LE NUMEROSE COLONIE MUSULMANE CHE SI INSTALLANO NEI GRANDI E PICCOLI CENTRI, IN PARTICOLARE NELL’ITALIA DEL NORD, FANNO PROSELITI TRA I NOSTRI CONNAZIONALI PRIVI DI IDEE: GLI STESSI SONO TALMENTE PLAGIATI DA SPINGERSI FINO AL MARTIRIO.
Si calcola che siano tra i 50 mila e i 60 mila gli italiani convertiti all’Islam. Di fronte a 60 milioni di italiani (56 residenti in Italia, 4 all’estero) non sono nulla, eppure molti di questi convertiti sono talmente convinti delle loro scelte che sarebbero capaci di farsi saltare in aria in mezzo agli “infedeli” o combattono per lo stato islamico in Medio Oriente, comprese le donne, che scelgono di essere coperte da capo a piedi con una sorta di lenzuolo. Gli arabi più fanatici, in continua ascesa in Europa, non si accontenteranno di avere questi pochi convertiti, continueranno il loro proselitismo, come alcuni hanno dichiarato, venendo intercettati telefonicamente. La Chiesa , che non è più la forte autorità di un tempo, benedice e protegge l’avanzata musulmana, quando invece dovrebbe preoccuparsi, avviando nuove opere di evangelizzazione per impedire che molti battezzati abbandonino la religione italiana. Raramente succede che qualcuno, noto e meno noto, ritrovi la propria fede cristiana attraverso le testimonianze e le storie di alcuni santi, le narrazioni di qualche miracolo o apparizione.
Cosa spinge invece coloro che si fanno affascinare dall’Islam, fino ad esserne totalmente succubi da spingersi sino all’estremo sacrificio? Alcuni anni fa l’allora Presidente del Senato Marcello Pera e l’allora Cardinale Ratzinger affrontarono questi temi nel libro “Senza radici”, in cui si denunciava la volontaria rinuncia dell’Europa ai valori cristiani, con la minaccia dell’integralismo islamico che era, come oggi, in agguato. Pera successivamente lanciò una sorta di allarme, inerente sempre al tema della perdita della propria identità, relativo al “meticciato”. Nei matrimoni misti italiani/islamici sono di più i casi in cui i figli di queste coppie divengono musulmani che cristiani. La Chiesa alla concessione del nullaosta qualche volta cerca di scoraggiare coloro che vorrebbero unirsi in matrimonio con qualcuno/a di un’altra religione. Quando una persona è cristiana per modo di dire non le importa nulla di cambiare culto per compiacere l’altra parte. Le persone comuni solitamente non hanno nulla da ridire se un musulmano fa le preghiere e il ramadan: li tollerano perché pensano che sono in ritardo rispetto a noi; mentre se un loro connazionale italiano dice di digiunare per la quaresima o di recitare il rosario è coperto di irrisioni e di ridicolo. In molti paesini dell’Italia del Nord le percentuali di musulmani sono elevatissime rapportati sul totale della popolazione: le due realtà (autoctoni/islamici) si trovano a strettissimo contatto, per cui qualche nostro compatriota, debole, cresciuto senza idee e senza valori, può trovare nel conoscente islamico, convintissimo della sua fede, motivo di fascino, tanto da farsi coinvolgere totalmente e successivamente di farsi plagiare dagli iman più fanatici, scegliendo di combattere per l’Islam. Ma come si fa a sacrificarsi per una causa di odio, di morte, lontana anni luce da noi, estranea ai nostri valori e alle nostre tradizioni?
Una giusta causa per lottare è difendere il nostro sacro suolo italico, qualora venisse minacciato per stravolgergli il suo tessuto sociale, il suo sangue. Allora bisognerà ripartire ad educare le nuove generazioni all’amor patrio, all’attaccamento ai nostri valori religiosi. Occorrerà, per riscoprire l’orgoglio dell’appartenenza, rivalorizzare la storia (l’Impero Romano, il Risorgimento), la cultura (il rinascimento), le tradizione religiose (le suggestive processioni di ogni angolo d’Italia, con le statue e le icone delle Madonne e dei santi e accompagnate dalle bande musicali). I giovani così ritroveranno la fierezza nel concedere un anno allo stato italiano, il quale li addestrerà per la difesa della patria e di tutti i suoi valori. Io se potessi scegliere tra l’essere povero, faticare ed arrangiarmi da me, conservare il mondo che mi ha sempre circondato (ad esempio: suono delle campane, sagre paesane con porchetta, prosciutto, salsicce, birra, vino) e l’essere miliardario, servito, riverito da domestici extracomunitari, ma quando esco di casa non c’è più quello che mi ha sempre circondato per non offendere gli altri, comprese le carni suine e le bevande alcoliche bandite dal Corano, e trovo un Medio e Lontano Oriente, un Nord Africa in miniatura, opterei di corsa per la prima soluzione. Con un popolo fiero di sé, orgoglioso delle sue radici, delle proprie tradizioni, forte, virile, battagliero, non molle, non timoroso, non manovrabile, gli estremisti islamici troveranno pane per i loro denti e rinunceranno all’islamizzazione di Roma e dell’Italia.
Dossier islam a Torino, la segregazione femminile
RispondiEliminaDi Mario Bocchio, il 19 febbraio 2015
Una Torino sempre più islamizzata e potenziale terreno fertile per la jihad? Se lo chiede, preoccupato, Maurizio Marrone, consigliere regionale e comunale per Fratelli d’Italia.
Che afferma: “Nessuno spazio è lasciato al dibattito e all’approfondimento sull’attuale scena islamica torinese, nessun confronto degli enti locali con Questura e Prefettura a tutela della sicurezza pubblica è stato programmato. Solo retorica, cerimonie ed esibizioni, tra hashtag sui social network e flash mediatici di rassicurazione serviti all’opinione pubblica”.
Prosegue la nostra indagine sull’islam più radicale che prolifera all’ombra della mole.
Feste religiose pubbliche, donne ghettizzate.
A Torino da qualche anno ha preso piede la consuetudine della comunità islamica di organizzare raduni partecipati da migliaia di persone per celebrare ricorrenze religiose annuali in luoghi pubblici, soprattutto presso il Parco Dora, sotto la tettoia della cosiddetta area ex strippaggio.
In particolare la Festa del Sacrificio e la conclusione del ramadan vedono le moschee di Torino organizzarsi per occupare l’area, appositamente concessa dall’amministrazione comunale con i saluti dell’assessore alle Pari opportunità Ilda Curti, per la predicazione e la preghiera.
In ogni occasione si è sempre riscontrata la netta e rivendicata segregazione delle donne presenti: davanti al “palco” della predicazione si vedono inquadrati solo uomini, mentre a centinaia di metri di distanza più indietro vengono ammassate le donne in una sorta di area di disimpegno a badare ai bambini più piccoli.
Immigrazione/ Quello che i “tartufi” dell’accoglienza non vogliono vedere
RispondiElimina☞ Cesare Crocini del 21 febbraio 2015 ✎ Nessun Commento
In questi giorni di tragedie in mare s’è a lungo sentito, e ancora si sente, parlare di un presunto dovere morale all’accoglienza; dal cinguettio di Enrico Letta, #RipristinareMareNostrum, all’applaudito commento di Gino Strada, “Mi vergogno di essere italiano”, una buona parte del Paese ha abbaiato il suo sdegno per l’ennesimo naufragio di disperati, che, va ammesso, il più delle volte partono con la sola speranza di fuggire la guerra e trovare un mondo migliore. Noi, va altresì ammesso, non siamo quel mondo migliore.
Prima di tutto non abbiamo nulla da dar loro fuorché compassione, i buonisti che plaudono ai salvataggi in mare non sanno, o fingono di non sapere, che quelle persone nel novantanove per cento dei casi si ritrovano, di lì a pochi mesi, dimenticati nelle periferie delle grandi città, dove l’unico impiego a cui possono aspirare è lo spaccio di droga per gli uomini, la prostituzione per le donne, l’elemosina per i bambini. Già gli Illuministi, tre secoli fa, avevano capito che il degrado genera delinquenza, e la delinquenza instabilità sociale, cosa che noi italiani di oggi sembriamo aver dimenticato.
Ma non è tutto: chi da il suo placet al flusso migratorio in atto deve fare i conti con la sempre più crescente, e pericolosa, indignazione di quei cittadini che, colpiti duramente dalla crisi, vedono andare in fumo milioni di euro al mese per operazioni militari non solo irrisolutive, ma che immettono nel tessuto sociale mandrie di disperati senza una lira, con l’unico risultato di destabilizzare ulteriormente una società in pessime condizioni. Né la tanto invocata Unione Europea sa fare granché, Triton è un fallimento peggiore di Mare Nostrum, ed è notizia recente che, al grido di “non lasceremo l’Italia da sola”, sono stati stanziati, straordinariamente, 13,7 milioni di euro per fronteggiare l’emergenza. L’anno passato l’Italia, da sola, ne spese ben 114, di milioni. L’UE insomma si comporta come Ponzio Pilato.
L’imperativo etico che pende sulle teste d’ognuno di noi, e dei nostri governanti in particolare, non è accogliere chiunque si metta per mare a rischio della vita, per poi gettarlo in una società che non sa più garantire i servizi essenziali neppure ai propri figli, bensì impedire loro di rischiare la pelle prendendo la via del Mediterraneo, e, di conseguenza, intervenire direttamente sul posto. Come fece il governo d’Alema, non propriamente un uomo di destra, per bloccare l’imponente flusso migratorio proveniente dall’Albania nel 1996, oggi la nostra marina militare sarebbe usata correttamente soltanto nella prevenzione delle partenze, e non nel salvataggio dei migranti già partiti.
Ma l’accoglienza è un dovere, chiosano i benpensanti nel caldo delle loro case, felici per l’abolizione del reato d’immigrazione clandestina. L’accoglienza è un business, chiosavano invece al telefonino gli intercettati di Mafia Capitale, protetti nelle loro cooperative dalla connivenza della politica.