NELLA
SOTTILE STRISCIA DI TRIESTE E DELLA VENEZIA GIULIA ITALIANA, STRETTE NEL MARE
SLAVO, L’ITALIANITÀ E IL SENTIMENTO PATRIOTTICO SI SENTONO DI PIÙ CHE ALTROVE.
Trieste e Gorizia sono dei capoluoghi di provincia italiani di
frontiera: essi hanno patito non poco gli eventi tragici del XX secolo. Mentre
in altre zone di confine gli italiani sono presenti oltre lo stesso (vedi
Svizzera italiana) o la loro presenza è molto limitata prima di attraversarlo
(vedi Alto Adige), in Friuli Venezia Giulia la presenza italiana è delimitata
proprio dalla frontiera. Sono esattamente cent’anni che Trieste e Gorizia
appartengono all’Italia, dopo essere stati per circa seicento anni sotto
l’egemonia austriaca. Nel corso del Primo
Conflitto Mondiale molti giuliani irredentisti (dall'esempio di Guglielmo Oberdan a fine '800) attraversavano il fronte per unirsi al Regio Esercito Italiano: il Museo del Risorgimento e il maestoso Monumento dei Caduti, situati a Trieste,
unitamente al grandioso Faro della
Vittoria, ne rimembrano le gesta e il sacrificio; essi o caddero in
battaglia o, se venivano catturati dagli austroungarici, venivano uccisi
ugualmente, per tradimento. Dopo l’annessione della Venezia Giulia al Regno
d’Italia, gli italiani, dopo secoli di sottomissione agli austroungarici e agli
slavi, divennero l’etnia egemone, fra gli entusiasmi e le acclamazioni.
Ancora oggi a Trieste sono presenti una minoranza slava e una
ridottissima comunità tedesca; le chiese ortodosse e protestanti presenti nel
capoluogo giuliano, oltre alla sinagoga, testimoniano come la città sia stata
cosmopolita nei secoli. L’impronta austriaca nelle architetture è imponente: ne
sono testimonianza gli eleganti edifici di Piazza
Unità d’Italia e del Castello di
Miramare con il suo maestoso parco, questi ultimi furono creati
dall’arciduca Massimiliano d’Asburgo e sono posti nel lungomare triestino, dove
la gente prende il sole sopra i marciapiedi e trova l’ombra tra gli alberi. Ma
i monumenti simboli di Trieste sono senza dubbio il Castello e la Cattedrale del patrono
San Giusto, arroccati su un’altura che domina la città e non mancano reperti
dell’antica Roma. Il campo di concentramento della risiera di San Sabba e la
foiba di Basovizza sono le testimonianze degli orrori che ha vissuto Trieste
nella Seconda Guerra Mondiale. Nel
dopoguerra molti giuliani in fuga dall’Istria si rifugiavano nel libero
territorio triestino per sfuggire alla pulizia etnica. Nel 1954 la città tornò
all’Italia a titolo definitivo: perse il suo naturale retroterra divenuto
jugoslavo, nonostante questi problemi tirò un sospiro di sollievo tornando alla
madrepatria. La ridotta zona della Venezia Giulia rimasta italiana fu unta al
Friuli: oggi esiste una rivalità tra le due componenti della regione.
Pure Gorizia, durante la guerra
fredda, ebbe non pochi problemi: infatti la città fu definita la Berlino d’Italia, essendo divisa in due da
barrire e fili spinati. Ancora oggi ci sono Gorizia italiana (i 2/3 della città) e Nova Gorica
jugoslava. Gli italiani la bombardarono pesantemente nel 1916, prima di
entrarvi (c’è la famosa canzone il cui
ritornello recita: Oh Gorizia tu sei
maledetta/Per ogni cuore che sente coscienza/Dolorosa ci fu la partenza /E il
ritorno per molti non fu) e quando la presero definitivamente nel 1918 ripristinarono come
simbolo di italianità, nell’entrata principale del suo castello, il Leone di San Marco, il quale fu rimosso
dopo la fine della brevissima occupazione veneziana di alcuni secoli prima.
Con
la smantellamento della cortina di ferro l’economia goriziana ha subito dei
risvolti negativi: molte caserme militari hanno chiuso, i militari e le loro
famiglie sono andati via e tutti si muovono liberamente oltreconfine, dove
tutto costa di meno. Franco Basaglia iniziò la battaglia per l'abolizione dei manicomi da Gorizia e la legge che li ha soppressi porta il suo nome. Dista pochi chilometri, in territorio sloveno, la località
di Kabarid (Caporetto); io era assieme ad altri turisti da quelle parti, quando una guida ci ha
riferito che lì è presente un museo sulla “vittoria
di Caporetto”. Tutti quelli che erano con me si sono meravigliati ed
indignati perché per noi italiani la battaglia di Caporetto fu una grande disfatta, ma che gettò le basi
per la definitiva vittoria e tutti loro hanno ricordato, con un pizzico
d’orgoglio, le gesta dei propri avi: “mio
nonno classe ’84, mio bisnonno classe ’99, eccetera”.
Un’altra località che ha subito danni nel corso della guerra ’15 – 18’ è stata Cividale del Friuli,
un’interessante cittadina, centro di rilievo in epoca longobarda. Poi c’è
Aquileia, antico capoluogo della provincia romana “Venetia et Histria” e nel Medio Evo sede patriarcale. Grado è
posto sulla parte finale della laguna veneta, in territorio friulano, ed ha la
sua storia, ma è più conosciuta come località balneare.
Ho parlato delle città e delle cittadine che ho visitato in una
breve vacanza, tramite viaggi organizzati con guide turistiche ed audio guide. Visitando
quei luoghi, non soltanto ricchi di cultura, storia, arte, ma anche situati ai
confini dell’italianità, che hanno sofferto tanto per tal motivo e dove hanno
combattuto per portare a compimento il Risorgimento,
i loro abitanti si sentono più italiani che altrove e con maggior orgoglio patriottico. Idem per chi
non è del luogo e vi capita: documentandosi sulle loro sofferenze, tragedie,
battaglie per unirsi alla patria, uno riscopre la fierezza e l’orgoglio
patriottico che spesso dimentica.
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