“PER GRAZIA RICEVUTA” È UNA
PELLICOLA DEL 1971, DIRETTA E INTERPRETATA DA NINO MANFREDI, CHE TRATTA I TEMI
DEL DIBATTITO TRA RELIGIOSITÀ E INTEGRALISMO, TRA CONFORMISMO E TRADIZIONE, TRA
IL CREDERE AI MIRACOLI O CONSIDERARLI FRUTTO DEL CASO.
Navigando in rete si possono trovare e visionare integralmente
dei film interessanti, dei veri capolavori della cinematografia italiana.
Solitamente quando uno carica su internet un’opera cinematografica completa
dopo qualche tempo viene fatta rimuovere da coloro che ne detengono i diritti e
per vederla bisogna andare nei siti cinematografici a pagamento; qualcuno
conosce dei trucchi per evitare la rimozione: l’inserimento dei sottotitoli in
qualche lingua estera, oppure l’inserzione di un’introduzione prima dell’inizio
dello spettacolo vero e proprio. Talvolta accade che sono gli stessi autori dei
film che caricano le loro rappresentazioni cinematografiche e le lasciano
visionare gratuitamente a tutti. Il film “Per
grazia ricevuta” lo hanno caricato da diversi mesi ed è stato visualizzato
quasi 40.000 volte. Espongo una breve trama, avvalendomi di varie recensioni.
Benedetto Parisi è un bambino orfano che vive con una zia in
Ciociaria, dove inspiegabilmente parlano romano (probabilmente per far capire
in tutta Italia). Egli vive la vigilia della prima comunione in un clima di religiosità
esasperata; non ha il coraggio di confessare al prete che ha visto sua zia
ignuda, per cui, colpito dai sensi di colpa, non riesce ad ingoiare l’ostia
consacrata e scappa via, mentre corre scivola da un muro alto molti metri,
rimanendo illeso. Tutti gridano al miracolo e il bimbo viene fatto entrare in
un convento nell’attesa che arrivi la vocazione. Gli anni passano e Benedetto,
ormai adulto, ancora non ha scelto, vivendo un conflitto: è attirato dal mondo
esterno ed ha desideri sessuali ma allo stesso tempo ha quegli scrupoli
religiosi su cui è stato educato sin dall’infanzia. Quando egli pensa che sia
arrivato il segno per consacrarsi, i frati, da cui è ospitato, lo interpretano
in maniera opposta e, vedendo che è tormentato ancora di più, lo staccano da
loro, mandandolo nel mondo. Benedetto fa la
conoscenza di un farmacista ateo, il quale col tempo, senza fretta, lo
allontana dai suoi conflitti e scrupoli interiori e si fidanza con sua figlia.
Per non offendere il farmacista i due, in procinto di sposarsi, dicono di no al
prete che li sta unendo in matrimonio, vivendo da concubini, e facendo come
egli fece anni prima, mettendo incinta la madre della ragazza e rifiutando di
sposarla, e l’anziana signora, ancora dopo tanti anni, minaccia di denunciarlo
per stupro. Seconda la sua teoria l’avrebbe fatta diventare una combattiva ed
aggressiva, invece se l’avesse sposata sarebbe divenuta una vecchietta mogia –
mogia. Dopo alcuni anni il farmacista si sente male e sta per morire, la madre
di sua figlia chiama il prete per impartire l’estrema unzione ed egli, poco
lucido, bacia il crocifisso. Benedetto assiste alla scena, interpretandola come
una conversione, come un tradimento, del suocero suo mito, e sconvolto tenta di
suicidarsi. Benedetto è sotto i ferri in clinica, mentre la mancata moglie incinta
e sua madre attendono: la prima spera che si salvi, la seconda che muoia, così
da far sposare la figlia con un avvocato per coprire lo scandalo della
gravidanza. Alla fine il moribondo si salva e il professore che l’ha operato esclama
che è stato (ironia della sorte) un vero miracolo.
Il racconto è il frutto dello scetticismo religioso di Nino Manfredi,
ma allo spettatore è lasciata libertà di giudizio e di valutazione.
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