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martedì 31 ottobre 2017

369) IL CENTENARIO DELLA RIVOLUZIONE RUSSA D’OTTOBRE



CENT’ANNI FA CON LA RIVOLUZIONE RUSSA D’OTTOBE INIZIÒ IL CICLO DEI REGIMI COMUNISTI, DESTINATI COL TEMPO A TRAMONTARE.


Cent’anni fa, mentre sul fronte italiano della Guerra 15 – 18 ci fu la disfatta di Caporetto, in Russia i Bolscevichi riuscirono a prendere il potere. Nel febbraio del 1917 lo Zar Nicola II era stato deposto e si era insediato il governo provvisorio dei Menscevichi (la minoranza) a cui si contrapponevano i Bolscevichi (la maggioranza). I malcontenti per la Prima Guerra Mondiale e per le sconfitte, unite all’arretratezza dell’Impero Russo e al forte divario tra le classi sociali furono alla base della Rivoluzione. Fu firmata la pace tra Russia ed Imperi Centrali, la quale sancì da parte russa la perdita di vasti territori, che sarebbero divenuti indipendenti a seguito della vittoria dell’Intesa nella Grande Guerra: nacquero Polonia, Lettonia, Lituania, Estonia, Finlandia; anche Ucraina e Bielorussia in un primo tempo divennero liberi, successivamente verranno inglobate nel nuovo stato sovietico. Nel 1922, al termine della Guerra Civile Russa tra rivoluzionari e controrivoluzionari, quest’ultimi erano sostenuti dai grandi stati occidentali, nacque l’Urss (Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche) e Lenin ne divenne il capofila indiscusso. La parola "sovietica/o" deriva da "soviet", cioè i consigli, le asemblee, che erano alle fondamenta della citata nuova nazione di allora. L’eco di quella rivoluzione si diffuse nel resto d’Europa ma non riuscì a propagarsi in modo vittorioso. Il nuovo stato sovietico avviò il programma della collettivizzazione e della statalizzazione, abolendo la grande proprietà privata, attuando così le idee di Marx ed Engels. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, oltre all’Unione Sovietica, molte altre nazioni divennero comuniste a tutti gli effetti: l’Europa orientale, la Cina ed altre nazioni asiatiche, Cuba. 


Se il socialismo reale avesse funzionato oggi tutti quei regimi comunisti sarebbero ancora in piedi e molte altre nazioni avrebbero intrapreso quella strada, invece quelle forme di governo sono cadute da un bel pezzo: nella stessa Russia e un po’ ovunque. Si parlava di giustizia sociale, di uomini tutti eguali, senza appartenenza di classe, e poi c’erano coloro che si ritenevano superiori, ovvero i capi delle dittature comuniste, e se qualcuno osava contestarli o criticarli finiva incarcerato o finiva al patibolo. Uguaglianza significa mettersi al paro di tutti gli altri ed accogliere contestazioni e giudizi; libertà vuol dire accettare più partiti, non imporne uno soltanto. Comunque il divario tra i dirgenti del partito e il comune popolo, nel possesso e nel tenore di vita, era molto elevato. Complessivamente le vittime del comunismo, nei suoi lunghi decenni, furono circa 100 milioni, divisi tra Urss, Europa, Cina, Vietnam, Cambogia, Africa, America Latina. Stalin ebbe la fama di maggiore carnefice. Uno che viveva in condizioni di vita disagiate, al’inizio era lieto di accettare quelle teorie, convinto che sarebbe arrivata la tanto sospirata giustizia sociale, col tempo però capiva che non era tutto oro quel che luccicava. Ammetto che le maggiori responsabilità dell’affermazione e della diffusione dell’ideologia marxista fu dovuta all’egoismo delle classi nobili, borghesi, spesso anche clericali, che detenevano il potere in buona parte del mondo del passato, che pensavano principalmente ai propri interessi e non si curavano del popolo e dei suoi bisogni. L‘Unione Sovietica conobbe uno sviluppo economico, divenendo la seconda potenza del mondo, dopodiché pagò lo scotto di quelle trasformazioni poggiate su piedi d’argilla, subendo delle crisi negli anni 1980, nell’economia e in politica, che la fece implodere e finire. I partiti comunisti d’occidente risentirono di quegli eventi, perdendo notevoli consensi; gli stessi si resero conto del fallimento del socialismo reale e cambiarono nomi e simboli. I loro esponenti, i loro militanti, oggi sono in gran parte benestanti, rappresentano la nuova borghesia. I pochissimi regimi comunisti di oggi ancora in vita si dividono in due categorie: quelli che si sono aperti al libero mercato e sono più progrediti e quelli vecchio stile, più arretrati.  

domenica 22 ottobre 2017

368) DIFFERENZE TRA LE VITE DI OGGI E DI IERI



LA SOCIETÀ DI OGGI È MOLLE, MA C’È QUALCHE ECCEZIONE E SI ASSISTE AD UNA CONTROTENDENZA PER LA CRISI. LA SOCIETÀ DI IERI ERA FORTE: TUTTI ERANO ABITUATI ALLA VITA DURA, DAL LAVORO, DALLE MALATTIE ALLA GUERRA. IL CASO DELL’ITALIANO CHE COMBATTE L’ISIS, CHE PER ASSURDO È INDAGATO DALLA MAGISTRATURA. 

Fino a qualche anno fa, prima della crisi economica, sentivamo spesso dire che i giovani erano molli, erano da sempre abituati alla vita comoda, ad avere tutto e non volevano adattarsi. Si facevano e ancora si fanno discorsi moralisti del genere: “questi ragazzi d'oggi non hanno voglia di rimboccarsi le maniche ed adattarsi, preferiscono stare sulla sedia col cellulare, nell’attesa che il campanello suoni e li portino in Ferrari a lavorare in banca, al ministero o in qualunque ufficio.” Si elogiavano gli anziani genitori che da una vita si spaccavano la schiena con dei lavori duri ed umili per mantenere i figli nullafacenti, ingrati e che facevano finta di studiare. Si toccava altresì il tasto migratorio: “abbiamo bisogno di manodopera estera, ci andassero questi giovani a fare quei lavori!” Il cantante Povia nel suo brano “Immigrazia”, in cui non ce l’ha con l’immigrato ma col sistema che vuole imporre un neoschiavismo per fini elettorali, approfittando della debolezza delle generazioni di oggi, e per far aumentare il Pil, afferma che una volta i figli crescevano duri perché i loro padri erano duri, mentre oggi crescono molli perché siamo tutti molli e dei versi della canzone recitano: “….mentre tu fissi il lampadario, ti fregano il salario,…., mentre tu stai sulla sedia, l’immigrato lui s’insedia….”  

A condizioni di lavoro accettabili i ragazzi farebbero tutti i tipi di mestiere. Dipende anche dalle condizioni economiche o dalla volontà della famiglia d’origine del giovane: se uno proviene da una famiglia con problemi economici è chiaro che dovrà cercare tutti i lavori senza far tanto lo schizzinoso, mentre se appartiene ad una famiglia benestante, se la sua famiglia glielo consentirà, egli potrà trovare con calma il lavoro che più si addice alle sue aspirazioni. Se uno potesse scegliere se avere un’occupazione manuale ben retribita ed essere vicino casa, piuttosto che svolgere una mansione superiore in una distante località e fare il pendolare con tutte le problematiche che ne derivano, non è detto che scelga la seconda soluzione. Oggi assistiamo a qualche lieve segnale di controtendenza, a causa della crisi economica ed occupazionale: giovani e meno giovani sono costretti a cercare, spesso senza riuscirci, tutti i mestieri a disposizione e se non trovano emigrano (L’emigrazione sarebbe stata molto superiore in questi decenni se non fossero stati creati i maggiori centri occupazionali del nostro territorio: Latina, Aprilia, Cisterna, che si allargò notevolmente grazie alla bonifica, Pomezia, Colleferro, Guidonia. E chi fondò quelle città?) Alcuni dei privilegiati, di quelli che non conoscono crisi e che prima facevano quelle paternali perbeniste, citate pocanzi, oggi se le rimangiano: infatti qualche volta disdegnano coloro che trovano qualche lavoro al di sotto dei loro precedenti mestieri o delle loro aspirazioni. Anni fa ero in una frazione di Civitavecchia: c’era una coppia che stava per sposarsi ed aveva un bar e un locale che fungeva da pizzeria; una sera involontariamente li sentii che discutevano animatamente tra loro e alla fine lei concluse bruscamente verso di lui con: “sei un comune pizzettaro!” Questo per dire che nelle persone interiormente si possono trovare delle caratteristiche diverse dalle apparenze.

Questi discorsi fatti finora non si addicono alla società italiana pre – boom economico, nella quale la maggioranza dei cittadini era costretta a svolgere i lavori più faticosi per cercare di campare, non sempre dignitosamente. La tecnologia che c’è oggi e che riduce la fatica fisica, nella prima metà del ‘900 era alle prime armi e la collettività non ne usufruiva pienamente. Perciò tutti erano abituati a faticare e a tribolare; anche la mortalità giovanile era elevata, per cui quando arrivano le frequenti guerre non era tutto quel dramma che ci sembra a noi che siamo fragili, perché da sempre abituati a questa società. Mi spiego meglio: non è che gli uomini del passato fossero felici di andare a combattere e a morire, erano molto più preparati di noi ad affrontare quei drammi, perché cresciuti in una società in cui erano abituati a penare. In dei raduni militari mi è capitato di ascoltare le testimonianze di alcuni reduci della Seconda Guerra Mondiale e della Battaglia di El Alamein; gli stessi dicevano di essere fieri di aver servito i loro reparti e che noi difficilmente avremmo capito la loro tenacia e loro caparbietà di allora. Sono i valori patriottici di un tempo, oggi scomparsi dalla nostra società, non propriamente del Fascismo ma della stato liberale precedente nato dal Risorgimento.
Oggi non ci sono folle oceaniche di giovani italiani, di giovani occidentali, che scelgono di combattere per una giusta causa, eppure qualcuno se ne trova. C’è un italiano che combatte in Ucraina contro i russi, tuttavia il caso più eclatante è quello di Karim Franceschi (nato a Casablanca da padre italiano e da madre marocchina), il quale da qualche anno combatte l’Isis in Iraq al fianco dei Curdi. Egli ha effettuato questa scelta di vita, dopo aver servito l’Esercito Italiano per tanto tempo, perché intelligentemente pensa che se lo Stato Islamico non verrà fermato gli attentati in Europa non cesseranno e un giorno il califfato arriverà a casa nostra. Lo stesso ha altresì avuto l’amara sorpresa di essere indagato dalla magistratura italiana: combatte per proteggerci ed ha delle grande giudiziaria, roba da matti!

mercoledì 11 ottobre 2017

367) GLI ANNI DI PIOMBO, OGGI QUASI DIMENTICATI



DOPO PIÙ DI SETTANT’ANNI ANCORA CI OSTINIAMO A RICORDARE I DRAMMATICI EVENTI DELL’ULTIMA GUERRA MONDIALE COME FOSSERO ACCADUTI IERI, TRASCURANDO LE PROBLEMATICHE ATTUALI. EPPURE DURANTE GLI ULTIMI SETTE DECENNI ABBIAMO VISSUTO ALTRI ANNI TRAGICI, I COSIDDETTI “ANNI DI PIOMBO”, CHE OGGI SONO QUASI CADUTI NEL DIMETICATOIO.

Sono passati settantadue anni dalla fine dell’ultimo conflitto mondiale, tantissimi, ma le rimembranze, che sono state trasmesse da chi l’ha vissuto verso le successive generazioni,  sono indelebili, tanto da collocarle nel passato recente. Oggi sono scomparsi quasi tutti coloro che vissero quel conflitto in età adulta, mentre ci sono ancora molti testimoni che vissero quella guerra nella fanciullezza e nell’adolescenza. Tra quelli che non la ricordano o che non l’hanno vissuta si scatenano animate discussioni ed animati dibattiti con discorsi tipo: “le colpe furono di quelli!; ma se le guerre in quel periodo erano la prassi!; i partigiani hanno liberato la nazione!;, no sono stati gli angloamericani, ma anch’essi si macchiarono di crimini con i bombardamenti!; le stragi naziste si, ma ci sono state anche le stragi partigiane e così via.“ Quel conflitto fu senza dubbio un'immane tragedia, non lo nego, è bene ricordarlo ogni tanto, onorando chi perì, civili e militari, ma sarà meglio non fossilizzarsi troppo su argomenti e su ideologie morti e sepolti, fuori tempo e fuori luogo. Noi ci scaldiamo tanto per dei fatti di tanto e tanto tempo fa e intanto ci sfilano la terra sotto i piedi, si preparano attentati, eccetera. Dopo settant’anni ancora si mettono delle lapidi per onorare i deceduti di quella guerra, è giusto, ma che senso ha farlo oggi se non lo fecero a suo tempo quando il ricordo era freschissimo? Quelli della Bosnia, del Libano, della Siria, sentendo quei discorsi, si faranno delle risate amare, dicendo: “voi parlate della guerra attraverso i libri di storia e i ricordi delle persone anziane, noi l’abbiamo vissuta sulla nostra pelle!” Non abbiamo avuto delle guerre vere e proprie da settantadue anni a questa parte, è vero,  ma altri tipi di violenze ed altri tipi di guerriglie si.

A parte le guerre di mafia, che riguardano esclusivamente alcune regioni d’Italia e che si perdono nella notte dei tempi, l’intera nazione italiana ha attraversato un periodo drammatico e violento tra la fine degli anni 1960 (dopo le contestazioni del ’68 e l’autunno caldo) e gli inizi degli anni 1980, che fu battezzato con l’appellativo di Anni di Piombo” ed ebbe il suo apice nella seconda metà degli anni 1970 (il 1977 fu l’anno in cui le situazioni violente si impennarono vertiginosamente). In quel periodo gli estremisti politici di tutti gli schieramenti (rossi, neri, anarchici ed altri) commettevano attentati terroristici, omicidi mirati, si scontravano in piazza e nelle università. Secondo alcuni scrittori l’origine del terrorismo sarebbe da attribuire ad un tentativo di colpo di stato: il cosiddetto Piano Solo del 1964.  Ecco alcune delle più note sigle terroristiche: Gap, Nap, Pac, Br, Nar, Nuclei Armati per il Comunismo, Ordine Nuovo, Ordine Nero, Terza Posizione, Avanguardia Nazionale. La Seconda Guerra Mondiale fu senza dubbio molto più drammatica, ma gli anni di piombo non sono stati da meno. Rispetto alla guerra, negli anni di piombo la gente comune, le cui condizioni economiche e sociali erano profondamente cambiate dal conflitto, fu coinvolta solo in minima parte, principalmente nelle stragi nelle piazze, nelle stazioni, nei treni; quasi tutti i delitti commessi erano mirati: riguardavano i politici, i giornalisti, gli iscritti ai partiti (in particolare i missini) e gli appartenenti alle forze dell’ordine. I martiri di quest’ultima categoria provenivano in maggioranza da famiglie povere, mentre gli assassini, che facevano della militanza proletaria la loro bandiera, appartenevano a famiglie agiate, erano dei figli di papà. 


 Immagine icona degli Anni di Piombo scattata a Milano in Via De Amicis il 14 maggio 1977: un terrorista uccide un vicebrigabiere

Molti terroristi ripararono all’estero per sfuggire a delle condanne certe ed addirittura alcuni stati li hanno protetti per anni ed ancora li proteggono; se ne parla anche in questi giorni: è il caso di Cesare Battisti, che scandalosamente fa la bella vita protetto dal Governo Brasiliano, anziché marcire in qualche prigione dello Stato Italiano per i suoi cinque omicidi.  L’organizzazione terroristica più famosa fu senza dubbio quella delle Brigate Rosse, che, tra le molte azioni eclatanti, riuscì a rapire ed a uccidere lo statista democristiano Aldo Moro nella primavera 1978. L’avvenimento più violento e sanguinario fu la strage alla Stazione di Bologna nel 1980. Mentre per alcuni attentati furono condannati dei terroristi di destra, altre stragi ebbero dei processi andati a vuoto, rimanendo senza colpevoli, e si seguirono delle piste alternative oltre a quelle ufficiose: mafia, terrorismo palestinese, loggia massonica P2. Si parlava di “strategia della tensione”, ovvero la destabilizzazione del paese che doveva portare ad una svolta autoritaria. Qualche maligno avvalora la tesi delle stragi di stato, che servivano per provocare terrore e paure, al fine di isolare le parti politiche estreme, che in quegli anni andavano forte (negli anni ’70 sia Msi che Pci raggiunsero i loro massimi storici in %) per rafforzare i partiti di centro governativi. Infatti dopo il delitto Moro il Pci subì una perdita di voti e terminò il compromesso storico: i governi Andreotti monocolori Dc (1976 – 1979), appoggiati esternamente dai comunisti.  Sono dei grandi misteri di cui pochissimi sanno le risposte certe; anche noi comuni cittadini possiamo aprire dei dibattiti su quel drammatico periodo della nostra storia con documentazioni e ricerche e tireremo le nostre conclusioni. Quello degli Anni di Piombo è un argomento poco dibattuto: invece di stare a fissarsi con l’ultima guerra mondiale bisognerebbe analizzarlo maggiormente.