Ius soli. Perché la cittadinanza ai figli degli stranieri nati
in Italia è un falso problema
diDavide Mura, il
Quale sia l’utilità
dello ius soli è
un mistero. Eppure c’è ancora chi – come l’attuale presidente della Camera,
Laura Boldrini – propone l’introduzione di questo criterio di attribuzione della
cittadinanza italiana, facendone una questione di
“progresso”, quasi che l’italianità sia una questione di passaporto e
non di cultura e identità. Chi nasce in Italia non necessariamente è italiano,
ma chi nasce da italiani è certamente italiano. Non è una regola arbitraria, è
un dato di fatto, perché inevitabilmente i genitori trasmettono ai figli i
valori e gli ideali della loro comunità: cultura, religione, lingua, folklore,
etica e così via. E questo vale per gli italiani, così come vale per gli
immigrati, i quali, giustamente, non trasmettono ai loro figli i valori
dell’italianità, ma quelli della loro terra e della loro cultura.
La verità è che la questione della
cittadinanza è un falso problema. Anzi è un “non problema” che viene
periodicamente tirato fuori, quando si vuole distrarre gli
italiani dalle vere questioni che affliggono il nostro paese. E
in questi mesi, le questioni davvero importanti sono di ben altro spessore: la
crisi economica, la disoccupazione giovanile, la crisi delle partite IVA, le
aziende che chiudono, l’emigrazione dei giovani all'estero. E ciliegina sulla
torta, le minacce dell’IS, davanti alle quali noterete quanto strida la
propaganda che promuove lo ius soli.
D’altra parte, giova anche ricordare come lo ius soli sia
in verità un criterio residuale dell’attribuzione della cittadinanza che viene
adottato solo da quei paesi nati con l’immigrazione (USA e Australia per
esempio), dove però le leggi sulla
clandestinità non sono certo quelle italiane. Se un immigrato viene
sorpreso negli USA o in Australia senza permesso di soggiorno rischia il
carcere e poi l’espulsione. Da noi cosa rischia? Dopo la cancellazione del
reato di clandestinità, al massimo un foglio di via la cui efficacia pratica è
quasi nulla.
Ma lo ius
soli è persino
un falso problema per le cosiddette seconde generazioni di immigrati: i figli.
Semplicemente perché la legge attuale sulla cittadinanza prevede già che
l’immigrato nato in Italia, al compimento del 18° anno di
età, possa chiedere (e ottenere!) la cittadinanza italiana. Perché affrettare i tempi,
assegnandogli la cittadinanza alla nascita o dopo la scuola dell’obbligo? Che
cosa cambia, se poi i diritti civili (es. elettorato attivo e passivo) possono
essere esercitati solo al compimento della maggiore età? Niente. Resta solo la
propaganda la cui finalità mi è del tutto ignota, perché quella dello ius soli non
è una battaglia di civiltà, ma è semplicemente una scelta politica, che
addirittura qualche nazione nata con questo sistema ha deciso di
cancellare (vedere Canada).
Credo e sono convinto che il criterio dello ius sanguinis (è
cittadino italiano chi ha almeno un genitore italiano) sia l’unico criterio
ragionevole dell’attribuzione della cittadinanza. Se davvero si vuole
affrontare con serietà il problema demografico, si incentivino le famiglie italiane a fare figli, anziché
sostituire le famiglie italiane con quelle dell’immigrazione.
Gli immigrati sono certamente una risorsa che può contribuire al progresso
economico e civile italiano, ma è certo che l’immigrazione deve essere accolta
in modo serio, attraverso criteri di selezione e di attribuzione della
cittadinanza che garantiscano un’effettiva integrazione dell’immigrato nel
tessuto sociale italiano. Lo ius soli non
garantisce nulla di tutto questo. E’ solo propaganda.
Sostituiti gli autoctoni": e il Pd esulta Deputato di maggioranza orgoglioso degli italiani rimpiazzati dagli stranieri nella filiera produttiva
RispondiEliminaStrisciante, insinuante, subdola. Tre aggettivi per qualificare una politica sull’immigrazione che, sfruttando l’ondata emotiva delle immagini di disperazione e, purtroppo, spesso di morte di chi fugge, sta lavorando per cancellare ciò che noi siamo, la nostra storia e le nostre tradizioni, la nostra cultura e la nostra società, per trasformare tutto in una poltiglia melmosa. Dalla quale però emergono terminologie inquietanti: quelle degli “autoctoni” che vengono “sostituiti” nella “filiera produttiva”. Il che dà allo ius soli che procede spedito un carattere davvero sinistro: soprattutto laddove si parla di un Paese dove la disoccupazione arriva al 13% e quella giovanile ha raggiunto la cifra monstre del 40%.A guidare questa strategia miope è il “mantra dell’integrazione”. I cui alfieri e corifei si annidano nella sinistra e nel Pd. L’ultimo in ordine di tempo è Enrico Borghi. Classe 1966, eletto per il Partito Democratico nella circoscrizione Piemonte 2 (Verbano-Cusio-Ossola), Borghi si è contraddistinto per esser stato vicino a Enrico Letta, quando Letta era Premier, e per essere poi immediatamente passato a firmare la mozione per Matteo Renzi.Il deputato Borghi, adesso, basandosi sulla statistica che vede poco meno di 900mila immigrati vivere in aree montane, pari a circa il 18% degli oltre 5milioni di immigrati regolari registrati in Italia, se ne esce parlando di essi come di una “straordinaria risorsa” chiedendo la “stesura di una risoluzione per individuare politiche specifiche, accompagnate da un corretto sistema di incentivi”, per l’accoglienza e l’integrazione dei migranti nei territori montani. Un’istanza che sarà fatta presente “anche al premier Matteo Renzi e al ministro dell'Interno, Angelino Alfano, con una lettera”.In cui magari, perché ieri è successo anche questo, “i dati dicono che gli immigrati si stanno integrando e sostituendo agli autoctoni nella filiera produttiva”. Ah, gli autoctoni! Ecco chi era che bloccava la “ripresa”… Strisciante, insinuante, subdola. Tre aggettivi per qualificare una politica sull'immigrazione che, sfruttando l’ondata emotiva delle immagini di disperazione e, purtroppo, spesso di morte di chi fugge, sta lavorando per cancellare ciò che noi siamo, la nostra storia e le nostre tradizioni, la nostra cultura e la nostra società, per trasformare tutto in una poltiglia melmosa. Dalla quale però emergono terminologie inquietanti: quelle degli “autoctoni” che vengono “sostituiti” nella “filiera produttiva”. Il che dà allo ius soli che procede spedito un carattere davvero sinistro: soprattutto laddove si parla di un Paese dove la disoccupazione arriva al 13% e quella giovanile ha raggiunto la cifra monstre del 40%.
A guidare questa strategia miope è il “mantra dell’integrazione”. I cui alfieri e corifei si annidano nella sinistra e nel Pd. L’ultimo in ordine di tempo è Enrico Borghi. Classe 1966, eletto per il Partito Democratico nella circoscrizione Piemonte 2 (Verbano-Cusio-Ossola), Borghi si è contraddistinto per esser stato vicino a Enrico Letta, quando Letta era Premier, e per essere poi immediatamente passato a firmare la mozione per Matteo Renzi.
Il deputato Borghi, adesso, basandosi sulla statistica che vede poco meno di 900 mila immigrati vivere in aree montane, pari a circa il 18% degli oltre 5 milioni di immigrati regolari registrati in Italia, se ne esce parlando di essi come di una “straordinaria risorsa” chiedendo la “stesura di una risoluzione per individuare politiche specifiche, accompagnate da un corretto sistema di incentivi”, per l’accoglienza e l’integrazione dei migranti nei territori montani. Un’istanza che sarà fatta presente “anche al premier Matteo Renzi e al ministro dell'Interno, Angelino Alfano, con una lettera”.
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RispondiEliminaIn cui magari, perché ieri è successo anche questo, “i dati dicono che gli immigrati si stanno integrando e sostituendo agli autoctoni nella filiera produttiva”. Ah, gli autoctoni! Ecco chi era che bloccava la “ripresa