ANCORA OGGI (COME
IERI) CI SONO MINORANZE ETNICHE O RELIGIOSE PERSEGUITATE, IN PRIMIS I CRISTIANI
DEL MEDIO – ORIENTE E DELL’AFRICA, I QUALI CI METTONO IN GUARDIA DEI RISCHI CHE
POTREMMO CORRERE ANCHE NOI IN FUTURO.
Ogni anno a fine
gennaio si celebra giustamente la Giornata della Memoria, in cui si ricorda lo
sterminio del popolo ebraico durante l’ultima guerra mondiale. Il 10 febbraio
invece si ricordano i martiri italiani della Venezia Giulia, uccisi e gettati
nelle cavità carsiche chiamate foibe. Nel corso dei secoli ci sono stati molti
stermini di minoranze etniche e religiose che si distinguevano dalla
maggioranza della popolazione del territorio in cui vivevano, seppur con modi e
circostanze diverse dai due tragici eventi del ‘900 che ho citato: i popoli
antichi, tra cui romani, barbari e altri uccidevano e schiavizzavano molti tra
coloro che sottomettevano, i nativi americani subirono massacri, così come gli
armeni. Negli anni 1990 abbiamo assistito alle guerre di Jugoslavia, le quali
hanno dimostrato che non sempre si sta in fratellanza ed in armonia in una
società multietnica. L’esodo degli italiani dall’Istria e dalla Dalmazia (che
preferirono emigrare piuttosto che divenire jugoslavi) fece divenire slave
delle terre da secoli italiane: oggi di italiano in quelle zone ci sono
soltanto gli elementi architettonici. Fu un errore quell’esodo che cancellò
ogni traccia d’italianità in quei luoghi.
Oggi, al contrario,
ci sono delle campagne (con tanto di finanziamenti) per non far sparire alcuni
popoli oppressi (minoranze nelle loro nazioni) di millenaria presenza nei
territori mediorientali, culla delle civiltà. Si tratta principalmente delle
minoranze cristiane che si riducono numericamente sempre di più, perché
perseguitate o cacciate dalle loro terre, in cui nacque e crebbe il
cristianesimo. Oltre al Medioriente i cristiani subiscono stermini in Nigeria,
in altri parti dell’Africa, in Pakistan e un po’ ovunque. Nelle nazioni
tradizionalmente cristiane più avanzate, dove si assiste ad un processo di
secolarizzazione, aumentano, senza alcuna persecuzione in atto, le genti di
fedi diverse, con l’assenso di una Chiesa Cattolica sempre più allineata, in
questo campo, al progressismo politico. Ci sono però delle opinioni di alcuni
prelati della Chiesa, alcuni dei quali provenienti dalle terre di emigrazione,
che non rispecchiano quei pensieri: qualche papa del passato, tra cui Giovanni
Paolo II e Benedetto XVI, tutelava il cosiddetto “diritto a non emigrare”, cioè
la necessità per i Paesi meno sviluppati di avere a disposizione le migliori
risorse umane per un concreto sviluppo, specie quei giovani preparati che sono
i più propensi ad emigrare”. Anche molti vescovi africani sono dello stesso
avviso. Alcuni cristiani che hanno provato sulla loro pelle le violenze e la
fuga dai loro luoghi natii, come quelli siriani e iracheni e che conoscono bene
le realtà in cui vivono, ci ammoniscono, avvertendoci che le leggi, le mentalità
e i modi di pensare del mondo che li circonda non sono come i nostri e un
giorno potremmo trovarci anche noi nella loro stessa situazione se non porremo
un freno all’immigrazione incontrollata di massa.
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