Non c’è occhio che s’apra alla luce senza una lacrima;
non c’è occhio che si chiuda alla vita senza lacrima.
Ho trovato questa poesia, di autore ignoto, su un libretto di un programma di una festa, l’ho trascritta pensando ai molti che usano lo strumento del blog come spada per lottare contro le molte avversità della vita. Si impara molto da queste persone, di cui mi è capitato leggere i loro pensieri, navigando in Splinder in un anno e mezzo di blog. Molti, mettendosi in incognito, sfogano tutti i malesseri, le frustrazioni, le delusioni, le avversità, qualcuno addirittura i propri problemi psicofisici, e cercano amici virtuali che possano dare buoni consigli e dire buone parole di incoraggiamento, che molto spesso fanno bene. Ma se delle persone che si conoscono in internet desiderassero incontrarsi sul serio potrebbero esserci anche dei gravi rischi: si potrebbe imbattere in dei delinquenti, ma ciò accade raramente, spesso si incontrano brave persone (almeno si spera). La tensione e la pressione si fa sentire invece per chi usa i blog, mettendoci la faccia, nell’ambiente dove vive affrontando temi politici, storici, attuali, sociali e paesani: qui si è il sole, in altri luoghi internet, dove si è comuni stelle, c’è chi scrive di peggio ma non si è notati molto, di conseguenza si può stare più rilassati. Le operazioni di sfoghi personali non riuscirebbero alla luce del sole e in un ambiente dove uno è conosciuto: è sempre rischioso spiattellare tutti i propri fatti personali, in questo modo si favorirebbero le persone che campano ad impicciarsi delle vite private degli altri, alimentando pettegolezzi e calunnie, che godono se le cose vanno male e soffrono se qualcosa potrebbe andar bene. Per fortuna non tutti sono così, ci sono anche molte persone brave: bisognerà stabilire qual è la maggioranza e quale la minoranza e bisognerà fare attenzione in chi imbattersi. Oggi le mentalità paesane “da centro storico” vanno scemando, soprattutto tra le nuove generazioni: ognuno pensa ai fatti propri e se ne frega di quello che dice di lui la gente; ma nonostante ciò c’è ancora uno zoccolo duro che resiste, che ha le mentalità di 50 – 60 anni fa, quando ci si impicciava di vita, morte e miracoli di tutti e bisognava fare attenzione a come comportarsi per non cadere nelle facili illazioni di apparenza. Tutti hanno i loro problemi, o in un modo o in un altro, spero che possano risolverli con l’aiuto di altre persone, o in modo reale o in modo virtuale, e che le cose vadano sempre per il meglio. I problemi della depressione sono tipici dei paesi opulenti e non esistono nei paesi in via di sviluppo, dove si è concentrati nella lotta per la sopravvivenza. Il Giappone, ad esempio, è un paese molto più ricco del nostro ma ha anche il maggior numero di suicidi nel mondo. A tal proposito mi torna alla mente un’invocazione di un prete che udii in una messa: pregava per i due mondi, quello ricco e quello povero, chiedendo aiuto e l'impegno degli uomini per superare le problematiche tipiche. E mi fermo qui.
Nell’Anno del Signoreè un film del 1969 diretto da Luigi Magni, in cui è ricostruita la storia vera di Angelo Targhini e Leonida Montanari, entrambi carbonari e condannati a morte, senza che si fossero potuti difendere, nel 1825 a Roma sotto il regno di Papa Leone XII. Faranno seguito da quel film alcuni filmati che si atterranno al mio racconto.
Pasquino, il misterioso poeta satirico, che da secoli denunciava attraverso i versi il malgoverno, il malcostume e i soprusi nella Roma papalina era molto attivo nell’800. Nonostante, per il terrore che incuteva tra i potenti, misero delle guardie sotto la statua, dove di solito combinava le sue “pasquinate”, per catturarlo e fargliela pagare, non riuscirono a beccarlo. La sua attività si estinse con l’arrivo degli italiani a Porta Pia nel 1870: per gli abitanti di Roma e del Lazio quell'anno fu una liberazione. Si fece risentire nel 1938 con la visita di Hitler a Roma, ironizzando sulle coreografie di cartone che Mussolini mise per nascondere le zone più degradate, che Hitler avrebbe dovuto pitturare perché da giovane era imbianchino: Roma de travertino/rifatta de cartone/saluta l’imbianchino/suo prossimo padrone. L’ultimissima pasquinata è del 1989 in occasione della visita di Gorbaciov a Roma: “La Perestrojka nun se magna/da du giorni ce manni a pedagna/sarebbe er caso de smammà/ce cominceno a girà”, che era riferito alle misure di sicurezza che limitava la circolazione dei cittadini.
Mastro Titta, al secolo Giovanni Battista Bugatti (Sinigallia, 6 marzo 1779 – Sinigallia, 18 giugno 1869), era il boia di Roma, cioè colui che tra il 1796 e il 1864 giustiziò 516 persone mandate a morte dai tribunali ecclesiali: briganti e oppositori politici tra tutti. Nel 1864 si ritirò, il Papa gli concesse una pensione pontificia di 30 scudi e fu sostituito da Vincenzo Balducci. Dopo la Rivoluzione Francese e il periodo napoleonico, tutte le conquiste derivanti e le idee di libertà furono soppresse e si tornò al periodo prerivoluzionario, l’unica “conquista” che rimase fu la ghigliottina.
Già, perché dopo la Restaurazione le idee di libertà della Rivoluzione Francese rimasero tra gli animi e si costituirono società come Carboneria e Giovane Italia, che avevano come fondamento l’Unità d’Italia e il raggiungimento delle giustizie sociali per i meno abbietti: nelle rivoluzioni e nei motti del 1848 – 49, ma anche nel 1821 e nel 1830, ci fu ampissima partecipazione popolare. L’unico stato che poteva ambire a ruolo guida per la causa italiana era il Piemonte, sia perché non dipendeva direttamente o indirettamente dall’Austria, sia perché era stato il primo a concedere la costituzione (Statuto), di cui il I Articolo diceva che la Religione Cattolica era la religione di stato: affluirono a Torino uomini di tutte le regioni d’Italia per conseguire il fine della lotta per l’indipendenza. Descriverò ora brevemente alcuni aspetti politici – sociali piemontesi. La lingua italiana nel Piemonte, nonostante fosse diffuso il francese, lingua madre della Casa Savoia, era già la lingua ufficiale, così come negli stati preunitari (come si può evidenziare dal manifesto che gli amministratori comunali di Cori affissero dopo l’annessione all’Italia), ma era accessibile solo alla ristretta classe agiata, non era come oggi che grazie alla televisione è alla portata di tutti, anche dei meno istruiti; allora fu cosa ovvia dopo l’unificazione che l’italiano divenisse la lingua ufficiale. Lo Stato Piemontese era dunque uno stato bigotto, anche se alcune proprietà ecclesiali vennero confiscate per essere proprietà statali, cioè di tutti, per pubblica utilità, ma alla Chiesa rimaneva tantissimo.
Quando Roma passò dallo Stato Pontificio al Regno d’Italia era cosa normale che i beni fossero passati di proprietà tra i due stati, ad esempio per adibirli a sedi di ministeri e di pubblica amministrazione. Il clero comunque ha continuato ad acquisire altri beni anche dopo l’unità: tra le proprietà c'erano i terreni che cedeva a colonia alla povera gente che delle volte doveva cederle i 2/3 del raccolto. Ancora oggi il Vaticano è in espansione a Roma da quel punto di vista. Il nostro paese, Cori, dopo l’entrata nel Regno d’Italia poté avviare opere di sviluppo e rottura del millenario isolamento: la ferrovia, la Via dell’Annunziata, la Circonvallazione o Via Nova, le fontane che finalmente venivano dislocate nel paese a disposizione di tutti.
Manifesto affisso a Cori (LT) dopo il 20 settembre 1870
Quando giunsero i piemontesi a Roma nessuno fece del male al papa o ai preti, anche se qualcuno ritenne allora che l’avrebbero meritato, il potere spirituale del pontefice non fu mai messo in discussione, non è stato messo in discussione per 150 anni e c’è stata sempre libertà di culto. Ci fu un primo approccio dei Patti Lateranensi con “la legge delle guarentigie” , che prevedeva per il Vaticano una rendita da parte dello Stato Italiano di 3 milioni e 225.000 lire l’anno. Troppo buoni? La libertà religiosa era garantita anche nella Repubblica Romana (come si vede dalla sua bandiera), il fine di tutte le ribellioni, sommosse e rivoluzioni a Roma era esclusivamente quello di porre fine all’illegittimo potere temporale.
Bandiera della Repubblica Romana
Pio IX per dei versi fu un innovatore: concesse libertà e diritti; per altri versi fu un reazionario: sedò nel sangue alcune rivolte. Noi abbiamo impiegato 1000 anni per capire la differenza tra stato e religione, tra qualche secolo lo capiranno anche i mussulmani perché il lasso di tempo tra la nascita delle religioni cristiana e musulmana è di 600 anni. Abbiamo un’Italia unita dove il sud, poco sviluppato, campicchia grazie al ricchissimo nord; come sarebbe oggi senza l'unificazione? I Borbone non sono stati migliori dei Savoia in fatto di repressioni; non pensiamo alle problematiche che ne scaturirono, pensiamo solo che tra le masse prima del Risorgimento c’era il desiderio di costituire una nazione unita, indipendente, con uguaglianze e giustizie sociali per tutti. Quello fu solo un primo approccio pian piano saremmo arrivati a tutto.
E allora, non è meglio avere uno stato italiano unito ed indipendente, con fierezza di appartenenza, spettante solo agli italiani, con diritti e benessere per tutti, uguaglianze, piuttosto che stare nello Stato Pontificio o in un altro stato preunitario, dominato dagli stranieri, con privilegi per pochi, miseria per tutti gli altri e dove se uno tentava di rivendicare i propri diritti sbatteva il grugno da Mastro Titta??? Questi processi di oggi revisionistici del Risorgimento sono insensati: è facile parlare con la pancia piena, non comprendere il significato di chi ha dato la vita per una giusta causa, per non far patire a noi quello che gli altri hanno patito. Nel corso dei millenni nella Chiesa, oltre ai delitti e ai crimini, non sono mancate storie di fede vera e di santità: questi aspetti bisogna rivalutare e non continuare mettere in discussione le lotte di indipendenza e di liberazione dagli oppressori; un po' come accade oggi con i cattolici impegnati in politica con l'Udc o con il Pd che perdono tutte le elezioni e trovano sempre da ridire. Io frequento la chiesa la domenica, però penso che bisogna fare autocritica e mea culpa sugli errori del passato, che corrispondono a verità, ma sono consapevole che la Chiesa di oggi è una Chiesa diversa da quella che è stata per secoli. Ma nonostante le sanguinee tradizioni cattoliche d’Italia, è ancora sentito il forte anticlericalismo degli italiani, dovuto a secoli di ingiustizie.