Lo scorso 5 maggio, 150° anniversario dell’imbarco della spedizione dei Mille da Quarto (Genova), sono iniziate le celebrazioni del 150° anniversario dell’Unita Italiana, le quali culmineranno il prossimo marzo, nel mese in cui il Regno d’Italia fu proclamato nel 1861. Circa 1162 volontari, in prevalenza bergamaschi, sbarcarono a Marsala in Sicilia la mattina dell’11 maggio con la protezione delle navi britanniche.
Il Piemonte aveva iniziato il processo di unificazione italiana nel 1859, dopo il fallimento del 1848/49 con Carlo Alberto di Savoia, ponendo la questione italiana, al centro dei colloqui bilaterali tra Regno di Sardegna, di cui il Piemonte faceva parte, e potenze europee e dopo che i piemontesi si garantirono le simpatie europee per aver partecipato alla Guerra di Crimea. L’alleanza tra Regno di Sardegna e Francia portò alla guerra con l’Austria, alla conquista della Lombardia e alla cessione di Nizza e Savoia a Napoleone III, imperatore dei francesi. La mancata annessione del Veneto, consentì ai piemontesi di non farsi ostacolare dalla Francia nell’annettersi con dei plebisciti l’Emilia – Romagna e la Toscana, divise in ducati e granducati. I piemontesi avrebbero potuto fermarsi lì e concentrarsi nel liberare le altre terre del Nord Italia ancora sotto il giogo dell’Impero d’Austria – Ungheria, ma non fu così perché il loro primo pensiero fu la conquista dei ben assestati stati centro – meridionali dello Stato Pontificio e del Regno delle due Sicilie. Allora perché in questi giorni alcuni esponenti della Lega Nord polemizzano sul Risorgimento, dicendo che l’unificazione era solo una scusa per liberare il Nord dagli austriaci? Se fosse stato così i mille, quasi tutti settentrionali, non si sarebbero imbarcati con Garibaldi, e Vittorio Emanuele II non sarebbe disceso per strappare Marche e Umbria ai pontifici. In Sicilia un esercito di poco più di 1.000 uomini, a cui si unirono dei “picciotti locali”, sbaragliò il potente esercito borbonico in 3 battaglie, quando i garibaldini erano in difficoltà a Garibaldi suggerirono la ritirata, ma egli rispondeva duro: “non ci ritiriamo, qui o si fa l’Italia o si muore!” Il Regno Borbonico era in crisi, il giovane monarca Ferdinando II (Re Bomba) era inesperto e Garibaldi fece leva sull’accensione dell’antico rancore dei siciliani nei confronti dei napoletani. Sul continente le cose non andarono meglio per i Borbone, ma ormai Garibaldi disponeva di oltre 20.000 uomini, la battaglia decisiva per la loro definitiva sconfitta avvenne lungo il fiume Volturno. Dopo essersi incontrato con Vittorio Emanuele a Teano, se non lì sempre da quelle parti, e avergli consegnato il Regno delle due Sicilie, Garibaldi con l’appoggio dell’esercito piemontese lanciò l’offensiva all’ultima roccaforte borbonica posta a Gaeta.
Dopo i plebisciti venne proclamato il Regno d’Italia a Torino il 17 marzo 1861, di fronte ad un parlamento con i rappresentati di tutta Italia, escluse naturalmente Roma e le tre Venezie. Nel sud ci si aspettavano maggiori libertà e giustizie sociali con l’arrivo dei piemontesi, ma gli animi delle masse popolane restarono immediatamente delusi quando Crispi in Sicilia, fece fucilare chi assaltava le proprietà e uccideva i grandi proprietari terrieri. La mancata riforma agraria, che ci sarà solo negli anni ’50 del ‘900, e il mancato smembramento dei latifondi, su cui si basava l’economia del sud con i relativi privilegi per i potenti e con i prodromi del fenomeno della Mafia, portarono al brigantaggio: furono impiegati più uomini per reprimerlo che in tutte le guerre per l’unità. Fatto strano: nel 1946 nel referendum Monarchia/Repubblica i Savoia beccarono una valanga di voti proprio al sud, nonostante le feroci repressioni del brigantaggio i meridionali si affezionarono alla nuova casa reale in 85 anni. Oggi si sente tanto parlare di Partito del Sud, in contrapposizione a quello del nord, di movimenti neoborbonici, ma oggi il sud da solo non va da nessuna parte se si stacca. Maggiore autonomia federalista sì ai vari enti, sempre seguendo le direttive del governo centrale, basta che non si vada a favorire ancor di più i potentati locali e la Lega Nord, la quale è la secessione il suo principale obiettivo. La ricchezza del nord, tranne il Veneto che si è fatto da solo divenendo la regione più produttiva e ricca d’Italia da regione poverissima che era, è nata anche dal sacrificio dei meridionali, oltre naturalmente dal fatto che il suo territorio era diviso in tanti piccoli staterelli ed ogni regnante faceva di tutto per lasciare il segno, per tramandare ai posteri la propria gloria. Una nuova Italia unita con ampie autonomie agli enti dovrà esserci, dove nessuno metterà in discussione Roma Capitale. Anche se l’Italia non l’ha fatta Roma, come la stessa fece ai tempi che da piccolo villaggio divenne impero, l’hanno fatta quagli stessi padani, oggi smaniosi di staccarsi, scegliendo la Città Eterna quale capitale più degna per far rivivere il mito dell’impero.
Sarei stato felicissimo per quella scelta se non fosse che qualche volta mi viene da obiettare perché ai romani, che hanno solo atteso i bersaglieri a Porta Pia, dà alla testa. Se si fosse saputo sarebbe stato meglio far rimanere la capitale a Torino o a Firenze. Noi laziali non romani (burini o ciociari) non facciamo mai caso a quella sorta di razzismo nei nostri confronti, ma nell’Urbe di Romani de Roma ce ne sono ben pochi e coloro che nel corso dei millenni vi hanno comandato (Imperatori, Papi, Re, Presidenti) poche volte lo sono stati. Anche oggi chi comanda a Roma? I padani naturalmente! In questi giorni si sente addirittura parlare di una regione del Lazio Sud, meglio lasciar perdere perché i nuovi enti servono solo a creare nuovi magna - magna.
Sarei stato felicissimo per quella scelta se non fosse che qualche volta mi viene da obiettare perché ai romani, che hanno solo atteso i bersaglieri a Porta Pia, dà alla testa. Se si fosse saputo sarebbe stato meglio far rimanere la capitale a Torino o a Firenze. Noi laziali non romani (burini o ciociari) non facciamo mai caso a quella sorta di razzismo nei nostri confronti, ma nell’Urbe di Romani de Roma ce ne sono ben pochi e coloro che nel corso dei millenni vi hanno comandato (Imperatori, Papi, Re, Presidenti) poche volte lo sono stati. Anche oggi chi comanda a Roma? I padani naturalmente! In questi giorni si sente addirittura parlare di una regione del Lazio Sud, meglio lasciar perdere perché i nuovi enti servono solo a creare nuovi magna - magna.
L'esempio di Nino Manfredi che da ciociaro volle divenire romano per forza, ma anche Alberto Sordi, che molti dicono che sia stato romano da 7 generazioni, non lo era: suo padre era nato a Valmontone. Comunque non ho nulla contro di loro, li considero insieme a Totò i più grandi attori italiani di tutti i tempi.
Il popolano Ciceruacchio, eroe della Repubblica Romana, in procinto di essere fucilato dagli austriaci (In Nome del Popolo Sovrano 1990).
Nino Manfredi torna alle sue origini (Per Grazia Ricevuta 1971).
#1 21 Maggio 2010 - 22:15
RispondiEliminaPerché ogni evento internazionale che può svolgersi in Italia deve essere svolto per forza a Roma? In questi ultimi giorni hanno preferito candidare Roma a Venezia per i giochi olimpici del 2020. Roma ha già avuto i giochi olimpici nel 1960, Venezia poteva essere una bella novità ed è anche una storica, artistica e bellissima cittadina. Ma sarà molto difficile che Roma la spunti, staremo a vedere!
Anluc