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domenica 30 settembre 2018

402) CONTROTENDENZE: SEMPRE A MONTE, MAI A VALLE



ANTICAMENTE I PAESI NASCEVANO SUI MONTI PER DIFENDERSI MEGLIO DALLE RAZZIE E DAGLI ASSEDI, OGGI I CENTRI URBANI TROVANO MAGGIORE SVILUPPO IN PIANURA. INVECE A CORI ATTUALMENTE SI VERIFICA UNA CONTROTENDENZA: CI SONO MAGGIORI MOVIMENTI, PIÙ VITA, PIÙ AFFARI A CORI MONTE, RISPETTO A CORI VALLE, QUANDO, AL CONTRARIO, OGNI RIONE NON DOVREBBE ESSER RIDOTTO A MORTORIO E PERDERE LINFA.


 Vista aerea di Cori: si può notare che, al di fuori dal centro storico, ci sono più edifici al Monte rispetto alla Valle

Nei tempi remoti era raro che un centro urbano sorgesse in pianura: per motivi difensivi ci si sentiva più sicuri e più protetti, dalle violente scorribande, arroccati sulle alture dei monti, cinti di possenti mura. Oggi invece quasi tutti i comuni montani, al fine di rimanere agganciati al modo moderno, hanno creato delle frazioni verso valle, verso le grandi vie di comunicazione, verso la comodità: si veda Sermoneta (Carrara, Sermoneta Scalo, Doganella), Artena (Colubro, Macere e altre) e perfino Roccamassima (Boschetto). I nuclei storici dei paesi che dai monti si sono sviluppati sulle valli sono stati gelosamente salvaguardati, evitando di esagerare nel costruire nuovi edifici a ridosso delle loro antiche mura. 



A Cori le cose sono andate e vanno diversamente: nessuna agglomerato degno di nota è nato fuori dal paese, sulla pianura: i nuovi immobili, edificati dal dopoguerra in poi, hanno soffocato il centro storico e sono di più quelli sorti verso le montagne, rispetto a quelli edificati verso la piana. Avrebbero dovuto salvaguardare l’antico nucleo urbano, posto da millenni sulla collina, circondato dal verde e con i due caratteristici ponti all’entrata delle antiche porte, situate a valle, e far sorgere qualche nuova frazione in territorio pianeggiante a qualche chilometro dal centro storico. L’unica frazione corese è Giulianello, un antico paese, sviluppatosi attorno al Castello di Giuliano: in quanto tale meriterebbe di essere comune autonomo, ma la legge non lo consente.




Anticamente Cori Alto e Cori Basso erano nettamente separati da una vasta fascia di vegetazione e c’era rivalità tra essi (non mancavano liti, scazzottate), mentre oggi, se escludiamo il periodo del Carosello Storico, non c’è quasi più. Contrariamente alle tendenze odierne da noi tutto ruota attorno a Cori Monte: quasi tutti gli abitanti di Cori Valle preferiscono andare a spasso, svagarsi, nella parte alta del paese, in Piazza Signina e Via San Nicola principalmente, lasciando abbandonate a loro stesse le zone dove risiedono. Piazza Signina non si può più vedere quando cala il buio, con tutte quelle automobili che si intrufolano nell’area pedonale: infatti io da casa mia preferisco non allungare troppo lo sguardo nella citata piazza nelle ore serali/notturne (occhio non vede, cuore non duole!). A Cori Valle, dalla parte di Piazza della Croce, un po’ di movimento c’è ancora, specie dopo l’apertura del grande supermercato Conad, vicino ad una via (Velletri – Anzio) molto trafficata dai grandi mezzi pesanti che escono dall’Autosole e si dirigono nei principali centri della Pianura Pontina, nella perenne attesa che la bretella partorisca.

Per i coresi è diventato più raffinato fare tutto al Monte, quando ci vorrebbe il giusto equilibrio, non affollando esageratamente una parte del paese e spopolando l’altra. Anche alla Valle fuori dal centro storico ci sono bar, giardini, giochi per bambini, negozi, attività ricreative, la parrocchia con il catechismo per i bimbi: occorrerebbe che i vallarani rivalutassero e apprezzassero i loro rioni (sia dalla parte di Porta Romana, sia dalla parte di Porta Ninfina). Certo, si può anche venire al Monte, ma bisogna ricordarsi anche dei propri quartieri a Valle, non soltanto durante il Carosello Storico dei Rioni, mantenendoli vivi e non facendo loro perdere linfa.

giovedì 20 settembre 2018

401) SIAMO ALLE SOLITE



DOPO L’ANNULLAMENTO DELLA GARA D’APPALTO I TEMPI PER L’AMMODERNAMENTO DELLA STRADA REGIONALE 148 PONTINA SI ALLUNGANO (I LAVORI DOVEVANO PARTIRE MENO DI CINQUE ANNI FA). IDEM PER IL NUOVO PONTE DI GENOVA: SI DISCUTE E NON SI CONCLUDE NULLA, QUANDO NE AVEVANO PREVISTO LA RICOSTRUZIONE IN POCO PIÙ DI UN ANNO.



In Italia non si riesce a realizzare un’opera pubblica di utilità collettiva in tempi celeri: tra critiche, contestazioni, vie giudiziarie, ricorsi, controricorsi, passano anni, decenni.  Il suddetto discorso riguarda anche la strada 148 pontina: il suo ammodernamento cinque anni fa l’avevano inserito tra le opere pubbliche prioritarie da realizzare e oggi è ancora tutto fermo al palo. La recente sentenza del Tar non ha bocciato il progetto, ha annullato la gara d’appalto alla ditta aggiudicante, dopo che una società edile esclusa aveva fatto ricorso, per cui non si capisce l’esultanza esagerata dei contrari ai lavori. La stampa sarà contenta: almeno avrà ancora per lungo tempo materiale per riempire gli spazi dei quotidiani, con gli aspri battibecchi tra favorevoli e contrari. Già si infuocano ora i dibattiti: facciamo così, facciamo cosà (abbiamo sentito queste proposte milioni di volte) e prima che sceglieranno un’idea, la approveranno, reperiranno i finanziamenti, passeranno altri decenni. Oggi come oggi la 148 pontina è una strada molto disastrata: i lavori per l’ammodernamento avrebbero dovuto essere già a buon punto, le liti, le beghe, i ricorsi, non fanno che peggiorare la situazione; gli incidenti stradali anziché ridursi aumenteranno. 


La citata strada è l’unico collegamento che c’è da Latina per raggiungere Roma, se non si vuole percorrere la Via Appia e attraversare i centri abitati, mentre noi del nord della Provincia LT abbiamo più soluzioni: possiamo scegliere tra Pontina e A1 (tratto Roma – Napoli), impieghiamo sempre mezz’ora per raggiungere entrambi le vie di comunicazione. C’è il pro e c'è il contro: la 148 è gratuita ma è in condizione disastrose, sull’A1 si viaggia più comodi e più sicuri ma si paga il pedaggio. È prevista anche la realizzazione di una bretella Valmontone – Cisterna – Campoverde che attraverserà il nostro territorio e consentirà l’unione delle due arterie, rompendo lo storico isolamento della nostra produttiva provincia col resto della penisola. Bisognerebbe anche pensare a realizzare solidi collegamenti col sud pontino. Chissà quando avverrà ciò, quando saremo vecchi? Vedremo, l’importante è che non si imporranno movimenti politici per natura contrari a tutto.



Basta vedere quel che sta accadendo a seguito delle vicende relative alla ricostruzione del ponte di Genova che è crollato: perfino in quella circostanza vanno per le lunghe. Avevano presentato un progetto per un nuovo ponte che dicevano sarebbe stato realizzato in un anno e mezzo (lo slogan era: ricostruire presto, non in fretta) e tutto è ancora in alto mare. Si discute animatamente sui modi e le procedure per la demolizione del rimanente ponte e sulla realizzazione del nuovo, perdendo tempo prezioso. Vista la gravità della situazione non credo che si attarderanno coi consueti tempi biblici: per non creare in eterno caos a Genova una soluzione la troveranno, ma non in brevissimo tempo, come avverrebbe se la Lega governasse col resto del centrodestra. Per evitare che le vie di comunicazioni non si espandano o si adeguino ai tempi odierni, occorrerebbe che le masse non viaggino più, si liberino dei mezzi di trasporto motorizzati e che il flusso merci si riducesse di molto. Quanti sarebbero disposti ad accettare queste condizioni?

lunedì 10 settembre 2018

400) IN NOME DEL POPOLO SOVRANO



IN NOME DEL POPOLO SOVRANO È UNA PELLICOLA DEL 1990 DIRETTA DA LUIGI MAGNI, LA QUALE CI RACCONTA ATTRAVERSO SVARIATE SFACCETTATURE LE VICENDE DELLA REPUBBLICA ROMANA DEL 1848 – 49, NEL CONTESTO DELLE LOTTE PER L’ITALIA UNITA.



·        Contesto storico
Il film nel “in nome del popolo sovrano” è ambientato, principalmente a Roma, nell’ambito dei moti del 1848 – 1849, allorquando in tutta Europa scoppiarono delle sommosse contro le monarchie assolutistiche. L'Italia, dopo secoli e secoli, si rivesgliava, concretizzandosi sempre di più l’idea di unità per liberarsi dal giogo dello straniero e per concedere più diritti al popolo. Con Napoleone gli ideali della Rivoluzione Francese si erano sparsi in tutta Europa, Italia compresa, e nonostante molti italiani ed europei morirono combattendo per lo stesso e per la sua sete di conquiste, le idee e le concessioni che portò rimasero negli animi della popolazione e furono le motivazioni che portarono alle sommosse contro i regimi autoritari dopo la Restaurazione del 1815. Nel 1848 tutti guardavano al Piemonte, che era l’unico stato che concesse la costituzione in modo permanente (Statuto Albertino) e che prese a cuore la "causa italiana", quando si sollevarono contro gli austriaci e contro i piccoli regni ad essi indirettamente legati, nell’attesa che i piemontesi arrivassero in tutta l’Italia. Purtroppo il piccolo Piemonte non poté far nulla contro il grande Impero Austriaco nella Prima Guerra di Indipendenza, così tutti i governi temporanei che si erano costituiti lungo la penisola furono repressi nel sangue, Repubblica Romana compresa, dall’Austria e dalla Francia. Papa Pio IX nel suo stato inizialmente fu considerato un innovatore: nominò un ministro laico, concesse l’amnistia ai prigionieri politici, inviò un corpo di volontari in sostegno del Piemonte; dopodiché fece dietrofront: ritenne di non doversi mettere contro una nazione cattolica come l’Austria, non promulgò la costituzione e il ministro laico Pellegrino Rossi fu assassinato da uno dei figli del popolano Ciceruacchio, uno dei pilastri della Repubblica Romana. La Repubblica divenne un dato di fatto, ebbe a capo il triumvirato Mazzini – Armelini – Saffi, mentre il pontefice fu costretto a riparare a Gaeta e chiese aiuto alla Francia di Carlo Luigi Bonaparte (Napoleone III) per tornare sul trono. Accorsero da tutta Italia a difesa della Repubblica, Garibaldi in primis, combattendo cadde perfino l’autore dell’odierno inno nazionale Goffredo Mameli. Negli anni successivi Napoleone III aiutò i piemontesi a liberare la Lombardia, ma protesse il Papa fino in ultimo, impedendo di annettere il Lazio al nuovo stato italiano, fino alle sua caduta nel 1870, quando finalmente il processo di unificazione italiana fu portato a compimento.


  • Trama “In nome del popolo sovrano”
Con Nino Manfredi, Jacques Perrin, Alberto Sordi, Elena Sofia Ricci, Massimo Wertmuller. Roma 1848, dopo l'assassinio del primo ministro Pellegrino Rossi, il Papa Pio IX capisce che è tempo di andare in esilio a Gaeta. Qualche mese dopo, proclamata la Repubblica Romana con Mazzini e Carlo Bonaparte per capi, i francesi di Luigi Napoleone Bonaparte, alleato papale, sono scesi in Italia ed hanno posto l'assedio alla città. È in questo periodo che si svolgono le vicende private di vari personaggi: Cristina, moglie del marchesino Eufemio Arquati e fervente sostenitrice della repubblica, è innamorata del garibaldino Giovanni Livraghi, amico del frate barnabita Ugo Bassi, contrario al potere temporale del Papa. Tra i vari popolani, emerge la figura di Angelo Brunetti, detto Ciceruacchio, e del di lui figlio minore. Gli eventi precipitano: a causa della scarsa coordinazione dei difensori e nonostante l'intervento di Garibaldi e dei bersaglieri di Luciano Manara i francesi hanno presto partita vinta e a Ciceruacchio, Ugo Bassi e Livraghi non resta che fuggire al nord, al seguito di Garibaldi, per tentare di raggiungere l'insorta Venezia. Mentre Eufemio ed il padre pranzano con l'"assassino della Repubblica" generale Oudinot, Cristina fugge per raggiungere l'amato Livraghi, ma invano: il capitano, infatti, caduto in mano austriaca, viene fucilato insieme a Bassi, poco dopo Ciceruacchio, nonostante le "raccomandazioni alla pietà" che la giovane rivolge ad uno zio che giudica i "colpevoli". Rimasta sola, Cristina viene raggiunta da Eufemio che, in un impeto di gelosia, era partito per ucciderla; ma poi, resosi conto della situazione politica e avendo acquisito una presa di coscienza, decide di arruolarsi nell'esercito piemontese "per fare l'Italia". Dieci anni dopo, il vecchio Marchese Arquati osserva soddisfatto le foto del figlio bersagliere e della nuora, che al seguito di Vittorio Emanuele hanno unificato l'Italia. Roma, però, è ancora governata dal Papa.