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sabato 28 marzo 2015

264) DECOLONIZZAZIONE AFRICANA: MOSSA VINCENTE?

LE NAZIONI AFRICANE CHE SI RESERO INDIPENDENTI DAI PAESI EUROPEI PERSERO QUEL POCO DI POSITIVO CHE EBBERO CON LA COLONIZZAZIONE. OGGI GUERRE, DITTATORI, INTEGRALISMO ISLAMICO, ESPLOSIONE DEMOGRAFICA NE IMPEDISCONO LO SVILUPPO CHE SAREBBE DOVUTO INDUBBIAMENTE ARRIVARE CON LE MOLTE RISORSE NATURALI A DISPOSIZIONE.

Secoli fa la principale ambizione della potenze europee era crearsi degli imperi coloniali fuori dal continente. Ci furono sicuramente molti aspetti negativi della colonizzazione: massacri degli europei sugli indigeni alle reazioni anticolonialiste, commercio degli schiavi (che comunque non era solo un’esclusiva europea), ruberie, ecc. Ci furono altresì dei fatti positivi derivanti dalla presenza europea in altri continenti: costruzioni di strade ed altre arterie di comunicazione, costruzioni di porti e di città con annesse scuole ed ospedali. Di fatto il progresso tecnico – scientifico, frutto della genialità del pensiero d’Europa, veniva esportato fuori del vecchio continente, facendo evolvere le zone più arretrate del pianeta. Ma non bisogna dimenticare che milioni di anni fa la scimmia Australopithecus mutò in uomo proprio in Africa e poi si diffuse nel resto delle terre emerse.

Se oggi l’Europa avesse ancora in mano i paesi africani lo sviluppo e la civilizzazione di quel continente sarebbe quasi completo. Mi spiego: la costruzione delle vie di comunicazione, degli ospedali, degli acquedotti, dei centri urbani evoluti, delle industrie per la trasformazione delle materie prime, il prosciugamento delle paludi, la scolarizzazione delle masse, la prevenzione e la cura di alcune malattie sarebbero continuate, senza l’indipendenza delle nazioni del continente nero. Tali nazioni oggi sono governate da uomini senza scrupoli che col ricavo delle risorse naturali di quei territori pensano ad arricchirsi personalmente o a comprare armi, anziché impiegare i denari in opere di sviluppo; le oligarchie dei governanti spesso si appropriano anche degli aiuti delle nazioni ricche del mondo. Le autorità che reggono quei paesi si rivelano deboli nel fermare le diverse guerre tra etnie o quelle provocate dai fondamentalisti islamici, la compravendita e il traffico umano. Si dà la colpa agli europei se oggi delle tribù differenti tra loro convivono nello stesso stato: ma dove sta il problema? Così come hanno ottenuto l’indipendenza, avrebbero potuto ridisegnare loro stessi i confini tra i loro paesi.


Bando del Generale Emilio De Bono che aboliva la schiavitù nella regione etiopica del Tigrai


Come è successo nell’ex Impero Britannico Indiano: sono stati creati gli stati del Pakistan e del Bangladesh per rendere autonomi gli islamici dagli indù. Restando in quelle zone, ci sono dei validi esempi di evoluzioni economiche di molti paesi del sudest asiatico: Corea del Sud, Vietnam, Cambogia, ma anche le immense Cina e India. Qualche stato comunista si è aperto al libero mercato ed ha visto dei buoni risultati, mentre la Corea del Nord non ha cambiato mentalità ed è rimasta arretrata. In Africa invece la nazione più sviluppata è il Sudafrica, che guarda caso è stata governata per molti decenni dagli anglo – boeri, seguono la Nigeria e l’Egitto che sono ricche di petrolio; anche la Libia, che al tempo dell’occupazione italiana era uno scatolame di sabbia perché si pensava non ci fosse nulla, prima della recente guerra civile stava bene.

Un ulteriore aspetto negativo che impedisce l’eventuale sviluppo africano è l’elevatissima natalità: la popolazione è aumentata di centinaia e centinaia di milioni in pochi decenni (in passato l’Africa faceva meno figli o oggi è diminuita la mortalità infantile?); i metodi contraccettivi, che eviterebbero anche il diffondersi di alcune malattie, non sono compresi e non rientrano nelle mentalità di quei popoli, specie per gli abitanti delle sperdute foreste. Avere molti figli è importante per loro, così sin da piccoli si rendono utili nei lavori nei campi; anche da noi decenni addietro si ragionava così, mentre oggi una nuova vita è vista come un peso da mantenere sino a venti – trent’anni. Ma alcuni aspetti positivi in tutti questi contesti non mancano: il numero degli affamati è stato dimezzato rispetto al passato ed anche la cura delle malattie avanza sensibilmente, tutto grazie alle politiche di alcune organizzazioni internazionali come Fao, Onu ed altre, in futuro si prevede che gli affamati e gli ammalati scenderanno ulteriormente. Bisognerà insistere per quelle strade, anche col contributo delle nazioni più evolute del mondo che dovranno avere mano libera e carta bianca per il bene del continente africano, coadiuvati dagli africani più colti e benestanti che non scapperanno più e si rimboccheranno le maniche per le loro terre, dittatori ed integralisti islamici permettendo.


domenica 22 marzo 2015

263) LA STORIA DEL FANCIULLO BALILLA

NEL 1746 A GENOVA, NEL QUARTIERE DI PORTORIA, UN BAMBINO SOPRANNOMINATO “BALILLA”, TIRÒ UN SASSO CONTRO UN SOLDATO AUSTRIACO INVASORE CHE SCATENÒ LA RIVOLTA CITTADINA. COSÌ NACQUE QUEL MITO IN FUNZIONE PATRIOTTICA E RISORGIMENTALE, ANCHE PER I BIMBI.

Il termine “Balilla” in dialetto genovese significa monello ed era l’appellativo dato al bambino di dieci anni Giovan Battista Perasso. Nel dicembre 1746 una colonna di soldati austriaci che occupavano la città attraversarono il quartiere di genovese di Portoria: un pezzo di artiglieria rimase impantanato nel fango e gli austriaci chiesero al popolo di aiutarli a tirarlo fuori. Nel frattempo Balilla con una pietra in mano chiese ai suoi concittadini: “Che l'inse”. Ovvero: “La rompo? La facciamo finita?”. La risposta fu “Insila Balilla!” (“Rompila!”). Così Ballilla tirò il sasso contro un soldato austriaco e lo centrò in piena fronte; dopo di lui anche gli altri genovesi lanciarono delle pietre contro gli invasori, costringendoli a ritirarsi. Nacque quel mito che accese la lunga guerra che porterà all’Unita d’Italia; un verso dell’odierno Inno Nazionale Italiano recita: “i bimbi d’Italia si chiaman Balilla”. Col passare dei decenni e dei secoli la parola “Balilla” divenne sinonimo di coraggio, di patria,  d'italianità e fu portata come esempio ai bambini che sin dalla tenera età dovevano impegnarsi nel loro piccolo ad amare l'Italia in attesa di divenirne i valorosi difensori in età adulta. Poi arrivò il Fascismo che con la sua “Opera Nazionale Balilla”  coordinava l’educazione degli italiani dalla nascita alla morte. I maschi nascevano “Figli della Lupa”, poi divenivano appunto “Balilla”,Balilla moschettieri”,Avanguardisti”, in età adulta “Giovane Fascista” e “Camerata”. Le femmine erano “Figlie della Lupa”, “Piccole Italiane” e “Giovani Italiane”. L’inno dei Balilla era “Fischia il sasso” che parlava della storia del piccolo patriota genovese e che doveva essere da esempio per tutti i bambini italici. In quel celebre inno non mancavano altri riferimenti ad altri bambini soldati eroi, in particolare del periodo risorgimentale: i siculi “picciotti” che si unirono a Garibaldi e i sardi tamburini descritti nel “Libro Cuore”.  Segue il filmato del "Giornale d'Italia" con quell'inno e le spiegazioni, mentre la fotografie del piccolo lupetto all'inizio proviene da Trieste: molto probabilmente si tratta del figlio di un collega finanziere di mio nonno, sul retro c'è una dedica in cui si specifica che è un piccolo lupetto tesserato.  



FISCHIA IL SASSO

Fischia il sasso, il nome squilla/del ragazzo di Portoria/e l'intrepido Balilla/sta gigante nella storia./Era bronzo quel mortaio/che nel fango sprofondò/ma il ragazzo fu d'acciaio/e la madre liberò.

Fiero l'occhio, svelto il passo/chiaro il grido del valore./Ai nemici in fronte il sasso/agli amici tutto il cuor. [2 volte]

Su lupatti, aquilotti/come sardi tamburini/come siculi picciotti/bruni eroi garibaldini./Vibra l'anima nel petto/sitibondo di virtù/Dell'Italia il gagliardetto/e nei fremiti sei tu.

Fiero l'occhio, svelto il passo/chiaro il grido del valore./Ai nemici in fronte il sasso/agli amici tutto il cuor. [2 volte]

Siamo nembi di semente,/siamo fiamme di coraggio:/per noi canta la sorgente,/per noi brilla e ride maggio./Ma se un giorno/la battaglia/agli eroi si estenderà/noi saremo la mitraglia/della Santa Libertà.

Fiero l'occhio, svelto il passo/chiaro il grido del valore./Ai nemici in fronte il sasso/agli amici tutto il cuor. [2 volte]

domenica 15 marzo 2015

262) IL GIUBILEO STRAORDINARIO TRA I PROBLEMI

PAPA FRANCESCO HA ANNUNCIATO A SORPRESA IL GIUBILEO STRAORDINARIO TRA LA FINE DEL 2015 E QUELLA DEL 2016. TALE ANNUNCIO HA SORPRESO MOLTI: ROMA TRA CAOS, MAFIA E MINACCE TERRORISTE ISLAMICHE SI PREPARA A QUEST’EVENTO INSOLITO.


 Il Papa Francesco ha annunciato che tra novembre 2015 e dicembre 2016 ci sarà un giubileo straordinario dedicato alla misericordia. Queste parole del Santo Padre hanno spiazzato molti, soprattutto i politici, i quali hanno dichiarato che questo è un momento molto difficile, sia dal punto di vista economico, sia per la sicurezza. Passati i malumori iniziali il Governo e il Comune di Roma provvederanno ad affrontare al meglio quest’evento, sforzandosi di garantire la sicurezza di tutti e guardando i lati positivi: i milioni di pellegrini che arriveranno porteranno soldi. I Giubilei per prassi ci sono ogni 25 anni, ogni quarto di secolo, quelli solenni aprono i secoli o i millenni e sono quelli più importanti.


Dopo il grande giubileo del 2000 si attendeva con calma quello del 2025, magari sognando di realizzare qualche opera che avrebbe facilitato il raggiungimento della Basilica di San Pietro, come ad esempio farci arrivare la neonata Linea C della Metropolitana romana. In teoria la nuova linea nel 2025 avrebbe dovuto già superare San Pietro per arrivare alla Farnesina, per agevolare il raggiungimento dello Stadio Olimpico in vista di un'improbabile assegnazione delle olimpiadi a Roma nel 2024. Con la media che hanno impiegato a realizzare il primo tratto della Linea C, che per ora collega l’estrema periferia alla periferia romana, non ce la faranno a raggiungere il Nord della città in dieci anni. Mancano anche i finanziamenti, che per il momento coprono i lavori sino a Piazza Venezia, così da congiungere la linea C alle altre due linee: la Linea A a San Giovanni e la Linea B al Colosseo. È difficilissimo scavare nel sottosuolo romano per via dei reperti archeologici: è la principale causa per cui Roma non riesce ad avere una metropolitana a ragnatela, come le grandi città d’Europa, in modo da alleggerire il traffico (e l’inquinamento) in superficie. Un ulteriore problema è rappresentato da Mafia Capitale (la criminalità romana non scherza sin dai tempi della “Banda della Magliana”, non è meno pericolosa di quella del Sud), che quando sente parlare di finanziamenti pubblici cerca in tutti i modi di arraffare il malloppo e non è escluso che cerchi di entrare anche negli affari dei prossimi giubilei.


La burocrazia italiana è terribile, rallenta di anni le grandi opere pubbliche, gli oppositori danno ad essa manforte con i loro immancabili ricorsi al Tar: la radice del mostro burocratico è radicata nei palazzi del potere romano, se verrà estirpata le semplificazione arriverà in tutta la nazione italiana. Se si vuol realizzare qualche opera privata che va contro gli interessi pubblici si cerca di mettere i bastoni tra le ruote: vedi ad esempio le squadre cittadine di calcio che presentano dei progetti per degli stadi privati, i quali se vedessero attuazione, il Coni perderebbe gli elevati introiti ricavati dall’affitto del suo impianto. Naturalmente allo studio di un progetto, pubblico o privato che sia, ci deve essere il massimo scrupolo nel valutare i pro e i contro, occorre però accelerare i tempi per dire si, no e proporre delle alternative. Sarà indubbiamente difficile affrontare una ricorrenza non prevista per una città caotica, nonostante gli uomini di potere dicano il contrario. Spesso essi snaturano l'anima romana: rinunciando alla lingua italiana in favore del lessico anglosassone.

E non bisogna dimenticare le innumerevoli minacce che gli integralisti islamici mandano da qualche tempo a Roma. I piani di attentati organizzati e pianificati da determinate organizzazioni si possono sventare; il problema maggiore sarà rappresentato dai lupi solitari, dai matti senza alcun legame con nessuno. Qualche nota positiva non mancherà: si darà un’immagine diversa della città agli occhi dell’Italia e del mondo dopo gli scandali legati alla Mafia e  si farà vedere ai fondamentalisti islamici cosa rappresenta Roma per milioni e milioni di cristiani.  

sabato 7 marzo 2015

261) RICORSI ASSURDI CONTRO LE BENEDIZIONI PASQUALI

Delirio laicista a Bologna: undici docenti hanno fatto ricorso al Tar contro l'acqua santa nelle aule.

Camillo Langone - Ven, 06/03/2015 - 08:13 (http://www.ilgiornale.it/)
Ma perché chi non crede in Cristo morto e risorto a Pasqua e Pasquetta non lavora o non va a scuola? Pasqua è una festa religiosa, una festa cristiana, per la precisione.
E anche la domenica è una festa cristiana: non per nulla venne abolita dall'anticristiana rivoluzione francese che, suddividendo il mese in decadi anziché in settimane, aveva anche trovato il modo di far lavorare la gente di più. I nuovi giacobini, che stavolta sono a Bologna e non a Parigi, sono invece dei pelandroni: non hanno la minima intenzione di lavorare o studiare di più, vogliono semplicemente gabbare lo santo. Vogliono la Pasqua senza Cristo e pertanto senza benedizioni a scuola. Solo uova di cioccolato, colombe e scampagnate. Solo consumismo senza la benché minima distrazione spirituale, non sia mai che a qualcuno venga in mente di riflettere sul senso di ciò che fa. La storia è abbastanza semplice: a febbraio alcuni parroci del capoluogo emiliano hanno proposto di benedire alcuni «plessi scolastici» (si chiamano così), undici insegnanti e sette genitori al solo sentir nominare l'acqua santa hanno dato in scalmane, il consiglio di istituto si è riunito autorizzando a maggioranza la benedizione ed eccoci a marzo coi nemici dell'aspersorio che fanno ricorso al Tar. Mi vengono innanzitutto in mente delle considerazioni laterali, pensieri un po' meschini tipo: ma chi lo paga l'avvocato? I genitori e i docenti? Tutti i contribuenti? Di sicuro il giudice che pronuncerà la sentenza lo paghiamo noi. Poi dicono che in Italia la giustizia ha tempi biblici... Se gli italiani smettessero di fare causa con la stessa facilità con cui comprano un telefonino nuovo forse i processi davvero importanti verrebbero smaltiti un po' più rapidamente. E poi, e poi, come mai nella pattuglia ateista gli insegnanti sono più dei genitori? Eppure i genitori che gravitano intorno a una scuola, coinvolti attraverso i propri figli, sono più numerosi degli insegnanti che ci lavorano. Delle due l'una: o i genitori sono nel complesso dei menefreghisti oppure sono nel complesso più realisti, magari atei o agnostici o buddisti o non so cosa e però consapevoli che alla loro prole una benedizione male non può fare. Mentre il corpo docente è ad alta infestazione ideologica e facilmente produce gruppi come quello attivo a Bologna, il Comitato Scuola e Costituzione capace di affermare che «le benedizioni non costituiscono attività didattica o culturale», come se la Bibbia di Salomone, San Luca e San Matteo (sono questi alcuni degli autori citati nelle benedizioni scolastiche) avesse un valore culturale nullo rispetto alla pregiata carta compilata a fine anni '40 da Togliatti e Dossetti. Trovate un'altra scusa, magari.
Si può solo sperare che dalle parti del Califfato, siccome impegnatissimi a rapire, stuprare, bruciare, decapitare, non vengano a conoscenza della cosa. Perché il Califfo, anche lui fermamente contrario alle benedizioni date «nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo», potrebbe pensare di avere a disposizione una quinta colonna sotto le due Torri. Anzi una sesta perché la quinta probabilmente esiste già, quella dei coranisti locali che credono davvero in quanto scritto nel loro libro sacro: «Uccidete gli idolatri ovunque li troviate, prendeteli, circondateli, appostateli ovunque in imboscate». Allora anziché su Roma potrebbe decidere di puntare subito su una Bologna simile alla Bisanzio assediata dai turchi, dilaniata dai contrasti interni e da diatribe inutili come quella sul proverbiale sesso degli angeli. Chi non crede in Cristo morto e risorto, a Pasqua e Pasquetta se proprio non vuole lavorare o andare a scuola che almeno non ostacoli la fede altrui. Che non insista a desertificare spiritualmente lo spazio pubblico italiano, preparando il terreno, siccome la natura umana non tollera vuoti di senso, all'invasione di una religione che al posto della Costituzione non vede l'ora di mettere la sharia, e in tal caso buonanotte a Togliatti, a Dossetti, e al Tar.