bandiera

bandiera

martedì 30 settembre 2014

240) LE ATTUALI CRISI INTERNAZIONALI

NO ALLE INTERFERENZE NELLA CRISI TRA RUSSIA ED UCRAINA E SI ALL’INTERVENTO CONTRO IL CALIFFATO ISLAMICO IN IRAQ.


Obama e l’Ue stavano per combinarla grossa: avrebbero voluto scatenare una guerra (probabilmente mondiale) contro la Russia. E poi per quale motivo? Perché avrebbero voluto impicciarsi nelle questioni riservate esclusivamente ai russi e agli ucraini? Non è la stessa popolazione russa di Ucraina a chiedere a gran voce di far parte della Santa Madre Russia? Le interferenze occidentali hanno portato alla sollevazione popolare che ha deposto il Presidente Ucraino filorusso, il quale non intendeva firmare gli accordi commerciali con l’Unione Europea. Già, perché bisogna per forza dire di si all’Europa e ad Angela Merkel. A seguito di ciò la popolazione russofona d’Ucraina ha preferito guardare a Mosca, piuttosto che a Bruxelles e a Berlino e democraticamente ha chiesto l’annessione. La Russia di Putin ha cercato dall’esterno (senza un attacco diretto) di aiutare la propria popolazione dalle violente repressioni dai “nazisti ucraini”, con tanto di fregi sugli elmetti. Occorre ricordare che alcune porzioni dell’Ucraina furono cedute dalla Russia in buona fede nell’ambito dell’Unione Sovietica. Per il momento questa crisi si è spenta: gli Usa e l’Europa dapprima hanno minacciato l’intervento militare, poi tramite i negoziati hanno fatto raggiungere un compromesso, tale tregua scongiura anche il minacciato blocco delle forniture di gas russo. Ma con tutto lo scompiglio creato molti magnati russi si terranno alla larga con i loro investimenti nell’occidente. Obama e Merkel intendevano scherzare col fuoco: la Russia rimane una grande potenza nucleare (non è l’Iraq o l’Iran) che non si fa intimidire da loro. Stava per accadere quello che è stato scongiurato nel lungo periodo della Guerra Fredda. Gli italiani non intendono morire per l’Ucraina; basta ingerenze: lasciamo gli ucraini e i russi a risolvere tra loro le loro questioni private, speriamo pacificamente.




 Se il conflitto russo – ucraino è un fatto riservato esclusivamente ai diretti interessati, lo stesso non si può dire per il Califfato Islamico (Isis) venutosi a creare in vaste aree dell’Iraq e della Siria. I terroristi islamici di rito sunnita perseguitano e uccidono le minoranze islamiche sciite, ebraiche, cristiane ed alcuni occidentali presenti all’interno di quello pseudo stato, inoltre hanno minacciato più volte di occupare l’occidente (Roma compresa) e di ripetere in casa nostra le “nobili gesta” in atto nei territori da loro conquistati. Molto difficilmente questo conflitto scatenerà una guerra mondiale: basteranno dei bombardamenti mirati da parte di una coalizione internazionale di stati (arabi compresi) che consentiranno agevolmente alle truppe di terra di riprendere il controllo e di sconfiggere i terroristi. Ciò che preoccupa di più è il terrorismo internazionale di matrice islamica che cercherà d’infiltrarsi nelle nazioni nordamericane ed europee. Se ad esempio si medita sul traffico illegale di immigrati che è in atto nel Mediterraneo, che quest’anno ha subito un’impennata da record grazie al permissivismo dello Stato Italiano in mano ai cattocomunisti: quanti terroristi sono penetrati in Europa? Quanti di quei miliardi di dollari ricavati grazie a quel traffico umano finiranno in mano
ad Al Qaeda? Rovesciare i regimi di Saddam Hussein e di Gheddafi sono stati dei madornali errori: anche se quelli non erano dei sant’uomini rappresentavano due figure forti, inattaccabili, che tenevano uniti i loro paesi senza farli sfociare nel caos e nell’anarchia odierna. Lo scorso anno stavano commettendo lo stesso errore in Siria quando si intendeva attaccarla per rovesciare il regime di Assad. Fu Putin che fece delle pressioni per scongiurare quell’intervento. Ora che le truppe della Nato se ne andranno dall’Afghanistan, in quella nazione potrebbe istituirsi un altro regime islamico integralista e terrorista legato ad Al Qaeda: non bisogna dimenticare che da lì partirono gli attentati dell’11 settembre 2001. Il Papa stesso, che lo scorso anno istituì una giornata di digiuno e di preghiera al fine di scongiurare l’intervento militare in Siria, si è reso conto che i bombardamenti in atto in Iraq sono l’unica soluzione per prevenire lo sterminio dei cristiani, delle altre minoranze e per evitare che il Califfato arrivi sino a casa nostra.

domenica 21 settembre 2014

239) INTERVISTE

Pansa: "Vi racconto l'Italia in cui tutti, o quasi, gridavano Eia Eia Alalà"

Nel suo nuovo libro Giampaolo Pansa autore del «Sangue dei vinti» ricostruisce l'ascesa del fascismo e il consenso di massa al regime. Che molti dimenticano...

Matteo Sacchi - Mer, 17/09/2014 - 09:41 (Il Giornale)




Si chiama Eia Eia Alalà ed è in libreria da oggi. Se non bastasse il titolo (a caratteri cubitali rossi in stile molto littorio), ci pensa il sottotitolo a spiegare che cosa si può trovare in questo volume (Rizzoli, pagg. 378, euro 19,90) a firma Giampaolo Pansa: Controstoria del fascismo. Pansa infatti, usando l'artificio del romanzo - «a me il lettore piace acchiapparlo per la coda, non annoiarlo a colpi di saggio» - mette i puntini sulle «i» della storia italiana della prima metà del '900 per spiegare che cosa sia stato e come sia nato il Ventennio mussoliniano. Il suo espediente narrativo è partire dalla sua terra e raccontare attraverso le vicissitudini del possidente terriero Edoardo Magni (personaggio di fantasia, ma nel libro ce ne sono molti realmente esistiti) come l'Italia sia diventata, convintamente, fascista. E lo sia rimasta a lungo. Non c'è bisogno di dire, viste le scomode verità venute a galla con i suoi precedenti libri (a partire da Il sangue dei vinti ) e il tema, che la polemica è garantita. E che qualche gendarme della memoria, per usare un'espressione dello stesso Pansa, avrà qualcosa da dire.
Dunque, Eia Eia Alalà. L'urlo di una generazione?
«Non sai quante volte l'ho sentito gridare quando ero bambino ed ero un Figlio della Lupa. Ho anche una foto in cui, piccolissimo, facevo il saluto romano, davanti al monumento ai Caduti. Non ho fatto in tempo a diventare balilla, però. Il regime è caduto prima. E per quanto in casa dei gerarchi sentissi dire peste e corna. Il sottofondo della vita degli italiani era quello lì».
Per questo l'hai scelto come titolo?
«In parte, volevo anche un titolo che cantasse. Che rendesse l'idea di quello che a lungo il regime è stato per gli italiani. L'avventura del fascismo è stata legata all'idea di vincere, di migliorare il Paese. Rende l'idea di quella giovanile goliardia che affascinò molti. Un fascino che iniziò a incrinarsi solo con le orribili leggi razziali e crollò definitivamente solo con gli orrori della guerra».
Non molti hanno voglia di ricordare che il fascismo ebbe davvero una presa collettiva. Tu invece questo lo racconti nel dettaglio...
«Ho voluto fare un racconto senza il coltello tra i denti. Che cosa rimprovero io a storici, anche molto più bravi di me che di solito scrivono su Mussolini? Ma di avere una partecipazione troppo calda, schierata. Io, anche grazie all'invenzione di un personaggio come Magni, invece ho cercato di fare un racconto neutrale. Per chi c'era è un'ovvietà che il fascismo ebbe un consenso di massa. Tutti erano fascisti tranne una minoranza infima. Gli antifascisti erano una scheggia microscopica rispetto a milioni di italiani. Gli italiani ieri come oggi volevano solo un po' di ordine... E Mussolini glielo diede. Ai più bastò».
Tu attribuisci molte responsabilità ai socialisti che favorirono involontariamente il successo del fascismo, regalandogli il potere... A qualcuno verrà un colpo!
«La guerra perpetua tra rossi e neri creava sgomento. Gli scioperi nelle città, ma soprattutto nelle campagne crearono il caos... Si minacciò la rivoluzione senza essere capaci di farla davvero. Si diede l'avvio alle violenze senza calcolare quali sarebbero state le reazioni. E per di più, esattamente come la sinistra attuale, i socialisti erano perpetuamente divisi. Pochi capirono quanto fosse grave la situazione. Tra questi Pietro Nenni, il quale a proposito della scissione comunista del 1921 scrisse: A Livorno è cominciata la tragedia del proletariato italiano».
Però qualche responsabilità la ebbe anche la borghesia italiana, o no?
«Noi non avevamo la tradizione liberale di altri Paesi. Ed eravamo in una situazione economica terribile che a tratti mi ricorda quella di oggi. C'erano dei partiti-casta in cui la gente non si riconosceva e lo scontro tra ceti (o classi) era alle porte... Il nero è nato dal rosso, la paura ha fatto allineare gli italiani come vagoni ferroviari dietro a Mussolini. Non per obbligo, nonostante le violenze degli squadristi. Sono stati conquistati dalla grande calma dopo la marcia su Roma. L'italiano dei piccoli centri, delle professioni borghesi, voleva soltanto vivere tranquillo. Avuta la garanzia di una vita normale e dello stipendio a fine mese, di chi fosse a palazzo Chigi o a palazzo Venezia gli importava poco».
Qualunquismo?
«L'Italia continuava a essere soprattutto un Paese agricolo. Lo sciopero agrario del 1920 rischiò di paralizzare la campagna. Le leghe rosse impedendo la mungitura, nel libro lo racconto, minacciarono di far morire le mucche... Da lì nacque un fascismo virulento e tutto particolare che poi si prese la rivincita. Il fascismo è stato il ritratto di gruppo degli italiani. C'era dentro di tutto. C'erano molte forze vitali e diverse. Poi il criterio dell'obbedienza cieca, pronta e assoluta che tanto propagandava Starace fece sì che nel cerchio di persone più vicine al Duce si andasse verso una triste selezione al ribasso».
In Eia Eia Alalà descrivi la parabola triste di molti fascisti «diversi».
«La scollatura tra italiani e regime iniziò con le leggi razziali, non prima. Lì inizio il male assoluto, la vergogna. Una delle figure più tragiche del libro è Aldo Finzi. Di origine ebraica, aviatore, fascista della prima ora, poi messo ai margini e fucilato alle Fosse Ardeatine. Poi è arrivata la guerra e la rimozione di massa».
Ma davvero vedi così tante assonanze tra l'oggi e l'avvento del fascismo?
«È possibile non vederle? L'unica variante è il terrorismo internazionale. Ed è una variante peggiorativa».




Magdi Allam: l’Italia può essere islamizzata? Il pericolo c’è e vi spiego come affrontarlo

di Priscilla Del Ninno/gio 18 settembre 2014/12:07 (Il Secolo d’Italia)


Il Califfato d’Italia nel 2015: provocazione letteraria, teoria fantascientifica o realtà futuribile? Sicuramente è lo spunto servito a Pierfrancesco Prosperi, noto autore italiano di fantascienza, per ultimare l’ultimo capitolo di una trilogia di romanzi fantapolitici inaugurata nel 2007 con il profeticamente inquietante La moschea di San Marco. Proseguita nel 2009 con La Casa dell’Islam, a cui quest’anno si aggiunge l’antologia Il futuro è passato. La sottile trama nera che collega i tre volumi è chiaramente la minaccia islamica che, nel terzo appuntamento editoriale, arriverebbe a concretizzarsi con la nascita di un Califfato d’Italia già nella prossima primavera. Un’ipotesi possibile? Lo abbiamo chiesto a Magdi Cristiano Allam, giornalista e scrittore egiziano naturalizzato italiano.
«Occorre – ci ha detto – fare due considerazioni fondamentali, la prima di tipo sociale, la seconda di matrice storica. Partiamo dunque da un dato rigorosamente demografico secondo il quale gli italiani registrano ad oggi il triste primato del più basso tasso di natalità in Europa, così come l’Europa, intesa come Unione Europea, accusa il più basso tasso di natalità nel mondo. Una verità tradotta in termini percentuali: 1,2% il tasso di natalità italiano, rispetto all’indice del 2,1% necessario per garantire l’equilibrio demografico. Potendo invece gli immigrati, soprattutto gli immigrati di fede musulmana, contare su un tasso di natalità molto più elevato, non possiamo non tener conto di una sproporzione che rischia di diventare determinante. Una differenziazione già teorizzata peraltro nel recente passato da diversi esponenti politici – dall’allora presidente algerino Boumédiène a Gheddafi – i quali in diverse occasioni hanno pronosticato come, a loro detta, l’islamizzazione dell’Europa sarebbe avvenuta grazie al ventre delle donne musulmane. Detto ciò credo che, in particolare in Italia, siamo ancora lontani da questa prospettiva.
E la seconda considerazione?
Riguarda invece un detto attribuito a Maometto secondo il quale, dopo Costantinopoli, anche Roma verrà islamizzata. Per i musulmani l’islamizzazione di Roma, ossia del centro della cattolicità, del cristianesimo, è considerata come un dato certo di là da venire. E come dicevo poco fa, magari anche pacificamente, semplicemente attraverso l’andamento demografico. Non è un caso allora se oggi per esempio – come da me riportato nella parte finale del mio libro Europa Cristiana Libera – una figura come Yussef Al Qaradawi, noto telepredicatore della rete televisiva Al Jazeera, oltre che esponente di punta dei Fratelli musulmani, in una sua predica si ritrova ad affermare con chiarezza: «Noi conquisteremo Roma senza ricorrere alle armi». E del resto, infine, anche una celeberrima frase di un esponente islamico turco recita: «Con le vostre leggi (rivolgendosi all’Europa) noi vi invaderemo. Con le nostre leggi noi vi sottometteremo».
Quindi come ci si può difendere?
Sono d’accordo su una considerazione con Papa Francesco: noi oggi stiamo subendo la terza guerra mondiale. E su due fronti principali: quello finanziario-economico e quello del terrorismo islamico globalizzato. Basti pensare che, secondo quanto ha dichiarato il ministro dell’Interno Alfano, abbiamo all’interno dei nostri confini almeno una cinquantina di terroristi islamici con cittadinanza italiana, l’80% dei quali sarebbero italiani convertiti all’Islam: abbiamo il nemico in casa. E allora dobbiamo difenderci, innanzittutto spezzando la catena della predicazione dell’odio che nasce all’interno delle moschee e che, attraverso un pericolosissimo lavaggio di cervello, trasforma le persone in robot della morte operative ovunque.
E oltre che “bonificare” le moschee?
Sul fronte esterno dobbiamo militarmente essere presenti nei centri nevralgici del mondo: bisogna andare in Iraq, in Siria, in Libia, in Nigeria, in Somalia, e combattere e sconfiggere i terroristi islamici. Perché o li sconfiggiamo ora, o ce li ritroveremo dentro casa.
E sul fronte intellettuale, quale potrebbe essere il ruolo degli intellettuali, compreso quello dei sostenitori dell’“islamicamente corretto”?
A loro chiederei semplicemente l’atto di umilità di leggere il Corano, di leggere la biografia di Maometto: non chiedo altro…