SCONTATA E PREVEDIBILE VITTORIA DEL SI AL REFERENDUM COSTITUZIONALE. ALLE REGIONALI IL CENTRODESTRA NON VA MALE MA NON RIESCE LA SPALLATA AL GOVERNO. CROLLO DEL M5S.
Com'era prevedibile
al referendum costituzionale per la riduzione dei parlamentari il sì ha vinto
nettamente con circa il 70%. Gli elettori non si sono lasciati rigirare dai
vari dai vecchi dinosauri della politica, e da alcuni politici voltagabbana,
che andando contro le direttive dei loro partiti, invitavano a votare no: la
loro principale preoccupazione non era il taglio della democrazia, ma il vedersi
ridurre le probabilità di mantenere le poltrone. Così, dalla prossima
legislatura, il parlamento avrà 400 deputati e 200 senatori: un numero più che
sufficiente, in linea con le altre nazioni, alcune delle quali più popolose
della nostra. È stato un primo passo, il prossimo possibilmente dovrà essere
superare il bicameralismo perfetto, cioè destinare le due camere a delle
funzioni diverse. Già ci provarono due volte a riformare le funzioni della
Camera e del Senato, nel 2006 e nel 2016, ed entrambe le riforme fallirono,
sempre coi referendum. La modifica costituzionale del 2006 era senza dubbio
migliore di quella del 2016. Se in futuro su questo tema ci sarà ampia
convergenza tra i partiti, di maggioranza e di opposizione, lo scoglio
referendario verrà superato agevolmente. Intanto bisognerà velocemente fare una
legge elettorale attinente al nuovo numero dei parlamentari; velocemente
perché, non si sa mai, potrebbero arrivare le elezioni anticipate.
Per ora il governo
presieduto da Giuseppe Conte e composto da M5S e Pd tiene e non
c’è stata quella spallata che tutti avevano previsto, con la schiacciante
vittoria del centrodestra nelle sette regioni dove si sono tenute le elezioni
per i rinnovi dei consigli regionali. Il risultato finale, escludendo i
risultati della Val d’Aosta, dove la Lega comunque è risultato il primo
partito, è stato di 3 a 3. Nella sinistra, che temeva un’ecatombe elettorale,
si esulta, senza considerare che un’altra loro roccaforte (la regione delle
Marche) è caduta. Essi sono riusciti a mantenere la Toscana, la Campania e la
Puglia, dove i loro presidenti uscenti hanno staccato di molto gli avversari:
motivo per cui considerano queste votazioni una grande vittoria. Ma non
guardano alle sconfitte, oltre che nelle Marche, in Liguria e in Veneto: nella
terra ligure è miseramente fallita l’alleanza tra sinistra e Cinque Stelle,
mentre nel Veneto il governatore uscente è risultato rieletto con il 75% dei
consensi, un vero record. In Toscana la partita è stata aperta, mentre in
passato non c’era storia, in Campania e in Puglia è stato un errore insistere
con dei nomi già ampiamente collaudati. Complessivamente ora il centrodestra,
in attesa che si definisca la maggioranza valdostana, governa in 14 regioni su
20, mentre il centrosinistra cinque: non era mai accaduto prima. Cinque anni fa il centrodestra solamente tre regioni governava. Il Movimento
Cinque Stelle, nonostante esulti per lo straordinario risultato del
referendum, rivendicando la paternità della riforma, è tracollato: essendo ben
lontano dai numeri con cui stravinse le ultime elezioni politiche, sarà
costretto a stringere alleanze con la sinistra per non sparire politicamente in
campo amministrativo, rinnegando la sua natura antipolitica, compresa l’antisinistra.