DOPO IL PDL
FALLISCE ANCHE L’ESPERIENZA DEL PD E DEL BIPARTITISMO. LE GRANDI CORAZZATE
MULTIFORMI CREATI PER INCREMENTARE I NUMERI NON FUNZIONANO. OCCASIONE DESTRA?
In occasione delle elezioni
politiche 2008 nacquero due grandi partiti, non troppo centristi e non
troppo estremisti, che avrebbero dovuto aprire l’era del bipartitismo. Al loro
interno però erano presenti politici provenienti dalle estremità, i quali si
scontravano frequentemente con coloro che si avvicinavano al centro, per cui
bisognava, tra scontri vari, trovare una linea politica di sintesi che non
sempre usciva. Dopo il fallimento dell’esperienza del Pdl, anche quella del Pd
volge al termine. Il bipartitismo funziona bene negli Usa, in Gran Bretagna ed
in altri paesi: due grandi partiti di precise tendenze da secoli prevalgono
sugli altri; i due nostrani già citati, per la grande diversità delle anime che
li componevano, hanno sempre trovato difficoltà a trovare delle linee
programmatiche. Ugualmente avviene nelle coalizioni di governo: spesso i
partiti alleati litigano per il programma e se non si giunge a dei compromessi,
l’alleanza si rompe, ma almenoi singoli
partiti non si sfasciano.
Nel caso del Partito
Democratico, molti tra coloro che provenivano dal Pci, dal Pds, dal Ds,
hanno mostrato spesso insofferenza nei confronti di Matteo Renzi, facendo di
tutto per boicottarlo: abbiamo visto quanto è successo nell’ultimo referendum
costituzionale. Lo hanno sempre contrastato per i metodi arroganti, su questo
non posso dar loro torto, non per la sua provenienza centrista. Su Prodi, colui
che ha voluto fortemente il Pd e anche lui ex democristiano, non hanno mai
avuto nulla da ridire: lo vedevano come un trascinatore carismatico, la
calamita che univa le molte anime del centrosinistra; la stessa funzione era
svolta da Berlusconi dall’altra parte. Gli ex comunisti vogliono i cattolici
nel Pd come propri vassalli: validi per raccattare qualche voto in più, ma guai
se si impuntano sui temi etici (aborto, eutanasia, convivenze, ecc.). Di norma
quei cattolici non hanno mai provocato tensioni all’interno del Pd per le
politiche contrarie alla Chiesa: per loro l’essenziale è che il loro culto non
venga soppresso.
Questa scissione che c’è stata all’interno del Pd, con i fuoriusciti
dell’ala estrema, sarà una buona occasione per le forze di destra per
riscattarsi attraverso il voto. La tenuta del governo potrebbe essere a rischio
e non sono escluse le elezioni anticipate. Bisognerà vedere se questo nuovo
soggetto di sinistra e il Pd si coalizzeranno o no. Se le molte anime del
centrodestra non supereranno le ruggini e le rivalità avranno delle difficoltà
ad affermarsi. I molti fuoriusciti di Forza Italia, analizzano questa
situazione, tentando di tornare all’ovile. Siamo alle solite! Non c’è da
fidarsi: come se ne sono già andati se ne andranno ancora.
Cari parenti commensali, qui riuniti in questo lauto banchetto
per festeggiare il solenne anniversario della mia venuta al mondo, celebrato
ufficialmente martedì scorso con la Santa Messa, è doveroso rivolgere qualche
parola di riflessione e di ringraziamento. I miei pensieri mi portano indietro
di dieci anni, in occasione del precedente mio compleanno dalla cifra tonda,
allorquando allestii una piccola mostra personale sulla mia figura per pochi
intimi. Nella migliore età, agii in quel senso perché auspicavo che quello che
avevo realizzato sino ad allora potesse darmi una carica, spronarmi a fare
sempre meglio per costruire il mio futuro. Dieci anni dopo, in un'età in cui
una volta si era uomini responsabili, mentre oggi alcuni tendono a rimanere “eterni
ragazzi” , anche senon tutto è
andato come sognavo, alcuni miglioramenti nella mia vita li ho ottenuti: riesco
a guadagnare dei soldi mensilmente, ho acquistato un’automobile ed addirittura
ogni tanto riesco a svagarmi, visitando qualche città italiana ed europea.
Magari, per altri, queste mie conquiste sarebbero scontate e non
significherebbero nulla, per me è tantissimo, anche perché bisogna considerare
che c’è chi sta peggio. Così mia madre, che ha dovuto crescere tre figli da sola,
può essere soddisfatta che il figlio che aveva maggiore difficoltà a trovare
una strada, inizia ad ottenere qualcosa dalla vita. Un ringraziamento è
doveroso nei confronti della mia famiglia: della mamma, di mio fratello e di
mia sorella, i quali sempre mi hanno sostenuto, aiutato, indicato delle strade
e sono stati prodighi di consigli, che non sempre ho ascoltato; ma non mi hanno
mai forzato, lasciandomi piena libertà, consci della mia retta condotta. Grazie
a mia cognata Silvia, ai suoi genitori e al piccolo Tommaso Raffaele, mio
nipote, entrati a pieno titolo nella mia vita e nella famiglia. Grazie a Zio
Piero e a Zia Margaret, alla loro bella famiglia anglo italiana, ai cari cugini
che noi abbiamo visto nascere e crescere; ripenso ai tanti bei momenti passati
insieme e alla piscina che ravvivava qualche mia giornata estiva. Grazie agli
altri parenti e amici che in un modo o nell’altro mi sono stati accanto nella
mia esistenza, sostenendomi. Un pensiero non può mancare per coloro ci hanno
lasciato e che non sono più in mezzo a noi. Ora non so cosa il domani mi
riserverà, come si evolverà la mia vita, se in meglio o in peggio: l’augurio è
che, mettendoci tutta la buona volontà, possa arrivare a migliorarmi sempre di
più, ottenendo degli altri positivi risultati e vivendo la vita giorno per
giorno. La rimembranza di questi momenti conviviali, in cui il sottoscritto non
è abituato più ad essere al centro dell’attenzione dai tempi della prima
comunione e della cresima, possa essere un buon toccasana nei momenti
difficili, per me e per voi tutti. Cari parenti, non concludo con il consueto
vogliamoci bene e viviamo felici e contenti (frasi molte volte dette
ipocritamente per rispettare il classico protocollo), vi esorto a vivere con
moderazione, quel che basta per avere una vita dignitosa: senza abbattersi,
scoraggiarsi, farsi prendere dallo sconforto; oppure non bisogna fare il
contrario: strafare ed imporsi a tutti i costi. Poi potremo volerci bene,
aiutandoci l’un l’altro.
PER
CELEBRARE IL GIORNO DEL RICORDO DELLE FOIBE (UN DRAMMA A CUI SI CERCA DI NON
DARE LA GIUSTA
IMPORTANZA) CI SONO “LA CANZONE DEL QUARNARO”
DI D’ANNUNZIO, CHE CELEBRA L’UNIONE DELLA VENEZIA GIULIA ALL’ITALIA, E “ANCHE LE PIETRE PARLANO ITALIANO”, PER
OMAGGIARE I MARTIRI GIULIANI E IL LORO ESODO, CULMINATO CON LA SLAVIZZAZIONE DI
QUELLE ITALIANISSIME TERRE.
In questi giorni ci sono state delle polemiche per gli annunci
delle massime autorità dello Stato Italiano alla rinuncia a partecipare alle
commemorazioni delle foibe, nei luoghi in cui furono trucidati gli italiani
istriani – dalmati. Addirittura si sono tenute delle conferenze negazioniste.
Il dramma dei Giuliani – Dalmati, che alla fine della Seconda Guerra Mondiale
furono costretti ad un esodo di massa dalle loro terre per sfuggire alla
pulizia etnica (che già aveva colpito molti loro conterranei), venendo
malaccolti nelle maggiori città italiane, è stato per lungo tempo occultato;
ancora oggi si cerca di non dargli molta considerazione. Molte località
dell’Istria e della Dalmazia, appartenenti per molti secoli alla Serenissima Repubblica di Venezia, erano
italianissime, anche oggi lo sono nello spirito. Esse fecero gran festa nel
1918 per l’annessione alla madrepatria italiana (anche se furono escluse delle
città della costa dalmata, ad eccezione di Zara), così come la città di Fiume
(la Conferenza di Pace di Versailles nel 1919 stabilì che fosse una cittadina indipendente) che accolse a braccia aperte Gabriele
D’Annunzio e i suoi volontari, i quali tentarono invano di unirla all’Italia nel primo dopoguerra (l'annesione ci sarà definitivamente nel 1924). Oggi
molti toponimi italiani sono stati mutati in croato e sloveno: Pula (Pola),
Rijeka (Fiume), Rovinj (Rovigno), Koper (Capodistria), Cres (Cherso), Krk
(Veglia), Opatija (Abbazia), Dubrovnik (Ragusa) e molti altri ancora. Ora, col
politicamente corretto, non si sente un briciolo d’orgoglio nazionale e la
maggioranza si adatta ai mutamenti, chiamando quelle località con i nomi slavi
(“Pensa agli stolti che in
televisione/Chiamano Dubrovnik Ragusa la bella”, recitano dei versi de “In Istria e in DalmaziaAnche le pietre parlano italiano”), tra
le amare nostalgie dei giuliani – dalmati e riaprendo le loro antiche ferite. Il
grido di dolore, che nonostante si è fatto di tutto per non farlo sentire, è
più vivo che mai: tutta la patria italiana civile, nelle sue molteplici forme e
caratteristiche da nord a sud, partecipa al dolore dei suoi figli, che erano
collocati nei suoi naturali confini del Quarnaro: così aveva già stabilito l’Antica
Roma, per delimitare le sue province italiane.
La canzone del
Quarnaro
(La canzone del Quarnaro
commemora l'impresa di tre MAS della Marina da guerra italiana, alla quale partecipò
anche D'Annunzio.)
Siamo trenta d’una sorte,/e trentuno
con la morte.
EIA, l’ultima!/Alalà!
Siamo trenta su tre gusci,/su tre tavole di ponte:/secco fegato, cuor
duro,/cuoia dure, dura fronte,/mani macchine armi pronte,e la morte a paro a
paro.
EIA, carne del Carnaro!/Alalà!
Con un’ostia tricolore/ognun s’è comunicato./Come piaga incrudelita/coce il
rosso nel costato,/ed il verde disperato/rinforzisce il fiele amaro.
EIA, sale del Quarnaro!/Alalà!
Tutti tornano, o nessuno./Se non torna uno dei trenta/torna quella del
trentuno,/quella che non ci spaventa,/con in pugno la sementa/da gittar nel
solco avaro.
EIA, fondo del Quarnaro!/Alalà!
Quella torna, con in pugno/il buon seme della schiatta,/la fedel
seminatrice,/dov’è merce la disfatta,/dove un Zanche la baratta/e la dà per un
denaro.
EIA, pianto del Quarnaro!/Alalà!
Il profumo dell’Italia/è tra Unie e Promontore./Da Lussin, da Val
d’Augusto/vien l’odor di Roma al cuore./Improvviso nasce un fiore/su dal bronzo
e dall’acciaro.
EIA, patria del Quarnaro./Alalà!
Ecco l’isole di sasso/che l’ulivo fa
d’argento./Ecco l’irte groppe, gli ossi/delle schiene, sottovento./Dolce è ogni
albero stento,/ogni sasso arido è caro.
EIA, patria del Quarnaro!/Alalà!
Il lentisco il lauro il mirto/fanno incenso alla Levrera./Monta su per i
valloni/la fumea di primavera,/copre tutta la costiera,senza luna e senza faro.
EIA, patria del Quarnaro!/Alalà!
Dentro i covi degli Uscocchi/sta la bora e ci dà posa./Abbiam Cherso per
mezzana,/abbiam Veglia per isposa,/e la parentela ossosa/tutta a nozze di
corsaro.
EIA, mirto del Quarnaro!/Alalà!
Festa grande. Albona rugge/ritta in piè su la collina./Il ruggito della belva/scrolla
tutta Farasina.
Contro sfida leonina/ecco ragghio di
somaro.
EIA, guardie del Quarnaro!/Alalà!
Fiume fa le luminarie/nuziali. In tutto l’arco/della notte fuochi e stelle./Sul
suo scoglio erto è San Marco./E da ostro segna il varco/alla prua che vede
chiaro.
EIA, sbarre del Quarnaro!/Alalà!
Dove son gli impiccatori/degli eroi? Tra le lenzuola?/Dove sono i portuali/che
millantano da Pola?/A covar la gloriola/cinquantenne entro il riparo?
EIA, chiocce del Quarnaro!/Alalà!
Dove sono gli ammiragli/d’arzanà? Su la ciambella?/Santabarbara è sapone,/è
capestro ogni cordella/nella ex voto navicella/dedicata a san Nazaro.
EIA, schiuma del Quamaro!/Alalà!
Da Lussin alla Merlera,/da Calluda ad Abazia,/per il largo e per il lungo/siam
signori in signoria./Padre Dante, e con la scia/facciam "tutto il loco
varo".
EIA, mastro del Quarnaro!/Alalà!
Siamo trenta su tre gusci,/su tre tavole di ponte:/secco fegato, cuor
duro,/cuoia dure, dura fronte,/mani macchine armi pronte,/e la morte a paro a
paro.
EIA, carne dal Carnaro!/Alalà!
Gabriele D’Annunzio 11 febbraio 1918.
Anche le pietre
parlano italiano
Nave che mi porti sulla rotta
istriana,/Nave quanti porti hai visto, nave italiana,/Nave che attraversi il
golfo di Venezia,/Agile vai avanti anche solo per inerzia.
Portami veloce sulla costa polesana,/Corri più in fretta come una volpe verso
la tana,/E tu signora bella non sarai più sola:/Danzeremo insieme nell'arena di
Pola.
Ascolta in silenzio la voce delle onde/Ti porterà sicura verità profonde/Perché
in Istria non ti sembri strano:/Anche le pietre parlano italiano,/Anche le
pietre parlano italiano.
Siamo nel Quarnaro e sempre più vicini/Solo ci circonda la danza dei delfini./E
poi Arbe e Veglia ci guardano passare,/Anche dopo cinquant'anni non si può
dimenticare.
Ascolta in silenzio la voce delle onde/Ti porterà sicura verità profonde/Perché
in Dalmazia non ti sembri strano:/Anche le pietre parlano italiano,/Anche le
pietre parlano italiano.
Nave che mi porti sulla rotta di Junger,/Nave quanta gente è scappata da Fiume/Pensa
agli stolti che in televisione/Chiamano Dubrovnik Ragusa la bella.
Ascolta in silenzio la voce delle onde/Ti porterà sicura verità profonde/Perché
in Italia non dimentichiamo/Quanto ha sofferto il popolo istriano,/Perché in
Italia non dimentichiamo/Quanto sta soffrendo il popolo istriano.