NEL 2006 (DIECI ANNI FA) CI FU LO SCANDALO “CALCIOPOLI” O “MOGGIOPOLI”,
MA GIÀ NEL 2000 SI VERIFICARONO I PRODROMI. SE NON FOSSE STATO PER LA RIVOLTA DEI TIFOSI
LAZIALI E DELLA STAMPA ROMANA, IN UNA SETTIMANA DI FUOCO DEL MAGGIO 2000, IL
SISTEMA DI MOGGI SAREBBE ANDATO A SEGNO ANCHE ALLORA.
Dieci anni fa un vero terremoto scosse il calcio italiano
professionistico: infatti furono rese pubbliche delle intercettazioni
telefoniche del direttore sportivo
della Juventus Luciano Moggi, in cui si scoprì che gli arbitri e alcuni vertici
della Federcalcio erano ai suoi
ordini. Oltre alla Juventus, ruotavano nel sistema
Moggi il Milan, la
Fiorentina e la
Lazio. La Juventus, a seguito dei processi sportivi, pagò il
dazio maggiore, essendo anche la maggiore beneficiaria di quegli sgarbi: le
furono tolti due scudetti e fu retrocessa in Serie B (per la prima volta nella sua storia). Le altre tre società
in un primo momento vennero retrocesse nella serie inferiore anch’esse, poi in
seguito ai verdetti d’appello furono riammesse nella massima serie calcistica
italiana con delle penalizzazioni, delle squalifiche per i loro dirigenti e
delle salate multe. Quell’inchiesta venne chiamata “calciopoli o “moggiopoli”:
le parole derivavano dal termine “tangentopoli”,
l’inchiesta che anni prima spazzò via un’intera classe politica e chi conduceva
le indagini era lo stesso magistrato, Francesco Saverio Borrelli (se la parola tangentopoli aveva un significato
sensato, “la città delle tangenti”,
nel termine calciopoli, la città del
calcio, non c’era nessuna allusione
concreta allo scandalo degli arbitraggi sleali). Le prove schiaccianti contro i
dirigenti juventini erano evidenti: il solo fatto di decidere le designazioni
arbitrali, quando gli arbitri dovrebbero essere indipendenti e non avere
contatti con nessuna società, costituiva un gravissimo illecito severamente
punibile, inoltre erano evidenti la sudditanza ed il timore degli arbitri nei
confronti della Juventus. Anche se la Juventus tecnicamente era la squadra più forte in
quegli anni e avrebbe vinto gli incontri, i campionati, con qualsiasi arbitro e
senza interferenze, il gravissimo sgarro ci fu senz’altro: quella magistrale
punizione era il minimo che le potesse accadere. La Federazione Calcistica Italiana venne commissariata, i suoi
massimi dirigenti squalificati, molti arbitri vennero radiati, tra cui Massimo
De Santis, che avrebbe dovuto rappresentare l’Italia nel mondiale di Germania
2006, poi conclusosi positivamente per gli azzurri.
L’arbitro De Santis aveva suscitato clamore già nel maggio 2000, in un incontro
Juventus – Parma, in cui annullò una rete regolare agli emiliani, che avrebbe
consentito alla Lazio di agganciare la Juventus al primo posto in classifica ad una
giornata dal termine. Dopo la partita, si disse allora, che aveva ricevuto
misteriose telefonate e a sua volte ne aveva effettuate altrettante. Si
contraddisse anche, dicendo che aveva annullato la rete al Parma prima che la
palla varcasse la porta; le immagini televisive dimostrarono che fischiò dopo
il vincente colpo di testa del parmense Cannavaro. Perciò si suppone che quella
struttura di Moggi” era già operativa
sei anni prima della scoperta della verità. Ci fu una settimana di fuoco in
quel maggio 2000, tra la penultima e l’ultima giornata della Serie A 1999 – 2000: i giornali sportivi
e non di Roma condussero una campagna di fuoco contro la Juventus, contro i torti
subìti dai biancocelesti per il secondo anno consecutivo, i tifosi laziali
misero a ferro e fuoco Roma per giorni, addirittura volevano bloccare la
partenza del Giro d’Italia di
ciclismo. A Tivoli, il paese di Massimo De Santis, arrivarono molte telefonate di insulti e minacce a parecchi De Santis. Essi auspicavano che si arrivasse allo spareggio, in caso contrario
erano pronti alla guerra (come era scritto su uno striscione di allora).
Quell’alzare la voce in modo sconsiderato servì: infatti la domenica dopo la Lazio vinse contro la Reggina e la Juventus inaspettatamente
perse a Perugia nel mezzo di una tempesta primaverile; in tutta Italia c’era il
sole, il nubifragio si abbatté solo su Perugia. L’arbitro Collina, a causa
delle ferocissime polemiche di quella settimana, saggiamente non se la sentì di rinviare la
partita al giorno dopo (con una Juventus senza ansie, tranquilla e riposata), anche perché
per regolamento tutte le gare dell’ultima giornata di un qualsiasi campionato
sportivo devono essere giocate in contemporanea, oggi come allora, attese che la pioggia cessò e il pallone rimbalzasse. Ormai tutti,
al termine della penultima giornata di quella Serie A, credevano che la Juventus avrebbe tranquillamente vinto il titolo;
i pochi ottimisti tifosi laziali speravano di andare allo spareggio scudetto:
ci sarebbe stato con una vittoria laziale contro la Reggina e con un pareggio
juventino a Perugia. Morale della favola: la ribellione dei tifosi e della
stampa romana servì ad evitare che quel sistema favorevole alle squadre del nord andasse a segno
anche allora. La vittoria del campionato a Lazio l’avrebbe meritata di più
l’anno prima, nel 1999, ma naturalmente fu beffata al taglio del traguardo da
un’altra società padrona del calcio italiano, il Milan, che si scoprirà essere
in combutta con i dirigenti della Juventus (probabilmente anche l'Inter nel 1998 fu scippata). Voi direte che anche la Lazio era collusa con Moggi
nel 2006. Certo, ma tra il 2000 e il 2006 la proprietà era cambiata.
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