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giovedì 8 maggio 2025

535) PAPA LEONE XIV

Annuntio vobis gaudium magnum: habemus Papam!, Eminentissimum ac Reverendissimum Dominum, Dominum Robertum Franciscum, Sanctæ Romanæ Ecclesiæ Cardinalem Prevost, qui sibi nomen imposuit Leonem XIV.


Biografia da Il Tempo.it

La fumata bianca è arrivata alle 18.08 di giovedì 8 maggio. La Chiesa ha un nuovo Papa. Dopo quattro votazioni e tre fumate dal comignolo della Cappella Sistina, il segnale atteso da milioni di fedeli ha annunciato l'elezione del successore di Pietro. Immediata la reazione in Piazza San Pietro, dove le campane hanno suonato a festa tra gli applausi e la commozione dei presenti che attendono il successore di Papa Francesco, 267mo Pontefice della Chiesa cattolica. Dopo più di un'ora, i fedeli hanno scoperto il nome e il volto del nuovo Pontefice: Francis Robert Prevost è il 267esimo Papa. Sarà Leone XIV. Prevost era stato nominato da Papa Francesco nuovo prefetto del Dicastero dei Vescovi. Perché Bergoglio aveva fatto questa scelta nominando un vescovo missionario statunitense, monaco agostiniano e gia' priore generale del suo ordine? Questa domanda trova risposta nella ricchezza umana e spirituale di questo cardinale sui generis. Si tratta di un monaco agostiniano, nato a Chicago e che era vescovo di Chiclayo in Perù quando è stato chiamato a sostituire il cardinale canadese Marc Ouellet alla guida sia della Congregazione per i Vescovi che della Pontificia Commissione per l'America Latina. Nato a Chicago, Illinois, nel 1955 da madre di origini spagnole e padre di origini francesi e italiane, sacerdote dal 1982, è entrato nel noviziato dell'Ordine di Sant'Agostino nel 1977, e ha emesso i voti solenni nel 1981. Ha studiato teologia presso la Catholic Theological Union di Chicago e ha conseguito ulteriori titoli accademici presso la Pontificia Università di San Tommaso d'Aquino a Roma. La sua vocazione missionaria lo ha portato in Perù, dove ha servito come parroco, docente e amministratore in diverse diocesi, accumulando un'esperienza pastorale significativa in un contesto culturale diverso dal suo paese d'origine. In tutto è stato missionario in Peru' dal 1985 al 1999, quando tornò a Chicago come provinciale della provincia agostiniana locale. Dal 2001 al 2013, per due sessenni, è stato priore generale dell'Ordine di Sant'Agostino. Dal 2013 al 2014, prima della nomina ad amministratore apostolico, e poi di vescovo, di Chiclayo, è stato direttore della formazione nel convento di Sant'Agostino a Chicago, primo consigliere e vicario provinciale della provincia di Nostra Signora del Buon Consiglio. 

Torna nella nomenclatura papale un nome importante nella storia della Chiesa, Leone, scelto prima di Robert Francis Prevost già da 13 papi. L’ultimo era stato Leone XIII, papa Gioacchino Pecci, eletto al soglio pontificio nella temperie ottocentesca del post-Risorgimento, nel 1878, dopo un pontificato cruciale e controverso come quello di Pio IX, l’ultimo Papa-Re. Figura dalla biografia apparentemente diversa da Leone XIV: nordamericano quest’ultimo (il primo nella storia), suddito di antica stirpe pontificia papa Pecci, nato a Carpineto Romano in età napoleonica, eletto – come detto – nel 1878 dopo il trauma della rottura con il nuovo Stato italiano, e regnò ben 25 anni, fino al 1903. Tuttavia fu, sotto certi versi, un papa modernizzatore: è di Leone XIII la Rerum Novarum, prima enciclica sociale nella storia della Chiesa, tanto da essere chiamato all’epoca (con un pizzico di esagerazione) “il Papa dei lavoratori”. Ma il papa Leone più famoso è probabilmente il primo, detto anche Leone Magno, campione dell’ortodossia nel burrascoso quinto secolo, nel pieno delle invasioni barbariche, noto per il mitico episodio dell’incontro con Attila, nel 452, riuscendo nell’impresa miracolosa (secondo alcuni storici aiutato da un cospicuo pagamento in denaro) di dissuadere il capo unno a invadere e mettere a sacco Roma. Importante per la storia europea anche Leone III, in carica nel IX secolo, il pontefice che incoronò imperatore Carlo Magno a Roma la notte di Natale dell’800, facendo nascere di fatto l’idea stessa di Europa. Notevole anche la biografia di Leone X, papa puramente rinascimentale, nipote di Lorenzo de’ Medici, e protagonista involontario della Riforma protestante: fu la sua politica di indulgenze in cambio di denaro a far infuriare, nel 1515, un oscuro monaco agostiniano di nome Martin Lutero, scomunicato nel 1520 dallo stesso Leone, dando così inizio allo scisma.

lunedì 21 aprile 2025

534) LA MORTE DI PAPA FRANCESCO

IL 21 APRILE 2025 (LUNEDÌ DELL’ANGELO E NATALE DI ROMA) È GIUNTO AL TERMINE IL PONTIFICATO DI PAPA FRANCESCO DOPO 12 ANNI. UN PAPA CRITICATO E ALLO STESSO TEMPO MOLTO APPREZZATO. SI IMPEGNAVA PER LA PACE E SCENDEVA DAL SUO TRONO, STANDO INSIEME ALLA GENTE COMUNE.

 


Oggi 21 aprile 2025, il lunedì dell’angelo, il giorno che conclude la celebrazione della Santa Pasqua (e quest’anno coincide anche con il tradizionale giorno secondo cui sarebbe stata fondata Roma), si è spento alle prime luci del mattino il Santo Padre, Papa Francesco, al secolo Jorge Mario Bergoglio, il 266º papa della Chiesa cattolica e vescovo di Roma, 8º sovrano dello Stato della Città del Vaticano. Ha regnato dal marzo 2013 ad oggi (12 anni e un mese). È stato il primo pontefice venuto “dai confini del mondo”, dall’America latina (Argentina precisamente) ed era di chiare origini italiane. Era stato ricoverato al Policlinico “Agostino Gemelli” (di proprietà del Vaticano) per un paio di mesi, a causa di una polmonite bilaterale, sembrava esserne uscito, se pur con qualche acciacco, ieri, giorno di Pasqua, era sceso tra i fedeli nella Basilica di San Pietro e aveva perfino eseguito la benedizione “urbi et orbi” dalla loggia, oggi invece è arrivata questa sconvolgente notizia che ha bruscamente messo fine al clima di festa e di spensieratezza della tradizionale “pasquetta”.


Ultima apparizione Papa Francesco

Personalmente da quando Egli fu eletto al Soglio pontificio quel 19 marzo 2013 l’ho seguito in questo blog, scrivendo vari post sul suo pontificato, miei o riportando articoli di giornalisti importanti (qui a fianco nelle “categorie” c’è “Papa Francesco”: ho cliccato e rivisto tutti gli scritti). Molte volte l’ho criticato ed espresso perplessità sulle sue innovazioni ed aperture (il consenso alla massiccia diffusione dell’Islam in occidente, l’apertura spropositata verso le coppie omosessuali, meno rigidità nel condannare l’aborto, toni non eccessivi verso i cristiani perseguitati, eccetera), il che faceva pensare che fosse vicino politicamente alle sinistre, facendo propaganda ad esse. Però da cattolico praticante non ho mai contestato la sua guida alla Chiesa Cattolica universale e tra le mie preghiere, non è mai mancata quella “per il Santo Padre”, oltre a quelle per i suoi sottoposti come i vescovi. Quei prelati, cui non erano risparmiati alle sue bacchettate (benevole) e nemmeno i fedeli. Invece coloro che non erano tanto devoti e praticanti lo elogiavano spesso (la loro frase ricorrente era "tanto lo dice Papa Francesco"). Questo Papa ha inaugurato una nuova fase della Chiesa, facendo una Chiesa povera per i poveri, ha rinnovato il Vaticano, ha allontanato coloro che commettevano vari reati.


Il giorno dell'elezione

Quello che ho apprezzato di questo Papa è stato principalmente la sua umiltà, cioè lo scendere dal suo trono dorato e farsi una persona comune come tutte le altre: ad esempio fare delle telefonate agli ultimi dei fedeli per consolarli di qualche momento di dolore, lo girare con la jeep scoperta senza avere timore degli attentati, andare in basilica e parlare con le gente in calzoncini e maniche corte, lasciando quella rigidità del cerimoniale della giacca e cravatta per gli uomini e del velo nero per le donne a tu per tu con un papa, il confessare come un qualunque sacerdote, il confessarsi lui stesso dai semplici prelati, il concedere facilmente le interviste ai giornalisti e parlare non solo di religione ma anche di altri argomenti comuni, come il calcio e lo spettacolo. Inoltre grande è stato il suo impegno in giro per il mondo, al fine di risolvere le ingiustizie, la fame, le disuguaglianze e forte è stato il suo grido per la fine delle guerre. Non può essere considerato un caso il fatto che sia stato richiamato al cielo in questo giorno, nel pieno del giubileo e dopo aver celebrato la Pasqua, la ricorrenza più importante per i cristiani. Riposi in pace Papa Francesco e ci protegga tutti da lassù.

giovedì 5 gennaio 2023

508) LA MORTE DEL PAPA EMERITO BENEDETTO XVI

IL PONTEFICE IN CARICA FRANCESCO HA PRESIEDUTO, IN PIAZZA SAN PIETRO, I FUNERALI DEL SUO PREDECESSORE: IL PAPA EMERITO BENEDETTO XVI.

 


 

BIOGRAFIA JOSEPH RATZINGER (PAPA BENEDETTO XVI)


Joseph Aloisius Ratzinger era nato il 16 aprile 1927, Sabato Santo, a Marktl, in Baviera. Terzogenito di Maria Rieger e Joseph Ratzinger senior, fu battezzato lo stesso giorno. I due fratelli maggiori erano Maria (1921-1991) e Georg (1924-2020), a cui fu particolarmente legato fino alla fine, tanto che l’ultimo viaggio da Papa emerito fu per andare a trovare il fratello ormai in fin di vita.

Nel 1939 si iscrisse al seminario di Traunstein, chiuso nel 1942. Fu costretto a iscriversi alla Gioventù hitleriana per non ricevere sanzioni nelle tasse scolastiche ma grazie a un insegnante di matematica riuscì a non partecipare alle riunioni. A 16 anni fu arruolato nell’esercito tedesco, da cui disertò nelle ultime settimane di guerra, senza aver mai partecipato ad alcuna battaglia. Nel 1947 si iscrisse al seminario interdiocesano di Monaco. Il 29 giugno 1951, fu ordinato presbitero assieme al fratello Georg dal cardinale Michael von Faulhaber, arcivescovo di Monaco e Frisinga.

Professore universitario, partecipò al Concilio Vaticano II prima come consulente teologico del cardinale di Colonia Frings, poi come perito. La sua vasta produzione teologica è caratterizzata in particolare dalla ricerca di una nuova unione tra fede e ragione, con riferimento soprattutto all’incontro, considerato non casuale ma intrinsecamente necessario, tra il messaggio biblico e il pensiero greco. Il 24 marzo 1977 fu nominato arcivescovo di Monaco e Frisinga da papa Paolo VI. Fu consacrato il 28 maggio. Come motto episcopale scelse l’espressione Cooperatores veritatis.

Il 27 giugno 1977 Paolo VI lo creò cardinale, del titolo presbiterale di Santa Maria Consolatrice al Tiburtino. Nel 1978 partecipò ai due conclavi che elessero Giovanni Paolo I e Giovanni Paolo II. Quest’ultimo il 25 novembre 1981 lo nominò prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. In questo ruolo contribuì a ispirare i documenti dottrinali del suo predecessore, impegnandosi in particolare nell’attuazione e nella difesa del Concilio Vaticano II di fronte a interpretazioni ritenute forzate e contrastanti con gli stessi principi conciliari, e a tendenze quali l’appiattimento dell’esperienza religiosa su una dimensione prevalentemente politica, l’atteggiamento critico nei confronti delle istituzioni ecclesiastiche, l’oblio del patrimonio liturgico, la rinuncia alla missione pedagogica e la concezione relativistica della salvezza, e di conseguenza della stessa fede cristiana. Più in generale, negli oltre ventitré anni trascorsi alla guida della Congregazione per la dottrina della fede (presiedendo anche la Commissione per la preparazione del catechismo della Chiesa cattolica, 1986-92) il card. Ratzinger difese in modo rigoroso l’ortodossia cattolica, esprimendo una valutazione sostanzialmente negativa sulla teologia latinoamericana della liberazione, ritenuta per alcuni aspetti incompatibile con la dottrina sociale della Chiesa, e sostenendo la necessità di porre dei limiti all’ecumenismo e al dialogo interreligioso, alla luce dell’unicità e dell’universalità salvifica di Cristo e della Chiesa.  Il 27 novembre 2002 fu eletto decano del Sacro Collegio.

Fu eletto Pontefice il 19 aprile 2005. Con il nome assunto da pontefice (Benedetto XVI) intendeva richiamarsi sia a Benedetto XV, profeta di pace durante il primo conflitto mondiale, sia a San Benedetto, patriarca del monachesimo occidentale e compatrono d’Europa, scelto come fondamentale punto di riferimento per le radici cristiane della cultura e della civiltà europea. Le priorità del pontificato furono esposte da B. XVI in alcuni messaggi, omelie e discorsi programmatici pronunciati nel corso dei primi mesi successivi all’elezione: l’attuazione del Concilio Vaticano II in piena continuità con la tradizione della Chiesa, la valorizzazione della centralità dell’Eucaristia, la necessità di ravvivare nella comunità ecclesiastica la consapevolezza della propria vocazione apostolica, l’impegno per la ricostituzione dell’unità dei cristiani e il dialogo con i credenti delle altre religioni, in particolare con il mondo ebraico e con quello islamico, e con i non credenti. Anche in vista del dialogo interreligioso B. XVI richiamò l’attenzione sulla necessità e l’urgenza di una nuova unione tra fede e ragione, in particolare in una lectio magistralis tenuta all’università di Ratisbona il 12 settembre 2006, che fu oggetto di aspre critiche da parte di numerosi esponenti del mondo islamico per la citazione di una frase con la quale l’imperatore bizantino Manuele II Paleologo condannava la diffusione della fede mediante la violenza. Tra i testi del pontificato particolare importanza rivestono le tre encicliche: nella Deus caritas est (25 dicembre 2005) B. XVI distinse due diverse forme di amore, quella «ascendente» (eros), che cerca Dio, e quella «discendente» (agape), che trasmette il dono ricevuto, inscindibilmente legate l’una all’altra nella creazione e nella storia della salvezza, per poi soffermarsi sull’azione caritativa della Chiesa come «comunità d’amore». La Spe salvi (30 novembre 2007) fu dedicata al tema della speranza cristiana, considerata di nuovo prima dal punto di vista della riflessione teorica (dai fondamenti neotestamentari e patristici alle trasformazioni proprie dell’epoca moderna), poi da quello del suo concreto apprendimento ed esercizio. Nella Caritas in veritate (29 giugno 2009), la prima enciclica «sociale» di B. XVI, furono affrontati i grandi problemi legati alla globalizzazione, alla crisi economica e alle loro ricadute sulla vita dei popoli e degli individui, con particolare riferimento al tema dello sviluppo della persona e dell’umanità intera (che deve avvenire alla luce della «carità nella verità»). Di rilievo, tra gli interventi pastorali, anche la lettera ai fedeli irlandesi (19 marzo 2010), contenente una condanna esplicita non soltanto degli abusi sessuali commessi da esponenti della Chiesa locale, ma anche del modo in cui il problema era stato gestito dai loro superiori, preoccupati di «evitare gli scandali». Tra i numerosi libri pubblicati sia prima sia dopo l’elevazione al soglio pontificio si ricorda la trilogia dedicata alla figura di Gesù di Nazareth: Gesù di Nazareth (2007), Gesù di Nazareth. Dall'ingresso in Gerusalemme fino alla risurrezione (2011), L’infanzia di Gesù (2012), trilogia in cui il Gesù dei Vangeli viene presentato come una figura storicamente sensata e convincente, da non contrapporre quindi a quella di un presunto «Gesù storico». Il 15 settembre 2006 B. XVI ha nominato segretario di Stato il card. Tarcisio Bertone (n. 1934), arcivescovo di Genova e già segretario (1995-2002) della Congregazione per la dottrina della fede.


L’11 febbraio 2013, durante il concistoro per alcune canonizzazioni, annunciò la sua libera rinuncia al ministero petrino. Il 28 febbraio alle 20 si ritirò nel palazzo apostolico di Castelgandolfo, dando inizio alla sede vacante che portò all’elezione di Francesco ed Egli assunse la carica di papa emerito o Romano pontefice emerito. Pontefice il più longevo della storia, Benedetto XVI è deceduto il 31 dicembre 2022 alle ore 09.34, nel monastero Mater Ecclesiae in Vaticano, dove risiedeva dopo la rinuncia al pontificato.

https://www.treccani.it/enciclopedia/benedetto-xvi-papa/

https://www.diocesidiroma.it/benedetto-xvi-la-biografia/

domenica 20 settembre 2020

452) ANNIVERSARIO DELLA PRESA DI ROMA

CENTOCINQUANT’ANNI FA, A SEGUITO DELLA BRECCIA DI PORTA PIA, ROMA DIVENNE CAPITALE DEL NUOVO STATO ITALIANO E FINÌ IL MILLENARIO POTERE TEMPORALE DEI PAPI.

Il neonato Regno d’Italia, all'inizio degli anni 1860, non sentiva realizzato appieno il processo di unificazione perché Roma ancora non era stata liberata e fatta capitale. La città eterna veniva vista come il cuore ideale della neonata nazione, sia per motivi storici, sia per motivi geografici: era ed è a metà distanza tra nord e sud. Il papa Pio IX, dopo aver perso Romagna, Marche e Umbria, nel 1870 governava soltanto 2/3 dell’odierna Regione Lazio ed era posto da oltre 20 anni sotto la protezione dell’Impero francese di Napoleone III, il quale  dopo aver sconfitto la Repubblica Romana (quando ancora non era imperatore ma Presidente della repubblica), aiutò i piemontesi nel processo di unificazione d’Italia, in cambio di Nizza e Savoia, ma non permetteva che Roma e il Lazio si unissero al neonato Regno d’Italia. Il Governo italiano non intendeva andare in rotta di collisione con Parigi per Roma, per questo fermò ed arrestò più volte Garibaldi, il quale con dei volontari al seguito, intendeva prendere a tutti i costi la città papalina. Il Re Vittorio Emanuele II si riteneva un fedele cattolico e intendeva proteggere il Papa Pio IX, e il clero in generale, dai molti anticlericali, dai massoni garibaldini e dagli esuli romani, bramosi di vendette, di ritorno a Roma; un po’ gli piangeva il cuore mettersi contro il Papa Pio IX, per realizzare il sogno suo e degli italiani di Roma capitale.

 

Per tranquillizzare la Francia la capitale fu trasferita da Torino a Firenze: il citato trasferimento faceva parte del trattato tra Italia e Francia del settembre 1864, in cui l’Italia si impegnava a non toccare lo Stato Pontificio. Nonostante ciò, il Generale Garibaldi nel 1867 riuscì a penetrare nello Stato della Chiesa, dopo che seppe che c’era stata un’insurrezione fallita ad opera dei Fratelli Cairoli, ma fu sconfitto dagli Zuavi francesi a Mentana che avevano i nuovi fucili a tiro rapido Chassepot. A Roma non mancavano rivoluzionari e cospiratori che, quando venivano scoperti venivano ghigliottinati: fu il caso di Giuseppe Monti e Gaetano Tognetti, ritenuti responsabili di un attentato mortale contro gli Zuavi pontifici, e di altri che avevano appoggiato Garibaldi a Mentana. Nel 1869 il Concilio Vaticano I proclamò l’infallibilità del Papa in materia di fede. Roma era allora una città sporca e ciabattona che contava 230.000 abitanti, di cui 50.000 erano disoccupati e 30.000 accattoni, con una Curia e un’aristocrazia sceiccali, e una borghesia di avvocati, notai e appaltatori che formavano il sottogoverno laico della Curia. Splendidi palazzi barocchi erano incastrati in ragnatele di tuguri.

Nel 1870 scoppiò la guerra tra Prussia a Francia e quest’ultima, che non era preparata al conflitto, chiese aiuto all’Italia, ma il Governo italiano pretendeva la cessione di Roma come prezzo dell’intervento e Napoleone III interruppe le trattative. Quando nel settembre 1870 l’Impero francese e Napoleone III decaddero, a seguito della loro sconfitta a Sedan nella guerra contro i prussiani, il presidio militare francese aveva abbandonato Roma, il Governo italiano sentiva mano libera e chiese al papa Pio IX l’avvio dei negoziati per l’annessione di Roma all'Italia, mantenendo il rispetto per la sua figura spirituale. Di fronte al rifiuto opposto dal Pontefice al conte Ponza di San Martino, che aveva tentato di indurlo ad accettare l’invasione e ad avviare trattative con l’Italia, il 12 settembre il generale Cadorna, con al seguito 50.000 soldati e anche cronisti, esuli, curiosi, entrò nel territorio pontificio, avanzò senza incontrare resistenza fino alle porte di Roma, dove giunse il 17 settembre. Dopo un ennesimo tentativo di mediazione compiuto dal ministro prussiano presso la Santa Sede, il conte Arnim, la mattina del 20 l’artiglieria italiana iniziò ad attaccare le mura della capitale pontificia. Aperta una breccia presso Porta Pia, alle ore 10 fanteria e bersaglieri entrarono in città, mentre l’esercito papale alzò bandiera bianca (era desiderio di Pio IX evitare spargimenti di sangue). Alle 14 il generale Cadorna e il generale Kanzler, comandante delle forze pontificie, firmarono la capitolazione. Edmondo De Amicis scrisse: “in Piazza del Quirinale arrivano di corsa i reggimenti, i bersaglieri, la cavalleria. Le case si coprono di bandiere. Il popolo si getta tra i soldati plaudendo”. Il Regio esercito italiano mantenne l’ordine in città, evitando le vendette e il linciaggio degli odiati soldati pontifici, caduti prigionieri e che non incutevano più terrore tra il popolo; solo pochi di essi, che si trovavano in giro da soli, furono uccisi.

Manifesto affisso a Cori il 20 settembre 1870

Il Governo italiano propose al Papa le “Leggi delle guarentigie”, per regolarne i rapporti, il Pontefice le rifiutò, lanciando scomuniche, e proclamandosi prigioniero dello Stato italiano. Il potere temporale dei papi terminava dopo oltre mille anni: da alcuni fu definito l’evento del secolo, anzi no, del millennio. Il 2 ottobre 1870, con un grande plebiscito (40.785 voti favorevoli e 46 contrari), Roma dichiarava la sua annessione all'Italia. Pochi mesi dopo a Firenze si riunì il nuovo parlamento, comprendente i rappresentanti di Roma e del Lazio. Il 2 luglio 1871 il Governo si trasferiva nella Città Eterna, che iniziava la sua nuova vita come Capitale dell’Italia! Le matasse della Questione italiana e della Questione romana, dopo svariati rompicapi italiani ed europei, venivano sbrogliate, anche se ci vorrà il 1929 per la regolarizzazione dei rapporti tra Regno d’Italia e Chiesa Cattolica con un trattato, che sancirà la nascita del minuscolo stato papale della Città del Vaticano.

Fontie parziale: http://www.storico.org/risorgimento_italiano/presa_roma.html

lunedì 10 settembre 2018

400) IN NOME DEL POPOLO SOVRANO



IN NOME DEL POPOLO SOVRANO È UNA PELLICOLA DEL 1990 DIRETTA DA LUIGI MAGNI, LA QUALE CI RACCONTA ATTRAVERSO SVARIATE SFACCETTATURE LE VICENDE DELLA REPUBBLICA ROMANA DEL 1848 – 49, NEL CONTESTO DELLE LOTTE PER L’ITALIA UNITA.



·        Contesto storico
Il film nel “in nome del popolo sovrano” è ambientato, principalmente a Roma, nell’ambito dei moti del 1848 – 1849, allorquando in tutta Europa scoppiarono delle sommosse contro le monarchie assolutistiche. L'Italia, dopo secoli e secoli, si rivesgliava, concretizzandosi sempre di più l’idea di unità per liberarsi dal giogo dello straniero e per concedere più diritti al popolo. Con Napoleone gli ideali della Rivoluzione Francese si erano sparsi in tutta Europa, Italia compresa, e nonostante molti italiani ed europei morirono combattendo per lo stesso e per la sua sete di conquiste, le idee e le concessioni che portò rimasero negli animi della popolazione e furono le motivazioni che portarono alle sommosse contro i regimi autoritari dopo la Restaurazione del 1815. Nel 1848 tutti guardavano al Piemonte, che era l’unico stato che concesse la costituzione in modo permanente (Statuto Albertino) e che prese a cuore la "causa italiana", quando si sollevarono contro gli austriaci e contro i piccoli regni ad essi indirettamente legati, nell’attesa che i piemontesi arrivassero in tutta l’Italia. Purtroppo il piccolo Piemonte non poté far nulla contro il grande Impero Austriaco nella Prima Guerra di Indipendenza, così tutti i governi temporanei che si erano costituiti lungo la penisola furono repressi nel sangue, Repubblica Romana compresa, dall’Austria e dalla Francia. Papa Pio IX nel suo stato inizialmente fu considerato un innovatore: nominò un ministro laico, concesse l’amnistia ai prigionieri politici, inviò un corpo di volontari in sostegno del Piemonte; dopodiché fece dietrofront: ritenne di non doversi mettere contro una nazione cattolica come l’Austria, non promulgò la costituzione e il ministro laico Pellegrino Rossi fu assassinato da uno dei figli del popolano Ciceruacchio, uno dei pilastri della Repubblica Romana. La Repubblica divenne un dato di fatto, ebbe a capo il triumvirato Mazzini – Armelini – Saffi, mentre il pontefice fu costretto a riparare a Gaeta e chiese aiuto alla Francia di Carlo Luigi Bonaparte (Napoleone III) per tornare sul trono. Accorsero da tutta Italia a difesa della Repubblica, Garibaldi in primis, combattendo cadde perfino l’autore dell’odierno inno nazionale Goffredo Mameli. Negli anni successivi Napoleone III aiutò i piemontesi a liberare la Lombardia, ma protesse il Papa fino in ultimo, impedendo di annettere il Lazio al nuovo stato italiano, fino alle sua caduta nel 1870, quando finalmente il processo di unificazione italiana fu portato a compimento.


  • Trama “In nome del popolo sovrano”
Con Nino Manfredi, Jacques Perrin, Alberto Sordi, Elena Sofia Ricci, Massimo Wertmuller. Roma 1848, dopo l'assassinio del primo ministro Pellegrino Rossi, il Papa Pio IX capisce che è tempo di andare in esilio a Gaeta. Qualche mese dopo, proclamata la Repubblica Romana con Mazzini e Carlo Bonaparte per capi, i francesi di Luigi Napoleone Bonaparte, alleato papale, sono scesi in Italia ed hanno posto l'assedio alla città. È in questo periodo che si svolgono le vicende private di vari personaggi: Cristina, moglie del marchesino Eufemio Arquati e fervente sostenitrice della repubblica, è innamorata del garibaldino Giovanni Livraghi, amico del frate barnabita Ugo Bassi, contrario al potere temporale del Papa. Tra i vari popolani, emerge la figura di Angelo Brunetti, detto Ciceruacchio, e del di lui figlio minore. Gli eventi precipitano: a causa della scarsa coordinazione dei difensori e nonostante l'intervento di Garibaldi e dei bersaglieri di Luciano Manara i francesi hanno presto partita vinta e a Ciceruacchio, Ugo Bassi e Livraghi non resta che fuggire al nord, al seguito di Garibaldi, per tentare di raggiungere l'insorta Venezia. Mentre Eufemio ed il padre pranzano con l'"assassino della Repubblica" generale Oudinot, Cristina fugge per raggiungere l'amato Livraghi, ma invano: il capitano, infatti, caduto in mano austriaca, viene fucilato insieme a Bassi, poco dopo Ciceruacchio, nonostante le "raccomandazioni alla pietà" che la giovane rivolge ad uno zio che giudica i "colpevoli". Rimasta sola, Cristina viene raggiunta da Eufemio che, in un impeto di gelosia, era partito per ucciderla; ma poi, resosi conto della situazione politica e avendo acquisito una presa di coscienza, decide di arruolarsi nell'esercito piemontese "per fare l'Italia". Dieci anni dopo, il vecchio Marchese Arquati osserva soddisfatto le foto del figlio bersagliere e della nuora, che al seguito di Vittorio Emanuele hanno unificato l'Italia. Roma, però, è ancora governata dal Papa.

domenica 4 dicembre 2016

336) IL PAPA SEMPRE DI PIÙ PROGRESSISTA



MENTRE NEI SECOLI PASSATI PER LA NOSTRA FEDE ERA LEGGITTIMO COMBATTERE PER DIFENDERLA DALLE INCURSIONI DEGLI ALTRI “FALSI “ CULTI, OGGI, PER IL CONTESTO STORICO CHE VIVIAMO, IL PONTEFICE CHE GUIDA LA CHIESA SI DIMOSTRA SEMPRE PIÙ PROGRESSISTA (BENEDIZIONI DELLE IMMIGRAZIONI DI MASSA, APERTURE ACRITICHE  ALL’ISLAM, SIMPATIE PER I POLITICI E I DITTATORI LATINOAMERICANI COMUNISTI, CONTINUE INTERVISTE A “REPUBBLICA”, FACILI ASSOLUZIONI).



Nei secoli passati un fedele cattolico veniva incitato dalle alte autorità ecclesiali a combattere per la fede, contro gli infedeli: così facendo si sarebbe guadagnato un posto in paradiso. Da Poitiers, alle crociate, da Lepanto a Vienna, molti cristiani sono caduti combattendo per la loro fede e per impedire che la cristianità nelle loro patrie fosse cancellata a favore di altri culti, allora considerati fasulli. Addirittura i Santi e la Madonna aiutavano i guerrieri cristiani: è il caso della Madonna del Buon Rimedio che avrebbe sostenuto i combattenti a Lepanto. Con i tempi di oggi cosa faranno a coloro che a loro tempo si guadagnarono un posto nelle alte sfere celesti?  Li retrocederanno a….? Così noi, che dovremo genufletterci all’immigrazioni di massa e all’Islam se non vorremo finire male. Per un prete, per un vescovo, per un cardinale, per un papa, la parola di Cristo dovrebbe essere verità assoluta: significa che non ci dovrebbero essere altri dei, altre religioni. Va bene poi aiutare il prossimo di qualunque fede, ma benedire costantemente un fenomeno illegale (che non è tutto oro anche se luccica), il quale potrebbe cancellare la cristianità di un territorio, sembra più estremismo politico che carità cristiana.



Questo Papa parla solo di immigrazione, trascurando e trattando con superficialità altri temi che erano in cima ai pensieri dei suoi predecessori, come ad esempio l’aborto. (e che sarà mai!) Il recente giubileo straordinario della misericordia ha dato la possibilità di ottenere il perdono per coloro che hanno abortito volontariamente e, a sorpresa, il Pontefice ha annunziato che d’ora innanzi i sacerdoti potranno assolvere chi abortisce. Buone iniziative, ma bisogna ricordare che la misericordia divina per chi si pentiva c’èra sempre stata, anche per i peccati più gravi dell’aborto. Legittimi sono i dubbi sollevati dagli ambienti ecclesiali conservatori, secondo cui con questa novità si banalizza il peccato: se prima si facevano degli scrupoli prima di abortire, d’ora innanzi se ne faranno di meno. Il motivo per cui l’aborto è maggiormente giustificato è la violenza carnale: in quella circostanza la dottrina ecclesiale consente l’utilizzo della cosiddetta “pillola del giorno dopo”, per evitare il concepimento. Fra poco da noi qualunque metodo contraccettivo verrà tollerato, in qualsiasi circostanza, quando dovrebbero essere promosse delle campagna in quel senso nei paesi in via di sviluppo.


Saranno sempre più contenti gli esponenti della sinistra nostrana e mondiale per queste svolte del Sommo Pontefice, il quale in più occasioni non ha fatto mistero di simpatizzare per la sinistra: dalle interviste a “Repubblica”, in cui dichiara che Comunismo e Cristianesimo si somigliano, alle amicizie intime con i politici e dittatori latinoamericani dichiaratamente comunisti. Per la Chiesa durante il XX Secolo il Comunismo era il male assoluto, mentre ora assistiamo ad una rivalutazione. E i martiri cristiani perseguitati da molti regimi? Anche l’Italia unita era uno scandalo per la Chiesa, oggi Essa ha capito che fu una cosa giusta; su questo punto siamo d’accordo. Nell’aldilà si assisterà continuamente ad un continuo sali – scendi, derivanti dai cambi di posizione del Vaticano? Non vogliamo erigerci a giudici supremi universali sui grandi misteri dei quali non potremo sapere mai nulla: ci scherziamo su, anche con le vignette satiriche di Alfio Krancic (una satira “diversa”, di destra, non guasta), per non ammettere che, parlando sul serio, c’è poco da stare allegri per questi stravolgimenti. I cattolici americani hanno dato un chiaro segnale votando Trump, dissociandosi da quelle linee.

mercoledì 20 aprile 2016

310) ANTONIO SOCCI SULLA VISITA DEL PAPA A LESBO


Socci: "Il Papa non parla di quell'eccidio. Perché scorda cinque milioni di morti?"



I migranti morti nel Mediterraneo dal 2000 ad oggi, secondo calcoli approssimativi, sono stati circa 27 mila.
È un’orribile tragedia e va fermata. Ma da qui a definirla - come ha fatto ieri papa Bergoglio a Lesbo - «la catastrofe umanitaria più grande dopo la Seconda guerra mondiale» ce ne corre.
Debole in teologia l’attuale vescovo di Roma appare debolissimo in storia contemporanea. Basta ricordare una tragedia che Bergoglio dovrebbe conoscere bene: la dittatura militare argentina dal 1976 al 1983 ha fatto circa 40 mila vittime.
Parlando di catastrofi umanitarie dal 1945 ad oggi (ma morti ammazzati, mentre così non è per i migranti), va ricordato il genocidio del Sudan dove, nel 1983, fu imposta la sharia anche a cristiani e animisti: alla fine del 2000, su 30 milioni di abitanti, si contavano quasi 2 milioni di vittime, 4,5 milioni di sfollati, 500 mila profughi all’estero e centinaia di donne e bambini ridotti in schiavitù.
C’è poi l’orrendo genocidio del Ruanda che, nel 1994, fece quasi 1 milioni di vittime su circa 5 milioni di abitanti.
Infine c’è il capitolo comunista su cui Bergoglio glissa sempre. A parte l’Urss (che dal 1917 - secondo le stime minimali - fece 20 milioni di vittime) c’è la Corea del Nord (inferno comunista tuttora funzionante): dal 1950 circa 3 milioni di vittime. E la Cambogia: dal 1975 al 1979 i Khmer rossi hanno fatto 2 milioni di vittime su 6 milioni di abitanti.
Accanto ad altri macelli comunisti dal 1945 in avanti (Africa, Vietnam, Afghanistan, Europa dell’est, Cuba), che hanno fatto anch’essi qualche milione di vittime, c’è il caso più tragico: la Cina.
Dal 1949, quando il comunismo di Mao ha preso il potere, ha fatto più di 70 milioni di vittime. A cui vanno aggiunti gli aborti forzati imposti dal 1979 per la legge sul figlio unico: 300 milioni di “nascite in meno” in 21 anni.
A questo regime comunista - tuttora imperante - Bergoglio tre mesi fa ha lanciato un amorevole messaggio (sotto forma di intervista) che - come scrive Sandro Magister - brilla «per il suo totale silenzio sulle questioni religiose e di libertà» e «per le sue parole sfrenatamente assolutrici di passato, presente e futuro della Cina, esortata a farsi “misericordiosa verso se stessa” e ad “accettare il proprio cammino per quel che è stato”, come “acqua che scorre” e tutto purifica, anche quei milioni di vittime che il papa mai nomina, neppure velatamente».
Avendo taciuto così pure sulle migliaia di persone tuttora nei lager (compresi vescovi e sacerdoti) come può oggi Bergoglio fare la morale agli altri sui migranti?
Peraltro - a proposito di aborto - i predecessori di Bergoglio ritenevano una “catastrofe umanitaria” anche l’aborto libero (non forzato come in Cina) introdotto dalle legislazioni dei paesi democratici dagli anni Settanta (sull’esempio dei paesi totalitari).
I dati dell’Organizzazione mondiale della Sanità dicono infatti che ogni anno, in tutto il pianeta, si fanno circa 50 milioni di aborti (la Seconda guerra mondiale in sei anni fece 50 milioni di vittime).
In 40 anni dunque siamo ben sopra al miliardo di aborti. Ma questa tragedia non è in cima ai pensieri di Bergoglio come l’emigrazione.
Per la quale ama fare esibizioni di bontà “politically correct” (e in favore di telecamera) come quella di Lesbo e (prima) di Lampedusa.
Naturalmente il problema c’è e va risolto. I trattati internazionali stabiliscono che i profughi (che scappano da guerre e persecuzioni) devono essere accolti ed è quello che l’Europa fa.
Ma i profughi sono una minoranza e - come hanno ripetuto molte volte i patriarchi delle chiese martiri orientali - desiderano anzitutto tornare nelle loro case.
Sogno impossibile se non si spazza via totalmente l’Isis. Ma come fare? Bergoglio, che si è sempre rifiutato di chiamare per nome - cioè “Stato islamico” - l’autore di quei crimini, è contro interventi di polizia internazionale. Altre soluzioni?
Il Papa potrebbe chiedere all’Arabia Saudita di farsi carico dei profughi provenienti da Siria e Iraq: è un Paese con tantissimo territorio libero, uno Stato con immense ricchezze derivanti dal petrolio ed è anche il centro propulsore dell’Islam, quindi sarebbe tenuto a soccorrere i musulmani. Oltretutto l’Arabia è vicinissima a quelle aree, quindi i profughi potrebbero trovare asilo lì, evitando migrazioni terribili e pericolose.
Lo stesso discorso si potrebbe fare all’Iran che è l’altro Paese confinante, anch’esso super-islamico (sia pure sciita). Ma sia Arabia Saudita che Iran in quella regione sono tra i fomentatori dei conflitti e non tra gli operatori di pace. Perché il Papa non lancia messaggi morali a quei due regimi?
Ci sono poi - accanto ai profughi - i migranti economici. In questo caso il primo diritto da proclamare - come fecero Giovanni Paolo II e Benedetto XVI - è il “diritto di non emigrare”, cioè di non doversi sradicare.
Pure i vescovi africani, l’anno scorso, hanno lanciato un appello alle giovani generazioni scolarizzate perché restino nei propri Paesi aiutandone lo sviluppo (oggi l’Africa è un continente in crescita che ha prospettive economiche molto buone).
Il fenomeno dell’emigrazione sconvolge sia Paesi di partenza, sia quelli di arrivo che non sono in grado di sopportare una simile invasione.
Oltretutto il traffico di esseri umani è spesso gestito da organizzazioni criminali che si arricchiscono sulla pelle dei migranti e talora portano quei poveretti alla morte.
Perché dunque il Papa non invita anzitutto a scongiurare il fenomeno migratorio invece di pretendere l’abbattimento delle frontiere d’Europa? Non si rischia così di alimentarlo?
Secondo certi osservatori, per esempio, il suo tour buonista a Lampedusa nel 2013 probabilmente contribuì a illudere migliaia di persone inducendoli a intraprendere viaggi terribili e a volte mortali.
Il Papa dimostra altrettanta superficialità riguardo all’impatto sull’Europa della marea migratoria. Sottovaluta l’evidenza storica di una difficilissima integrazione (vedi il caso del Belgio). E non considera che certi Paesi come l’Italia hanno già fatto il massimo. Del resto la nostra opinione pubblica - che avverte la crisi economica (l’Italia ha il record europeo della povertà) - trova sconcertanti certi episodi di cronaca che mostrano un eccesso di pretese da parte dei migranti che ospitiamo.
Il problema è soprattutto l’enormità dell’ “invasione”.
In una recente intervista Bergoglio è arrivato a dire: «Si può parlare oggi di invasione araba» dell’Europa, «è un fatto sociale». Ma - ha minimizzato - «quante invasioni l’Europa ha conosciuto nel corso della sua storia! Ha sempre saputo sorpassarsi, andare avanti per trovarsi poi come ingrandita dallo scambio di culture».
Colpisce la spensierata superficialità di queste parole. Ancora una volta papa Bergoglio mostra di essere a digiuno di storia.
Se parliamo delle invasioni barbariche sono state per l’Europa una vera devastazione: fu spazzato via il millenario Impero romano e il continente sprofondò nel caos, regredendo a uno stato pressoché selvatico.
Ci vollero secoli - e la vigorosa Chiesa dei monaci (non certo quella di Bergoglio) - per risollevarsi e dar forma al luminoso Medioevo.
Se poi parliamo - come Bergoglio - di “invasione araba” va detto che nella storia d’Europa proprio le invasioni musulmane (arabe e turche) sono state il più tragico dei flagelli.
Perché a Oriente hanno spazzato via la grande civiltà bizantina e per tre volte hanno tentato l’occupazione militare dell’Europa (miracolosamente scongiurata anche grazie a veri papi davvero illuminati).
I saraceni hanno poi sottoposto per secoli l’Italia a scorribande sanguinarie. Bergoglio continua a voler ignorare la natura dell’Islam e sottovalutarne il pericolo.
Si dedica con tanta passione ai migranti musulmani, che non ha tempo di ricordarsi dei molti cristiani perseguitati (come Asia Bibi), schiavizzati e uccisi sotto regimi islamici e comunisti.
di Antonio Socci 

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domenica 10 aprile 2016

309) ANALISI SULLE POSIZIONI DEL PAPA



Francesco è cattolico Le sue encicliche no...

Il filosofo Cuniberto analizza le posizioni del Papa: suonano molto più cattocomuniste e ambientaliste che cristiane

Camillo Langone Gio, 07/04/2016 - 06:00
(http://www.ilgiornale.it/autore/camillo-langone.html)

Papa Francesco è cattolico? È una domanda che fra i cattolici, non necessariamente ipertradizionalisti, circola. Quando per mettermi in difficoltà o per ansia sincera la pongono a me, io me la cavo dicendo che Bergoglio lo ha messo lì lo Spirito Santo (se i conclavi venissero davvero decisi dai cardinali la Chiesa si sarebbe estinta da molti secoli) e che da lì deve toglierlo lo Spirito Santo. So che la risposta può suonare fideistica ma da credente nel Vangelo (e quindi in Matteo 16,18: «Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa») non ho molto altro da dire.

Ciò non mi impedisce di essere intellettualmente interessato alle analisi circa la situazione dell'edificio di Dio. Purché siano appunto analisi e non propaganda. Cerco di leggere il meno possibile i plauditores così come gli apocalittici, perché spero che abbiano tutti torto. È ininfluente che la ragione sia di Alberto Melloni o di Antonio Socci (per dire due campioni dei due schieramenti): in entrambi i casi la Chiesa cattolica come da quasi duemila anni viene intesa starebbe per dissolversi, dunque la fine del mondo sarebbe vicina. Siccome la notte voglio dormire bene, senza incubi, preferisco leggere un esegeta non programmaticamente ansiogeno e non partigiano, capace di esaminare i documenti papali sine ira et studio. Sto parlando di Flavio Cuniberto, filosofo torinese che insegna Estetica all'Università di Perugia e che non si palesa né papista né ateista, né di destra né di sinistra, né progressista né tradizionalista, né ciellino né ex ciellino: che sollievo! Leggendo Madonna Povertà. Papa Francesco e la rifondazione del cristianesimo (Neri Pozza, pagg. 96, euro 12) non si capisce nemmeno se l'autore è cattolico e pure questo contribuisce alla sensazione di obiettività. Trovo inoltre positivo che il suo curriculum sia vastamente filosofico anziché strettamente teologico, e quindi pieno di Platone, Schlegel, Nietzsche e non di quei teologi da seminario dai quali è sortito Vito Mancuso. Con bella prosa più letteraria che universitaria Cuniberto non affronta l'esortazione Amoris laetitia, non ha fatto in tempo, ma la Evangelii gaudium e la successiva enciclica Laudato si', insomma i documenti sulla povertà e sull'ambiente. «Un dittico che trasforma la Chiesa cattolica alle radici», leggo nelle prime righe con qualche preoccupazione. L'analisi si basa essenzialmente sulla logica ed è proprio sulla logica che cadono i due testi. Si prenda la questione della povertà: «È una categoria sociologica o teologico-spirituale? Male da combattere o tesoro da custodire?». Se il pauperismo bergogliano non fosse così aggrovigliato sarebbe accusabile di eterodossia ma poiché le accezioni positive e negative, mistiche ed economiche, nell'esortazione apostolica si mischiano di continuo, Cuniberto può parlare di «drammatica incertezza dottrinale». È un giudizio forte? Io temevo di peggio: meglio il dramma della confusione che la tragedia dell'eresia. L'autore, che Dio ce lo conservi, ricorda ciò che noi cattolici lussuosisti continuiamo sempre più vanamente a ripetere: «Non c'è nei Vangeli nessuna enfasi particolare sulla povertà in quanto condizione materiale. Gesù suscita scandalo perché frequenta pubblicani e peccatori (gente ricca), né sono poveri i suoi amici e discepoli stretti (da Lazzaro a Maria di Magdala a Nicodemo)». E rimarca come la Evangelii gaudium torca il Vangelo e San Paolo per far dire al Vangelo e a San Paolo ciò che si vuole dicano: beati i poveri nel senso sociopolitico del termine, e maledette le disuguaglianze provocate dai ricchi. Una volta tutto questo si sarebbe chiamato cattocomunismo.

Analogamente, il pensiero che innerva la Laudato si' è possibile chiamarlo cattoambientalismo? Secondo Cuniberto, sempre pacato ma pure sempre affilato nel ragionamento, no, il prefisso stavolta è di troppo, il pensiero è ambientalista e basta, l'enciclica si allontana dalla Bibbia ancor più dell'esortazione e «spazza via l'antica dottrina del peccato originale attribuendo alla natura una fisionomia edenica». E io che volevo dormire sonni tranquilli... Stavolta ad aleggiare non è l'ambigua teologia della liberazione ma addirittura Rousseau: «La natura assume tratti spiccatamente romantici: diventa la sfera dell'innocenza originaria, il luogo intrinsecamente buono che l'intervento umano altera e corrompe». Un simile documento è stato scritto in Vaticano o nella sede di Greenpeace? Cuniberto ci sente soprattutto la mano del confratello (gesuita come Bergoglio) Antonio Spadaro, direttore della rivista La civiltà cattolica e avventuroso cyberteologo. Che Papa Francesco abbia firmato la Laudato si' senza nemmeno leggerla? Lui che nelle omelie di Santa Marta tante volte ha parlato del diavolo, davvero condivide la trasformazione del Male da entità metafisica a problema antropologico risolvibile per mezzo di riforme sociali e di una migliore raccolta differenziata? «La riconversione eco-teologica proposta dall'enciclica delinea un cristianesimo senza Croce e senza Incarnazione, dove la figura storica di Gesù non è più fondante. Quel che rimane è una sorta di deismo neo-illuministico». Non mi concedo di aderire appieno al virgolettato di Cuniberto ma, dopo Madonna Povertà, sebbene continui a credere che Papa Francesco sia cattolico non sono più tanto sicuro che lo siano le sue encicliche.

lunedì 13 luglio 2015

278) CRISTO SULLA FALCE E SUL MARTELLO

IL PAPA FRANCESCO HA RICEVUTO IN DONO UNA SCULTURA RAFFIGURANTE CRISTO CROCISSO SOPRA UN SIMBOLO ANTICRISTIANO PER ECCELLENZA: LA FALCE E IL MARTELLO. EGLI NON HA MOSTRATO MOLTA INDIGNAZIONE.



Hanno suscitato clamore in tutto il mondo i doni fatti al Papa dal Presidente Boliviano Morales; infatti trattasi di un crocifisso e di una medaglia un po’ anomali: un Gesù Cristo inchiodato su un simbolo comunista, la falce ed il martello, il medesimo simbolo comunista era presente sul collare indossato dal Papa. Quel crocifisso blasfemo può essere considerato un classico esempio di ossimoro, poiché due elementi in contrasto tra loro vengono accostati.

Sarà vero che le teorie cui si basano sia il socialismo, sia il cristianesimo elogiano gli ultimi, condannano gli sfruttatori e il loro fine è un’equa distribuzione dei beni; però la storia ha dimostrato che entrambi dimenticarono i loro obiettivi primari, pensando al tornaconto personale e si macchiarono di gravi crimini. Le nazioni del socialismo reale praticavano l’ateismo di stato, perseguitando violentemente le religioni (in particolare quella cristiana), perché le ritenevano una delle cause della povertà delle classi umili, ancora oggi qualche regime comunista del mondo non si è ammorbidito. Carlo Marx considerava le religioni l’oppio, la droga dei popoli.

Il Papa Giovanni Paolo II conobbe bene le persecuzioni comuniste nella sua Polonia: infatti Egli indicava quell'ideologia come uno dei mali assoluti e così diede un contributo fondamentale al suo crollo nell'Europa dell’Est. Nessuno si sarebbe sognato di donare quel tipo di crocifisso al Papa Polacco, ben sapendo che si sarebbe arrabbiato molto. Una netta differenza tra questi due papi è che Francesco non fa mistero delle sue tendenze politiche di sinistra, poi grosso modo sono uguali nelle idee, tranne che sulla famiglia, visto che oggi nella Chiesa ci sono delle timide aperture verso le nuove forme di convivenza.  Un’altra sostanziale differenza tra i due pontefici è che il Polacco, a differenza del’Argentino, si occupava poco delle questioni interne del Vaticano, per cui non era malvisto dai cardinali.

Ho letto un articolo di Antonio Socci su questo dono fatto al Papa, egli ha fatto un’analisi completa sul perché in America Latina il Cattolicesimo perde terreno, a favore del protestantesimo e dell’ateismo (laggiù per fortuna che l’Islam  non costituisce un problema, almeno per ora): per lui i vescovi ed i sacerdoti si sono ridotti al rango di sindacalisti, sono troppo in combutta con i governi di sinistra, marxisti e le masse perdono attrattiva per la fede. In un periodo storico come questo avremo bisogno di un figura papale forte che difenda i valori portanti della nostra società e tuteli la nostra religione come valore nazionale, senza però dimenticare i poveri. Invece avviene tutto l’opposto: si protegge e benedice quel multiculturalismo (magari sperando nelle conversioni per rimpiazzare gli autoctoni che si allontanano sempre di più dalla Chiesa) che un domani potrebbe favorire la fine del Cattolicesimo a suon di violenza, come avviene nelle aree calda del pianeta. Delle nuove opere di evangelizzazione in occidente, no?

Peccato che l’America Latina stia cambiando in peggio: molti stavano facendo un pensierino per un eventuale trasferimento in quel continente per non assistere agli stravolgimenti negativi in atto in Europa, benedetti dal politicamente corretto. 

domenica 15 marzo 2015

262) IL GIUBILEO STRAORDINARIO TRA I PROBLEMI

PAPA FRANCESCO HA ANNUNCIATO A SORPRESA IL GIUBILEO STRAORDINARIO TRA LA FINE DEL 2015 E QUELLA DEL 2016. TALE ANNUNCIO HA SORPRESO MOLTI: ROMA TRA CAOS, MAFIA E MINACCE TERRORISTE ISLAMICHE SI PREPARA A QUEST’EVENTO INSOLITO.


 Il Papa Francesco ha annunciato che tra novembre 2015 e dicembre 2016 ci sarà un giubileo straordinario dedicato alla misericordia. Queste parole del Santo Padre hanno spiazzato molti, soprattutto i politici, i quali hanno dichiarato che questo è un momento molto difficile, sia dal punto di vista economico, sia per la sicurezza. Passati i malumori iniziali il Governo e il Comune di Roma provvederanno ad affrontare al meglio quest’evento, sforzandosi di garantire la sicurezza di tutti e guardando i lati positivi: i milioni di pellegrini che arriveranno porteranno soldi. I Giubilei per prassi ci sono ogni 25 anni, ogni quarto di secolo, quelli solenni aprono i secoli o i millenni e sono quelli più importanti.


Dopo il grande giubileo del 2000 si attendeva con calma quello del 2025, magari sognando di realizzare qualche opera che avrebbe facilitato il raggiungimento della Basilica di San Pietro, come ad esempio farci arrivare la neonata Linea C della Metropolitana romana. In teoria la nuova linea nel 2025 avrebbe dovuto già superare San Pietro per arrivare alla Farnesina, per agevolare il raggiungimento dello Stadio Olimpico in vista di un'improbabile assegnazione delle olimpiadi a Roma nel 2024. Con la media che hanno impiegato a realizzare il primo tratto della Linea C, che per ora collega l’estrema periferia alla periferia romana, non ce la faranno a raggiungere il Nord della città in dieci anni. Mancano anche i finanziamenti, che per il momento coprono i lavori sino a Piazza Venezia, così da congiungere la linea C alle altre due linee: la Linea A a San Giovanni e la Linea B al Colosseo. È difficilissimo scavare nel sottosuolo romano per via dei reperti archeologici: è la principale causa per cui Roma non riesce ad avere una metropolitana a ragnatela, come le grandi città d’Europa, in modo da alleggerire il traffico (e l’inquinamento) in superficie. Un ulteriore problema è rappresentato da Mafia Capitale (la criminalità romana non scherza sin dai tempi della “Banda della Magliana”, non è meno pericolosa di quella del Sud), che quando sente parlare di finanziamenti pubblici cerca in tutti i modi di arraffare il malloppo e non è escluso che cerchi di entrare anche negli affari dei prossimi giubilei.


La burocrazia italiana è terribile, rallenta di anni le grandi opere pubbliche, gli oppositori danno ad essa manforte con i loro immancabili ricorsi al Tar: la radice del mostro burocratico è radicata nei palazzi del potere romano, se verrà estirpata le semplificazione arriverà in tutta la nazione italiana. Se si vuol realizzare qualche opera privata che va contro gli interessi pubblici si cerca di mettere i bastoni tra le ruote: vedi ad esempio le squadre cittadine di calcio che presentano dei progetti per degli stadi privati, i quali se vedessero attuazione, il Coni perderebbe gli elevati introiti ricavati dall’affitto del suo impianto. Naturalmente allo studio di un progetto, pubblico o privato che sia, ci deve essere il massimo scrupolo nel valutare i pro e i contro, occorre però accelerare i tempi per dire si, no e proporre delle alternative. Sarà indubbiamente difficile affrontare una ricorrenza non prevista per una città caotica, nonostante gli uomini di potere dicano il contrario. Spesso essi snaturano l'anima romana: rinunciando alla lingua italiana in favore del lessico anglosassone.

E non bisogna dimenticare le innumerevoli minacce che gli integralisti islamici mandano da qualche tempo a Roma. I piani di attentati organizzati e pianificati da determinate organizzazioni si possono sventare; il problema maggiore sarà rappresentato dai lupi solitari, dai matti senza alcun legame con nessuno. Qualche nota positiva non mancherà: si darà un’immagine diversa della città agli occhi dell’Italia e del mondo dopo gli scandali legati alla Mafia e  si farà vedere ai fondamentalisti islamici cosa rappresenta Roma per milioni e milioni di cristiani.