Laziogate, tutti assolti
Si conclude così la vicenda sul presunto accesso abusivo ai dati informatici del Comune di Roma per le Regionali del 2005. Storace: "Dopo sette anni di calvario, finisce in appello la vicenda. Mi tolsero la regione e il ministero, non la dignità".
"Dopo sette anni di calvario, finisce in appello la vicenda Laziogate: assolto! Mi tolsero la regione e il ministero, non la dignità". Così, grazie ad un twitter, Francesco Storace ha subito commentato la sentenza della Corte d'Appello di Roma che poco fa lo ha assolto, assieme a tutti gli altri imputati, dalla cosiddetta vicenda del 'Laziogate'. "Finisce un calvario - ha quindi rimarcato lo stesso leader de La Destra - questa vicenda mi costò la sconfitta in campagna elettorale regionale, perché esplose negli ultimi 10 giiorni. E l'anno successivo mi costò le dimissioni da ministro".
Secondo le accuse mosse a suo tempo, e ora riconosciute del tutto risibili con ulteriore 'sbugiardamento' dell'accusatore Dario Pettinelli, l'allora presidente della Regione avrebbe chiesto ad alcune persone di introdursi all'interno dell'anagrafe del Comune di Roma per verificare l'esistenza di eventuali firme false prodotte per presentare la lista della Mussolini alle Regionali del 2005. Ribaltando le tesi della sentenza di primo grado, l'11 giugno scorso il Procuratore Generale Antonio La Rosa aveva chiesto l'assoluzione di Francesco Storace e degli altri imputati.
I giudici della I corte d'appello di Roma, presidente Eugenio Mauro, hanno dunque fatto cadere le accuse nei confronti Francesco Storace (che veniva da una condanna a 18 mesi), del suo ex portavoce Nicolò Accame, che in primo grado aveva avuto 2 anni. Con la formula del fatto che "non sussiste" è stata emessa una sentenza di assoluzione che ribalta il giudizio del primo processo. Assolti Mirko Maceri, che era ex direttore di Laziomatica; così come l'avvocato Romolo Reboa (che presentò l'esposto a suo tempo contro As); e Nicola Santoro, figlio del magistrato della commissione elettorale presso la corte d'appello di Roma che escluse Alternativa Sociale dalle elezioni. Avevano avuto un anno. Reboa al termine dell'udienza è commosso. "Abbiamo vissuto un incubo", si lascia scappare. Cadute le contestazioni anche per l'allora vicepresidente del consiglio comunale per An, Vincenzo Piso (per cui anche in primo grado la Procura aveva chiesto l'assoluzione). Unica condannata, Tiziana Perreca, ex collaboratrice dello staff di Storace, che ha avuto 6 mesi per favoreggiamento. Per lei pena ridotta, visto che nel primo grado aveva avuto 8 mesi. Confermata l'assoluzione di Daniele Caliciotti, l'ex dipendente di Laziomatica. E nei suoi confronti non era stata appellata la sentenza.
La sentenza di oggi pomeriggio sul caso 'Laziogate' è anche frutto delle richieste fatte dalla Procura generale nel corso del suo intervento, nel giugno scorso. Lo stesso rappresentante dell'ufficio della pubblica accusa aveva chiesto, allora, l'assoluzione di Francesco Storace e degli altri imputati. In pratica aveva spiegato il pg Antonio La Rosa non ci fu alcun illecito nel procedere all'accesso al sistema informatico del Comune di Roma, attraverso il computer dell'allora direttore di Laziomatica Mirko Maceri, la notte tra il 9 e il 10 marzo del 2005. "Esisteva una convenzione che autorizzava lo stesso Maceri ad accedere alla banca dati del Campidoglio per acquisire informazioni sanitarie e quelle relative alla carta di identità", spiegò il magistrato.
Il difensore di Storace, l'avvocato Giosuè Bruno Naso, ha così commentato la sentenza: "Non c'era bisogno di attendere 7 anni per certificare l'estraneità di Storace a qualsivoglia comportamento men che legittimo. Bastava leggere con obiettività e senza pregiudizi proprio il verbale del principale accusatore per comprendere che il mio assistito era estraneo a quell'operazione di acquisizione dei dati anagrafici, che peraltro la Corte d'appello ha stabilito oggi essere consentita".
A QUANDO LE SCUSE DI TUTTI I LINCIATORI?
Regione già senza maggioranza. Per Crocetta c'è aria di inciucio
Crocetta vince con il 30% di voti: "Non mi alleo con nessuno". La metà degli elettori diserta le urne. M5S primo partito. Fli-Idv-Sel fuori. LO SPECIALE Fitch declassa la Regione
Mariateresa Conti - Mar, 30/10/2012 - 16:15
Era la soluzione meno attesa. Era, probabilmente, la più logica. Perché nella Sicilia del «tutto cambi perché nulla cambi» di gattopardiana memoria, che alla fine la spuntasse Rosario Crocetta, sostenuto dalla parte del Pd che ha appoggiato il governo di Raffaele Lombardo e dall'Udc che col Pd ha sostenuto in parte lo stesso esecutivo del ribaltone, era, diciamolo, più che prevedibile.
A dispetto dei sondaggi, che assicuravano che ci sarebbe stato un testa a testa tra Crocetta e il candidato Pdl Nello Musumeci.
A dispetto di altri sondaggi, che addirittura davano per vittorioso l'ignoto candidato di Beppe Grillo, Giancarlo Cancelleri. E invece no, ha vinto il passato rivestito di nuovo e diventato futuro, anzi «futuro rivoluzionario», come dice il neo governatore. E ha vinto facile, Crocetta, su Musumeci: cinque punti abbondanti di scarto a spoglio quasi completato, 30,9% contro 25,2%; terzo il grillino con un più che ottimo 18.
Cambiare tutto per non cambiare nulla. Sono maestri i siciliani, a volte, in quest'arte. E anche questa volta non si sono smentiti. L'aria di vittoria, però, si sente sin dal mattino, nella sede palermitana del comitato elettorale tappezzata di immagini antimafia di Crocetta. Una sede che meriterebbe il brevetto di vittoria sicura: qui, a maggio, era il comitato elettorale di Leoluca Orlando, al ballottaggio poi incoronato sindaco; nello stesso posto, via Mazzini angolo con via Libertà, cuore della Palermo bene, si è piazzato il comitato elettorale di Crocetta. E anche lui ha fatto bingo, senza patemi. Già intorno a mezzogiorno i primi boati: più sezioni si spogliano, più si consolida una forbice difficilissima da colmare, sei punti, dal candidato Pdl.
Alle 13, mentre il neo governatore è ancora lontano, a Palermo già si festeggia. Arriva l'ex presidente dell'Antimafia Beppe Lumia, uno degli artefici dell'inciucio con Lombardo nel governo scorso. Arrivano, alla spicciolata, gli altri big, rispunta persino Sergio D'Antoni. È la rivincita per il partito di Bersani. La rivincita per una serie di scelte sbagliate pagate care nelle urne, l'ultima proprio a Palermo, le scorse elezioni. La vittoria è sperata ma non attesa. E infatti al comitato è caos, disorganizzazione. Caos che diventa delirio quando alle 16 e 40, arriva il vincitore. Il popolo di Crocetta accoglie il suo re in strada. E lui, da re, incede bloccando la strada, rispondendo ai cronisti e ripetendo come un mantra: «Non ho la maggioranza? Il problema è vostro, non mio. Io non sono uomo da inciuci, non faccio alleanze con nessuno, presenterò progetti. Se non passeranno richiamerò i siciliani alle urne, e questa volta mi daranno il 60%». C'è aria di festa, qualcuno gli ricorda il voto di castità: «Sarò casto per forza, ormai sono vecchio, non mi vuole più nessuno». Dedica alla mamma, e smentita di avere avuto voti dal gruppo Miccichè-Lombardo: «Non credo proprio». Ironico con chi gli ricorda il patto della Croc-chè, dalla crasi dei cognomi suo e di Miccichè: «Non posso mangiarle (in siciliano crocchè sono le croquetes di patate), mi fanno male». E poi, spazientito: «Io sono in discontinuità con tutti i governi siciliani che mi hanno preceduto, Lombardo compreso. Con me si cambia musica». E saranno lacrime e sangue, visto che vuol far fuori qualche dirigente superpagato.
Al comitato di via Mazzini è festa. Si va di ovazione in ovazione, anche col rischio di farsi male, come succede a un neo deputato lanciato in aria che dà una capocciata sul tetto. Cento passi più in là, in via Libertà, c'è la mestizia, il comitato di Nello Musumeci. Il grande sconfitto arriva intorno alle 19: «Il Pdl in queste settimane non si è fatto mancare niente - dice Musumeci - ma la Sicilia è davvero la terra dei gattopardi, ha vinto la stessa maggioranza di Lombardo. Gli auguro buon lavoro ma con me è stato scorretto, non lo chiamerò». Il buon lavoro, a Crocetta, lo manda Fitch, che ha declassato la Sicilia per il suo debito abissale. Auguri, governatore Crocetta.
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