UNA
VOLTA IN OCCASIONE DELLA PARATA MILITARE DEL 2 GIUGNO SI SENTIVA L’ORGOGLIO DI
UN’APPARTENENZA PATRIOTTICA CHE OGGI NON SI PROVA PIÙ.
In questo giugno 2016 la Repubblica Italiana sta
festeggiando il suo 70° anniversario. Possibili brogli al referendum monarchia/repubblica portarono settant’anni fa alla
nascita di questa forma istituzionale (c’erano gli americani che volevano la
repubblica ad ogni costo). Non so se effettivamente quelle scorrettezze ci
furono o no, in ogni caso non credo che la storia italiana degli ultimi
settant’anni sarebbe cambiata molto con i re
al posto dei presidenti della repubblica:
i monarchi avrebbero svolto le stesse funzioni di arbitri imparziali, dando
gli incarichi di governo ai rappresentanti dei partiti più votati e la Nato
non avrebbe mai permesso delle svolte autoritarie antidemocratiche. I pochi
movimenti monarchici che ci sono oggi in Italia puntano di più sul ramo Savoia Aosta, che sui discendenti
diretti dei Savoia ultimi Re d’Italia: probabilmente perché
Umberto II, il Re di maggio, preferì
far interrare con la sua salma, sotto le sue ascelle, i sigilli reali, anziché
consegnarli al figlio Vittorio Emanuele; dopo che quest’ultimo sposò una
borghese i rapporti tra i due si incrinarono.
Ricominciando a parlare delle
commemorazioni per il sette decenni della Repubblica d’Italia, con le solite parate militari che ci sono ogni
2 giugno, constato che ormai non provo più quell’orgoglio patriottico vedendo i
vari reparti militari che sfilano e le istituzioni che assistono. Le forze
armate italiane, capeggiate da quei governanti, dovrebbero difendere la patria,
i suoi sacri confini, non essere le fautrici di un’infinita invasione che alla
lunga distruggerà la nostra civiltà e tutto quello che con sacrificio abbiamo
conquistato. Le stragi in mare continuano nonostante l’impegno delle molte
marine europee per scongiurarle. Ogni tanto Renzi e Mattarella si fanno i loro
giri in Africa: anziché dire che in Europa, in Italia specialmente, c’è crisi,
la povertà e la disoccupazione aumentano, invece di spronare gli africani più colti, più
benestanti, ad impegnarsi per lo sviluppo del loro continente con l’aiuto
europeo ed invitarli a non consegnare i loro risparmi ai criminali che li porteranno alla
morte, dicono, che non serve costruire muri, che loro vanno a prendere tutti e
i molti media della loro parte danno manforte. Il messaggio che viene recepito
è il seguente: è cosa buona e giusta affidarsi ai trafficanti di uomini ed
ammucchiarsi al’inverosimile in delle piccole imbarcazioni fatiscenti. All’inizio
dicevano che accoglievano solamente chi fuggiva dalle guerre (una piccola
percentuale tra coloro che arrivano): a tutti sembra che nessuno viene
identificato ed ognuno è libero di scorazzare senza né arte, né parte, per
tutta Italia, in tutta Europa, finendo tra le grinfie della delinquenza e del
terrorismo islamico. Anche lo status di rifugiato viene concesso con
superficialità: alcuni basta che si dichiarano omosessuali (già, perché in
molti stati africani l’omosessualità è un reato) ed è fatta. Tutta Europa si
sta blindando, solo noi no. Recentemente il Dalai
Lama, il capo della religione Buddista
(il Buddismo è una religione tanto in
voga tra gli intelletti di sinistra), ha dichiarato che l’Europa non può
perdere la sua anima, il suo sangue, divenendo araba e musulmana; aggiungendo a
quanto detto, che è meglio che gli immigrati si impegnino nei loro paesi. Quel
poco di autorità che c’è in Libia si è detto disponibile a tornare agli accordi
stipulati con Gheddafi (chissà i libici quanti soldi vorranno però), atti ad impedire le
partenze illegali verso la
Sicilia e così salvare veramente le vite: perché aspettare
ancora e non approfittare di quella proposta? Un governo non di sinistra
avrebbe colto al volo l’occasione, per cui dovrà insediarsi il prima possibile:
il referendum di ottobre per provare a mandare a casa questo esecutivo è troppo
lontano. Si stanno raccogliendo le firme per un altro quesito referendario, il
quale tenterà di abrogare alcune norme della legge sulle unioni civili, così
almeno, in caso di successo, si salverà la sacralità della famiglia,
considerando che quelle patriottiche e religiose sono andate perdute.
Concludo gioendo alla conclusione (si spera definitiva) della
vicenda dei due marò tenuti prigionieri in India per alcuni anni: la loro
mancata partecipazione alla parata militare del 2 giugno, anniversario della Repubblica, sono stati degli ennesimi
motivi di non piacimento di quella sfilata e della perdita dell’orgoglio
dell’appartenenza alla patria italiana.
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