Nelle ultime
settimane ci sono state sia delle polemiche, sia degli elogi alla compagnia di
navigazione “Tirrenia – Moby” che sceglie prevalentemente personale italiano
che le costa di più, rispettando le regole a suo tempo stipulate. Da questo
spunto si possono aprire delle discussioni sulla manovalanza italiana o
straniera: spesso prevale la seconda perché, come si dice da tempo, gli italiani scansano alcuni lavori, oppure perché è a basso costo?
Beppe Grillo dal suo sito spiega le ragioni della “Tirrenia – Moby”,
prendendone le difese.
Siamo un popolo di navigatori, disoccupati
di Beppe Grillo –
Nel 1998 fu
varata una legge (30/98) che consentiva alle società armatrici la
quasi totale defiscalizzazione e
la totalità degli sgravi Inps e Irpef per i marittimi imbarcati.
Vi sembra strano?
Non lo è, perché la legge a suo tempo fu approvata per favorire la piena
occupazione, specialmente al sud, nel settore marittimo, con vincolo di
personale interamente italiano o comunitario. Esisteva anche una deroga
ministeriale in favore di personale extracomunitario, ma soltanto nei limiti di
1/3 dell’equipaggio.
Nel corso degli
anni però, in seguito a modifiche della legge e con accordi sindacali
mirati, gli armatori hanno
ignorato l’obbligo di imbarcare marittimi italiani e hanno
iniziato ad imbarcare personale extracomunitario, anche in numero superiore
all’originario limite di 1/3, con rapporto di lavoro “regolamentato dalla legge
scelta dalle parti”. Al lavoratore extracomunitario viene così applicato
l’accordo sindacale del suo Stato di provenienza: in questo modo si abbattono notevolmente i costi
rispetto ad un marittimo italiano.
Il datore di
lavoro mantiene quindi le stesse esenzioni fiscali previste per il personale
italiano o comunitario. A questo aggiungiamo anche il problema dei corsi di
formazione per acquisire il libretto di navigazione: in Italia il costo ammonta
a circa 2mila euro, gli extra comunitari invece possono conseguirlo nel loro
paese di origine con pochi euro.
Il quadro è
chiaro ed è questo: totale
penalizzazione dei lavoratori italiani, fino a farli scomparire dalle navi
battenti bandiera italiana, ed innalzamento dello sfruttamento lavorativo da
parte di società armatrici che imbarcano extracomunitari con salari da fame,
gestiti da società di manning, con sede, il più delle volte, in
paradisi fiscali, senza alcun contratto diretto con il singolo lavoratore!
Per farvi avere
una idea più chiara dei costi: un marittimo italiano può guadagnare al netto da 2000
a 5000 euro circa, a seconda del ruolo.
Un marittimo extracomunitario è sottopagato, arriva a percepire circa da 300 a 700 euro al mese.
Vincenzo
Onorato, armatore partenopeo, si sta battendo anima e cuore per salvaguardare i
diritti dei nostri marittimi.
La sua campagna di comunicazione a favore dei marittimi italiani, ha generato,
nei poco informati, un turbinio di polemiche e illazioni senza senso. Ogni
giorno Onorato si scontra contro questa realtà paradossale, a vantaggio
soltanto degli armatori, che continuano a non pagare le tasse,
beneficiando così della legge 30 del 1998, e non favoriscono altresì
l’occupazione dei connazionali italiani. Sono
infatti più di 40 mila i marittimi italiani disoccupati.
Onorato è stato tacciato dai media di razzismo, di discriminazione becera,
senza mezze misure.
Chi non vuole
vedere la realtà accusa, nascondendosi dietro a questioni razziali.
Condivido a pieno
la battaglia di Onorato e faccio mie le sue parole: chi è il razzista? Chi lascia a casa i nostri
marittimi a fare la fame o chi con sfruttamento selvaggio imbarca
extracomunitari, con salari da fame?
A Febbraio ho
partecipato con Luigi di Maio all’incontro con l’associazione no profit “Marittimi
per il Futuro” a Torre del Greco, perché credo
fortemente che i diritti dei lavoratori vengano prima di ogni cosa. La
cittadina campana è una delle tante città che vive di questo mestiere. Io, che
come loro vengo da una città di mare, conosco la sofferenza di chi con il mare
non può dar da mangiare ai propri figli. Intere generazioni di
padri, nonni, bisnonni, hanno sostenuto le proprie famiglie con uno dei
mestieri più belli e antichi del mondo. Ora, il popolo marittimo di Torre
del Greco, così come in altre città (Ercolano, Castellamare etc…) è
ridotto alla fame, e all’associazione arrivano ogni giorno continue richieste
di aiuto.
La soluzione a
questo quadro è semplice e, come tutte le cose semplici, in Italia diventa
complessa. Aggiungiamo che la politica e il potere delle lobby del settore
frenano ogni tipo di iniziativa a favore dei più deboli.
Se un
armatore italiano vuole mantenere la quasi totale defiscalizzazione
deve imbarcare soltanto marittimi italiani o comunitari, almeno per la
tabella di armamento-sicurezza (il numero legale minimo degli imbarcati a
bordo). Se non accetta, allora paga le tasse come qualsiasi
società italiana.
Ciò comporterebbe
un fortissimo innalzamento occupazionale e, non per ultimo, una maggiore
sicurezza sulle navi (non esiste un report di quale sia il numero
reale di extracomunitari imbarcati sulle navi battenti bandiera italiana).
Siamo un popolo
di navigatori, abbiamo un’esperienza millenaria e il mare è nel nostro dna.
Tuteliamo il nostro immenso patrimonio dell’arte della navigazione.
Barra a dritta e
avanti tutta!
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