· L’Italia che amiamo/ Le sagre, le processioni, le feste di popolo. Quando la Tradizione è vita
del 16 luglio
2014
All’articolo di Mario Bozzi Sentieri
vanno riservati meritata attenzione ed adeguato consenso, perché mette
l’accento, un accento tanto misurato quanto avveduto, sul culto delle “sagre”
diffuso e avvertito dall’Alto Adige alla Sicilia, dalla Valle d’Aosta
alla Puglia.
Si tratta – osserva giustamente – di
«un culto laico ed insieme religioso, per la capacità che ha di unire il sacro
con il profano, il tempo della festa fa emergere una volontà di condivisione e
di gioiosa partecipazione, che pareva soffocata dai meccanismi del consumismo
di massa».
Sono nato e vivo a Tivoli, città di
circa 60 mila abitanti, caposaldo di una vasta area, confinante con le province
di Rieti, di L’Aquila e di Frosinone, ricca di insediamenti comunali vetusti,
dalle tradizioni consolidate da secoli, in cui vengono, nel corso dell’anno con
sagre e cerimonie religiose , «riprodotti e rappresentati modi e modelli di
vita comunitaria che si pensavano travolti dalla modernità» e che all’opposto
sono conservati e tramandati anche di fronte alle insidie rappresentate dalle
mode e della mentalità della vicina metropoli.
Concordo totalmente che «basta appena
immergersi, senza grette prevenzioni, in una delle tante celebrazioni che
punteggiano l’Italia, annunciate da squillanti manifesti murali. Parla la Tradizione», che non è
solo estiva ma trova occasioni anche negli altri mesi dell’anno.
E’ vero che in ogni località ed in
ogni festa, si manifesta la «singolare miscela religiosa e profana, fatta di
Madonne e di riti propiziatori, di fuochi celebrativi e di Santi Patroni, di
oroscopi e di Fede, di bancarelle e di incenso». La religiosità non
scompare, vive, però, in un ambito diverso, spesso solo sopportato e mai
vissuto e condiviso sinceramente dal clero postconciliare e protestantizzato,
soprattutto con la presenza sempre più diffusa di sacerdoti del Terzo mondo,
nati e cresciuti con mentalità diverse, se non opposte a quelle dei nostri
centri.
Nella mia città si celebra il 14
agosto, vigilia dell’Assunta, da secoli una cerimonia religiosa, la c.d.
“Inchinata“, in cui due immagini, quella del Salvatore e quella della Madonna
si incontrano dopo un lungo percorso, scambiandosi un triplice inchino tra il
tripudio pirotecnico e la devota partecipazione di centinaia di cittadini. In
precedenza il Trittico del Salvatore compie altre soste, piene di significati e
di insegnamenti morali, la benedizione delle acque dell’Aniene, un tempo
minaccia costante della città con le piene alluvionali, ed il “bacio della
soglia del dolore“ all’ingresso dell’Ospedale. Si tratta di passaggi
consolidati nei secoli ma tali da rappresentare ancora oggi «la risposta del
“Paese reale” allo smarrimento contemporaneo, a certa cultura impopolare, alla
mancanza d’identità chiare», a certe tentazioni esibizionistiche, all’irrisione
laica e al nichilismo consumistico. Si tratta di momenti da conservare, momenti
da conservare nel cuore e nella mente per il resto dell’anno, perché essi
possono «aiutare a riflettere su ciò che siamo veramente, come popolo, e su ciò
che potremmo essere. In fondo, il futuro ha un cuore antico … ».
·
La festa della Madonna del Soccorso a Cori regge bene, nonostante
qualche segnale di declino
Processione del 2006
Adattando il precedente articolo al mio mondo, al mio
paese, il pensiero corre alla festa padronale della Madonna del Soccorso, la più importante di Cori, che coinvolge
l’intera cittadina e non i singoli rioni come le altre ricorrenze religiose
paesane. Le altre feste religiose rionali del luogo sono in perenne declino (Sant’Antonio, Madonna del Rosario, San
Tommaso da Cori e soprattutto Sant’Oliva,
la vecchia patrona di Cori dimenticata), la festa
della Madonna del Soccorso invece no: ha retto bene l’urto degli
stravolgimenti socioeconomici degli ultimi decenni. Anticamente, quando c’erano
pochissimi divertimenti e spassi, le feste paesane, comprendenti le processioni
e le fiere, erano viste come dei momenti di svago, per staccare la spina dal
durissimo ritmo delle fatiche quotidiane, e per mangiare meglio e di più. Oggi
con i miglioramenti delle condizioni di vita, con gli svariati divertimenti e
svaghi, con la perenne secolarizzazione della società, le masse non hanno a
cuore come prima le tradizioni paesane. Ma ultimamente si è notata questa
gelosa riscoperta delle tradizioni religiose locali, da contrapporre al
politicamente corretto, al mondialismo, alla globalizzazione, al rinnegamento
della propria cultura e all’imposizione di quella altrui. Fortunatamente c’è
ancora chi si prodiga con fervente passione a mantenere viva la memoria storica
del luogo in cui vive. Dicevo che la
Festa del Soccorso è ancora molto sentita, è
vero, ma ho notato qualche segnale di declino. Nella sua processione qualche
fedele è diminuito: infatti nel lungo percorso cittadino, da Cori Valle a Cori
Alto, arrivando fino al Monte della
Ginestra, prima bisognava attendere oltre 40 minuti per vedere il corteo
dall’inizio alla fine, mentre quest’anno l’attesa è stata di mezz’ora scarsa.
Processione del 1993
I
canti popolari antichi tipici della Processione
del Soccorso, delle donne vestite di verde, scalze, con in braccio
grossissimi ceri e che hanno fatto voto per grazia ricevuta, stanno sparendo.
Quelle donne sono morte tutte, solo qualche fedele prova a tenere viva quella
tradizione. Anni addietro avevo lanciato un appello non raccolto, affinché
quell’usanza, che era una caratteristica della processione, non morisse del
tutto. Durante le feste del Soccorso passate, le parole di quei canti popolari
mi risuonavano in testa nelle ore successive alla processione, non sentendo i
frastuoni delle giostre, della festa civile in piazza ed era una bella
sensazione, che accresceva ulteriormente con l’assaggio dei prodotti enogastronomici
tipici paesani. Tutte le Madonne, ovunque si trovino, anticamente avevano le
loro madonnare che intonavano “viva, viva, sempre viva…” La festa
civile è stata altrettanto bella: ci saranno meno introiti rispetto al passato,
ma la generosità di alcune discrete aziende del paese fa sì che ci siano sempre
dei concerti di affermati cantautori e di altri piccoli gruppi locali. Non solo
i canti religiosi antichi delle processioni mi piacciono, apprezzo anche la
musica leggera moderna. A tal proposito, alcuni anni fa ci misi tutta la buona
volontà ad avvicinarmi a quell’ambiente, cercando di vincere le diffidenze;
c’era un gruppo musicale che organizzava anche altre attività culturali e fondò
un piccolo giornale: io era da poco che avevo il blog e pensavo di fare una
buona cosa parlando della creazione di quel giornalino. Credevo di ricevere dei
compiacimenti, ma al contrario ricevetti freddezza, indifferenza: non capii il
perché. Eppure ne avevo parlato bene, mica male. Morale: uno nonostante ce la
metta tutta per apprezzare, per valorizzare, qualche cosa del luogo in cui
vive, qualunque cosa fa non va mai bene. Vale anche per la Festa del Soccorso, dove sacro e profano si
incrociano sempre, e che fa parte di quell’Italia che amiamo.
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