Sui banchi di scuola e sui mezzi d’informazione mediatici vi hanno parlato sempre del 25 aprile: la lotta partigiana, la guerra di liberazione, le stragi nazifasciste ecc. Hanno fatto bene a narrarvi tutto questo, hanno fatto male a non narrarvi l’altra faccia del 25 aprile: le stragi operate dai partigiani, di cui nessuno si è mai interessato. Uscì il libro “Il Sangue dei Vinti” di Giampaolo Pansa, ha fatto seguito un film, dove è narrato l’altro 25 aprile, occultato per lungo tempo, come fu occultata la strage delle Foibe.
A prescindere dal fatto che tra le forze partigiane aderirono pure forze cattoliche, liberali, conservatrici, monarchiche, non solo formazioni social – comuniste, ma a cosa servì la lotta partigiana? Se non fosse stato per gli angloamericani ancor oggi ci sarebbe la resistenza: i partigiani liberarono le città del Nord Italia quando ormai i tedeschi erano in fuga, erano consapevoli della sconfitta ed erano accerchiati ovunque dall’arrivo delle forze alleate. Perciò risulta falso questo mito dei partigiani che liberarono l’Italia. I crimini commessi in quel periodo dai nazifascisti sono stati terribili ed orrendi, non lo metto in discussione, ma alcuni potevano essere benissimo evitati, come alle Fosse Ardeatine ad esempio: dopo l’occupazione tedesca di Roma gli occupanti affissero dei manifesti, in cui si diceva che per ogni morto tedesco in eventuali attentati avrebbero pagato con la vita dieci civili italiani. Allora perché gli attentatori di Via Rassella misero le bombe? Come allo stesso modo furono compiute altre rappresaglie ai danni di civili per degli inutili attentati e agguati. Ma è anche vero che alcune stragi nazifasciste avvennero senza motivi.
Nessuno ha mai parlato degli stermini compiuti dai partigiani sui civili, senza apparente motivo: soprattutto vecchi, donne e bambini, soltanto perché erano sospettati di essere amici di fascisti, vennero trucidati dopo il 25 aprile. Ci si stava preparando alla rivoluzione proletaria di stampo sovietico, ogni potenziale avversario andava eliminato, perfino i partigiani che non erano social – comunisti. Il triangolo della morte in Emilia Romagna è la zona maggior incriminata per le stragi operate dai partigiani. Nessuno si è mai interessato dei combattenti della Repubblica di Salò: non erano mostri, erano persone come tutte le altre, che per legge dovevano rispondere alla chiamata alle armi, operando una scelta di vita; si scontravano in una guerra civile sia con le bande partigiane al nord, sia con i connazionali del Regno del Sud al fronte. Quei combattenti hanno data la vita per una causa che ritenevano giusta, avevano delle persone, familiari e conoscenti, che li amavano e che non hanno neanche potuto avere un luogo dove piangerli: infatti i caduti della RSI non erano degni di entrare nei cimiteri, venivano ammassati nelle fosse comuni. La Repubblica di Salò reclutava anche personale femminile nelle forze ausiliarie: molte di queste ausiliarie furono barbaramente violentate e trucidate dopo il 25 aprile.
Il giorno 25 aprile deve essere il giorno del ricordo per i tutti i caduti di ogni parte, in cui bisogna ricordare tutti gli eccidi, sia nazifascisti sia partigiani, senza dimenticare che a differenza del 4 novembre, quando si ricorda una vittoria, in questo caso si rimembra una sconfitta: questo dovrà essere il nuovo senso di questo giorno e non dovrà essere a senso unico come lo è stato finora. Ma se si fossero aspettati gli angloamericani buoni, buoni, nel periodo tra l’8 settembre 1943 e il 25 aprile 1945, molte stragi sarebbero state evitate, non solo quelle naziste e fasciste, ma anche quelle del dopoguerra, quando si cercò perlopiù di strappare il nostro paese all’influenza americana e farlo convergere in quella sovietica.




Zoccorso, a Lei famo ricorso ecc.”, piangere per la commozione, era un modo per ringraziare la Madonna per una grazia ricevuta. Come gridare “viva Maria” è un’antica usanza sin dalla notte dei tempi. Ogni paese in passato aveva una banda musicale per ogni evento religioso, civile e delle volte anche per i funerali: la banda musicale in una processione la valorizza e la onora splendidamente, basta che esegua solo inni religiosi durante le pause nelle preghiere; a mio avviso le processioni senza musica sono mosce e troppo tristi. Come i giovani d’oggi imparano a suonare la pianola, la batteria, la chitarra, un tempo i bambini imparavano a suonare gli strumenti a fiato per accedere alla banda del paese e per qualcuno di loro poteva esserci occasione di riscatto sociale: mio padre, ad esempio, ebbe l’occasione di entrare al conservatorio di Santa Cecilia in Roma, di diplomarsi, di fare carriera musicale insieme ad altri, perché visto che c’era stata la guerra molti musicisti erano morti, ne servivano degli altri ed era più facile entrare nei conservatori, così i direttori delle bande musicali di Cori e Giulianello, De Rossi e Marchetti, segnalavano i bambini, gli adolescenti più bravini. Oggi sono sparite quasi tutte le bande musicali paesane, tranne qualcuna, e per commemorare gli eventi importanti, civili e religiosi, si ricorre molte volte agli sbandieratori nostrani ma non sono la stessa cosa.