bandiera

bandiera

martedì 20 luglio 2021

473) CIAO A MARIO CECCHI (PAOLONE)

CON LA SCOMPARSA DI MARIO CECCHI (PAOLONE) SE NE VA BUONA PARTE DELLA MEMORIA STORICA DI CORI: FU IL CUSTODE DEGLI INNI SACRI ANTICHI, DEI PROVERBI CORESI, DI TANTE STORIE E ANEDOTTI LEGATI ALLA CHIESA, ALL’AGRICOLTURA E ALL’ALLEVAMENTO.


Mario Paolone o Mario jo barbiere è scomparso: sicuramente era il personaggio corese caratteristico più famoso dei tempi recenti. Già da diversi mesi egli sentiva che era arrivato al termine della sua vita. Era simpatico, salutava e cercava di essere amico di tutti, era altresì un tipo parsimonioso, ma non dimentichiamo che la parsimonia è una caratteristica del corese autentico e inoltre uno è libero di fare quello che vuole con i soldi che ha guadagnato onestamente. Il mio pensiero va immediatamente alla processione della Madonna del Soccorso: nel passato recente era l’ultimo dei miracolati che cantava il canto popolare “Viva sempre viva” con quelle poche donne scalze, che si contavano sulle dita, che ancora aprivano la processione e che facevano da coro. Quando ero bambino/adolescente le donne vestite di verde, con grossi ceri in mano, che camminavano scalze, erano un’infinità, cantando continuamente: “eviva sempre viva, la Madonna del Soccorso, a Lei famo ricorso, noi l’andiamo a visitar” Quando arrivavano al Santuario della Madonna usavano cantare: “e siamo appena arrivati, straziati dal dolore…”  Poi quando andavano via: “addio Maria, noi famo partenza……”

Quel canto popolare era un modo di ringraziare la Madonna per coloro che ritenevano di aver ricevuto una grazia. Di solito gli uomini nella processione del Soccorso si mettono sempre dietro al quadro, spesso in giacca e cravatta, subito dopo il sindaco, il maresciallo, il capo delle guardie; a me invece piaceva ascoltare quel canto, per cui in processione mi mettevo sempre a ridosso di Mario e di quelle donne e mi capitava lungo il percorso di sentire qualche anziana signora, che assisteva lungo il bordo della strada sulla sedia a rotelle e con le lacrime agli occhi, che incitava Mario e a non fermarsi nel cantare. Quando ci sarà di nuovo la nostra famosa processione non sarà più la stessa senza il canto caratteristico e un’altra tradizione legata alla religiosità se ne andrà. Io una decina d’anni fa, con la ripresa di alcuni filmati presenti ancora in rete, avevo lanciato un appello alle parrocchie affinché quel canto popolare non sparisse completamente.

Mario era famoso anche per gli antichi proverbi coresi (che non sbagliano mai): infatti quando mi capita di leggerli nelle loro raccolte pubblicate mi viene spontaneo immaginare la sua voce (avranno sicuramente consultato anche lui per effettuare quelle raccolte scritte): da “chi no sòrdo no stima, no sòrdo no vale” a “pe mmète sso’ rano ci óo ciammèlle, vino bbóno e jo serìcchio pella mano”, da “maggio sarìa jo mèglio mese se non fosse pelle spese” a “chi ò bbóno j’arosto guarda la fiamma, chi ò bbòna la figlia guarda la mamma” e molti altri ancora. Quando stavo al comitato della Festa della Madonna era un piacere, per me e per gli altri del comitato, ascoltare i suoi racconti e ricordi legati al mondo della Chiesa, dei vari parroci di Cori Monte, dell’agricoltura, dell’allevamento e delle macère (i muri di sassi che reggono la terra) che sapeva costruire; era inoltre un grande cercatore di funghi commestibili che rivendeva. Ci raccontò anche che stava per sposarsi e soprattutto del miracolo ricevuto, che rendeva lui e sua madre tanto devoti alla Madonna del Soccorso: da ragazzetto rimase col braccio paralizzato per un mese, dopo aver subito un’aggressione da un epilettico, mentre apprendeva il mestiere di barbiere; sembrava destinato a rimanere con quell’infermità quando guarì, dopo che sua madre chiese la grazia.

Qualche volta lo incontravo anche in piazza e nei bar e mi raccontava delle sue prestazioni canore nelle chiese di Cori, tra chi lo apprezzava e tra chi lo boicottava; gli davo, ogni tanto, anche qualche passaggio in automobile. Ai tempi della scuola media, quando ero in compagnia di qualche compagno di allora e passavamo davanti alla sua barberia, qualcuno scherzava chiamandolo per soprannome e lui ci correva dietro (in senso bonario), lanciandoci qualcosa contro e dicendoci: i rancichì, i rancichiti! (non aveva neanche bisogno di domandare il classico "a chi si figlio?", perché conosceva tutti, sapendo chi fossero i genitori, i nonni, tutta la progenie e "la razza") Una volta riuscì a colpirmi al collo con l’acqua e il prof. Pasquali, che ci conduceva in chiesa per la messa del precetto pasquale, si fece due risate. Ricordo che il suo primo cliente della giornata era sempre Gasperino, che quasi tutti i giorni si faceva fare la barba, prima di iniziare il suo lavoro nella banca del Beato Tommaso. Tanti altri ricordi simpatici potrei descrivere, ma è meglio darci un taglio e concentrarsi all’essenziale.

Don Angelo Bonaiuto lascerà Cori tra poche settimane, dopo 12 anni di permanenza, e sarà destinato a guidare la Parrocchia di San Luca a Latina, un’importante e grande parrocchia: se il Vescovo ha deciso così è perché lo ritiene uno dei suoi migliori sacerdoti. Per me non è un caso che al canto del cigno da Cori, uno dei suoi ultimi atti da parroco di Cori Monte sia stato la celebrazione del funerale di Mario Cecchi: ha fatto una bellissima omelia per un personaggio caratteristico di Cori e per un grande frequentatore della sua chiesa e non poteva chiudere in maniera più degna la sua avventura corese. Mi piace immaginare che le “maddonnàre” che sono andate via prima di Mario, lo hanno accolto nell’altro mondo col loro canto: “eviva sempre viva”.

Nessun commento:

Posta un commento