NEL 1746 A GENOVA, NEL QUARTIERE DI PORTORIA, UN BAMBINO SOPRANNOMINATO “BALILLA”, TIRÒ UN SASSO CONTRO UN SOLDATO AUSTRIACO INVASORE CHE SCATENÒ LA RIVOLTA CITTADINA. COSÌ NACQUE QUEL MITO IN FUNZIONE PATRIOTTICA E RISORGIMENTALE, ANCHE PER I BIMBI.
Il termine “Balilla” in dialetto genovese significa monello ed era l’appellativo dato al bambino di dieci anni Giovan Battista Perasso. Nel dicembre 1746 una colonna di soldati austriaci che occupavano la città attraversarono il quartiere di genovese di Portoria: un pezzo di artiglieria rimase impantanato nel fango e gli austriaci chiesero al popolo di aiutarli a tirarlo fuori. Nel frattempo Balilla con una pietra in mano chiese ai suoi concittadini: “Che l'inse”. Ovvero: “La rompo? La facciamo finita?”. La risposta fu “Insila Balilla!” (“Rompila!”). Così Ballilla tirò il sasso contro un soldato austriaco e lo centrò in piena fronte; dopo di lui anche gli altri genovesi lanciarono delle pietre contro gli invasori, costringendoli a ritirarsi. Nacque quel mito che accese la lunga guerra che porterà all’Unita d’Italia; un verso dell’odierno Inno Nazionale Italiano recita: “i bimbi d’Italia si chiaman Balilla”. Col passare dei decenni e dei secoli la parola “Balilla” divenne sinonimo di coraggio, di patria, d'italianità e fu portata come esempio ai bambini che sin dalla tenera età dovevano impegnarsi nel loro piccolo ad amare l'Italia in attesa di divenirne i valorosi difensori in età adulta. Poi arrivò il Fascismo che con la sua “Opera Nazionale Balilla” coordinava l’educazione degli italiani dalla nascita alla morte. I maschi nascevano “Figli della Lupa”, poi divenivano appunto “Balilla”, “Balilla moschettieri”, “Avanguardisti”, in età adulta “Giovane Fascista” e “Camerata”. Le femmine erano “Figlie della Lupa”, “Piccole Italiane” e “Giovani Italiane”. L’inno dei Balilla era “Fischia il sasso” che parlava della storia del piccolo patriota genovese e che doveva essere da esempio per tutti i bambini italici. In quel celebre inno non mancavano altri riferimenti ad altri bambini soldati eroi, in particolare del periodo risorgimentale: i siculi “picciotti” che si unirono a Garibaldi e i sardi tamburini descritti nel “Libro Cuore”. Segue il filmato del "Giornale d'Italia" con quell'inno e le spiegazioni, mentre la fotografie del piccolo lupetto all'inizio proviene da Trieste: molto probabilmente si tratta del figlio di un collega finanziere di mio nonno, sul retro c'è una dedica in cui si specifica che è un piccolo lupetto tesserato.
FISCHIA IL SASSO
Fischia il sasso, il nome squilla/del ragazzo di Portoria/e l'intrepido Balilla/sta gigante nella storia./Era bronzo quel mortaio/che nel fango sprofondò/ma il ragazzo fu d'acciaio/e la madre liberò.
Fiero l'occhio, svelto il passo/chiaro il grido del valore./Ai nemici in fronte il sasso/agli amici tutto il cuor. [2 volte]
Su lupatti, aquilotti/come sardi tamburini/come siculi picciotti/bruni eroi garibaldini./Vibra l'anima nel petto/sitibondo di virtù/Dell'Italia il gagliardetto/e nei fremiti sei tu.
Fiero l'occhio, svelto il passo/chiaro il grido del valore./Ai nemici in fronte il sasso/agli amici tutto il cuor. [2 volte]
Siamo nembi di semente,/siamo fiamme di coraggio:/per noi canta la sorgente,/per noi brilla e ride maggio./Ma se un giorno/la battaglia/agli eroi si estenderà/noi saremo la mitraglia/della Santa Libertà.
Fiero l'occhio, svelto il passo/chiaro il grido del valore./Ai nemici in fronte il sasso/agli amici tutto il cuor. [2 volte]
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