Integrazione sogno impossibile:
l'islam vuole solo ucciderci
Non possiamo più credere che
europei e arabi possano amalgamarsi. Tutte le volte ci illudiamo che ogni
massacro sia un caso isolato
Due attentati
in un sol giorno, uno in Francia, vicino a Lione, con un uomo decapitato e la
sua testa accostata a una bandiera dell'Isis, tanto perché non ci fossero
equivoci sulla matrice del delitto, e il secondo in Tunisia, nel Golfo di
Hammamet (sissignori, quello di Craxi), con addirittura 37 salme, turisti
freddati in spiaggia a titolo dimostrativo o addirittura inseguiti nelle stanze
di un paio di resort, ex luoghi paradisiaci di vacanze.
Non è finita.
In Kuwait, per gradire, alcuni kamikaze
si sono fatti esplodere davanti a una moschea: 13 cadaveri. Per oggi, anzi per
ieri, può bastare a rammentarci che le guerre di religione o gli scontri di
civiltà, o come diavolo si vogliano definire i massacri seriali in corso, non
sono fenomeni regionali irrilevanti né destinati ad essere circoscritti a
qualche zona particolare.
Siamo di
fronte all'ennesima esplosione di follia omicida su scala internazionale di cui
non comprendiamo, per accidia o per incapacità di valutare la portata dei
fatti, la genesi e le finalità. Ogni volta che accadono episodi di questa
gravità, i nostri sentimenti oscillano tra l'incredulità e lo stupore e,
nonostante si ripetano con regolarità, ci illudiamo che siano casi isolati, non
significativi di uno stato permanente di terrore voluto dagli islamisti allo
scopo di farci capire che l'obiettivo siamo noi, noi dell'Occidente, infedeli
da eliminare.
Illuminante,
nella sua stupidità, il commento di François Hollande: «Non dobbiamo cedere alla
paura». Scusi, presidente, con tutto il rispetto, ma come si fa a non avere
paura di assassini crudeli e spietati che agiscono in nome di Allah? Che
tagliano teste come se potassero alberelli? Che gettano bombe e compiono
stragi? Dovremmo essere sereni e pensare che i fondamentalisti sono dei
mattacchioni mossi da spirito goliardico?
Alcuni mesi
orsono i ragazzotti dell'Isis hanno assaltato un giornale satirico parigino,
Charlie Hebdo , ed è stata un'ecatombe. Non contenti, hanno stecchito altri
cittadini il giorno appresso. Ma lei, Hollande, se ne è già dimenticato? Si è
scordato di essere sceso in piazza in segno di solidarietà nei confronti dei
morti ammazzati? Quella manifestazione in teoria doveva servire a
sensibilizzare le coscienze dei francesi e, in genere, degli europei,
mobilitandoli nella lotta ai malnati. Che ieri si sono nuovamente dati da fare
per seminare terrore e versare sangue. E adesso lei ci viene a dire di non
soccombere alla paura. Ci suggerisce di esultare? O forse confonde la paura con
il panico? Già. Il panico è un cattivo consigliere, mentre la paura è
indispensabile per trovare il coraggio di organizzare una difesa seria dal
pericolo. Difesa alla quale, dopo una settimana dall'eccidio nella sede del
settimanale, lei non ha più pensato. Così come non ci hanno più pensato coloro
che sfilarono con lei lungo i boulevard di Parigi in segno di protesta contro i
nemici della nostra civiltà.
Sia chiaro.
Non ce l'abbiamo con il presidente francese: siamo irritati a causa
dell'indifferenza europea, di ogni Paese comunitario, ai problemi riguardanti
la sicurezza della gente minacciata dai musulmani esaltati che, dai tempi delle
Torri Gemelle abbattute a New York, non hanno più smesso di attaccare le nostre
democrazie talmente tolleranti da aver tollerato perfino l'immigrazione in
massa proveniente dal Medio Oriente. Il dramma è che noi non abbiamo abbastanza
paura (e qui evoco il titolo di un mio libro in materia) dei carnefici dello
Stato islamico perché, in fondo, speriamo che essi si stanchino di sterminarci
gratis e scoprano il piacere di vivere nel Vecchio Continente, dove i testi
religiosi, compreso il Corano, appartengono alla sfera culturale e non si
applicano quali codici penali.
Ci illudiamo.
Non esistono i musulmani moderati. Anche quelli che non sparano, difficilmente,
anzi mai, deplorano i fratelli criminali, probabilmente in silenzio approvano
le uccisioni che compiono. Tutto ciò non succede per caso, ma è il frutto
velenoso di un'immigrazione incontrollata che ha invaso il nostro continente,
Francia, Inghilterra, Italia, eccetera, senza mai integrarsi appieno e
rimanendo legata alla tradizione islamica, come dimostra la circostanza che
quasi tutti i terroristi attivi dalle nostre parti sono figli e nipoti di
musulmani trapiantati qui da decenni. L'integrazione è un sogno irrealizzabile.
O comprendiamo questo concetto elementare o continueremo a credere ingenuamente
che europei e arabi possano amalgamarsi e rispettare gli stessi valori. Aspetta
e spera.
Gli Stati
Uniti sono andati due volte a combattere in Irak e una volta in Afghanistan per
esportarvi la democrazia, provocando centinaia di migliaia di vittime: hanno
fatto un buco nell'acqua. Ovvio, in quei Paesi se ne infischiano dei nostri
modelli istituzionali, non sanno cosa siano e li rifiutano, preferiscono il
Corano e le sue feroci disposizioni comprendenti la decapitazione, il taglio
delle mani e dei piedi, per sorvolare sulle crocifissioni, recentemente tornate
di moda insieme con il rogo: bruciare vivi i cristiani piace all'islam
integralista. E noi come ci proteggiamo? Ospitando in casa nostra cani e porci,
salvo lagnarci perché non si limitano ad abbaiare e a grugnire: uccidono.
Ci possono salvare
la rabbia e l'orgoglio
Siamo tutti
impressionati, spaventatissimi. In questi giorni, causa stordimento, non
sappiamo come reagire alle violenze dei terroristi. Non abbiamo la lucidità
necessaria per organizzare neppure le idee. Ma il peggio arriverà tra una
settimana, quando, a esequie avvenute, saremo di nuovo travolti dalle nostre
attività quotidiane e inghiottiti dalla routine: il lavoro, la famiglia, le
tasse. Succede sempre così. Lentamente ci si dimentica anche dei morti
ammazzati. È accaduto in (...) (...) passato,
accadrà nel prossimo futuro.
Non importa
che la Tunisia ,
dove è avvenuta la strage sulla spiaggia, sia a pochi chilometri dall'Italia e
che Lione, dove hanno decapitato un francese, sia a due passi dai nostri
confini. Ci consoliamo pensando che, in fondo, siamo stati risparmiati e
confidiamo che il nostro stellone ci proteggerà ancora. Ci attacchiamo alle
illusioni. Ma in cuor nostro siamo consapevoli che, prima o poi, avendo l'Isis
e similari all'uscio di casa, saremo colpiti. Nel qual caso cadremo ancor di
più in stato confusionale. O forse ci organizzeremo, benché sia difficile che
un singolo Paese - la Francia
insegna - sia in grado di predisporre un piano di protezione autonomo.
Servirebbe
un'iniziativa europea. Già. Ma Bruxelles è simbolo di inefficienza, di
impotenza; non è stata all'altezza di modulare l'immigrazione scoordinata,
figuriamoci se le possiamo delegare l'arduo compito di arginare la prepotenza
sanguinaria islamista. Essa non ha la mentalità e i mezzi per correre ai
ripari. La preoccupazione principale della Ue è la stabilità finanziaria, la
tutela dell'euro - giudicato stoltamente irreversibile, come la morte - e gli
interessi del sistema bancario, considerato basilare. L'Europa non ha una
politica estera, è priva di un esercito, non è un corpo omogeneo: è un
agglomerato di nazioni che non hanno nulla in comune, ciascuna delle quali
sopravvive piegandosi alla volontà della cancelliera Angela Merkel e di pochi
altri papaveri.
Supporre poi
che gli Stati Uniti siano pronti a fornirci un aiuto salvifico è assurdo, senza
contare che da anni, ogni qualvolta sono intervenuti in Medio Oriente, hanno
combinato solo disastri: basti citare le nefaste guerre in Irak e in
Afghanistan. La verità è che siamo costretti ad arrangiarci in proprio. Abbiamo
il coraggio e la forza di farlo? Per ora, non crediamo. Non siamo preparati né
militarmente né psicologicamente. Inoltre, l'Italia è pervasa dalla cultura
dell'integrazione, della multiculturalità, dell'accoglienza. Cui si aggiunge la
tradizionale vocazione dei cattolici e dei buonisti di sinistra a ritenere che
sia giusto ospitare tutti gli stranieri, indiscriminatamente, nella speranza
che ciò ci preservi dagli attacchi dei fondamentalisti.
È improbabile
che i nostri governi si attrezzino per i respingimenti e i rimpatri nonché per
selezionare gli aventi diritto all'asilo politico e bocciare chi, invece, viene
qui per altri motivi, compreso quello di complicarci la vita. Ovvio,
auspichiamo che l'Europa cambi registro e si renda conto che il problema non è
l'euro bensì l'Eurabia. Ma temiamo che questa sia un'ipotesi ottimistica ai
limiti della dabbenaggine.
Conosciamo i
nostri polli e supporre che si ravvedano e si trasformino in galli, decisi a
non soccombere all'Isis e similari, è quasi surreale. Forse ci meritiamo quello
che sta accadendo: dopo due guerre mondiali nel secolo scorso, il Vecchio
Continente non ha il temperamento per affrontare la terza, che però è in atto e
minaccia di ridurci a pezzi. Tra i nostri nemici, ci sono anche coloro che non
hanno l'energia interiore per combattere contro chi pretende di annientarci.
Non resta che appellarsi a coloro che, oltre alla rabbia, hanno ancora una
punta d'orgoglio.