso l’Estremo Oriente, alla corte dell’Imperatore mongolo (e della Cina) Kublai Khan, discendente diretto del fondatore dell’impero Gengis Khan.

La storia ebbe inizio a Venezia con Marco bambino che perse la madre, mentre il padre, che non aveva mai conosciuto, ancora non tornava dai suoi lunghissimi viaggi per commerciare le stoffe. Il protagonista aveva sedici anni nel 1270, quando suo padre e suo zio ritornarono in laguna in veste ufficiale di ambasciatori dell’Imperatore Mongolo, il quale voleva aprire dei commerci con l’occidente cristiano e conoscere più affondo la sua religione: a tale scopo il sovrano chiese un centinaio di sacerdoti cattolici e l’olio santo custodito nel Santo Sepolcro di Gerusalemme. Il Papa mancava da tre anni: infatti i cardinali riuniti a Viterbo non riuscivano a mettersi d’accordo; i viterbesi infuriati chiusero a chiave i cardinali nell’edificio  (da li conclave, cioè chiusi a chiave) e scoperchiarono i tetti per farli sbrigare a prendere una decisione. Niccolò Polo e Matteo Polo ripartirono per la Cina, dopo aver incontrato le autorità veneziane, e portarono con sé il giovane Marco. In Terra Santa prelevarono l’olio santo da Gerusalemme e assistettero alla nomina papale di Teobaldo Visconti (Papa Gregorio X), che si trovava in Palestina al seguito dei crociati. I tre Polo proseguirono il viaggio con due sacerdoti che fuggirono presto per la troppa paura. Il cammino, lungo l’antica “via della seta” durò più di tre anni e la piccola comitiva rischiò più volte di finir male e si ridusse di numero: per i mussulmani che li catturarono e poi liberarono, per la peste, per i predoni del deserto, per le valanghe di neve. Alla corte di Kublai Khan nella Città Proibita a Khanbaliq (Pechino), Marco Polo guadagnò le simpatie della famiglia imperiale: dall’imperatore, alla moglie (affascinata dal Cristianesimo, da Gerusalemme, da Roma), al principe ereditario malato, col quale il protagonista instaurò una profonda amicizia. 



I Polo, al servizio dell’Imperatore, vissero per più di diciassette anni in Cina, conoscendo da protagonisti le molte vicissitudini dell’Impero Mongolo che, tra tribù e sottotribù, occupava tutta l’Asia settentrionale, sino ad arrivare all’Europa Orientale: rivolte, repressioni, corruzione, tentativi d’invasione di Cipango (Giappone) finiti male, le religioni all’infuori del cristianesimo che avevano tutte uguali dignità. Nel 1291 i tre veneziani convinsero l’Imperatore a farli tornare a casa, col pretesto di accompagnare via mare una promessa sposa del reggente mongolo di Persia.  Nel 1298 Marco Polo, che si trovava a bordo di una nave veneziana, fu fatto prigioniero dai genovesi durante la battaglia di Curzola e fu incarcerato. Durante la prigionia conobbe Rustichello da Pisa, al quale narrò le sue vicende personali che furono trascritte nel libro “Il Milione”. Marco e Rustichello furono sottoposti a processo dall’Inquisizione per alcuni contenuti del loro libro: venivano descritte le religioni islamica, buddista e confuciana che erano considerate sacrileghe, le conoscenze astronomiche che erano sconosciute in Europa, i libri che in Cina erano “stampati” e non scritti a mano uno per uno, i pozzi di acqua nera che bruciavano (il petrolio), i fochi articifiali, eccetera. Alla fine Marco Polo fu assolto e liberato con la motivazione di non aver commesso peccati e di aver rafforzato la sua fede cattolica attraverso la conoscenza degli altri culti. Egli tornò a Venezia, dove non c’era nessuno ad attenderlo, e rivide la sua vecchia casa, con i disegni raffiguranti gli uomini con la testa di cane ed altre stravaganze, che aveva fatto da ragazzo, sentendo le fantasiose storie dei posti remoti ai confini del mondo dove era approdato suo padre. Marco in seguito si sposò con una nobildonna ed ebbe tre figlie; non tornò più nel Catai (Cina) e morì nel 1324 a quasi settant’anni, un bel traguardo per l’epoca.


I viaggi di Marco Polo e dei suoi familiari furono un’impresa più che straordinaria per qui tempi e contribuirono molto a far conoscere l’Estremo Oriente in Europa. A Cristoforo Colombo, quasi due secoli dopo, leggendo “Il Milione”, venne in mente di raggiungere i posti descritti navigando verso occidente e trovò per caso un nuovo continente, quello americano.

martedì 11 dicembre 2018

409) TRAGEDIE SCONOSCIUTE



Ucraina, Stalin fece 7 milioni di morti. Più di Hitler. Ma nessuno ne parla

mercoledì 28 novembre 17:37 - dI Antonio Pannullo




Tutta l’Ucraina celebra in questi giorni uno dei più grandi, forse il più grande, olocausto del Novecento, l’Holodomor, che letteralmente significa “morte per fame”. Di che si tratta? In Europa, e ancora meno in Italia, non si è mai parlato di quello che è uno dei più grandi crimini del comunismo, che al pari di altri, continua a essere sistematicamente oscurato dalla storiografia e dai media. La strage avvenne dal 1929 al 1933, governante Stalin, e ancora oggi è incerto il numero delle vittime: le fonti più attendibili fanno variare il numero dei morti da 7 a 10 milioni, anche se altre fonti riducono la cifra a 4/5. L’Unione Sovietica ha sempre messo la sordina alla vicenda, e anche dopo la guerra Onu, Ue, Nato e le altre organizzazioni sovranazionali non hanno mai ricordato la vicenda. Solo in Ucraina la ricorrenza è annualmente ricordata, proprio negli ultimi giorni di novembre. Purtroppo, ad oggi, solo 23 Paesi e il parlamento europeo hanno riconosciuto l’Holodomor come genocidio. Molti Paesi, tra cui l’Italia, non lo hanno ancora fatto.
Così Stalin pianificò l’Holodomor
Tutto iniziò quando Stalin si mise in testa di razionalizzare tutto il Paese, sia dal punto di vista agricolo sia da quello industriale. L’Ucraina, come è noto, forniva all’Urss il 50 per cento della produzione agricola. Il comunismo, come si sa, portò sotto il controllo dello Stato terre e produzione. In Ucraina invece, tradizionalmente, le terre erano frammentate in piccole proprietà agricole appartenenti ai Kulaki. L’Urss non poteva tollerare questa suddivisione e con la forza avviò il processo chiamato di “dekulakizzazione”, per mettere i Kolchoz (cooperative agricole) al loro posto. Tutti i milioni di kulaki che rifiutavano la collettivizzazione comunista vennero uccisi o deportati in Siberia e nelle regioni artiche. I pochi sopravvissuti vennero vessati in maniera tale da rendere loro impossibile la sopravvivenza: le quote da consegnare allo Stato divennero altissime, e spesso le guardie rosse sequestravano tutti i generi alimentari posseduti dai contadini. Tutto veniva requisito, dal grano alla farina al pane alle verdure, le bestie venivano uccise perché i contadini non dovevano possedere nulla. Il risultato fu che milioni di persone morirono, la produzione agricola crollò, ma Stalin la ebbe vinta. Il suo intento infatti non era tanto aumentare la produzione agricola, quanto piegare i kulaki e con loro tutti gli oppositori alla dittatura comunista.
L’Holodomor fu un esempio per gli oppositori al comunismo
Stalin, insomma, ci si mise d’impegno per dare un esempio: e lo diede. Fino al 1989 nessuno osò più ribellarsi alla feroce dittatura comunista, pena la morte o il gulag. I comunisti infatti non si limitarono – si fa per dire – a uccidere fisicamente gli oppositori, ma intesero privarli di tutte le forme di sostentamento, fargli terra bruciata. Per aiutare il processo di collettivizzazione, il Pcus inviò in Ucraina decine di migliaia di commissari governativi e circa 25mila operai delle imndustrie per far funzionare i kolchoz. Vi furono ovviamente incidenti, che furono represso nella maniera più brutale possibile. Il termine kulaki servì presto a definire tutti quelli che si opponevano al regime. Furono messi sotto inchiesta dieci milioni di contadini, di cui la maggior parte – come disse Stalin – furono annientati. Quando, nel 1932, Mosca ricevette solo il 39 per cento della produzione richiesta, Stalin dette la colpa ai kulaki e al loro presunto sabotaggio, con le conseguenze che si possono immaginare. Esecuzioni sommarie, fucilazioni, incarcerazioni, deportazioni, si susseguirono a milioni, nell’ignoranza e nell’impotenza dei Paesi occidentali. La repressione si intensificò: tutto veniva confiscato, e il Commissariato del popolo per gli affari interni, il famigerato Nkvd, proibì il commercio dell’Ucraina all’esterno e i viaggi. Per fare questo l’esercito circondò i confini isolando di fatto l’Ucraina dal resto dell’Urss e causando appunto la morte per fame. Un po’ come avvenne, in tempi più recenti, per il Biafra nigeriano, isolato e piegato con la carestia dal regime nigeriano. Tutta l’Ucraina a quel punto divenne un enorme campo di sterminio e il governo sovietico impedì i viaggi in Ucraina, soprattutto agli stranieri. Negli anni seguenti le cose peggiorarono: il granaio dell’Urss divenne un’area depressa, e altre persone morirono negli anni seguenti a causi di quel deliberato atto genocida teso a piegare la resistenza dei contadini ucraini.
L’Urss nascose l’Holodomor per anni
L’Urss nascose la vicenda per anni, e dell’Holodomor si iniziò a parlare soltanto durante la perestroika di gorbacioviana memoria, ma nelle scuole di tutto il mondo, ad eccezione di quelle ucraine. dell’Holodomor non si parla, così come per decenni non si è parlato dei massacri delle foibe, delle fosse di Katyn, inizialmente attribuite dai comunisti ai tedeschi, o di altre atrocità “scomode”. La cifra delle vittime è ancora molto dibattuta, e oggettivamente è difficile quantificarla, ma la cifra dei 7/10 milioni di morti fu fatta alla 61ma assemblea delle Nazioni Unite. La vicenda dell’Holodomor ucraino è paradigmatica di come siano trattati alcuni massacri rispetto ad altri. Così il genocidio armeno, ancora oggi negato per ragioni politiche e geopolitiche, le atrocità dei partigiani italiani, negato per opportunità politica, il citato genocidio del Biafra, e soprattutto l’Holodomor, il massacro più grande, o tra i più grandi, del Novecento, negato per non dispiacere prima all’Urss e poi a tutta la sinistra internazionale, per non disturbarla nella sua corsa al potere in tutto l’Occidente.



venerdì 30 novembre 2018

408) L’IRREDENTISMO ODIERNO



OGGI SONO UTOPIE E SOGNI LE RIVENDICAZIONI TERRITORIALI, CIOÈ IL PORTARE LO STATO ITALIANO AI SUOI CONFINI NATURALI. LA SITUAZIONE ATTUALE DEI TERRITORI APPARTENENTI ALL’ITALIA SOLO GEOGRAFICAMENTE.

A cent’anni dalla fine della Prima Guerra Mondiale, l’ultimo conflitto in cui l’Italia annesse dei nuovi territori in forma permanente (successivamente una parte delle terre guadagnate furono perse: con la sconfitta nella Seconda Guerra Mondiale), i movimenti irredentisti stanno rinascendo silenziosamente. Questi chiedono, esattamente come un secolo fa, l’estensione dello stato italiano entro i suoi confini geografici naturali. Gli irredentisti di oggi, a differenza di ieri, non sono presi in grande considerazione dai mezzi d’informazione, dalla politica, dalle istituzioni, le quali nel diritto costituzionale nostrano ed internazionale non prendono iniziative in tal senso. Sono anche cambiate le mentalità degli stati europei occidentali, i quali è impensabile che facciano tra loro delle guerre sanguinarie, come hanno fatto per secoli, per contendersi una porzione di territorio. Con la diplomazia ed i trattati si potrebbe provare, però dubito sull’ottenimento di risultati concreti.
Come si può vedere nella mappa del Movimento Irredentista Italiano (https://movimentoirredentistaitaliano.wordpress.com/), i territori rivendicati sono i seguenti: Corsica, Nizza, Svizzera italiana (Canton Ticino, parte del Canton Grigioni), San Marino, Istria, Dalmazia, Malta. Di questi luoghi, non considerando San Marino, solo la Svizzera italiana è totalmente italofona, ma ben pochi italiani di Svizzera sognano di unirsi alla madrepatria: temono di perdere il loro alto tenore di vita con la dissoluzione della Confederazione Elvetica. In Corsica ed a Malta l’italiano è compreso bene, anche se è stato abolito come lingua ufficiale da tempo a favore del Francese e dell’Inglese, i cognomi della gente si può dire che siano italiani; anche in queste due isole non ci sono mai stati grandi sentimenti d’aspirazioni italiane da dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. Malta ha molte leggi ispirate al cattolicesimo intransigente, se la piccola isola si unisse all’Italia dovrebbe rinunciarvi in nome della laicità dello stato. La Corsica più che l’Italia sogna l’indipendenza: la lingua corsa, riconosciuta ufficialmente dalla Francia, è molto simile alle parlate toscane, rappresenta l’orgoglio isolano. Quando la Repubblica di Genova cedette la suddetta isola alla Francia, per i debiti contratti, per far sedare la rivolta sull’isola dai francesi, nel trattato c’era una clausola che avrebbe potuto far ritornare la Corsica genovese, sotto pagamento di denaro, l’acquisizione non fu mai registrata agli organismi internazionali e sottoposta a plebiscito popolare: su questo puntano i separatisti corsi; oggi lo Stato Genovese è stato assorbito dalla Repubblica italiana, quindi……



Nizza era una città italianissima, tanto è vero che diede i natali a Giuseppe Garibaldi, il maggior artefice del Risorgimento, il quale soffrì molto per la perdita e provò nel 1871 a fare tornare italiana la sua città. Senza l’aiuto francese, i piemontesi non ce l’avrebbero mai fatta da soli a liberare la Lombardia e quindi ad unificare l’Italia, il prezzo di quell’alleanza fu altissimo: la cessione di Nizza e della Savoia (la terra natale della casa regnante del Piemonte, della Sardegna, poi dell’Italia). La Savoia era già francofona, Nizza lo diventò in fretta: i cognomi dei nizzardi furono francesizzati in fretta e senza che nessuno gridasse al razzismo, alla discriminazione etnica (ad esempio Bianchi divenne Le Blanc, Del Ponte fu trasformato in Dupoint). La Repubblica di San Marino è l’ultimo piccolo stato indipendente dell’era dei liberi comuni medioevali; nel periodo risorgimentale non fu unito al resto d’Italia, sia perché, non essendo uno stato assoluto ma liberale, il popolo godeva di alcuni diritti, sia perché vi avevano trovato rifugio molti patrioti ed esuli ricercati dai molti regimi preunitari (incluso lo stesso Garibaldi seguito dalla moglie Anita). Istria e Dalmazia sono appartenute per secoli a Venezia, la percentuale degli italiani presente era alta fino all’ultimo conflitto mondiale, dopo ci furono le foibe e l’esodo ed oggi in quelle terre si contano pochi italofoni. Gli istriani e i dalmati, dopo il loro esodo, formarono interi quartieri nelle maggiori città d’Italia, oggi i discendenti potrebbero tornare nei luoghi d'origine e convivere con Croati e Sloveni. La “Grande Italia” nelle condizioni attuali è solo un sogno, domani chissà.

sabato 17 novembre 2018

407) ASIA BIBI E I CRISTIANI PERSEGUITATI



IL CASO DI ASIA BIBI (LA CRISTIANA CONDANNATA A MORTE IN PAKISTAN PER BLASFEMIA E POI ASSOLTA) NON HA DESTATO LO STESSO CLAMORE CHE DESTANO I RIFUGIATI DI ALTRE FEDI.




Asia Bibi, la cristiana pakistana accusata di aver offeso il profeta Maometto, dopo quasi dieci anni di detenzione, in attesa dell’esecuzione, è stata assolta dalla corte suprema del Pakistan, per le contraddizioni nelle testimonianze durante i processi a suo carico. La suddetta assoluzione ha suscitato nella citata nazione proteste, violenze, minacce di ogni tipo. Durante questo lasso di tempo le fu proposto di convertirsi all’Islam per avere salva la vita: lei rifiutò. Nella sua assoluzione probabilmente avranno influito le forti pressioni internazionali. In Pakistan, come in altri paesi islamici, le leggi coraniche vengono estese nelle legislazioni statali e non vengono abolite per la sicura reazione violenta dei fondamentalisti. I pochi cristiani che ci sono, sono visti come una setta anomala ed essi subiscono quotidianamente vessazioni di ogni tipo, violenze, massacri. La Chiesa Cattolica di casa nostra e le sue principali associazioni si indignano con moderazione per denunciare le persecuzioni ai danni dei cristiani nel mondo, ma quando parlano di rifugiati di altre fedi, senza stabilire se effettivamente lo sono, lo fanno con enfasi molto più potente e determinata e si prodigano moltissimo in loro favore (si veda Comunità di Sant’Egidio). Negli anni 1990 alle porte di casa nostra c’è stata la guerra, divisa in diverse fasi, nella ex Jugoslavia: non mi sembra che in quel decennio siano arrivate da noi massicce ondate di fuggiaschi. Con questo non voglio dire che oggi non ci siano conflitti nel mondo (qualcuno cessa: Etiopia/Eritrea), voglio sottolineare che a volte quello della guerre siano delle scuse per mescolare ai perseguitati, anche chi non lo è (giovani in buone condizioni, muscolosi), così da incrementare gli affari sull’immigrazione ed attuare il disegno politico per coloro che cercano un serbatoio di futuri voti. 


Il Papa lo scorso anno si è recato di corsa a portare conforto ai musulmani perseguitati in Birmania: sicuramente ha fatto bene, ma perché non usa un parametro consolatorio superiore per confortare i cristiani oppressi e per denunciare le persecuzioni nel mondo nei loro confronti? (è notizia di queste ore il massacro ai danni dei cristiani nello Stato Centrafricano) Nei confronti della famiglia di Asia Bibi il Pontefice si limitò a scambiare poche parole con la stessa in Piazza San Pietro; essi rischiano la vita nel loro paese: avrebbero le carte in regola per ottenere lo stato di rifugiati. Anche da noi le loro vite sarebbero a rischio a causa dei loro molti connazionali presenti; altrettanti cercano di introdursi illegalmente attraverso la rotta balcanica, passando dalla frontiera del Friuli Venezia Giulia, e non sono di certo cristiani oppressi. Adesso però la musica sta cambiando da quando quella regione è amministrata da un presidente leghista, che insieme al Ministro dell’Interno hanno rafforzato i controlli alla frontiere. Se non si agisce in questo modo, ma in senso totalmente opposto, anche nel nostro mondo tra qualche secolo, se non tra qualche decennio, i cattolici (e anche gli atei) si ridurranno ad una minoranza da finire schiacciare e il sacrificio di tanti uomini, che non fuggivano e che caddero per l’Italia, al fine di unificarla e di migliorare le condizioni di vita, sarà stato inutile.

domenica 4 novembre 2018

406) IL CENTENARIO DELLA VITTORIA NELLA GRANDE GUERRA



1a GUERRA MONDIALE 1915 – 1918 (FRONTE ITALIANO)


1915
  • ​​​24 maggio - l'Italia entra in guerra contro l'Austria-Ungheria. I soldati italiani superano dovunque i vecchi confini e attaccano le posizioni nemiche.
  • 25 maggio - 28 maggio - Occupazione di monte Altissimo, di Ala, Cortina d'Ampezzo.
  • 12 giugno - I soldati italiani occupano la conca di Plezzo.
  • 16 giugno - Con ardita azione gli alpini conquistano il Monte Nero.
  • 23 giugno - 7 luglio - Prima battaglia dell'Isonzo.
  • 18 luglio - 4 agosto - Seconda battaglia dell'Isonzo.
  • 18 ottobre - 4 novembre - Terza battaglia dell'Isonzo.
  • 10 novembre - 2 dicembre - Quarta battaglia dell'Isonzo.
1916
  • 11 marzo - 19 marzo - Quinta battaglia dell'Isonzo.
  • 12 aprile - Gli italiani attaccano sull'Adamello. Si combatte a oltre 3000 metri d'altitudine.
  • 18 aprile - Viene fatta saltare con una mina e conquistata la cima del Col di Lana.
  • 15 maggio - 31 maggio - Gli austriaci lanciano sugli altipiani la "Strafexpedition" (spedizione punitiva) contro l'Italia. Dopo sanguinosi combattimenti l'attacco fallisce.
  • 29 giugno - Gli austriaci lanciano gas asfissianti nella zona del monte S. Michele.
  • 12 luglio - Vengono impiccati Cesare Battisti e Fabio Filzi, catturati pochi giorni prima durante un'azione sul monte Corno.
  • 6 agosto - 17 agosto - Sesta battaglia dell'Isonzo. Gorizia è conquistata dagli italiani. Il primo giorno della battaglia cade Enrico Toti.
  • 28 agosto - L'Italia dichiara guerra alla Germania.
  • 14 settembre - 17 settembre - Settima battaglia dell'Isonzo.
  • 10 ottobre - 12 ottobre - Ottava battaglia dell'Isonzo.
  • 1º novembre - 2 novembre - Nona battaglia dell'Isonzo.
1917
  • 12 maggio - 28 maggio - Decima battaglia dell'Isonzo.
  • 10 giugno - 29 giugno - Battaglia dell'Ortigara.
  • 17 agosto - Undicesima battaglia dell'Isonzo e vittoria italiana sull'altipiano della Bainsizza.
  • 24 ottobre - Tedeschi e austro-ungarici ingaggiano la dodicesima battaglia dell'Isonzo e riescono a sfondare allo sbocco della valle dell'Isonzo, fra Tolmino e Caporetto.
  • 8 novembre - Il Generale Cadorna viene esonerato dal comando dell'esercito. Lo sostituisce il generale Diaz.
1918
  • 15 giugno - 23 giugno - Battaglia del solstizio. Gli austro-ungarici riescono a superare il Piave. I soldati italiani resistono. Il 23 gli avversari si ritirano.
  • 9 agosto - Volo di D'Annunzio su Vienna.
  • 24 ottobre - 3 novembre - Gli italiani scattano all'offensiva sul Grappa e sul Piave. Le truppe italiane occupano Vittorio Veneto. Il fronte austriaco crolla dovunque. L'Austria-Ungheria chiede l'armistizio.
  • 4 novembre - fine delle ostilità tra l'Italia e Austria-Ungheria: Bollettino della Vittoria.
  • 11 novembre - Armistizio tra gli Alleati e la Germania, le cui armate si ritirano dovunque. La Grande Guerra è finita.


BOLLETTINO DELLA VITTORIA
Comando Supremo, 4 novembre 1918, ore 12 Bollettino di guerra n. 1268
La guerra contro l'Austria-Ungheria che, sotto l'alta guida di S.M. il Re, duce supremo, l'Esercito Italiano, inferiore per numero e per mezzi, iniziò il 24 maggio 1915 e con fede incrollabile e tenace valore condusse ininterrotta ed asprissima per 41 mesi, è vinta. La gigantesca battaglia ingaggiata il 24 dello scorso ottobre ed alla quale prendevano parte cinquantuno divisioni italiane, tre britanniche, due francesi, una cecoslovacca ed un reggimento americano, contro settantatre divisioni austroungariche, è finita. La fulminea e arditissima avanzata del XXIX Corpo d'Armata su Trento, sbarrando le vie della ritirata alle armate nemiche del Trentino, travolte ad occidente dalle truppe della VII armata e ad oriente da quelle della I, VI e IV, ha determinato ieri lo sfacelo totale della fronte avversaria. Dal Brenta al Torre l'irresistibile slancio della XII, della VIII, della X armata e delle divisioni di cavalleria, ricaccia sempre più indietro il nemico fuggente. Nella pianura, S.A.R. il Duca d'Aosta avanza rapidamente alla testa della sua invitta III armata, anelante di ritornare sulle posizioni da essa già vittoriosamente conquistate, che mai aveva perdute. L'Esercito Austro-Ungarico è annientato: esso ha subito perdite gravissime nell'accanita resistenza dei primi giorni e nell'inseguimento ha perduto quantità ingentissime di materiale di ogni sorta e pressoché per intero i suoi magazzini e i depositi. Ha lasciato finora nelle nostre mani circa trecentomila prigionieri con interi stati maggiori e non meno di cinquemila cannoni. I resti di quello che fu uno dei più potenti eserciti del mondo risalgono in disordine e senza speranza le valli che avevano discese con orgogliosa sicurezza.​​
(Armando Diaz, comandante supremo del Regio Esercito)



FILM “LA GRANDE GUERRA”
La grande guerra è un film del 1959 diretto da Mario Monicelli, prodotto da Dino De Laurentis, tra i principali attori figurano: Alberto Sordi, Vittorio Gassman, Silvana Mangano. Per la prima volta quella guerra venne descritta diversamente da come era stata narrata sino ad allora; motivo per cui ebbe dei problemi di censura. Si narrano le vicende dei due protagonisti: un soldato romano ed uno milanese, i quali cercano in tutti i modi di fuggire dalle situazioni di pericolo, fin quando, catturati dal nemico con indosso dei cappotti austro – ungarici, per salvarsi le loro vite sono disposti a tradire i loro commilitoni italiani, poi, venendo irrisi per la loro codardia, rivolgono degli insulti al comandante austriaco e vengono fucilati. Nel frattempo gli italiani, impegnati in prima linea, resistono agli assalti nemici e passano alla controffensiva; ci si lamenta che i due, i vigliacchi, i meno efficienti, ancora una volta l’hanno fatta franca, ignorando che sono morti da eroi, per non tradirli.

mercoledì 31 ottobre 2018

405) I GUAI DEL BUONISMO ESASPERATO



DECENNI DI LASSISMO NEI CONFRONTI DELL’IMMIGRAZIONE CLANDESTINA PROVOCA DANNI, MA I BUONISTI NON VOGLIONO SENTIR RAGIONE.




La crudele violenza e il brutale delitto subìti della giovane Desirée possono essere considerati il frutto di anni ed anni di menefreghismo e di lassismo nei confronti del fenomeno migratorio libero e senza regole. Questa storia è molto triste e non bisogna trovare la consolazione o la giustificazione che una persona senza problemi di disagio non si sarebbe mai recata in quei luoghi e non avrebbe mai frequentato certi individui. Bisogna andare al nocciolo del problema, chiedendosi “che ci sta a fare tutta questa gente da noi se non ha mezzi per sostenersi e vive nel degrado e si dà alla delinquenza?” Guai a dir questo, nel recente passato nessuno ha mai avuto il coraggio di affrontare questo problema, i pochi che ci hanno provato si sono arresi subito, azzittiti dagli immancabili buonisti, umanitari, piagnoni e quant’altro, ai quali evidentemente piacciono le città degradate con altissima criminalità: a tutto c’è un limite, anche agli eccessivi buonismi e permissivismi.

La deriva fascista preoccupa di più della brutale morte di una ragazzina: lo ha dimostrato la manifestazione al quartiere San Lorenzo di Roma, dove è avvenuto il crimine, dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia. Ora sta provando il Ministro Salvini a risolvere questa delicata questione (nonostante sia quotidianamente messo alla gogna non si arrende): tra i provvedimenti, che il suo decreto prevede, ci sono la non concessione del diritto di asilo per i richiedenti che commettono dei reati e il ritiro della cittadinanza, per chi l’avesse acquisita, a chi si macchia di reati legati al terrorismo internazionale. Pure in questa circostanza c’è chi ha storto il naso; perfino dalla sede del nostro municipio hanno esposto uno striscione di protesta. A parte il fatto che il comune è un istituzione e non la sede di un partito politico, per cui non andrebbe usato per tali fini; se non vanno bene quelle misure, deve ricevere un premio chi si macchia di gravi reati?  


Si leggano le cronache nazionali sulla carta stampata o sui siti telematici “politicamente scorretti”: tutti i giorni non mancano, tra i richiedenti asilo politico, casi di spaccio di droga, violenze sessuali, furti, aggressioni ai poliziotti o ai controllori di biglietti nelle corriere e nei treni. Bisogna altresì ricordare che la richiesta di asilo politico, per coloro che giungevano clandestinamente in Italia, veniva accolta o rifiutata anche dai precedenti governi di centrosinistra, l’unica differenza con questo governo è che non facevano nulla per fermare gli approdi, tranne negli ultimi mesi Gentiloni e Minniti. Talvolta con troppa superficialità venivano concessi i permessi temporanei: è il caso di uno degli assassini della giovane ragazza.

I veri profughi siano accolti, anche gli altri stranieri che si presentano alle frontiere con documenti in regola e contratti di lavoro, non devono esserci caos, confusione, mancanza di regole; non bisogna dimenticare che la percentuale di disoccupati è ancora alta e molti italiani sono costretti ad andarsene. La delinquenza di casa nostra c’è sempre: se avessimo solo quella per le forze dell’ordine il lavoro sarebbe sempre non facile, ma molto semplificato. Se dessimo retta ai pochi aspiranti abbattitori di frontiere, ci ritroveremmo in un sacco di guai. Ci vogliono delle regole rigide e la severa regolarizzazione del fenomeno migratorio: il governo si sta adoperando in tal senso, riscuotendo consensi quasi plebiscitari.

domenica 21 ottobre 2018

404) NOSTALGIE DELLE SERIE TELEVISIVE ANNI ‘80



“CUORE” E “CRISTOFORO COLOMBO” FURONO DUE SERIE TELEVISIVE DI SUCCESSO DEGLI ANNI 1980 DELLA RAI.

Recentemente ho trovato due serie televisive di successo degli anni 1980 in versione integrale, lanciate a suo tempo dalla Rai: Cuore e Cristoforo Colombo; c’era anche Marco Polo: lo prenderò in futuro se ancora troverò il dvd. La mente ci riporta nei tempi lontani, ovvero quando li trasmisero in prima visione, nei migliori anni della nostra Tv, come dice lo slogan. Allora, quando uscivano le videocassette originali dei film costavano un sacco di soldi; coloro che possedevano dei videoregistratori potevano registrare i programmi che preferivano, mentre i libri che illustravano quelle serie televisive, che uscivano in contemporanea alle stesse e che si trovavano nei supermercati, erano alla portata di tutti.


Cuore
Durante il 150° anniversario dell’Unità d’Italia riportai dal Libro Cuore le parti che parlano dei quattro protagonisti del Risorgimento Italiano (vedere qui). Il film per la Tv si differenzia dal romanzo originale di De Amicis, con il quale sono cresciute intere generazioni di italiani negli anni dell’adolescenza, principalmente per l’anno dell’ambientazione, 1899 anziché 1882, per i racconti mensili (dagli Appennini alle Ande, sangue romagnolo, l’infermiere di tata, il tamburino sardo, la piccola vedetta lombarda, lo scrivano fiorentino, eccetera), che invece di essere letti in classe, vengono mostrati sullo schermo coi primissimi proiettori cinematografici senza audio e infine perché mostra anche l’età adulta dei protagonisti impegnati nella Grande Guerra, che ricordano gli anni della loro adolescenza a scuola. È fedele al romanzo in quanto c’è sempre il frammisto tra patriottismo e solidarietà umana, in uno stato italiano appena sorto, indicando dei sani principi e delle sane virtù. In una classe elementare di Torino ci sono i figli dei ricchi e quelli dei poveri: ci sono i benestanti che rispettano la classi meno abbienti, tra cui il protagonista Enrico (interpretato da un giovanissimo Carlo Calenda), educato a dovere dalla famiglia, e quelli che non lo fanno. Coloro che non studiano e si comportano male finiscono subito in riformatorio. Il messaggio finale della serie è il rinnegamento dei valori patriottici, coi quali sono cresciuti i protagonisti, vivendo il massacro della Guerra 1915 – 1918; addirittura nell’ultima scena il Maestro Perboni, dichiarandosi socialista, rileva di aver finto per anni nel trasmettere certi valori ai suoi scolari. Queste revisioni avrebbe dovuto darle De Amicis, che aveva combattuto per l’Unità d’Italia, se fosse vissuto negli anni della Prima Guerra Mondiale. Tutte le guerre sono brutte, ma c’erano molti in quegli anni che ritenevano che quel conflitto fosse una giusta causa per completare il processo di unificazione italiana. 




Cristoforo Colombo
In questo caso la serie cerca di ricostruire le esatte vicende storiche senza romanzarle. Il navigatore genovese Cristoforo Colombo era convinto di raggiungere le Indie attraverso una via che nessuno aveva tentato prima di allora: andare ad est, attraverso l’ovest. Propose la sua idea alla corte del Portogallo prima e a quella spagnola poi. Boicottato ed ostacolato da entrambe le monarchie, stava per recarsi in Francia, quando la Spagna, terminate le guerre di riconquista cristiana contro i mori, ci ripensò e gli affidò una piccola flotta di esplorazione. Dopo tre mesi di navigazione approdò in una piccala isola dell’odierno arcipelago delle Bahamas, che ribattezzò San Salvador. Come da sue richieste il titolo di ammiraglio gli fu conferito e in un primo momento anche quello di viceré, ma di oro, che sarebbe dovuto servire per finanziare una grande crociata per liberare il Santo Sepolcro, ne trovarono ben poco (anche in questo caso Colombo aveva richiesto un’alta percentuale). Dalla Spagna, conoscendo ormai le rotte, sempre più navi navigavano l’oceano verso le nuove terre; tramite il Papa, si trovò anche un accordo con il Portogallo per la ripartizione del continente scoperto. Colombo si fece sempre più nemici tra la nobiltà e il clero, mentre la Regina Isabella stravedeva per lui: li accumunava la loro grande fede cristiana. Spagnoli ed indigeni si scontravano spesso e Colombo a malincuore fece trasferire molti dei nativi in Spagna per farne degli schiavi: era il solo modo di risparmiare le loro vite e dar loro un avvenire cristiano (secondo l’interpretazione del Vangelo in quel tempo solo chi era battezzato otteneva la salvezza eterna). Colombo e il fratello furono arrestati e riportati in Spagna in catene. La Regina si indignò e li fece liberare. Morta Isabella di Castiglia, Colombo dovette lottare testardamente col marito, Re Ferdinando, per farsi riconoscere i propri diritti. Successivamente Cristoforo compì, per proprio conto, altri viaggi di esplorazione, convinto sempre di essere alle estremità delle indie, senza mai trovare quelle ricchezze e quelle civiltà che Marco Polo aveva descritto nei suoi viaggi. Il navigatore fu fortunato a trovare le Americhe, aveva sbagliato i calcoli sul diametro terrestre, altrimenti avrebbero vinto coloro che ritenevano che le Indie sarebbero state lontanissime da raggiungere navigando l’Oceano Atlantico. 


giovedì 11 ottobre 2018

403) LA MANOVRA FINANZIARIA COL BRIVIDO



IL GOVERNO  GIALLOVERDE SI GIOCA IL DESTINO DELL’ITALIA CON UNA MANOVRA FINANZIARIA DA URLO (REDDITO DI CITTADINANZA, REVISIONE LEGGE FORNERO, FLAX TAX): SE ANDRÀ BENE SI APRIRÀ UNA NUOVA PAGINA DI SVILUPPO E DI BENESSERE, SE ANDRÀ MALE CI SARÀ LA CATASTROFE.



Sta suscitando scalpore in Italia e all’estero la proposta di legge finanziaria del governo LegaM5S. Si teme che l’introduzione del reddito di cittadinanza e la revisione della Legge Fornero sulle pensioni aggraveranno ulteriormente l’elevato debito pubblico statale. Neanche i tagli dei costi della politica copriranno le enormi spese.

Il cosiddetto reddito di cittadinanza è stato vistosamente ridimensionato da come era stato promesso in campagna elettorale: dovrebbe spettare solo ai disoccupati che non vivono con i genitori per un limitato periodo di tempo, sarà impiegabile solo per acquistare beni di prima necessità e tale sussidio si perderà se si rifiuterà un lavoro proposto. L’auspicio è che l’iniziativa riduca la disoccupazione, andando a coprire quei lavori che spesso si rifiutano, altrimenti sarebbe troppo bello stare sempre in poltrona ed essere pagati. Ma sarà utile questo sussidio se al Sud non si attueranno massicci piani per lo sviluppo e gli investimenti che faranno aumentare gli occupati? Questa manovra finanziaria supererà il deficit del 2,4%; l’Europa si allarma per i conti pubblici, dimenticando che la barriera del 2% era già stata superata in alcune manovre finanziarie dei precedenti governi di centrosinistra e senza che nessuno gridasse. Se tra pochi mesi la situazione politica europea cambierà radicalmente, allora l’Europa diverrà dei popoli, i quali decideranno i propri destini, e i tecnocrati non potranno interferire più. È pur vero che i conti pubblici vanno tenuti sotto controllo, evitando di aggravarli negativamente sempre più: infatti ancora oggi paghiamo le conseguenze delle scellerate politiche economiche dei decenni passati, soprattutto per quanto concerne le minipensioni per gli impiegati statali e le pensioni d'oro per determinate categorie di privilegiati. Appunto, sarà un’incognita la revisione della legge Fornero sulle pensioni: bisogna considerare che si vive più allungo rispetto a qualche anno fa e i contribuenti sono meno, per cui quella legge subirà delle piccole modifiche che permetteranno di anticipare di poco l’età pensionabile. Tutto è registrato all’Inps, gli aspiranti pensionati e non possono richiedere e visionare, per via telematica e tramite il proprio codice fiscale, il prospetto dei contributi versati negli anni, o da casa o attraverso i patronati, che hanno corsia preferenziale nell’accesso; è anche un proprio diritto andare alla polizia postale e far rintracciare eventuali accessi impropri agli estratti conti Inps della gente. 


Non so dire se queste innovazioni potrebbero aprire una nuova fase di sviluppo e di crescita o potrebbero finire affondare il paese. Avere più soldi a disposizione farà aumentare i consumi, anche per lo stato ci saranno introiti, i quali faranno diminuire il debito pubblico, la disoccupazione potrebbe drasticamente ridursi, sia col reddito di cittadinanza, per le ragioni citate precedentemente, sia col ricambio generazionale, a seguito dell’anticipazione dell’età pensionabile e la natalità finalmente potrebbe impennarsi, anche con le nuove politiche a sostegno del problema. Se andrà male ci saranno i seguenti aspetti negativi: rotazione di disoccupati che si alterneranno a chiedere il sussidio con brusco calo degli occupati, aumento della povertà, bancarotta e fallimento da parte dello stato, interruzione dei lavori delle grandi opere pubbliche, soprattutto per quello che concerne l’adeguamento delle vie di comunicazione ai tempi odierni, senza non ci sarà grande sviluppo e gli speculatori finanziari europei diverranno i nuovi padroni dell’Italia. Sarebbe stato più prudente da parte del governo iniziare ad abbassare le tasse ed attendere la diminuzione del debito pubblico per attuare il resto del programma. Ma limitare considerevolmente il reddito di cittadinanza e anticipare di poco l’età pensionabile sono già dei segnali di prudenza. 

domenica 30 settembre 2018

402) CONTROTENDENZE: SEMPRE A MONTE, MAI A VALLE



ANTICAMENTE I PAESI NASCEVANO SUI MONTI PER DIFENDERSI MEGLIO DALLE RAZZIE E DAGLI ASSEDI, OGGI I CENTRI URBANI TROVANO MAGGIORE SVILUPPO IN PIANURA. INVECE A CORI ATTUALMENTE SI VERIFICA UNA CONTROTENDENZA: CI SONO MAGGIORI MOVIMENTI, PIÙ VITA, PIÙ AFFARI A CORI MONTE, RISPETTO A CORI VALLE, QUANDO, AL CONTRARIO, OGNI RIONE NON DOVREBBE ESSER RIDOTTO A MORTORIO E PERDERE LINFA.


 Vista aerea di Cori: si può notare che, al di fuori dal centro storico, ci sono più edifici al Monte rispetto alla Valle

Nei tempi remoti era raro che un centro urbano sorgesse in pianura: per motivi difensivi ci si sentiva più sicuri e più protetti, dalle violente scorribande, arroccati sulle alture dei monti, cinti di possenti mura. Oggi invece quasi tutti i comuni montani, al fine di rimanere agganciati al modo moderno, hanno creato delle frazioni verso valle, verso le grandi vie di comunicazione, verso la comodità: si veda Sermoneta (Carrara, Sermoneta Scalo, Doganella), Artena (Colubro, Macere e altre) e perfino Roccamassima (Boschetto). I nuclei storici dei paesi che dai monti si sono sviluppati sulle valli sono stati gelosamente salvaguardati, evitando di esagerare nel costruire nuovi edifici a ridosso delle loro antiche mura. 



A Cori le cose sono andate e vanno diversamente: nessuna agglomerato degno di nota è nato fuori dal paese, sulla pianura: i nuovi immobili, edificati dal dopoguerra in poi, hanno soffocato il centro storico e sono di più quelli sorti verso le montagne, rispetto a quelli edificati verso la piana. Avrebbero dovuto salvaguardare l’antico nucleo urbano, posto da millenni sulla collina, circondato dal verde e con i due caratteristici ponti all’entrata delle antiche porte, situate a valle, e far sorgere qualche nuova frazione in territorio pianeggiante a qualche chilometro dal centro storico. L’unica frazione corese è Giulianello, un antico paese, sviluppatosi attorno al Castello di Giuliano: in quanto tale meriterebbe di essere comune autonomo, ma la legge non lo consente.




Anticamente Cori Alto e Cori Basso erano nettamente separati da una vasta fascia di vegetazione e c’era rivalità tra essi (non mancavano liti, scazzottate), mentre oggi, se escludiamo il periodo del Carosello Storico, non c’è quasi più. Contrariamente alle tendenze odierne da noi tutto ruota attorno a Cori Monte: quasi tutti gli abitanti di Cori Valle preferiscono andare a spasso, svagarsi, nella parte alta del paese, in Piazza Signina e Via San Nicola principalmente, lasciando abbandonate a loro stesse le zone dove risiedono. Piazza Signina non si può più vedere quando cala il buio, con tutte quelle automobili che si intrufolano nell’area pedonale: infatti io da casa mia preferisco non allungare troppo lo sguardo nella citata piazza nelle ore serali/notturne (occhio non vede, cuore non duole!). A Cori Valle, dalla parte di Piazza della Croce, un po’ di movimento c’è ancora, specie dopo l’apertura del grande supermercato Conad, vicino ad una via (Velletri – Anzio) molto trafficata dai grandi mezzi pesanti che escono dall’Autosole e si dirigono nei principali centri della Pianura Pontina, nella perenne attesa che la bretella partorisca.

Per i coresi è diventato più raffinato fare tutto al Monte, quando ci vorrebbe il giusto equilibrio, non affollando esageratamente una parte del paese e spopolando l’altra. Anche alla Valle fuori dal centro storico ci sono bar, giardini, giochi per bambini, negozi, attività ricreative, la parrocchia con il catechismo per i bimbi: occorrerebbe che i vallarani rivalutassero e apprezzassero i loro rioni (sia dalla parte di Porta Romana, sia dalla parte di Porta Ninfina). Certo, si può anche venire al Monte, ma bisogna ricordarsi anche dei propri quartieri a Valle, non soltanto durante il Carosello Storico dei Rioni, mantenendoli vivi e non facendo loro perdere linfa.

giovedì 20 settembre 2018

401) SIAMO ALLE SOLITE



DOPO L’ANNULLAMENTO DELLA GARA D’APPALTO I TEMPI PER L’AMMODERNAMENTO DELLA STRADA REGIONALE 148 PONTINA SI ALLUNGANO (I LAVORI DOVEVANO PARTIRE MENO DI CINQUE ANNI FA). IDEM PER IL NUOVO PONTE DI GENOVA: SI DISCUTE E NON SI CONCLUDE NULLA, QUANDO NE AVEVANO PREVISTO LA RICOSTRUZIONE IN POCO PIÙ DI UN ANNO.



In Italia non si riesce a realizzare un’opera pubblica di utilità collettiva in tempi celeri: tra critiche, contestazioni, vie giudiziarie, ricorsi, controricorsi, passano anni, decenni.  Il suddetto discorso riguarda anche la strada 148 pontina: il suo ammodernamento cinque anni fa l’avevano inserito tra le opere pubbliche prioritarie da realizzare e oggi è ancora tutto fermo al palo. La recente sentenza del Tar non ha bocciato il progetto, ha annullato la gara d’appalto alla ditta aggiudicante, dopo che una società edile esclusa aveva fatto ricorso, per cui non si capisce l’esultanza esagerata dei contrari ai lavori. La stampa sarà contenta: almeno avrà ancora per lungo tempo materiale per riempire gli spazi dei quotidiani, con gli aspri battibecchi tra favorevoli e contrari. Già si infuocano ora i dibattiti: facciamo così, facciamo cosà (abbiamo sentito queste proposte milioni di volte) e prima che sceglieranno un’idea, la approveranno, reperiranno i finanziamenti, passeranno altri decenni. Oggi come oggi la 148 pontina è una strada molto disastrata: i lavori per l’ammodernamento avrebbero dovuto essere già a buon punto, le liti, le beghe, i ricorsi, non fanno che peggiorare la situazione; gli incidenti stradali anziché ridursi aumenteranno. 


La citata strada è l’unico collegamento che c’è da Latina per raggiungere Roma, se non si vuole percorrere la Via Appia e attraversare i centri abitati, mentre noi del nord della Provincia LT abbiamo più soluzioni: possiamo scegliere tra Pontina e A1 (tratto Roma – Napoli), impieghiamo sempre mezz’ora per raggiungere entrambi le vie di comunicazione. C’è il pro e c'è il contro: la 148 è gratuita ma è in condizione disastrose, sull’A1 si viaggia più comodi e più sicuri ma si paga il pedaggio. È prevista anche la realizzazione di una bretella Valmontone – Cisterna – Campoverde che attraverserà il nostro territorio e consentirà l’unione delle due arterie, rompendo lo storico isolamento della nostra produttiva provincia col resto della penisola. Bisognerebbe anche pensare a realizzare solidi collegamenti col sud pontino. Chissà quando avverrà ciò, quando saremo vecchi? Vedremo, l’importante è che non si imporranno movimenti politici per natura contrari a tutto.



Basta vedere quel che sta accadendo a seguito delle vicende relative alla ricostruzione del ponte di Genova che è crollato: perfino in quella circostanza vanno per le lunghe. Avevano presentato un progetto per un nuovo ponte che dicevano sarebbe stato realizzato in un anno e mezzo (lo slogan era: ricostruire presto, non in fretta) e tutto è ancora in alto mare. Si discute animatamente sui modi e le procedure per la demolizione del rimanente ponte e sulla realizzazione del nuovo, perdendo tempo prezioso. Vista la gravità della situazione non credo che si attarderanno coi consueti tempi biblici: per non creare in eterno caos a Genova una soluzione la troveranno, ma non in brevissimo tempo, come avverrebbe se la Lega governasse col resto del centrodestra. Per evitare che le vie di comunicazioni non si espandano o si adeguino ai tempi odierni, occorrerebbe che le masse non viaggino più, si liberino dei mezzi di trasporto motorizzati e che il flusso merci si riducesse di molto. Quanti sarebbero disposti ad accettare queste condizioni?