bandiera

bandiera

venerdì 30 gennaio 2015

256) IL PROSELITISMO ISLAMICO TRA I DEBOLI

LE NUMEROSE COLONIE MUSULMANE CHE SI INSTALLANO NEI GRANDI E PICCOLI CENTRI, IN PARTICOLARE NELL’ITALIA DEL NORD, FANNO PROSELITI TRA I NOSTRI CONNAZIONALI PRIVI DI IDEE: GLI STESSI SONO TALMENTE PLAGIATI DA SPINGERSI FINO AL MARTIRIO.

Si calcola che siano tra i 50 mila e i 60 mila gli italiani convertiti all’Islam. Di fronte a 60 milioni di italiani (56 residenti in Italia, 4 all’estero) non sono nulla, eppure molti di questi convertiti sono talmente convinti delle loro scelte che sarebbero capaci di farsi saltare in aria in mezzo agli “infedeli” o combattono per lo stato islamico in Medio Oriente, comprese le donne, che scelgono di essere coperte da capo a piedi con una sorta di lenzuolo. Gli arabi più fanatici, in continua ascesa in Europa, non si accontenteranno di avere questi pochi convertiti, continueranno il loro proselitismo, come alcuni hanno dichiarato, venendo intercettati telefonicamente. La Chiesa, che non è più la forte autorità di un tempo, benedice e protegge l’avanzata musulmana, quando invece dovrebbe preoccuparsi, avviando nuove opere di evangelizzazione per impedire che molti battezzati abbandonino la religione italiana. Raramente succede che qualcuno, noto e meno noto, ritrovi la propria fede cristiana attraverso le testimonianze e le storie di alcuni santi, le narrazioni di qualche miracolo o apparizione.

Cosa spinge invece coloro che si fanno affascinare dall’Islam, fino ad esserne totalmente succubi da spingersi sino all’estremo sacrificio? Alcuni anni fa l’allora Presidente del Senato Marcello Pera e l’allora Cardinale Ratzinger affrontarono questi temi nel libro “Senza radici”, in cui si denunciava la volontaria rinuncia dell’Europa ai valori cristiani, con la minaccia dell’integralismo islamico che era, come oggi, in agguato. Pera successivamente lanciò una sorta di allarme, inerente sempre al tema della perdita della propria identità, relativo al “meticciato”. Nei matrimoni misti italiani/islamici sono di più i casi in cui i figli di queste coppie divengono musulmani che cristiani. La Chiesa alla concessione del nullaosta qualche volta cerca di scoraggiare coloro che vorrebbero unirsi in matrimonio con qualcuno/a di un’altra religione. Quando una persona è cristiana per modo di dire non le importa nulla di cambiare culto per compiacere l’altra parte. Le persone comuni solitamente non hanno nulla da ridire se un musulmano fa le preghiere e il ramadan: li tollerano perché pensano che sono in ritardo rispetto a noi; mentre se un loro connazionale italiano dice di digiunare per la quaresima o di recitare il rosario è coperto di irrisioni e di ridicolo. In molti paesini dell’Italia del Nord le percentuali di musulmani sono elevatissime rapportati sul totale della popolazione: le due realtà (autoctoni/islamici) si trovano a strettissimo contatto, per cui qualche nostro compatriota, debole, cresciuto senza idee e senza valori, può trovare nel conoscente islamico, convintissimo della sua fede, motivo di fascino, tanto da farsi coinvolgere totalmente e successivamente di farsi plagiare dagli iman più fanatici, scegliendo di combattere per l’Islam. Ma come si fa a sacrificarsi per una causa di odio, di morte, lontana anni luce da noi, estranea ai nostri valori e alle nostre tradizioni?

Una giusta causa per lottare è difendere il nostro sacro suolo italico, qualora venisse minacciato per stravolgergli il suo tessuto sociale, il suo sangue. Allora bisognerà ripartire ad educare le nuove generazioni all’amor patrio, all’attaccamento ai nostri valori religiosi. Occorrerà, per riscoprire l’orgoglio dell’appartenenza, rivalorizzare la storia (l’Impero Romano, il Risorgimento), la cultura (il rinascimento), le tradizione religiose (le suggestive processioni di ogni angolo d’Italia, con le statue e le icone delle Madonne e dei santi e accompagnate dalle bande musicali). I giovani così ritroveranno la fierezza nel concedere un anno allo stato italiano, il quale li addestrerà per la difesa della patria e di tutti i suoi valori. Io se potessi scegliere tra l’essere povero, faticare ed arrangiarmi da me, conservare il mondo che mi ha sempre circondato (ad esempio: suono delle campane, sagre paesane con porchetta, prosciutto, salsicce, birra, vino) e l’essere miliardario, servito, riverito da domestici extracomunitari, ma quando esco di casa non c’è più quello che mi ha sempre circondato per non offendere gli altri, comprese le carni suine e le bevande alcoliche bandite dal Corano, e trovo un Medio e Lontano Oriente, un Nord Africa in miniatura, opterei di corsa per la prima soluzione. Con un popolo fiero di sé, orgoglioso delle sue radici, delle proprie tradizioni, forte, virile, battagliero, non molle, non timoroso, non manovrabile, gli estremisti islamici troveranno pane per i loro denti e rinunceranno all’islamizzazione di Roma e dell’Italia.

martedì 20 gennaio 2015

255) FALSI MITI E VERI EROI

L’eroe è Fabrizio Quattrocchi, non Greta e Vanessa. Lasciatecelo dire

In Italia si è ancora liberi di pensarla in modo diverso, di dire che pagare i riscatti ultramilionari è pericoloso perché potrebbe incentivare altri sequestri? In Italia si è ancora liberi di avere forti perplessità su Greta e Vanessa, alla luce dell’informativa dei Ros che dà un quadro diverso da ciò che ci hanno raccontato per giorni e giorni? In Italia si è ancora liberi di criticare il ministro Gentiloni che, in aula, non ha chiarito come è realmente avvenuta la liberazione delle due ragazze? Se non è stato pagato il riscatto, qual è stato lo strumento usato? Di sicuro non c’è stata azione militare e altrettanto sicuro è che sarebbe puerile credere che con le parole si è riusciti a convincere gli estremisti islamici.

Le “dittature” della Boldrini e della sinistra

Tutta la sinistra – ad eccezione di qualche quotidiano non allineato ai voleri renziani – ha puntato il dito contro chiunque ponesse queste domande. Non si può. È vietato. È vietato dire che quei supposti 12 milioni di euro siano finiti nelle tasche dei terroristi. È vietato dire che Greta e Vanessa, nell’andare in quei posti caldi, non si sono limitate a fare opere umanitarie ma abbiano fatto una scelta, aiutando una fazione di ribelli. Le parole della Boldrini («ritengo che ci siano alcune polemiche veramente inaccettabili, insopportabili e non degne di considerazione») suonano come l’ennesima prevaricazione, una frase provocatoria che ha – come noto – avuto un seguito, con reazioni politiche forti. Basti ricordare la replica di Salvini: «La Boldrini è una poveretta. Vada in Siria, l’aspettano».

Il web non perdona e ricorda Quattrocchi

Ma le reazioni più forti sono arrivate dal “tribunale di Facebook” con vignette, ironie e commenti durissimi contro la presidente della Camera e contro il governo Renzi: «Non si trovano un centesimo per le famiglie che soffrono, spuntano soldi per le due ragazze che volontariamente e senza neppure consultarsi con la Farnesina, sono volate in Siria»; «La Boldrini ci spieghi perché la sinistra non ha onorato Fabrizio Quattrocchi mentre trasforma in eroine Greta e Vanessa»; «La Boldrini legga quello che il suo partito e il Pd dicevano di Quattrocchi, l’ultimo vero italiano»; «maschilista chi critica le due ragazze? E chi criticava Quattrocchi?». Ecco, torna forte l’immagine di Fabrizio. È inginocchiato, le mani legate, incappucciato. Dice con voce ferma; «Posso togliere la kefiah». Qualcuno gli risponde di no. E allora lui tenta di togliersi la benda e pronuncia la famosa frase: «Adesso vi faccio vedere come muore un italiano». Passa qualche secondo e gli sparano con la pistola urlando: «È un nemico di Allah». L’eroe è lui, non le due ragazze.




P.S.: occorre precisare che l'esecuzione di Quattrocchi fu censurata da tutti i media, mentre, sempre in quel periodo, trasmettevano le uccisioni degli altri ostaggi occidentali che lanciavano accuse contro i loro governi.

martedì 13 gennaio 2015

254) IL SUICIDIO DELL'OCCIDENTE

IL CRESCENTE NUMERO DEI TERRORISTI ISLAMICI, CHE SI SOSTIUISCE ALLA POPOLAZIONE EUROPEA, DETTA LEGGE A SUON DI BOMBE E DI FUCILATE.

C’è molta amarezza dopo quello che è successo a Parigi, non soltanto motivata dall’uccisione dei giornalisti di quel settimanale satirico; il fattore che colpisce maggiormente è l’espansione di culture e religioni che non dovrebbero c’entrare nulla con l’Europa, le quali dettano legge a suon di bombe o di mitra, incutendo paura e angoscia tra le popolazioni locali. Tante nazioni europee hanno deciso spontaneamente di rinunciare alle loro identità nazionali, incluse le loro tradizioni, in nome di un mondialismo, di un buonismo, di un multiculturalismo che si è rivelato suicida.
  

Nel pensiero moderno nostrano esaltare la propria cultura nazionale, le propria gloria, la propria storia, la propria religione è vietato, particolarmente a causa dell’esperienze nazifasciste che ci sono state, secondo tale concezione bisogna immettere nel proprio tessuto sociale e storico altre colture lontane anni luci, buttare all’aria le tradizioni europee di millenni ed adattarsi a quelle altrui. Gran Bretagna e Francia hanno seguito quelle strade, facilitando l’immigrazione dalle ex colonie e concedendo con estrema facilità le cittadinanze britanniche e francesi (Marianna in questo caso non ha detto “jamais, jamais”, ma “oui, bien sŭr”). Esse sono state seguite a ruota libera dalle Germania, dalla Svizzera, dal Belgio, dall’Olanda e dai paesi del Nord Europa. Per ora Italia, Spagna e Grecia ancora riescono a preservare le loro identità, perché il fenomeno migratorio massiccio è abbastanza recente rispetto al resto d’Europa occidentale. Tuttavia si sente nostalgia e rimpianto per una società italiana che non c’è più, che si nota quando trasmettono dei film degli anni ’60, ’70 e ’80 e si rimane amareggiati per come sia stata cancellata in pochi decenni.

Secondo me è sbagliato distruggere le culture degli stati europei per passare al multiculturalismo: si potrebbe fare se tutte le nazioni del mondo fossero multirazziali e multiculturali; al contrario ciò avviene solo in Europa, in Occidente, e sono gli unici che ci rimettono. Se vai in Africa, in Vicino ed in Lontano Oriente non trovi le popolazioni locali in invecchiamento ed in diminuzione con gli occidentali che aumentano; anzi, perseguitano e cacciano anche i pochi cristiani che ci sono. Non dimentichiamoci degli italiani trapiantati in Libia, Tunisia ed Egitto: tutti espulsi o costretti dalle circostanze avverse a rimpatriare. L’Islam con le guerre dirette non avrà mai la possibilità di conquistare il mondo, userà altre strategie, come l’immigrazione e la riproduzione di massa nelle nazioni più potenti della Terra, sfruttando la nostra stupidità in nome del buonismo, dei diritti civili e la nostra paura delle loro violente reazioni se non li accontenteremo. Qualche terrorista ha detto che nessuno farà più del male ai francesi se essi lasceranno in pace l’Islam. Benissimo; allora perché loro pretendono di stabilirsi a milioni nei paesi cristiani? Hanno i ricchissimi paesi arabi del petrolio per emigrare.

La satira, la mancanza di rispetto per quella religione non giustifica assolutamente l’ultimo eccidio che hanno compiuto. Se i politici e gli altri personaggi pubblici avessero usati gli stessi parametri dei terroristi islamici quando volte avrebbero dovuto trucidare giornalisti e vignettisti? Un’infinità. La sinistra nostrana invece di preoccuparsi per l’instabilità che causeranno i terroristi, si preoccupa della diffusione dell’islamofobia, cercando le cause degli atti terroristici nelle presunte guerre che provoca l’occidente nei territori mussulmani. Ma se quelle guerre se le fanno tra loro, cosa c’entra l’Occidente? Tutto iniziò con le rivolte interne della cosiddetta “primavera araba”. La causa maggiore è il fondamentalismo islamico che tenta di prendere il potere ovunque e anzi è lo stesso Isis che deve ringraziare gli Usa per aver rovesciato Saddam Hussein e Gheddafi, favorendolo. La guerra in Afghanistan l’hanno dichiarata Al Qaeda e i Talebani con la distruzione della Torri Gemelle americane l’11 settembre 2001. Infine noi cosa c’entriamo con Israele che si difende per la propria sopravvivenza? Il progresso tecnico – scientifico, che ha portato migliori condizioni di vita, è nato quasi tutto dall’ingegno dell’occidente; gli integralisti islamici se non facessero le guerre per imporre il loro medioevo eviterebbero l’arretratezza dei loro territori e getterebbero le basi per il loro avanzamento economico – sociale.



Questo non entra in testa a quella parte politica che occupa il governo italiano, il governo dell’invasione che mette sempre più a rischio l’italianità. Le altre nazioni d’Europa si preoccupano sempre di più e propongono maggiori controlli alle frontiere (terrestri, marittime, aeroportuali), i nostri naturalmente sono contrari. Allora bisognerà votare dei partiti che si opporranno all’islamizzazione e che mettano in condizione le famiglie di ripopolare la nostra patria, quel tanto che basta per garantire un perfetto equilibrio demografico, con dei nuovi italiani, italiani doc! (Mario Rossi, Giovanni Neri, Marco Ferrari, Luigi Bianchi, Giuseppe Di Mario). I numeri per far cadere questo governo antinazionale non ci sono; tanto, per quanto possano avanzare le opposizioni, il popolo rieleggerà questi che ci sono: 80 € valgono di più dei nostri valori tradizionali e del nostro sangue che stiamo perdendo. La maggioranza delle persone non conosce a fondo le controverse sfumature islamiche, piuttosto si fa una risata sentendo parlare della religione in generale, soprattutto quando passerà il clamore per gli attentati di Parigi.

martedì 6 gennaio 2015

253) JAMAIS, JAMAIS

IL TERMINE FRANCESE JAMAIS (GIAMMAI, MAI, IN ETERNO, SEMPRE) STORICAMENTE HA DETERMINATO SEMPRE IL CONTRARIO DEL SUO SIGNIFICATO, MA NON TROPPO…

Il Giornale d’Italia, organo telematico de La Destra di Francesco Storace, analizza molto spesso le canzoni storiche, militari e patriottiche, specie quelle del ventennio fascista. Vedendo ciò anche a me è venuta l’idea di fare la recensione dal punto di vista storico di qualche canto militare/storico del periodo. Ho scelto “Jamais, jamais”, cantato dal tenore Daniele Serra nei primi anni della Seconda Guerra Mondiale, testo e musica di Rodolfo De Angelis. Tale parola in francese significa una risposta molto negativa ad una precisa richiesta. Nella suddetta canzone “Jamais” viene utilizzato in senso ironico perché si sapeva che storicamente quando fu già usato accadde il contrario di quanto sperato, sin dai tempi in cui la Francia difendeva lo Stato Pontificio dalle rivendicazione italiane.
 
Un ministro francese nel 1867 dichiarò dinanzi al suo parlamento queste parole: «que l'Italie peut faire sans Rome; nous déclarons qu'elle ne s'emparera jamais de cette ville. La France ne supportera jamais cette violence faite à son honneur et au catholicisme» (Traduzione: che l'Italia può fare a meno di Roma; noi dichiariamo che non si impadronirà mai di questa città. La Francia non sopporterà mai questa violenza fatta al suo onore ed al cattolicesimo.).
Alcuni anni prima l’ambasciatore francese scrisse ad un cardinale le seguenti parole: «Quant à pactiser avec les spoliateurs, nous ne le ferons jamais.» (Traduzione: «Quanto a fare accordi con gli espropriatori, noi non lo faremo mai»).
Oggi sappiamo tutti come andò a finire: una volta ritirata la guarnigione francese da Roma nel 1870, per via della guerra franco – prussiana, gli italiani poterono conquistarla e farla capitale del loro nuovo stato e si attese sino al 1929 per risolvere le controversie con la Chiesa Cattolica Romana.


Quella parola fu usata in seguito dal Primo Ministro francese Edouard Daladier prima dell’ultimo conflitto mondiale. L’Italia rivendicava per sé Tunisi e Gibuti nell’Africa e le terre geograficamente e storicamente italiane: Nizza, Savoia e Corsica. Alla firma dell’armistizio tra Francia e l’Asse nel 1940, all’Italia non spettò nulla e quelle zone rivendicate finirono sotto la giurisdizione della nuova Francia del sud e collaborazionista di Vichy. Nel 1942 la Germania, in seguito allo sbarco americano in Nord Africa, decise di sopprimere il regime di Vichy ed occupò militarmente i territori che lo stesso deteneva in Francia e in Tunisia, lasciando all’alleato italiano il compito di occupare, oltre alla Tunisia, la Corsica e una porzione della Francia meridionale, ben oltre Nizza e Savoia, sino al fiume Rodano. Quelle terre dal novembre 1942 fino al settembre 1943 furono unite all’Italia, senza però essere annesse ufficialmente e vi si rifugiarono molti ebrei francesi per sfuggire alle persecuzioni naziste. Dopo l’armistizio tra Italia ed Alleati, la Germania Nazista si prese tutto, facendo prigionieri e deportando molti soldati italiani. Al termine della guerra tutto tornò alla Francia vincitrice, in più essa si prese qualche colle alpino italiano al confine tra i due stati e ci mancò poco che non ottenesse anche la Val d’Aosta. Così la parola Jamais perse il senso ironico che aveva. Anche in quel canto in cui la forte Italia si rivolge all’intimorita Marianna, figura allegorica francese, e con le minacce riesce a farsi dare quello che chiede. Alla fine ella se la prende con l’Inghilterra che l’ha trascinata nella disastrosa avventura, mutando Jamais in Ahimè.


Marianna, Marianna…/Jamais! Jamais! Jamais!/ … e dammi la Tunisia…/…la Tunisia jamais, jamais!/Se non mi dai la Tunisia io ti mando la fanteria!/Mamma mia, mamma mia, non mandarmi la fanteria; pigliati pure la Tunisia ma nient’altro avrai da me! Jamais! Jamais!

Marianna, Marianna…/Jamais! Jamais! Jamais!/ …e dammi la Corsichella…/… la Corsichella jamais, jamais!/Se non mi dai la Corsichella io ti mando la navicella!/Mamma mia, mamma bella, non mandarmi la navicella; pigliati pure la Corsichella ma nient’altro avrai da me! Jamais! Jamais!”

Marianna, Marianna…/Jamais! Jamais! Jamais!/ … e dammi Nizza e Gibuti…/… Nizza e Gibuti jamais, jamais!/Se non mi dai Nizza e Gibuti io ti mando Ciano e Muti!/Mamma mia, il ciel m’aiuti,/non mandarmi Ciano e Muti; pigliati pure Nizza e Gibuti ma nient’altro avrai da me! Jamais! Jamais!

Marianna, Marianna…/Ahimè! Ahimè! Ahimè!/ Hai visto che trombonata?/Che trombonata, ahimè! Ahimè!/È giunta l’ora nella storia che ha piegato la tua boria./Mamma mia, mamma mia, fu davvero una fesseria far gridare per ogni via al pelato Daladier: Jamais! Jamais!

Mamma mia, mamma mia, che follia, che follia, l’Inghilterra, quell’arpia, si batteva per la via con la sola pelle mia e quell’altra amica mia, quella “gran democrazia” con il “paga e porta via” ha fregato pure me! Ahimè! Ahimè!

martedì 30 dicembre 2014

252) BURLE CON LE TESSERE FANTASMA PD

Così abbiamo iscritto Benito Mussolini al Pd

L'iscrizione è valida per tutto il 2014 e probabilmente non la rinnoveremo. Il tutto ci è costato 15 euro. Cinque euro al giorno per la Renzi-experience. La password? Faccettanera

Andrea Cuomo - Mar, 30/12/2014 - 09:46 (http://www.ilgiornale.it/)

Roma - Abbiamo iscritto Benito Mussolini al Pd. A sua insaputa, ovviamente. Come pare accada spesso, almeno a Roma. Ai rom e ad altri malcapitati dem per forza.
Gli eredi del Duce inorridiranno, ma per poco: è questione di tre giorni. L'iscrizione è valida per tutto il 2014 e probabilmente non la rinnoveremo. Il tutto ci è costato 15 euro. Cinque euro al giorno per la Renzi-experience . Ma che volete: la provocazione intellettuale non ha prezzo. Per tutto il resto c'è la carta di credito.
È quella - infatti - l'unica cosa vera della nostra iscrizione, che perfezioniamo in quattro minuti quattro sul sito del Pd, trovandoci alla fine democratici per interposta persona e sbigottiti perché inizialmente convinti che l'intelligenza digitale del più grande partito italiano prima o poi ci avrebbe posto davanti a qualche ostacolo insormontabile per noi burloni nemmeno troppo smanettoni. E invece niente. Tutto liscio. Al massimo un paio di captcha , quei codici alfanumerici leggermente distorti da ridigitare che servono semplicemente a dimostrare che alla tastiera c'è un essere in carne e ossa e non un «bot», ovvero un computer. E la moral suasion di un avvertenza: «Dichiaro che i dati inseriti sono autentici, completi (...) di non aver compiuto altre iscrizioni al Pd e sono consapevole che il conferimento di dati non conformi al vero o l'effettuazione di plurime iscrizioni verranno considerati alla stregua del rilascio di false dichiarazioni in scrittura privata, dando luogo alle relative responsabilità anche di natura penale». Ma i nostri dati sono autentici e completi, in fondo. E certo Mussolini non era già socio del Nazareno.
Per il resto, la procedura elettronica di iscrizione al Pd richiede poche informazioni: l'indicazione di una sezione (per il nostro scegliamo quella di Predappio, selezionandola da un menu a tendina che indica tutti i circoli sul territorio) e l'indicazione di un nome utente, di un nome e cognome, del sesso, di una data e di un comune di nascita. Digitiamo tutti i dati veri di Mussolini (Predappio, 29 luglio 1883) e da questi estraiamo con un semplice programma disponibile a tutti online un codice fiscale, che si limita a postdatare l'anno di nascita al 1983. Quindi ecco MSSBNT83L29H017H. Poi alcuni agili passaggi sulla residenza (piazza Venezia 1, Roma), l'indicazione di una carta d'identità per la quale mischiamo a caso i numeri della nostra, un paio di numeri di telefono inventati, la nostra mail (vera) per ricevere l'autenticazione. Che arriva rapidamente e, dopo un paio di passaggi, tra cui la modifica della password temporanea in una a nostra scelta (optiamo per: faccettanera ) ci consente di ultimare l'iscrizione con la scelta della cifra da versare (il minimo è 15 euro se non si vuole la tessera Gold), i dati della carta di credito e quelli per la fatturazione. Il sistema approva, ci invia una mail di conferma («Gentile Benito Mussolini, questa email ti viene inviata a seguito del completamento del tuo tesseramento online al Partito Democratico») e la tessera digitale temporanea che vedete riprodotta a fianco, con tanto di numero di serie (99982014|15605173) e in alto a destra la firma del segretario nazionale. Cioè Matteo Renzi.
Finito? Finito. Così facile? Così facile. Iscriversi alla «più grande forza riformista del Paese», come recita il sito, è più o meno come acquistare un paio di mocassini in saldo su Zalando . L'unica differenza è che in questo caso le scarpe si fanno al Pd.

lunedì 22 dicembre 2014

251) DEI NUOVI SCENARI PER LA DESTRA ITALIANA

NELLA DESTRA ITALIANA SPICCA LA FORTE FIGURA DI MATTEO SALVINI DELLA LEGA NORD CHE SBARCA ANCHE AL SUD E POTREBBE UNIRE LE MOLTE PARTICELLE DI QUELLE TENDENZE.



Nella destra italiana sta emergendo la figura di Matteo Salvini, segretario della Lega Nord Padania, il quale ha rilanciato alla grande quel partito politico dopo la caduta libera a seguito di qualche scandalo che riguardava la vecchia dirigenza. La differenza con il vecchio corso è che lo stesso sta cercando un progetto nazionale che non riguardi soltanto il Nord. Nel centrodestra tolto Berlusconi regnava il vuoto (c’era un’altra figura forte, che rispondeva al nome di Fini, ma si è rovinato con le proprie mani sparendo così dalla scena politica); prima o poi si sarebbe dovuto pensare al dopo Cavaliere: vuoi per l’età, vuoi perché alleati e avversari (tranne Renzi) vogliono eliminarlo a tutti i costi dalla scena politica, vuoi perché nella rinata Forza Italia ora regna la confusione e l’incertezza sulla linea da tenere.


Nello scenario odierno Salvini senza tentennare sa perfettamente quali posizioni tenere ed è l’unico che fa una dura opposizione a Renzi (insieme alla minoranza del Partito Democratico). Se Salvini si sta espandendo nel Sud Italia significa che ha rinunciato alla strategia secessionista del Nord (sarà….): si accontenta di programmi che prevedono una sempre maggiore autonomia delle regioni e degli altri enti locali a discapito dello stato centrale ed è quello che pretendono anche al Sud. La dure prese di posizione della Lega nei confronti delle politiche economiche affamatrici dell’Unione Europea e nei riguardi del governo nazionale che favorisce l’immigrazione illegale di massa, il tutto a svantaggio dei cittadini italiani che si impoveriscono sempre di più, sta attirando le simpatie in tutta Italia verso Salvini: da parte dei cittadini comuni e da parte di altri partiti e movimenti di destra patriottica e nazionalista, quali Fratelli d’Italia, Casa Pound, La Destra ed altri ancora. In altri tempi la Lega non si sarebbe mai occupata delle vicende romane come sta facendo ora e alleata con gli altri partiti di destra proporranno una candidatura comune, per quella che rimane sempre, nonostante il malaffare politico, la difficile conquista del Campidoglio romano. Sarà dura la battaglia contro l’Europa, contro la liberà di circolazione, per il ripristino dei controlli alle frontiere, contro l’Euro e contro i media nostrani e internazionali. Nel 2008 il Governo Berlusconi promise cambiamenti radicali per contrastare la criminalità proveniente dall’Est Europa e quella dall’estero in generale (i suddetti delinquenti vengono in massa in Italia perché la considerano la patria del permissivismo e dell'impunità), però non ebbe il coraggio di opporsi totalmente a Bruxelles (chissà se avesse immaginato quello che gli avrebbe combinato poi, lo avrebbe fatto sin da subito). Nello stesso campo l’allora Ministro dell’Interno Maroni fu fautore di molte iniziative che sono state abolite dai governi successivi.


Non si sa se Forza Italia sarà coinvolta nella futura coalizione: dipenderà dai programmi che intenderà proporre, che si spera non differiscano troppo da quelli degli altri e i probabili alleati imporranno sin da subito la cessazione definitiva di ogni collaborazione col Governo Renzi. Si sta partendo col piede sbagliato: Berlusconi vorrebbe imbarcare tutti, anche colui che l’ha rinnegato, vale a dire Alfano, il cui nome non è affatto gradito agli altri perché considerato il “Ministro dell’Invasione”. La caduta dei consensi di Forza Italia è dovuta all’incertezza che regna, non si sa se faccia opposizione o governi, e alla fuga degli elettori e militanti di destra, me compreso, dopo la chiusura del Pdl e il ritorno a FI. È stato creato un effetto contrario a quello desiderato: gli elettori moderati non sono tornati, sono andati in massa da Renzi, sdoganato proprio dallo stesso Berlusconi, e quelli di An in gran parte se ne sono andati. Ora lasciamo perdere le Europee e le amministrative dove votano poche persone, c’è poca attenzione dei media e scarso impegno dei politici. Alle elezioni  politiche potrebbe essere tutta un’altra storia: ricordo il Pdl in calo di consensi dopo il momentaneo ritiro di Berlusconi, l’appoggio esterno a Monti e il successivo ribaltamento delle previsioni nelle successive politiche, quando il Cavaliere tornò in campo contro Monti e contro gli altri. Il Partito Democratico apparentemente è forte, ma non bisogna dimenticare che stravince sempre perché, a causa della crisi economica che si espande e la corruzione che dilaga, il disinteresse verso la politica è in aumento e i cittadini disertano sempre di più le votazioni. Quindi è sbagliato dire che il 40% degli italiani è del Pd, bisogna aggiungere un altro 40% che non vota. Una mano potrebbero darla anche i dissidenti di sinistra che non vedono di buon occhio Renzi e la moderazione del partito. Uno dei nei di Salvini è che dovrebbe curare di più la sua immagine: indossare degli abbigliamenti adeguati, radersi, togliersi l'orecchino, non posare ignudo sulle riviste. 

lunedì 15 dicembre 2014

250) PER FORTUNA CHE IL MARCIO STA A DESTRA

A ROMA È VENUTO A GALLA IL MALAFFARE TRA CRIMINALITÀ E POLITICA CHE RIGUARDA ANCHE LE AMMINISTRAZIONI DI SINISTRA. GLI AFFARI MILIONARI CON L’IMMIGRAZIONE ILLEGALE SMASCHERANO LE FINTE RETORICHE BUONISTE.


A Roma sono venute alla luce le malefatte di alcuni amministratori comunali di tutti i colori politici degli ultimi decenni collusi con la criminalità organizzata. In un primo momento si è cercato di addossare le colpe unicamente all’unica amministrazione di destra che ha governato la capitale, successivamente l’inchiesta si è allargata ed è stato accurato che anche qualche governante di sinistra è coinvolto in queste losche storie. Per far credere che i fatti fossero roba di destra hanno provato a coniare nuovi termini, come ad esempio fascio – mafia e sarà pure vero che qualche amministratore proveniente da destra sia colluso con la criminalità; però non bisogna dimenticare che la mafia sparì dall’Italia e proliferò oltreoceano proprio durante il fascismo e ritornò in concomitanza con lo sbarco americano in Sicilia. A prescindere dal marcio che fa tutto schifo, sia quello di destra, sia quello di sinistra e sia quello di centro, sarebbe stato assurdo credere che l’unica amministrazione colpevole di vicende che hanno radici remote fosse stata soltanto quella guidata da Alemanno, il quale ha governato cinque anni, mentre le altre con a capo Rutelli, Veltroni e adesso Marino, che hanno guidato Roma per sedici anni, fossero immuni da colpe (qualche esponente non tutti). Ed in più l’emergenza sbarchi di immigrati, che è in mezzo a questo magna – magna, è iniziata da quando governa Ignazio Marino. Alcuni politici che hanno dichiarato di non conoscere i malavitosi che hanno ricevuto favori sono stati smentiti da delle prove concrete.

Sembra che sia stata scoperta l’acqua calda quando si afferma che l’immigrazione illegale rende più dei traffici di droga: da mesi prima che venissero alla luce le sporche rivelazioni, la gente indignata non fa altro che ripetere il grande giro d’affari miliardario, non solo per i trafficanti, che ruota intorno all’emergenza sbarchi, istigata anche dall’Operazione Mare Nostrum. Infatti sembrava strano il fatto che facessero divenire lecita l’illegalità col pretesto di salvare le vite, quando rispetto agli altri anni le morti per mare sono aumentate insieme agli approdi sulle nostre coste. Di fronte a questo tutti i perbenisti che si indignavano quando non c’era “Mare Nostrum” ora tacciono. Coloro che hanno interesse ad arricchirsi se ne fregano della perdita dell’identità di un popolo e delle instabilità che si creeranno. Sarebbe stato più normale attuare un blocco navale lungo le coste libiche, onde evitare il redditizio traffico umano, e favorire l’afflusso dei veri rifugiati verso l’Europa con altri mezzi.

È una vera vergogna che in un momento difficile per gli italiani i politici, indifferentemente dalla provenienza, si dimostrino dei corrotti, pensando ai loro profitto e se ne freghino delle necessità dei cittadini. Il sindaco Marino non vuol saperne di dimettersi, si è limitato ad allontanare qualche responsabile delle malefatte. La Presidente della Regione Lazio Polverini si dimise per molto meno: solo perché un esponente della sua maggioranza mangiò da solo i fondi regionali, anziché farli mangiare al suo partito. Quello fu solo l’inizio; poi si scoprì che il sistema del rimborso spese alle regioni era una normale prassi dal nord al sud e che riguardava tutti i partiti. La rinnovata Lega Nord del nuovo corso, che aumenta i consensi non solo al nord e si lascia alle spalle le vecchie mal vicende, vorrebbe tentare lo sbarco a Roma coadiuvata da Fratelli d’Italia, presentandosi con le sembianze del cambiamento radicale, ma le pecore nere ci saranno anche nelle migliori famiglie; persino nel “Movimento 5 Stelle”, dove regna la confusione e l’autorità di uno solo: difatti la gente si è resa conto che i miracoli non li fa. E la “superiorità morale” della sinistra non esiste.

lunedì 8 dicembre 2014

249) LE ILLUSORIE SERIE TELEVISIVE

LA GENTE SI EMOZIONA, SI COMMUOVE, SOGNA, CON LE SERIE TELEVISIVE DELLA RAI (O DI MEDIASET), SPESSO DIMENTICANDOSI CHE È TUTTA FINZIONE E I PROTAGONISTI SONO DEGLI ATTORI CHE STUDIANO UN COPIONE SCRITTO DA UNO SCENEGGIATORE. LA VITA REALE È DIVERSA DAL CINEMA.



Ogni anno la Rai e Mediaset, le quali detengono quasi un duopolio delle reti televisivi in chiaro presenti in Italia, ci inondano di serie televisive, comunemente dette (anglicizzandole) fiction. Molto spesso gli ambienti che vanno per la maggiore riguardano gli ospedali e la polizia (o i carabinieri), anche gli ambienti religiosi iniziano ad essere gettonati: frequentemente le trame di questi sceneggiati si diramano tra operazioni e indagini, tutto condensato alle vite private (e amorose) dei protagonisti. Ci sono le persone, specialmente le donne adulte e anziane, che seguono questi film televisivi con particolare interesse. Una volta andavano di moda le soap-opera americane tipo Capitol, Quando si ama, Beautiful, Santa Barbara, Sentieri, col gentil sesso che si invaghiva degli attori protagonisti, oggi invece hanno preso il sopravvento queste miniserie. Si commentano le scene trasmesse con frasi tipo:”Hai visto quello cosa ha fatto? Se avesse fatto diversamente sarebbe andata così!”;Se ritornasse il marito e pescasse la moglie con l’amante!”; “Avrebbe potuto vivere se avesse agito diversamente”; “Che magnifico ricevimento con mille invitati!”; eccetera. Tutto si conclude quasi sempre, una volta superati gli intrighi, gli ostacoli, le macchinazioni, con il classico “e vissero felici e contenti”, spesso scappandoci anche la lacrimuccia per gli spettatori d’animo più tenero. Gli attori che recitano con molta intensità, fino a piangere perché lo prevede il copione, hanno appunto il compito di rendere partecipi gli spettatori fino a commuovere anch’essi. A dire la verità i finali sono molto spesso prevedibili e scontati, qualche volta questi sceneggiatori potrebbero inventarsi qualcosa di meglio per rendere le storie più simili al mondo reale, dove non sono sempre rose e fiori. Delle volte se uno ci pensa bene si rende conto delle assurdità trasmesse a ripetizione: ad esempio in Don Matteo, il prete che dà involontariamente una mano agli imbranati carabinieri a risolvere i casi, è impensabile che avvengano tutti quegli omicidi in dei tranquillissimi paesi umbri e sempre dove è presente quel prete; avrebbero potuto ambientarlo in una grande città, oppure in Sicilia, in Calabria, in Campania. Una delle serie poliziesche più azzeccate secondo me è L’Ispettore Derrick: ambientato in una metropoli come Monaco di Baviera, giova un ruolo determinante il fattore psicologico nel risolvere le indagini da parte dell’ispettore, il quale arriva riflettendo alle soluzioni più improbabili ma veritiere, riesce a capire se i testimoni mentono o dicono la verità, li persuade con metodi cordiali nel farli ravvedere o nel far loro provare rimorso.  


Guardando queste serie per la Tv si pensa solo alle storie narrate e quasi mai al dietro le quinte che non vediamo e che al teatro invece si vede: luci, telecamere, registi, truccatori, costumisti e chi più né ha più né metta. Il particolare delle volte è importante: il sottofondo musicale appropriato, oppure il dettaglio dell’inquadratura. Chissà quante volte i registi fermeranno gli attori mentre girano le scene per dire che non va bene perché bisogna arrabbiarsi, disperarsi, stupirsi maggiormente. I protagonisti non hanno neanche bisogno di studiare le battute, metteranno loro davanti una lavagna con tutte le frasi da dire; al teatro è diverso: bisogna studiare in anticipo, comprese le espressioni e i diversi stati d’animo. Gli attori hanno frequentato le scuole di recitazione e di dizione, sono preparati a tutto: al teatro, alla televisione, ai diversi stati d’animo, alla lingua italiana pulita, alle cadenze, agli accenti di molte zone d’Italia e stranieri (non sempre sono convincenti: basta vedere Celentano che interpreta Rugantino o altri film ambientati a Roma e non bisogna essere degli esperti per capire che il suo romanesco non è puro). Non conta solo il talento che fa la differenza nel fare carriera per un attore/per un’attrice, la fanno anche degli altri elementi che preferisco non elencare. La maggioranza della gente comune vede questi attori come sono nella finzione dei film, con altri nomi, con altre vite e non pensa che nella realtà non hanno nessuna caratteristica dei personaggi a cui prestano il loro corpo; essi si godranno la loro bella vita negli esclusivi salotti e circoli, commentando le loro recitazioni e il mondo del cinema, nell’attesa che un importante produttore televisivo o cinematografico li contatti al più presto. Nei lungometraggi storici o sulle narrazioni di vicende realmente accadute è diverso: uno si rende perfettamente conto della differenza tra attori e personaggi dei film; è difficile stabilire solo se gli avvenimenti siano andati effettivamente nella maniera ricostruita. In generale il messaggio lanciato dalle opere cinematografiche è conforme al pensare comune del momento, raramente gli sceneggiatori, i registi e i produttori, che non sempre condividono la morale espressa, vanno controcorrente. Difatti Edoardo De Filippo diceva che gli attori possono recitare bene sul palcoscenico ma nella vita reale si comportano male.

domenica 30 novembre 2014

248) STOZA, FRANCIONI E OLIMPICO

STADIO STOZA (CORI), STADIO D. FRANCIONI (LATINA) E STADIO OLIMPICO (ROMA): I TRE IMPIANTI DOVE GIOCANO IL CORI CALCIO, IL LATINA CALCIO E LA S.S. LAZIO 1900. IL CONFRONTO, I VANTAGGI, GLI SVANTAGGI, LE DIFFERENZE PER IL PUBBLICO CHE SEGUE LE TRE SQUADRE: NEL PAESE, NELLA CITTÀ E NELLA METROPOLI.

Qualche volta, non molto spesso, vedo le partite calcistiche del Cori al campo sportivo di Stoza, del Latina al piccolo Stadio Domenico Francioni e della Società Sportiva Lazio 1900 nell’impianto mondiale Olimpico di Roma, già teatro delle olimpiadi nel 1960 e dei mondiali di calcio nel 1990. Cori è il comune di appartenenza, Latina è la provincia di appartenenza e Roma il capoluogo della regione, nonché la capitale di tutta la nazione italiana: la filiera comune – provincia – regione (e nazione), attraverso il calcio, tiene alta la bandiera del nostro territorio nei vari campionati calcistici, professionistici e dilettantistici. C’è una bella differenza nel recarsi ad assistere gli incontri in casa rispettivamente del Cori, del Latina e della Lazio.

Per vedere il Cori bastano un paio di minuti di automobile per giungere da Cori Monte allo Stoza, percorrendo “la tangenziale” Via Ospedale, veloce collegamento Monte – Valle. Il costo di entrata è unico, né troppo alto e né troppo basso per degli incontri di quel livello, e uno, visto che gli spalti dell’impianto sono spropositati per un paese come il nostro, può piazzarsi dove vuole: curva, tribuna più lunga, tribuna più corta; ovviamente condiziona molto il fattore temperatura: quando è troppo caldo tutti si mettono nella parte dove non batte il sole, quando è troppo freddo accade l’opposto, ci sono anche dei periodi in cui all’ombra è troppo umido e al sole si suda. La grande mole degli spalti fanno si che il calore del pubblico, sparpagliato ovunque, verso la squadra non sia uniforme e compatto. Vorrei anche soffermarmi su tutto il complesso sportivo di Stoza, che comprende, oltre al campo di calcio, il palazzetto dello sport, le defunte piscine e il casale, dove da poco è rinato l’agriturismo e l’albergo. Oggi quasi tutte le strutture sono tornate in attività, dopo che per alcuni anni tutto era in stato d’abbandono. All’inizio degli anni ‘2000 il comune intendeva vendere ai privati gli impianti sportivi comunali per far cassa (la vendita fallì per mancanza di acquirenti); quelli che oggi governano Cori ed allora erano all’opposizione si opposero, dicendo che una volta privatizzate le strutture e ristrutturate, nessun cittadino ci sarebbe potuto entrare, se non pagando fior di quattrini. Perché oggi, con la gestione delle varie associazioni che hanno il complesso in affidamento, si entra gratis per gli eventi sportivi ed extrasportivi? Addirittura da poco hanno interdetto la libera circolazione nella pista di atletica leggera. Fra un po’ faranno pagare anche il parcheggio. Nel palazzetto si organizzano pure degli eventi che nulla hanno a che fare con lo sport. È normale che si cerchino di appianare le spese per la gestione, però che cosa sarebbe cambiato per le tasche dei cittadini con la proprietà privata?



Non sembra vero di avere la squadra calcistica del Latina in Serie B, il secondo livello professionistico del calcio italiano, e con solo mezzora di auto si può assistere al grande calcio. I biglietti per gli incontri del Latina li vendono pure a Cori ed è una fortuna: l’anno scorso negli incontri di cartello, come Latina – Palermo, a Latina si faceva la fila per i biglietti, mentre a Cori con un attimo li facevi. Parcheggiare, al contrario di quanto si dica, non rappresenta un problema: nei pressi della Torre di Latina, ci sono degli ampi parcheggi gratuiti e con circa cinque minuti di cammino a piedi si arriva allo stadio. Poi se si vuol camminare di meno basta andare nei posti auto a pagamento nel nucleo originario della giovane città. Prima di partire per recarsi all’incontro di calcio non c’è nessuna fretta si può fare quello che si fa gli altri giorni e ai soliti orari: ad esempio non c’è bisogno di anticipare il pranzo. Durante le partite la circolazione dei veicoli nelle strade adiacenti allo stadio è interdetta: chi abita nei pressi subisce dei disagi, mentre gli spettatori possono camminare spensierati. Il Latina Calcio non era mai arrivato a questi alti livelli prima di due anni fa, di logica lo stadio è quello che è: l’anno scorso andava stretto perché la squadra era nelle prime posizioni, quest’anno gli spettatori sono fuggiti perché si rischia la retrocessione. Nelle tribune il sole picchia nei giorni sereni e quando piove ci si bagna, se si vuole evitare ciò basta pagare di più ed andare nella tribuna coperta; si notano sempre le stesse facce, soprattutto dei più facinorosi che sono appoggiati alle recinzioni. Le piccole dimensioni dell’impianto per la Serie B producono un effetto di compattezza e di grande calore dei tifosi verso i propri beniamini. Al termine degli incontri nel deflusso ci sono dei mini ingorghi dei mezzi a motore che vengono smaltiti in breve tempo. Un’altra compagine del basso Lazio che è presente in Serie B è il Frosinone, però a noi importa poco: nonostante quella cittadina per dialetto e per cultura assomiglia molto ai paesi dei Monti Lepini, essendo molto distante non ci abbiamo mai avuto a che fare.




Negli anni ’90 andavo spesso allo Stadio Olimpico di Roma per assistere agli incontri della S.S. Lazio: con il treno e i mezzi pubblici di Roma, oppure con degli amici in macchina. Per alcuni anni è esistito anche il Lazio Club Cori: i suoi aderenti, due per volta, avevano diritto di andare gratuitamente allo stadio per appendere lo striscione del club. Allora tutto era più facile: non c’era la tessera del tifoso, nemmeno i tornelli, i biglietti e gli abbonamenti per lo stadio non erano personalizzati, volendo si potevano pure cedere a terzi e c’era il fenomeno del bagarinaggio. Col diffondersi del calcio televisivo a pagamento è calato il desiderio di recarsi allo stadio per assistere dal vivo alle partite. A me improvvisamente è tornata la voglia di tornare all’Olimpico da quando vedo le partite del Latina. Ricordo che quando mi portavano allo stadio con la macchina mi dicevano di ricordarmi l’uscita autostradale Roma Est, quando un giorno presa la patente sarei venuto allo stadio con la mia auto. Negli incontri serali è più comoda l’automobile rispetto ai mezzi pubblici. Bisogna partire da casa oltre due ore prima dell’inizio della sfida (con la speranza di non trovare troppo traffico), di conseguenza bisogna stravolgere tutti gli impegni abituali. I biglietti per le partite dell’Olimpico di Roma li fanno pure a Latina. La mezzora sufficiente per arrivare allo stadio di Latina in questo caso basta a malapena per arrivare al casello autostradale di Valmontone. Una volta arrivati alla citata uscita occorre imboccare la tangenziale est che arriva direttamente all’ex Foro Mussolini, oggi Foro Italico. Nei pressi dello stadio si parcheggia dove capita: in seconda, terza fila, sopra i marciapiedi, i parcheggiatori improvvisati indicano il posto in cambio di qualche spiccio. Al parcheggio del Palazzo della Farnesina non fanno parcheggiare. Chissà che esasperazione per i residenti delle eleganti palazzine della zona ad ogni partita, in cui rischiano di ritrovarsi sbarrati anche i passi carrabili. Per arrivare all’interno dell’impianto occorre camminare molto dal parcheggio, anche mezzora. Gli addetti alla sicurezza a Roma, a differenza di Latina, non chiedono i documenti per verificare l’intestatario del biglietto. Non occorre che dica nulla sui tifosi, si sa già tutto su questi “professionisti”. All’Olimpico di Roma non c’è nessuna preoccupazione per quanto concerne il sole e la pioggia; una pecca è rappresentata dalla grande distanza tra campo e spalti: se uno capita nelle file più alte vede ben poco; non a caso le maggiori squadre di Serie A stanno facendo di tutto per costruirsi dei nuovi impianti di proprietà privi di piste per l’atletica e con le tribune attaccate al campo. Al deflusso l’unico problema è rappresentato dall’enorme quantità di persone che ti travolgono perché vanno nella parte opposta alla tua e ci sono pochi varchi tra le recinzioni, ma non c’è più nessuna preoccupazione per gli ingorghi automobilistici, ormai si può fare tutto con calma.

lunedì 24 novembre 2014

247) NOTIZIE DA "IL GIORNALE D'ITALIA"

Gli italiani dormono in stazione,
i rifugiati in alloggi di lusso

Ecco quello che succede, ad esempio, a Siena: reportage agghiacciante da quella che era l'isola felice della sinistra

Non se ne può più. Ha dell’incredibile quanto sta accadendo negli ultimi mesi in Italia. Con il rischio che dopo le tensioni registrate a Corcolle, Tor Sapienza e Infernetto a Roma e nelle zone periferiche di Milano possano sfociare in ogni città di quel che resta del Bel paese.

A lanciare un altro allarme è il Corriere di Siena che ha effettuato un agghiacciante reportage. Aumentano di giorno in giorno i senesi che dormono nei pressi della stazione: dietro i cespugli di viale Cavour o ancora dietro il punto Telecom di Pantaneto.



Ma Siena non era l’isola felice del centrosinistra? Intanto anche nel capoluogo senese, oltre a vitto e l’alloggio, ai clandestini spettano anche 40 € di diaria.

La crisi morde, è vero. Bisogna essere caritatevoli, questo è altrettanto vero. Ma i vari governi che si sono succeduti in questi anni hanno sempre dato priorità agli altri, non certo agli italiani in difficoltà: a cominciare dall’asfissiante pressione fiscale (in aumento anche con il governo Pd-Ncd-Sc) e da Equitalia. Nel frattempo la disoccupazione – di mese in mese – continua a salire, soprattutto tra i giovani.
Gli ipotecano la casa.

Mentre gli italiani - compresi gli alluvionati e i terremotati, nonostante le rassicurazioni di Renzi - sono costretti non solo a pagare le tasse, ma a campare anche i rifugiati e gli extracomunitari. A chi non ce la fa? Gli ipotecano la casa.

 

Ha vinto l'astensione

L'Emilia rossa non c'è più: il Pd Bonaccini si afferma ma vota solo il 37% degli elettori. Schiaffo a Renzi anche in Calabria: passa Oliverio, candidato che il premier non voleva


Elezioni regionali per pochi intimi in Calabria ed Emilia Romagna e desta sensazione proprio il dato dell’affluenza alle urne di questa regione, una volta ‘la rossa’ per eccellenza, dove comunisti e post-comunisti andavano a votare anche se c’era da farlo per il classico asino che volava.

Ieri in Emilia-Romagna ha invece votato il 37,7% degli elettori, poco più in Calabria, con il 44,1%. Numeri impressionati, se paragonati alle Regionali del 2010 (68% in Emilia Romagna) e alle Europee di 6 mesi fa (addirittura il 70% in Emilia-Romagna). 

A Bologna e dintorni molto ha influito sull’elettorato la vicenda delle spese pazze in Regione che ha travolto proprio il maggiore partito della sinistra.

Stefano Bonaccini del Partito Democratico, comunque, è come scontato il nuovo presidente della Regione Emilia-Romagna. Buono anche il risultato del leghista Alan Fabbri, secondo; male tutti gli altri partiti.

In Calabria vince Mario Oliverio, pd ma anti-renziani. Wanda ferro, candidata di un centrodestra diviso, si ferma attorno al 25%.. Anche qui male i partiti tradizionali e i 5 stelle.

Alla fine, l’ulteriore allontanamento della gente dalla politica si è rivelato un flop per le politiche governative, anche se un po’ tutti, ad iniziare dalla Boschi mandata in avanscoperta da Renzi, ci tenevano a far sapere che non poteva trattarsi di un test per il governo stesso.

Dal canto suo, Matteo Renzi si è espresso con il solito tweet: "Male affluenza, bene risultati: 2-0 netto”. Contento lui…

Igor Traboni

domenica 16 novembre 2014

246) LA SVOLTA PROGRESSISTA DEL PAPA

GLI ATEI ED I MANGIAPRETI DI SINISTRA GONGOLANO (FINO AD UN CERTO PUNTO) PER LA SVOLTA PROGRESSISTA DELLA CHIESA CATTOLICA, AVVIATA COL PONTIFICATO DI PAPA FRANCESCO.

Coll’avvento al soglio pontificio di Papa Francesco la Chiesa Cattolica pare si stia avviando verso una netta tendenza progressista. La si può notare dalle omelie del Pontefice e dalle varie iniziative tendenti ad impostare in tutta la Chiesa le aperture verso l’odierna società laica: non opporre resistenza e non condannare le unioni al di fuori del matrimonio, comprese quelle omosessuali, benedire l’avanzata islamica in occidente e indignarsi poco per le persecuzioni e le uccisioni dei cristiani nel mondo, ospitare gli attivisti dei centri sociali in Vaticano, eccetera. Gli alti prelati conservatori, per cui io parteggio, con tutte le loro forze hanno cercato invano di impedire l’introduzione di queste rivoluzioni, che a quanto dicono i favorevoli non sono dei veri e propri stravolgimenti nella dottrina ecclesiale. Sarà pure vero ma all’apparenza sembra che tutti gli insegnamenti del Papa Giovanni Paolo II siano andati perduti ed anche la Chiesa si sia laicizzata: non essendo più l’unico punto fermo dei valori tradizionali e familiari.

Allora perché fare tutto quel chiasso, così da dare l’impressione di sconvolgere tutto? Secondo il nuovo corso avviato la famiglia tradizionale resta sempre al centro di tutto, rimane la contrarietà ufficiale ai matrimoni omosessuali e alle unioni al di fuor del matrimonio; soltanto che non si faranno più molte pressioni allo stato per impedire quelle attuazioni, come avvenne nel 2007 con “la giornata della famiglia”. La misericordia per chi non viveva e non vive secondo gli insegnamenti ecclesiali c’era già e avrebbe potuto essere ribadita in altri modi. Perché aizzare ancor di più “l’educazione omosessuale”? (nella Bibbia la perversione è bandita.) Quelli, per quanto uno cerchi di comprendere la loro condizione, sono consapevoli che tutto il mondo è ai loro piedi: allora non tenendo nascosto il loro orientamento, ne approfittano per indottrinare gli altri secondo i loro punti di vista, rischiando di far estinguere l’umanità.


Parliamo dei rapporti con l’Islam: il Papa viene dall’altra parte del’oceano, dove questo scontro di civiltà non è sentito per niente; solo ora con l’avvento dell’Isis in Medio Oriente e le persecuzioni dei cristiani inizia a rendersi conto. Invitare a porgere l’altra guancia o essere troppo indulgenti e permissivi sono dei chiari messaggi per le frangi più radicali islamiche ad essere ancor più aggressivi e violenti e che l’occidente cristiano (ed ateo) sarà terra di facile conquista: “come sono fessi e stupidi questi, ci potremo scatenare come vogliamo!”  Ci sono altri modi per accogliere i rifugiati (quelli veri), non come avviene ora: facendo aumentare il degrado, la delinquenza nelle città, aizzando il razzismo e le guerre urbane tra poveri.

Ci sarà anche qualche motivo per cui i cattolici in America Latina (il continente cattolico per eccellenza) sono in diminuzione ed aumentano sempre di più gli aderenti alle chiese protestanti? Al contrario gli atei di sinistra ora guardano con simpatia questa Chiesa, come gli aderenti dei centri sociali, delle volte violenti e contro la Religione Cattolica, che sono stati ospitati in Vaticano: non perché si siano convertiti, perché vedono il Papa come un loro potenziale alleato e militante dei loro partiti. C’è però un ultimo ostacolo da rimuovere per far divenire la Chiesa Cattolica completamente di sinistra: cioè che essa non opponga più ostacoli alle pratiche dell’aborto e del’eutanasia; però su questi temi il Vaticano non intende transigere, ne venire a compromessi.

domenica 9 novembre 2014

245) TRIESTE È ITALIANISSIMA

SESSANT’ANNI FA LA CITTÀ DI TRIESTE DOPO MOLTE SOFFERENZE TORNAVA ALL’ITALIA. NELLE ZONE DI FRONTIERA, DOVE CI SI SENTE MINACCIATI, IL SENTIMENTO PATRIOTTICO ITALIANO È PIÙ FORTE.




La campana di San Giusto

Per le spiagge, per le rive di Trieste
Suona e chiama di San Giusto la campana,
l'ora suona l'ora suona non lontana
che più schiava non sarà!

Le ragazze di Trieste
Cantan tutte con ardore:
"O Italia, o Italia del mio cuore
Tu ci vieni a liberar!"

Avrà baci, fiori e rose la marina,
la campana perderà la nota mesta,
su San Giusto sventolar vedremo a festa
il vessillo tricolor!

Le ragazze...

La Campana di San Giusto” (San Giusto è il santo patrono triestino a cui è dedicata una cattedrale) fu scritta nel 1915 per incitare il passaggio di Trieste all’Italia, che ci fu nel 1918. Quel canto patriottico venne successivamente riutilizzato in occasione della seconda unione italiana di Trieste, avvenuta nel 1954. Quell’anno la sovranità italiana sulla città giuliana venne completata in maniera definitiva dopo undici anni di assenza. Nel 1943 Trieste fu annessa direttamente al Terzo Reich Tedesco e non fece parte (almeno formalmente) della Repubblica Sociale Italiana, nel 1945 fu occupata dagli jugoslavi, successivamente gli accordi internazionali stabilirono la creazione di un territorio libero sotto la tutela anglo – americana. Il suddetto territorio era a sua volta diviso in “Zona A” e “Zona B”: nel 1954 si decise che la “Zona A”, di cui Trieste faceva parte, sarebbe tornata all’Italia, mentre la “Zona B” sarebbe passata alla Jugoslavia, la quale già si era presa gran parte della regione Venezia Giulia. Gli undici anni a cavallo tra il 1943 ed il 1954 furono anni di terrore, distruzione e morte per i triestini e per i giuliani: bombardamenti, morte, terrore con le rappresaglie tedesche e slave.



Nell’ottobre 1954 finalmente gli incubi terminarono: i triestini con giubilo riabbracciarono la Madre Italia e scongiurarono il pericolo della slavizzazione della città, come era avvenuto a Pola, a Fiume e a Zara. L’unione di Trieste alla Patria Italiana fu visto in entrambe le occasioni (nel 1918 e nel 1954) come una liberazione, un momento di riscatto e di orgoglio che significò la fine delle persecuzioni: basti pensare che ai tempi dell’Impero Austro – Ungarico comandavano gli slavi e ci fu qualche episodio di eroismo, come quello di Guglielmo Oberdan, a cui sono intitolate molte strade nelle città e nei paesi di tutto il nostro territorio nazionale. È sempre rischioso avventurarsi nelle guerre: la Prima Guerra Mondiale per l’Italia finì bene ed essa acquisì nuovi territori, mentre la Seconda Guerra Mondiale è finita male e la nostra nazione ha perso alcune terre guadagnate in precedenza con un grande tributo di sangue. Dopo le drammatiche esperienze l’attaccamento alla patria italiana per i triestini divenne molto più forte, visto che erano divenuti terra di frontiera e l’incubo jugoslavo era sempre in agguato: accrebbe ulteriormente con la contrapposizione tra i due blocchi (occidentale e comunista). Ancora oggi gli sloveni rivendicano Trieste per la loro piccola nazione: si ficchino in testa che essa è una città italianissima (come lo erano Pola, Fiume ed altre cittadine della costa dalmata) e non si tocca. È una caratteristica tipica delle zone di frontiera, dove a volte ci si rende conto di essere stranieri da italiani e si ha la sensazione che un giorno potrebbero invaderti e cacciarti, sentirsi più italiani che altrove: vale anche per i nostri connazionali dell’Alto Adige e della Val d’Aosta. Chi sta nel cuore d’Italia non potrà mai capire e neppure noi che siamo vicino la degna capitale d’Italia e che nell’antichità creò un grande impero. Il nostro è un altro tipo di amor patrio.