LA DENATALITA' IN ITALIA PROVOCHERA' DISASTROSE CONSEGUENZE A CAUSA DEL DISLIVELLO TRA I NUMEROSI VECCHI E I POCHI GIOVANI. LE IDEE PER UNA CONTROTENDENZA. LA STORIA DI ISABELLA VIOLA, LA GIOVANE MAMMA, CHE ANDANDO CONTROCORRENTE HA AVUTO 4 FIGLI ED E' MORTA FATICANDO PER MANTENERLI.
L’Italia è agli ultimi posti al mondo per nascite. È un triste e brutto primato. Tra qualche decennio ci saranno una miriade di vecchi e pochi giovani: la piramide sarà capovolta, invece dovrebbe avere la sua forma originale. I pochi giovani attivi non ce la faranno a mantenere i moltissimi anziani pensionati, per cui il sistema pensionistico sarà da riformare, allungando l’età lavorativa: i sindacati è inutile che strillino tanto. Negli anni ’60 lavoravano tutti e c’erano pochi anziani pensionati, con quei criteri si è andati avanti sino ai nostri giorni. L’elevata fecondità anni addietro era una caratteristica tipica italiana: negli anni successivi al Secondo Conflitto Mondiale nacquero più di un milione di bambini all’anno, negli anni ’50 le nascite scesero leggermente sulle 900.000/800.000 annue, a metà anni ’60 superarono nuovamente il milione annuo, dopo di allora pian piano iniziarono a calare, sino a raggiungere all’incirca il mezzo milione e rotti alla metà degli anni ’80, in concomitanza con l'entrata in vigore dell'aborto. Un anno qualcosa in più, un altro anno qualcosa in meno, ma dalle 550.000 le nascite non si sono più smosse da un trentennio. Perché questa denatalità? Non tanto per la mancanza di lavori duraturi e fissi o per l’emancipazione della donna che dà priorità a realizzarsi professionalmente, ma per la trasformazione della società: dove una generazione abituata ad avere tutto senza lottare, vede nell’arrivo dei figli una minaccia alla propria libertà e alla propria sicurezza economica.
La superficie italiana è limitata, perciò neanche converrebbe figliare a tutto spaino, come incitava a fare il Fascismo perché aveva bisogno di braccia per un’eventuale guerra, ma allora possedevamo alcune colonie in Africa da popolare; oggi basterebbe soltanto chiedere alla popolazione italiana di fare un piccolo sforzo, per portare il numero dei nati sulle 600.000/700.000 all’anno, per far sì che si superino i morti annui di qualche decina di migliaia, così il disequilibrio anziani, popolazione attiva verrebbe in larga parte risolto. I governi che si sono succeduti in tutti questi anni non hanno fatto nulla per sensibilizzare gli italiani su questo tema, quando invece avrebbero dovuto promuovere massicce campagne pro – incremento natalità. Dal punto di vista medico – scientifico bisognerebbe agevolare la ricerca per la guarigione dalla sterilità, migliorare la fecondazione assistita, prevenire e curare le eventuali malformazioni del nascituro, allungare di qualche anno il tempo biologico di una donna, abolire l’aborto (ogni anno in Italia ne vengono praticati all’incirca 150.000: una bella cifra che impennerebbe vertiginosamente il numero dei neonati). Per quanto riguarda l’assistenzialismo statale, il governo dovrebbe incitare al matrimonio in giovane età (non oltre i trent’anni), favorendo gli sposi sia dal punto di vista fiscale, sia nei loro lavori: più figli hai meno tasse paghi, istituzione di premi in denaro, creazione di asili nido nei posti di lavoro, maggiori guadagni per il capofamiglia, garanzia per la donna di entrare nel mondo del lavoro in età avanzata (se vorrà o se ce ne sarà bisogno), quando i figli saranno grandini, con possibilità per entrambi i coniugi di agevolare la carriera nelle loro professioni in base al numero di figli.
Viviamo in un paese libero: per libertà, tra le tante cose, s’intende anche il fare figli o non farli, sposarsi o no; noi vogliamo solo dare qualche consiglio per evitare un futuro dislivello tra il numero di anziani elevatissimo, il numero di giovani molto ridotto e le disastrose conseguenze che ci saranno. Per saldare quello squilibrio potrebbero aprire le porte ad altri milioni e milioni di stranieri, altrimenti chi assisterà gli altrettanti milioni di individui nati negli anni ’60 quando saranno anziani? Conviene davvero buttare via tutta la nostra storia e la nostra identità nazionale? I popoli a sud del Mediterraneo non fanno altro che crescere e moltiplicarsi: se non disponessimo di elevati mezzi tecnologici di difesa militare, chi ci avrebbe difeso se un domani avessero deciso di muovere guerra contro di noi? Sono popolazioni che hanno fame (in tutti i sensi), i nostri pochi giovani non ce l’hanno, sono abbuffati di materialismo.
LA STORIA DI ISABELLA VIOLA
In questo quadro ci sono delle storie che coinvolgono: per alcuni anni, prima che arrivasse la crisi, i mezzi di informazione ci hanno raccontato di un’Italia che viveva in un eldorado, non aveva voglia di sfacchinare, di alzarsi alle quattro di mattina, di generare nuove vite e l’immigrazione era l’unica soluzione per toppare quelle falle. Non avevano tutti i torti, però c’erano e ci sono delle eccezioni che non facevano e non fanno notizia, a meno che non ci scappi il morto. È la storia di Isabella Viola, raccontata da “Il Messaggero”: la donna 34enne, originaria di Torvaianica e madre di quattro figli, che lo scorso novembre nelle metropolitane di Roma si è sentita male ed è morta, distrutta dalla fatica per il gran lavoro che svolgeva per moltissime ore e per sette giorni su sette. È una storia triste e allo stesso tempo eroica, di una madre coraggio, che anziché scegliere di stare a casa con i genitori e fare la vita comoda, si è assunta delle responsabilità, sgobbando per amore dei suoi numerosi figli. Questo fatto mi ha commosso profondamente: noi intellettuali di destra dietro le nostre dure scorze, disponiamo di un cuore tenero come il burro. Sia da esempio per i giovani, anche se l'effetto che potrebbe scaturire potrà essere opposto a quello desiderato.
di Laura Bogliolo (http://www.ilmessaggero.it/)
ROMA - I dolci Isabella non li preparava anche per i suoi bambini «perché quando tornava a casa era già notte»: poco dopo l'alba avrebbe inghiottito anche l'ultima possibilità di dare un bacio ai suoi quattro figli. «Isabella metteva la sveglia alle 4, poi correva per non perdere il pullman che da Torvaianica la portava a Roma, al bar dove lavorava» e dove cucinava dolci che il quartiere Tuscolano ancora oggi ricorda. Passava tutta la giornata in quel piccolo locale color rosa, poi il viaggio di ritorno a casa, oltre due ore di viaggio sui mezzi pubblici. «Giocava un po' con i bimbi, poi crollava e andava a letto». Isabella Viola, la giovane mamma di quattro figli morta per un malore nelle viscere poco ospitali della metropolitana, «andava a lavoro nonostante stesse male altrimenti non la pagavano».
Anche quella maledetta domenica Isabella non si sentiva bene: prima di indossare giaccone e sciarpa si è voltata e ha sussurrato per non svegliare i bimbi: «Tranquillo amore, ce la faccio, ci vediamo dopo». Alessandro Rossi, 43 anni, il marito di Isabella, si stringe a se stesso quasi cercando un ultimo abbraccio mentre racconta la storia di quella ragazza ribattezzata la «principessa di Torvaianica», per qualcuno addirittura «regina». Peccato sia dovuta morire per essere incoronata.
«Cinquantacinque euro al giorno». Era quanto prendeva la principessa di Torvaianica per gestire un bar che aveva trasformato in pochi mesi in un punto di ritrovo di un intero quartiere. Lo racconta il marito Alessandro in una video intervista pubblicata oggi sul Messaggero.it mentre non riesce a nascondere la rabbia: «Isabella lavorava sette giorni su sette, solo la domenica poteva andare via un po' prima dal bar e non la pagavano se restava a casa perché stava male: nessun rimborso, non poteva usufruire della malattia perché non aveva un contratto».
Alessandro ha presentato una denuncia contro il gestore del bar, vuole dare «un po' di giustizia» a quella donna che ogni tanto scompariva dietro il bancone: bastava sporgersi un po' per ritrovarla accucciata, avvolta come in un bozzolo, seduta sopra una cassetta del latte in cerca di qualche minuto di riposo.
Solidarietà. Alessandro sfoglia le centinaia di e-mail che sono arrivate alla redazione del Messaggero.it, nasconde il volto per non far vedere le lacrime, così come faceva Isabella quando non voleva mostrare le smorfie di dolore per quel malessere che da tempo la perseguitava. «Grazie a tutti quelli che hanno scritto alla nostra famiglia, grazie per l'affetto inaspettato: la sera, prima di cenare, leggo quelle belle parole ai miei piccoli».
Loro, Alessandra, 4 anni, Davide, 6, Francesco 9, e Manuele, 11, sorridono, con gli occhi illuminati di vita, non hanno mai smesso di sperare anche se mamma non c'è più. Giocano con Andrea Capanero, collega di Isabella, amico di famiglia. «Più o meno faccio la vita che faceva Isabella, ora mi chiedo ne varrà la pena?» scrive Letizia, anche lei come Isabella rimasta orfana del papà. Per Luca la principessa di Torvaianica rappresenta «un istante di vita in un mondo che troppo spesso è solo commedia». Gemma Viola digita da Monza: «Anche noi abbiamo 4 figli, vorremmo aiutare». C'è chi ha proposto di intitolare una via a Isabella, e chi, come Francesca, pensa al Natale e a quell'ultimo desiderio di Isabella: risparmiare per fare i regali ai suoi quattro figli creando sul web una Wish list, una lista di regali online. Anche i dipendenti della Camera dei Deputati stanno organizzando una colletta.
In missione da Torino. Solidarietà alla famiglia di Isabella anche dal sindaco Gianni Alemanno: ha ricevuto Alessandro e i suoi figli in Campidoglio e anche oggi continua a stare vicino a quei piccoli con un aiuto concreto. Anche il quartiere non si dimentica di Isabella: la colletta all’edicola in via Nocera Umbra organizzata dalla signora Ada prosegue. Sono stati raccolti circa 4mila euro: 2mila sono stati spesi per i funerali, soldi che il Campidoglio ha poi donato. Ada si commuove quando racconta di quella signora partita da via Trionfale con una missione: «Vengo da parte di mia madre che abita a Torino - ha detto la signora - mi ha chiamata chiedendomi di venire qui e fare un’offerta per i figli di Isabella».
Aiuti anche dal Canada. «Sono padre di 3 bimbi e posso solo immaginare l'incredibile tragedia e il dolore della famiglia di Isabella, vivo in Canada, a Toronto, e vorrei contribuire alla colletta» scrive Fabio. E-mail anche dalla Germania con Daniele che definisce Isabella una «piccola grande donna». «Il comitato Presepe Vivente di Morlupo vuole dedicare l’edizione di quest’anno a Isabella» propone Mariasole Garacci che sta organizzando una colletta.
Alessandro ha attivato un conto corrente Banco Posta «per dare seguito alle centinaia di richieste arrivate: Iban IT32W0760103200001009910611 intestato ad Alessandro Rossi».
Ma il marito di Isabella non si dà pace: «Stava male, non doveva lavorare, ogni giorno affrontava un viaggio di oltre due ore e spesso il pullman non si fermava a Torvaianica perché troppo pieno. Ma Isabella - dice Alessandro - faceva di tutto pur di lavorare». Anche morire.
ROMA - I dolci Isabella non li preparava anche per i suoi bambini «perché quando tornava a casa era già notte»: poco dopo l'alba avrebbe inghiottito anche l'ultima possibilità di dare un bacio ai suoi quattro figli. «Isabella metteva la sveglia alle 4, poi correva per non perdere il pullman che da Torvaianica la portava a Roma, al bar dove lavorava» e dove cucinava dolci che il quartiere Tuscolano ancora oggi ricorda. Passava tutta la giornata in quel piccolo locale color rosa, poi il viaggio di ritorno a casa, oltre due ore di viaggio sui mezzi pubblici. «Giocava un po' con i bimbi, poi crollava e andava a letto». Isabella Viola, la giovane mamma di quattro figli morta per un malore nelle viscere poco ospitali della metropolitana, «andava a lavoro nonostante stesse male altrimenti non la pagavano».
Anche quella maledetta domenica Isabella non si sentiva bene: prima di indossare giaccone e sciarpa si è voltata e ha sussurrato per non svegliare i bimbi: «Tranquillo amore, ce la faccio, ci vediamo dopo». Alessandro Rossi, 43 anni, il marito di Isabella, si stringe a se stesso quasi cercando un ultimo abbraccio mentre racconta la storia di quella ragazza ribattezzata la «principessa di Torvaianica», per qualcuno addirittura «regina». Peccato sia dovuta morire per essere incoronata.
«Cinquantacinque euro al giorno». Era quanto prendeva la principessa di Torvaianica per gestire un bar che aveva trasformato in pochi mesi in un punto di ritrovo di un intero quartiere. Lo racconta il marito Alessandro in una video intervista pubblicata oggi sul Messaggero.it mentre non riesce a nascondere la rabbia: «Isabella lavorava sette giorni su sette, solo la domenica poteva andare via un po' prima dal bar e non la pagavano se restava a casa perché stava male: nessun rimborso, non poteva usufruire della malattia perché non aveva un contratto».
Alessandro ha presentato una denuncia contro il gestore del bar, vuole dare «un po' di giustizia» a quella donna che ogni tanto scompariva dietro il bancone: bastava sporgersi un po' per ritrovarla accucciata, avvolta come in un bozzolo, seduta sopra una cassetta del latte in cerca di qualche minuto di riposo.
Solidarietà. Alessandro sfoglia le centinaia di e-mail che sono arrivate alla redazione del Messaggero.it, nasconde il volto per non far vedere le lacrime, così come faceva Isabella quando non voleva mostrare le smorfie di dolore per quel malessere che da tempo la perseguitava. «Grazie a tutti quelli che hanno scritto alla nostra famiglia, grazie per l'affetto inaspettato: la sera, prima di cenare, leggo quelle belle parole ai miei piccoli».
Loro, Alessandra, 4 anni, Davide, 6, Francesco 9, e Manuele, 11, sorridono, con gli occhi illuminati di vita, non hanno mai smesso di sperare anche se mamma non c'è più. Giocano con Andrea Capanero, collega di Isabella, amico di famiglia. «Più o meno faccio la vita che faceva Isabella, ora mi chiedo ne varrà la pena?» scrive Letizia, anche lei come Isabella rimasta orfana del papà. Per Luca la principessa di Torvaianica rappresenta «un istante di vita in un mondo che troppo spesso è solo commedia». Gemma Viola digita da Monza: «Anche noi abbiamo 4 figli, vorremmo aiutare». C'è chi ha proposto di intitolare una via a Isabella, e chi, come Francesca, pensa al Natale e a quell'ultimo desiderio di Isabella: risparmiare per fare i regali ai suoi quattro figli creando sul web una Wish list, una lista di regali online. Anche i dipendenti della Camera dei Deputati stanno organizzando una colletta.
In missione da Torino. Solidarietà alla famiglia di Isabella anche dal sindaco Gianni Alemanno: ha ricevuto Alessandro e i suoi figli in Campidoglio e anche oggi continua a stare vicino a quei piccoli con un aiuto concreto. Anche il quartiere non si dimentica di Isabella: la colletta all’edicola in via Nocera Umbra organizzata dalla signora Ada prosegue. Sono stati raccolti circa 4mila euro: 2mila sono stati spesi per i funerali, soldi che il Campidoglio ha poi donato. Ada si commuove quando racconta di quella signora partita da via Trionfale con una missione: «Vengo da parte di mia madre che abita a Torino - ha detto la signora - mi ha chiamata chiedendomi di venire qui e fare un’offerta per i figli di Isabella».
Aiuti anche dal Canada. «Sono padre di 3 bimbi e posso solo immaginare l'incredibile tragedia e il dolore della famiglia di Isabella, vivo in Canada, a Toronto, e vorrei contribuire alla colletta» scrive Fabio. E-mail anche dalla Germania con Daniele che definisce Isabella una «piccola grande donna». «Il comitato Presepe Vivente di Morlupo vuole dedicare l’edizione di quest’anno a Isabella» propone Mariasole Garacci che sta organizzando una colletta.
Alessandro ha attivato un conto corrente Banco Posta «per dare seguito alle centinaia di richieste arrivate: Iban IT32W0760103200001009910611 intestato ad Alessandro Rossi».
Ma il marito di Isabella non si dà pace: «Stava male, non doveva lavorare, ogni giorno affrontava un viaggio di oltre due ore e spesso il pullman non si fermava a Torvaianica perché troppo pieno. Ma Isabella - dice Alessandro - faceva di tutto pur di lavorare». Anche morire.
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