IN GRECIA, NONOSTANTE LA VITTORIA DEL NO AL REFERENDUM, LE COSE SONO ANDATE COME SE AVESSE VINTO IL SI. L’ITALIA POTREBBE ESSERE LA PROSSIMA VITTIMA DEI BUROCRATI E DEI FINANZIERI EUROPEI, VISTO CHE IL DEBITO PUBBLICO TOCCA LA SPAVENTOSA CIFRA DEI 2.200 MILIARDI DI EURO.
La Grecia ha ottenuto dei nuovi prestiti dalla Banca Centrale Europea con alti tassi d’interesse e mettendo delle ipoteche su qualche proprietà statale: la volontà popolare non è stata presa in considerazione. Così il Primo Ministro Tsipras si è rimangiato tutte le promesse elettorali e quel no che egli aveva invitato a votare nel referendum inerente all’accettare o meno le proposte di Bruxelles per il risanamento dei debiti greci. Hanno imposto delle condizioni pesantissime, includendo dei nuovi piani di riforme e di austerità. Purtroppo non c’è modo per la Grecia di uscire da questo vortice: i soldi ottenuti incrementando i debiti, daranno una boccata d’ossigeno per alcuni mesi, dopodiché si starà peggio di prima. La coalizione di partiti che sorregge Tsipras inizia a scricchiolare: un ministro si è dimesso; la sua componente di sinistra dà segni di maggiore insofferenza perché da anticapitalista ha dovuto accettare dei compromessi d’alta finanza per non soccombere. Con la moneta unica ha tutto in mano l’Unione Europea, che controlla i coni tramite la Bce: se uno stato non conia una propria moneta nazionale difficilmente riuscirà a ripianare il debito pubblico, subirà le imposizioni ed i ricatti delle nazioni d’Europa più potenti economicamente. Una possibilità per pagare più agevolmente i debiti verso l’estero sarebbe quella di avere una propria valuta nazionale forte, non svalutata dall’inflazione, come ad esempio la sterlina britannica, il cui valore è superiore all’euro.
La prossima vittima dell’Europa potrebbe essere proprio l’Italia, il cui debito pubblico è costantemente in crescendo: attualmente è equivalente a quasi 2.200 miliardi di euro (dove sta la ripresa annunciata dal governo?). Nel 2011 mandarono all’attacco gli speculatori tedeschi, col cosiddetto “spread”, per mettere paura al popolo e per poterci commissariare, perché il governo di allora aveva intrapreso delle strade distanti da quelle dettate da Berlino e da Bruxelles. In futuro non è escluso che potremmo subire dei nuovi ricatti con la minaccia della chiusura dei rubinetti ed essere sacrificati agli altari dei burocrati e dei finanzieri europei, entrando in quel vortice del “debito tira debito” che non avrà mai fine. Le proprietà dello stato andranno perdute, nelle borse valori gli investitori si ridurranno drasticamente, la nostra sovranità e la nostra unità nazionale scompariranno. Nel senso che non potremo decidere più nulla autonomamente e le regioni un po’ più sviluppate delle altre se ne vorranno andare. Quindi al fine di evitare queste nefaste conseguenze occorrerà sbrigarsi a ridurre il più possibile i debiti verso l’estero (magari chiedendo dei prestiti urgenti agli italiani più facoltosi attraverso l’emissione di nuovi Bot, Cct, obbligazioni), anche se ciò comporterà un impoverimento e un regresso statale; una volta saldati i debiti si potrà uscire agevolmente dall’euro: allora si che non ci saranno più timori dei ricatti economici esteri, si riacquisterà la piena indipendenza e si potranno programmare dei piani per il facile rilancio.
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