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lunedì 11 novembre 2019

432) NIENTE CERTEZZE DELLA PENE PER I GRANDI CRIMINI


Non c’è certezza della pena nelle condanne definitive per i delitti di cronaca nera in italia, sia per l’ergastolo, sia per condanne minori. I diversi casi di valutazione nell’emettere sentenze neLLO SPECIFICO. Tirar fuori il meglio di sé IN QUALCHE CAMPO PER RIFARSI DA ESCLUSIONI, per superare un rivale in qualcosa, invece di arrivare a conclusioni drastiche, COME è AVVENUTO PER IL DELITTO DI AVETRANA.



Sta suscitando scalpore la notizia che Marco Canale, ritenuto responsabile per il delitto dei fidanzatini di Cori del marzo 1997 e condannato a 30 anni di reclusione, ha ottenuto un lavoro temporaneo dal Comune di Cisterna, dopo che ha finito scontare la sua pena in anticipo rispetto al previsto. Infatti, egli è uscito dal carcere in anticipo di otto anni, grazie alla buona condotta e ad altro. In questi casi si riaprono sempre i grandi dibattiti sul perché non vi sia certezza della pena per i gravi crimini, come lo fu quello di Cori. Perfino le condanne all’ergastolo finiscono spesso con la concessione della grazia. Dopo che i casi di cronaca nera diventano per mesi, per anni, oggetto di forte clamore mediatico, concludendosi con delle condanne esemplari, tutto svanisce in una bolla di sapone. 

Durante il fascismo c’era assoluto divieto per i giornali e i cinegiornali d’allora di parlare di delitti di quei tempi, per non gonfiarli ed evitare emulazioni, si dava solo notizie delle condanne, alla pena capitale o a svariati anni di carcere. Ancor oggi è così in molti stati dittatoriali. Qualche tempo fa sbirciando tra gli archivi dei giornali ho trovato un caso di infanticidio avvenuto a Cori nel 1964: si tratta di un articolo a mezza pagina all’interno di un quotidiano, a dimostrazione che anche allora c’era poco clamore mediatico su quelle tragiche storie, al contrario di oggi, quando i media ci vanno a nozze e i paesi dei delitti diventano dei palcoscenici teatrali per i loro abitanti e per le loro economie una benedizione. Le pene inflitte nei grandi casi di omicidio in Italia non sono tutte uguali, esse vanno dall’ergastolo a venti, trent’anni di reclusione, o anche di meno se a commettere i delitti sono stati dei minorenni, come nel caso di Novi Ligure nel 2001: gli autori hanno scontato una decina d’anni e ora sono già fuori. A Pietro Maso, che nel 1991 con l’aiuto di alcuni amici uccise i genitori per accaparrarsi l’eredità, gli venne riconosciuta la seminfermità, riuscendo ad evitare l’ergastolo, non scontò per intero la pena ed uscì in anticipo, anch’egli con un lavoro che gli venne assegnato. Anche nel caso del delitto di Cori, che ebbe sì grande risalto nazionale allora, ma differenza degli altri casi di omicidi più famosi dopo anni nessuno ne parla più, tranne qualche mezzo d’informazione di Latina, non ci fu condanna all’ergastolo, nonostante l’efferatezza, perché i giudici ritennero che non ci fosse premeditazione, cioè colui che ritennero colpevole non era partito con l’intenzione di uccidere le due vittime, ma lo fece perdendo il controllo dopo dei litigi. Neanche gli autori dei delitti di Garlasco e di Melania Rea sono stati condannati all’ergastolo. Ci sono state delle condanne all’ergastolo per gli omicidi di Yara (Provincia di Bergamo), di Sara Di Pietrantonio (Roma), per la strage di Erba e soprattutto per il Delitto di Avetrana, forse il caso di omicidio in Italia che ha avuto la più grande attenzione mediatica. 


Un delitto organizzato, voluto, da un’intera famiglia ai danni di una loro stretta parente, a dimostrazione di come alcuni genitori possano arrivare a commettere follie, per accontentare i capricci dei loro figli che hanno sempre assecondato e viziato. Il movente del Delitto di Avetrana è stata la rivalità in amore tra due cugine innamorate dello stesso ragazzo, il quale ha preferito una; l’esclusa per gelosia e per rancore ha deciso di risolvere “a modo suo” la questione con l’aiuto dei familiari: la madre ha partecipato all’omicidio con la figlia, il padre, che avrebbe dovuto fungere da capro espiatorio, ha nascosto il cadavere. 


Prendo spunto da questo episodio per aprire una parentesi sul tema dell’attrazione, fisica e non, delle rivalità che, come abbiam visto, possono portare a tragiche conclusioni. La bellezza fisica non è l’unico elemento che può attrarre in una persona; se qualcuna si sente superata da altre in questo campo, o si senta derisa o snobbata per qualcosa, per rifarsi, per attrarre qualcuno, per superare, per altro, può tirar fuori altre caratteristiche dove sente di primeggiare. Infatti, spesso capita che quelle più belle fisicamente abbiano poche facoltà intellettuali, al contrario di coloro meno affascinanti esteriormente. Altre invece belle, intelligenti, tranquille di carattere, capita che rovinino tutto perdendosi in bicchieri d’acqua, come quando fumano molto, lasciando una scia nauseabonda tra tabacco, sudore, altro. Dico ciò, non perché sia razzista, tutti sudiamo quando ci muoviamo, specie nei periodi più caldi, ma solo per far notare come qualche elemento considerato insignificante può far crollare come un castello di carte le caratteristiche positive che attirano. Dipende pure dai tipi: magari un fumatore accanito neanche ci fa caso. Tutto per dire, guardando ad Avetrana, che ci sono molte cose che attraggono in una persona, positive e negative, non soltanto la bellezza esteriore. 

Gli autori di questi crimini, sia se si ritengono innocenti, sia se siano rei confessi, una volta scarcerati, lucrano sulle loro storie, scrivendo libri, rilasciando interviste, partecipando a riprese televisive. Non tutti gli omicidi liberati finiscono in mezzo alla strada, quando finiscono scontare le loro pene: dipende se i familiari delle vittime si sono costituiti parte civile. Il dibattito sulla pena di morte per i grandissimi reati resta aperto: c’è chi sostiene che avrà effetto nella riduzione drastica dei reati, come in alcuni stati dove è in vigore e c’è chi sostiene che non produrrà alcun effetto, vedasi Stati Uniti, Giappone.

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