SE RINASCERÀ FORZA ITALIA, ALLORA PERCHÉ NON DOVREBBE RINASCERE ALLEANZA NAZIONALE?
Sabato scorso a Roma presso l’Hotel “Parco dei Principi” si sono riuniti gli esponenti delle molte particelle della destra politica italiana guidati da: Francesco Storace per La Destra , Roberto Menia per “Futuro e Libertà”, Adriana Poli Bortone per “Io Sud” e Luca Romagnoli per la “Fiamma Tricolore”. Il loro principale ed ambizioso obbiettivo è la rinascita del disciolto partito di “Alleanza Nazionale”. Mancava solo il Fratelli d’Italia, che a quanto pare non sembra interessato a questo progetto.
La strada per adesso è in salita perché coloro che detengono i diritti dello storico logo diffidano chiunque dal farne di nuovo uso. Se riusciranno nell’intento di far rinascere quel partito che visse tra il 1994 (ma nacque ufficialmente nel 1995) e il 2009 (dal 2008 nella lista unica Pdl) potrà essere un forte richiamo per coloro che si identificano nei valori tradizionali della destra italiana.
Comincia a stufare un sacco questa mania di fondare e rifondare i partiti ogni tre – quattr’anni: personalmente avrei preferito che quel poco di destra che è rimasto nel Pdl continuasse l’esperienza del partito unico, quale grande contenitore e punto di arrivo dalle molteplici varietà dell’intero centrodestra italiano, immettendovi i valori patri e della tradizione, prestando attenzioni alle questioni sociali; ma che cosa posso farci se si sono intestarditi nel chiudere il “Popolo della Libertà” e dalle sue ceneri far risorgere Forza Italia? Io non mi riconosco in FI, che sarebbe solo una parte del Pdl.
Se la componente della vecchia Alleanza Nazionale, i cui candidati alle politiche del 2008 entrarono al 30% nella lista unica, non si fosse defilata un po’ per volta dal Popolo della Libertà, prima col FlI e poi con FdI, mai si sarebbero sognati di rifondare Forza Italia. Il motivo principale della sua rifondazione è stato la perdita dei consensi del Pdl: dovuta principalmente all’astensionismo e alla migrazione verso il M5s e non tanto alle miniscissioni. Credono veramente di recuperare credito col rilancio di un vecchio marchio? Continuiamo a sperare che rimanga un Pdl unito, così come l’abbiamo sempre conosciuto e no che divenga il partito dei governativi o delle colombe, in contrapposizione ai falchi e ai lealisti di Forza Italia; se il partito si spaccherà o si scioglierà allora avremo una valida alternativa nella nuova An.
Tra gli arredamenti della dimora dell’autore del blog figurano delle bandierine, una dell’Italia e l’altra proprio di Alleanza Nazionale: ordinate da un suo parente, insieme ad un portachiavi, nel 1995 al “Secolo d’Italia” e rimaste a lui. Sia le bandierine, sia il portachiavi non sono mai stati accantonati dopo la confluenza di An nel Pdl. L’altro cimelio vicino ad esse e diverso come il giorno dalla notte, è un cappello da cerimonia dell’armata rossa sovietica: acquistato dal proprietario di questo sito per ricordino, durante un viaggio turistico nell’Est (Vienna, Praga, Budapest) nell’estate dello stesso anno.
Alleanza Nazionale sarà un partito di destra e non di centrodestra; per le alleanze si vedrà in seguito. Pur riconoscendo le cose positive del fascismo e condannando quelle negative, ritengo che il passato sia solo storia e necessariamente si dovrà pensare alla destra nella società di oggi e in quella di domani. Se si analizzano tutte le ideologie ed anche quasi tutte le religioni, hanno i loro crimini sulla coscienza e nessuna è immune da colpe. La disciplina fu una cosa importante e deve esserlo tuttora per un militante di destra; ad esempio io non sognerei mai dei tatuaggi e degli orecchini, perché secondo me sono simboli di indisciplina e di poca cura della persona. L’esaltazione dei valorosi difensori della patria è un altro pilastro portante: a tal proposito a dieci anni di distanza dall’attentato di Nassiriya, in cui persero la vita diciannove militari italiani impegnati in una missione umanitaria di pace, rendiamo loro solenne omaggio, ringranziandoli e non dimenticando quello che quegli eroi fecero per tutti noi.
An vola nei sondaggi, in una settimana supera il 6%'I sondaggi vanno sempre presi con le molle, ma diciamo che quello pubblicato da Libero mette di buonumore', cinguetta Francesco Storace
RispondiEliminaAnche i sondaggi confermano che soltanto il simbolo – ma soprattutto la storia valoriale, umana e politica - di Alleanza nazionale può riunire le varie anime della destra italiana. Così, dopo il 3,1% all’indomani della manifestazione del 9 novembre al Parco dei Principi, Arlando Ferrari Nasi per Libero rivela un’altra stima che fa ben sperare: la nuova An raddoppia i consensi raggiungendo il 6,2%. Scende ancora Fratelli d’Italia (0,9%).
“E' accaduto che domenica scorsa si sia riformata la nuova An che, sostengono i promotori, vuole riportare sulla scena poltica il "simbolo di un partito scioltosi quattro anni fa senza essere stato sconfitto alle elezioni e senza avere problemi con la giustizia". Normalmente il nostro istituto non pubblica le intenzioni di voto ai partiti, preferisce concentrarsi su altri tipi di analisi, per ragioni che sono state già spiegate, ma per avere una riprova di quanto potrebbe succedere – scrive il sondaggista - si è fatta un’eccezione. Il risultato è stupefacente. La nuova An al 6%, Fratelli d’Italia neanche all’1%”.
“I sondaggi vanno sempre presi con le molle, ma diciamo che quello pubblicato da Libero mette di buonumore…”, ha cinguettato Francesco Storace.
Anche la portavoce del Movimento Alleanza nazionale, Adriana Poli Bortone, ha commentato il lusinghiero sondaggio: "L'unitá della destra è la risposta piú forte, giusta e credibile alla frantumazione di un sedicente centrodestra litigioso e ormai privo di obiettivi politici chiari, che appare aver trovato una unitá di intenti, di fatto, solo nel mettere ulteriormente in difficoltá il presidente Berlusconi. Al di lá dei sondaggi (un lusinghiero 6,2% al Movimento per AN pubblicato oggi su Libero) e dell'entusiasmo diffuso, che ci incoraggiano giorno dopo giorno, sono convinta che - ha aggiunto l'ex ministro - la destra unita darebbe agli italiani la speranza di poter avere in Europa come in Italia risposte concrete ai problemi dei giovani, del lavoro, dell'impresa, dell'equitá sociale, della sovranitá nazionale. Sarebbe irragionevole non ritrovarsi in un grande soggetto politico multigenerazionale che si riconosca nei valori fondanti della destra".
Insomma, se il buongiorno si vede dal mattino….
G.S
14/12/2013 18:08
RispondiEliminaVogliono assassinare la destra italiana
La Fondazione si arroga decisioni sul simbolo di An con meno di un terzo dei già pochi aventi diritto
La sceneggiata di oggi pomeriggio all'Ergife rappresenta un colpo che spero non sia mortale alla speranza di vedere risorgere la destra italiana.
Con il voto di nemmeno un terzo dei suoi aderenti - che sono un migliaio e 690 avevano rinnovato l'iscrizione - l'assemblea della fondazione An ha approvato una mozione sul simbolo. Per darlo a chi lo ha sbeffeggiato fino ad ora, al punto di averne chiesto l'utilizzo "in toto o in parte". Troppi partitini, avevamo proposto di formare uno solo, la pretesa è stata quella di annetterli ad un unico partitino, come se la nostra storia valesse nemmeno due punti percentuali.
Suggerimento ai furbi: fate sparire quel documento se volete parlare con noi. Facciamo finta che l'assemblea abbia riguardato il patrimonio. Tanto, il Cda si e' ampliato e ogni membro può durare dieci anni, chissà se rinnovabili.... In venti anni tutti fanno in tempo ad invecchiare.
francesco storace
16/12/2013 08:33
RispondiElimina"Non siano arroganti, rispettino la nostra storia"
Il leader de La Destra: 'Il Movimento per An va avanti, il documento della Fondazione non ha alcun valore'
Dopo la riunione della Fondazione An nell’ultimo fine settimana e la cessione del simbolo a Fratelli d’Italia, Francesco Storace torna all’attacco e lo fa con una lunga intervista pubblicata oggi sul quotidiano romano Il Tempo, a firma di Carlantonio Solimene
«Nella mozione è scritto chiaramente che non ci vogliono. Nessuna apertura, solo una finta. In questa "criptodestra" che vorrebbero creare non c’è spazio per chi la pensa diversamente», così esordisce Storace, che poi ribadisce il concetto: «Le porte sono aperte solo a coloro che "non mantengano posizione di contrasto nei confronti della Fondazione". Io e Buonasorte siamo in causa con l’ente per via Paisiello, Buonfiglio è in causa per altri motivi, Romagnoli non ha militato in An dopo Fiuggi. Hanno chiuso le porte».
Insomma, una vera e propria forzatura <col voto di meno di un terzo degli aventi diritto. E poi le Fondazioni non fanno politica, dovrebbero fare cultura. È come se un partito avesse una banca. Fa specie che mentre Letta abolisce il finanziamento pubblico e in piazza c’è il popolo dei forconi, loro si chiudono in un seminterrato per acchiappare un simbolo. È una cosa deludente».
Il Movimento per An comunque va avanti, conferma Storace, che fin da principio si è definiti un semplice militante dello stesso: «In settimana ci incontriamo di nuovo. Prenderemo le decisioni del caso. Non solo legali, anche politiche. Dobbiamo raccogliere le firme per le Europee e creare altri circoli».
Eppure venerdì scorso qualche segnale distensivo c’era stato, con un incontro che Storace dice di aver apprezzato, salvo poi ‘le contraddizioni’ delle ore immediatamente successive: «Per mesi hanno parlato di An come di una "riesumazione", una "minestra riscaldata", una "operazione nostalgia". E poi scopro che la Meloni è entrata nel cda della Fondazione. La leader del terzo millennio che va a chiudersi in un sinedrio di volpi da pelliccia. È una brutta immagine. Era proprio necessario? Non c’era già La Russa? Non si fidava di lui?», chiese e si chiede Francesco Storace, nell’intervista al quotidiano diretto da Gianmarco Chiocci, che si può leggere integralmente cliccando su questo link:
http://www.iltempo.it/politica/2013/12/16/meloni-non-faccia-l-arrogante-an-non-e-una-sua-proprieta-1.1199430
Le “stellette” si danno solo a chi ama davvero la Patria
RispondiElimina☞ Ignazio La Russa del 29 dicembre 2013 ✎ Nessun Commento
Qualcuno informi chi di dovere che in Italia non mancano le richieste di arruolamento nelle Forze Armate e che, anzi, sono troppi quelli che non vedono esaudito il loro desiderio o, peggio, dopo uno o tre anni di servizio e dedizione (anche nelle missioni più pericolose) sono rimandati a casa per mancanza di risorse economiche.
Negli Stati Uniti, invece, la situazione è all’opposto: lì mancano le richieste e si arruolano anche gli stranieri, peraltro selezionandoli con estrema cura. Chi in Italia vorrebbe, senza che ve ne sia la necessità, offrire agli stranieri, attraverso l’arruolamento, un percorso agevolato all’acquisto della cittadinanza, non capisce che chi oggi indossa le stellette non lo ha fatto solo per avere una professione, ma anche perché crede nei valori custoditi dalle Forze Armate, primo tra tutti l’amore per la Patria.
Chi crede che questa sia retorica, parli con i nostri ragazzi e ragazze che hanno fatto davvero qualcosa per la pace e la sicurezza in Afghanistan e nelle altre missioni internazionali. E forse capirà.
Vent’anni fa la nascita di Alleanza nazionale: dal ghetto alla destra di governo. I pentimenti di Fini
RispondiEliminadi Annalisa Terranova
Alleanza nazionale fu tenuta a battesimo vent’anni fa, il 22 gennaio del 1994, con l’assemblea fondativa dei circoli. Il primo atto di un processo che si sarebbe concluso un anno dopo a Fiuggi. L’ambizione era smisurata: passare dal ghetto alla destra di governo, diventare “presentabili”, rottamare le nostalgie, aggregare i moderati non più spaventati dal neofascismo, da Domenico Fisichella a Publio Fiori, da Gustavo Selva a Gaetano Rebecchini. Venne inaugurata una stagione di profonde speranze sotto lo sguardo scettico degli osservatori, per i quali il cambio di nome, dal Msi ad An, rischiava di essere solo un’operazione di restyling. Il primo problema da affrontare era quello dell’eredità del fascismo, un richiamo che aveva consentito al Msi di essere sostenuto sia dai voti di chi si richiamava al sindacalismo rivoluzionario sia dai voti di chi sognava un fronte anticomunista e una restaurazione autoritaria. Nel 1994 però il richiamo al fascismo diventa qualcosa di ingombrante e di anacronistico: la soluzione furono le tesi di Fiuggi che accolsero l’antifascismo nel patrimonio ideale di Alleanza nazionale (la frase di Gianfranco Fini sul “male assoluto” arriverà molti anni dopo, nel 2003, quando le tesi di Fiuggi avrebbero dovuto essere patrimonio consolidato e metabolizzato dalla base di An, cosa che evidentemente o non era avvenuta o era avvenuta solo in parte). Come sempre avviene quando un partito politico pretende di fare i conti con la storia il rapporto di memoria critica instaurato con il fascismo non convinse appieno né all’interno né all’esterno. Memorabile il giudizio di Marcello Veneziani, intellettuale d’area, che parlò di una liquidazione del fascismo “per via urinaria”, come avviene con un calcolo renale. Ma l’urgenza della politica chiamava la destra italiana ad altre sfide, e del resto il superamento del Msi e del suo reducismo produsse effetti inimmaginabili negli anni Ottanta: il dibattito sull’abolizione del 25 aprile, le aperture di Luciano Violante sui ragazzi di Salò, il riconoscimento degli orrori compiuti con le foibe. Sotto l’accorta regia di un politico come Giuseppe Tatarella, da sempre convinto assertore della necessità di allargare verso il centro moderato l’area della destra (una riedizione, in pratica, della strategia dell’ex segretario del Msi Arturo Michelini) la destra italiana ormai postmissina si impegna per rappresentare un valore aggiunto nella coalizione di centrodestra. Quella che nasce con An è davvero una forza politica che guarda al futuro e non più al passato e che intende contribuire ai destini della seconda Repubblica puntando sul meglio dell’elaborazione del vecchio Msi, cioè la grande riforma istituzionale, fondata sull’idea presidenzialista.
Il rapporto con Silvio Berlusconi fu da subito di amore ma anche di diffidenza. Un rapporto dialettico. Il Cavaliere era il responsabile dello sdoganamento dei postfascisti o erano stati gli elettori nel 1993 a dare fiducia e a legittimare i missini nel quadro fluido del post-Tangentopoli? La mancata chiarezza su questo punto ha consegnato all’ambiguità i rapporti tra la destra e Berlusconi, tanto che quest’ultimo potè asserire di avere usato con il neofascismo italiano la bacchetta magica, trasformando le zucche in carrozze… La nascita in An dell’influente corrente di minoranza della destra sociale (guidata da Storace e Alemanno) aveva proprio la funzione di impedire la berlusconizzazione della base aennina, tenendo vivo il richiamo all’anima sociale del Msi. Ma l’omogeneità tra l’elettorato di An e quello di Forza Italia – punto di forza della corrente Destra protagonista impegnata per l’unità delle forze di centrodestra – era nei fatti e fu il substrato del processo che condusse alla frettolosa nascita del Pdl nel 2008 (con le elezioni politiche alle porte). Una tappa cruciale sulla quale Gianfranco Fini, intervistato oggi da Repubblica, recita ancora una volta il mea culpa: “Lo considero il mio errore capitale: non ho capito che la confluenza di An dentro il Pdl avrebbe innescato in Berlusconi l’abbandono di ogni mediazione. Il Pdl doveva essere una risposta al Pd di Veltroni. E’ stato un fallimento”. E anche sui frutti dati da An Fini non è tenero: “Oggi siamo arrivati alla caricatura delle ragioni e dei valori della destra come le intendevo io e, con me, Alleanza nazionale”. Ma la causa di questa nera visione dove va ricercata? Certo appare una scorciatoia far derivare la “decadenza” esclusivamente dalla fusione a freddo tra An e Forza Italia.
RispondiEliminaLa nascita di An vent’anni fa coincise, infine, anche con la profonda trasformazione del movimento giovanile. Il Fronte della gioventù, che aveva nei tempi del Msi rappresentato un’avanguardia critica rispetto al vertice del partito, non potè più assolvere quel ruolo rispetto a una destra di governo che guardava al modello del popolarismo europeo. Se l’infiacchimento del mondo giovanile, con il conseguente abbandono delle piazze, fu uno dei risultati del passaggio dal Msi ad An, il nuovo contenitore giovanile, Azione giovani, continuò a d avere il ruolo di selezionare la classe dirigente. Non a caso Giorgia Meloni, uno dei volti migliori che la destra può oggi mettere in campo, è stata a lungo leader di Ag. Questi ovviamente sono solo appunti a margine di una ricorrenza. C’è da aspettarsi infatti che il ventennale della nascita di An possa aprire una fase di riflessione su un’esperienza politica ancora oggi non conclusa, al di là e oltre la retorica celebrativa. Anche di questo sicuramente si parlerà il prossimo 5 febbraio al Tempio di Adriano a Roma nel convegno che ricorderà la figura di Giuseppe Tatarella (interventi di Alfano, La Russa, Gasparri, Maroni, Mauro, Bocchino). L’occasione per misurare distanze e affinità tra il centrodestra di oggi e quello di allora, dove gli ex missini si muovevano – con entusiasmo e fiducia – ormai pienamente legittimati dopo i decenni vissuti nel polo escluso.