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mercoledì 30 giugno 2010

58) L’ULTIMA FATICA DI MORONI PER LA CITTA’ DI CORI

 NEL MUSEO DELLA MEMORIA

RICORDI DELLA CORI DEL PASSATO


È stata pubblicata postuma l’ultima opera letteraria di Francesco Moroni, l’ottava per la precisione. Dopo aver pubblicato per l’Associazione Artisti dei (Monti) Lepini, di cui per un periodo ne è stato anche il presidente: “Gli Sbandieratori e il Leone Rampante”, “Cori bianco, Cori rosso: storia di una denominazione di origine controllata”, “Per non dimenticare gli anni della guerra a Cori”, “Aspetti politici e sociali nella Cori del XIX e XX secolo”, “Notizie intorno alla Vergine Anagnina Oliva raccolti nei luoghi della sua venerazione”, “Cori, Sant’Oliva e il Coriolano”, “La Madonna del Soccorso e la Sacra Rapresantazione di Sante Laurienti, la ritrovata Oliva”, ora è uscita la sua ultima fatica, forse la più elaborata ed impegnativa di tutte, che si intitola “Nel Museo della Memoria, Ricordi della Cori del passato”. Personalmente possiedo tutti i libri di Moroni, tranne i primi due elencati, e li ho trovati molto interessanti, soprattutto “Per non dimenticare gli anni della guerra a Cori” e “Aspetti politici e sociali nella Cori del XIX e XX secolo”.

Non sapevo che fosse stato pubblicato un altro suo libro, il quale in questi giorni è stato proposto a me e alla mia famiglia  di acquistarlo per attività benefiche: abbiamo accettato volentieri. L’autore ha voluto illustrare nella sua ultima opera letteraria una rappresentazione di una Cori sparita, che conobbe negli anni della sua infanzia, e che ora il progresso e il miglioramento delle condizioni di vita hanno fatto in modo di cancellarne ogni traccia. Il fine è di tramandare com’era il vostro paese, far conoscere un mondo che molti non hanno mai conosciuto (fortunatamente) e di cui egli non aveva nessuna nostalgia o rimpianti perché era molta la miseria nella maggioranza della popolazione, rassegnata a quelle condizioni e ai soprusi dei potenti. Per secoli è stato così, solo negli ultimi decenni il tenore di vita dei meno abbietti si è elevato di molto, sino ad equipararsi ai signori di un tempo, grazie soprattutto alle innovazioni tecnologiche, all'industrializzazione sfrenata e all’assistenzialismo statale. Da una prima sfogliata superficiale che ho dato, nel volume non mancano raffronti tra il mondo di ieri e di oggi, elenchi di negatività in entrambi i tempi, o in un modo o in un altro. Il libro, che è composto da oltre 400 pagine, descrive molti aspetti paesani antichi: dai luoghi, quali strade, piazze, vicoli; ai mestieri; dallo scorrere dei giorni attraverso lavoro e feste; ai personaggi caratteristici, come preti e artisti vari; dagli svaghi, come la caccia, il cinema, il teatro, la banda musicale; ai prodotti della terra, alle poesie, eccetera, eccetera. Naturalmente l’autore si è avvalso della collaborazione di altre persone, le quali ha ringraziato in fase di presentazione, per le ricostruzione delle vicende storiche e per le fotografie incluse nel racconto. Spero che queste poche righe abbiano convinto, chi non l’avesse ancora fatto, ad acquistare questa piccola enciclopedia sul vostro paese.

martedì 22 giugno 2010

57) MEGARADUNO DEI BERSAGLIERI DEL PRIMO LA MARMORA

CIVITAVECCHIA (ROMA), DOMENICA 20 GIUGNO 2010 



Cronaca di una mia giornata particolare

Domenica scorsa mi sono recato nella città marittima di Civitavecchia per assistere alle cerimonie del raduno per i molti che sono passati alla caserma del “Primo Reggimento Bersaglieri La Marmora”, che era situata appunto in quella cittadina. Sono partito dal paese di Cori (LT) alle ore 7:00 e con due ore di automobile sono giunto alle ore 9:00 a Civitavecchia, già antico centro romano di Centumcellae, giusto in tempo per l’inizio delle celebrazioni; ma per ritrovare il parcheggio che era indicato nelle cartina insieme ai luoghi delle celebrazioni, che mi avevano inviato telematicamente insieme al lasciapassare per il posteggio e che avevo entrambi stampati, ho perso qualche minuto, così sono arrivato a cerimonie iniziate. I militari sono precisi, fossi partito qualche minuto prima…... ma non ero l’unico che in quel momento stava sopraggiungendo. Il tempo era caratterizzato da un forte vento e da sporadiche minacce di piogge, già me ne ero accorto mentre percorrevo l’autostrada, l’autovettura oscillava, pensavo ad un problema della stessa perché forse stavo correndo troppo, ma al ritorno mi sono tranquillizzato vedendo i tabelloni elettronici che indicavano il forte vento che giungeva dal vicino mare. Non era una giornata da mare: chi frequenta quel tratto di “litorale romano” (Fregene, Marina di Cerveteri, Santa Severa, Santa Marinella) se ne è stato a casa, anche il sottoscritto ci avrebbe fatto un pensierino al termine delle cerimonie in caso di giornata afosa. Erano presenti al raduno e alle celebrazioni, oltre naturalmente agli ex bersaglieri di Civitavecchia, le associazioni dei bersaglieri di molte zone d’Italia, ce ne erano anche delle nostre parti: Cisterna, Latina e Borgo Sabotino. Le associazioni dei bersaglieri comprendono molti ex bersaglieri, ma anche simpatizzanti adolescenti e ragazzi, dispongono di rispettabili abiti, sia borghesi, sia uniformi militari policromi di servizio e di combattimento, molte di esse hanno le fanfare, che naturalmente erano presenti, prima fra tutte quella molto nota di Guidonia. Codeste associazioni si sono schierate insieme agli ex bersaglieri del Primo di Civitavecchia, divisi per le compagnie che lo componevano: Prima Lupi, Seconda Falchi, Terza Tigre, Mortai Pesanti, CCS e Fanfara. Ogni compagnia ha svolto il rito della Foto Ricordo, mentre dal microfono uno dei presentatori invitava, in toni burberi ed irrequieti, al silenzio e ad affrettare le operazioni per via della minaccia della pioggia. La cerimonia è proseguita con l’arrivo del medagliere delle associazioni bersaglieresche, degli stendardi comunali di Civitavecchia e di Cosenza, dove ora ha sede il Primo Reggimento Bersaglieri, tutti gli schieramenti hanno omaggiato quei momenti mettendosi sugli attenti, innalzando i molti stendardi e i tricolori italiani (una sorta di presentat arm).


Le autorità civili e religiose civitavecchiesi hanno tenuto i loro discorsi, dopodiché hanno parlato gli ideatori del raduno e dei vecchissimi bersaglieri. Uno di loro è un generale in congedo, classe 1921, che fu inviato al Fronte Greco – Albanese nella Seconda Guerra Mondiale e che negli anni ’50 contribuì alla formazione del 1° Battaglione Bersaglieri a Civitavecchia. L’intervento più commovente è stato del bersagliere più anziano di tutti, classe 1916, l’emozione e la commozione gli hanno impedito di leggere il suo intervento, che è stato letto dal presidente della sua associazione bersaglieri: ha parlato della sorella morte che vide in faccia durante la guerra, quando fu inviato su tre fronti, ma ciononostante si è dichiarato fiero di aver servito la patria, di essere stato bersagliere e l’ultimo suo desiderio della sua vita è andare a Torino l’anno prossimo al raduno nazionale dei bersaglieri che si terrà nella città simbolo dell’Unità d’Italia per il 150° anniversario.


Alcuni signori anziani che erano presenti purtroppo oggi sono finiti sulle sedie a rotelle, gli alti ufficiali organizzatori della manifestazione li hanno confortati, ringraziati e rincuorati con calorosi gesti affettuosi. Ho rivisto alcuni ufficiali che sono avanzati molto di grado rispetto al periodo in cui li conobbi: da tenenti, da capitani che erano, oggi sono divenuti tenenti colonnelli e colonnelli, mentre i colonnelli di allora oggi sono generali. Si sentivano tra la gente che assisteva alle cerimonie parlate e cadenze di tutta Italia, del Nord e del Sud, non solo la parlata romana di Civitavecchia con leggerissimo accento toscano: è un’impresa ardua arrivare ad una lingua italiana nazionale pulita, senza né accenti, né cadenze. Dopo i discorsi e l’ammassamento tenutisi vicino al porto, i reparti improvvisati hanno sfilato per le vie della città, di passo e di corsa, mentre le forze dell’ordine, vigili, carabinieri e finanzieri, facevano attenzione che gli spettatori non li intralciassero.


Hanno voluto sfilare per le strade di Civitavecchia perché era il simbolo della loro libertà al termine dell’orario addestrativo, dove ci si svagava e dove nascevano persino gli amori. Il programma della giornata è stato svolto interamente di mattina, probabilmente hanno cambiato per via della partita di calcio che era in programma il pomeriggio, è stata annullata per via del maltempo la prevista esibizione delle "freccette tricolori" e le fanfare hanno chiuso con un concerto prima dei saluti finali e prima di recarsi nei ristoranti per chi aveva prenotato il pranzo. Io non avevo prenotato, ma ho preferito trattenermi per seguire la partita di calcio dell’Italia, così dopo aver mangiato una pizza e dopo aver bevuto una birra in una trattoria sarda, ho fatto un giro per il porto al Forte Michelangelo, dove era ancorata la Nave del Bersagliere e poi in auto mi sono recato alla Borgata Aurelia, frazione di Civitavecchia sulla strada di Tarquinia, dove per quasi 50 anni c’è stata la caserma dei bersaglieri. Tante volte bisognava muoversi con le circolari cittadine che terminavano le corse alle ore 20:00, dopodiché c’erano solo i tassinari vampiri a disposizione quando ci si recava alla stazione dei treni per la licenza, quando ci si recava in libera uscita e quando si rientrava in caserma: quante sòle, quante sofferenze, quante sudate, quante arrabbiature che ho sbeffeggiato e messo alle spalle nel momento che percorrevo quella strada con un'autovettura condotta da me.

Ho visto da fuori la caserma, che ora ospita un altro reparto dell’Esercito Italiano, ho rivisto la Borgata, mi sono fermato all’oratorio della sua chiesetta per seguire l’incontro Italia – Nuova Zelanda dei mondiali e poi sono ripartito imboccando il casello autostradale Civitavecchia Nord qualche chilometro più avanti. L’autostrada inizia e muore in quel punto, da circa un quarantennio si attende che venga prolungata sino a Livorno, per far in modo di decongestionare il traffico sulla pericolosa Via Aurelia. Sulla via del ritorno ho ripensato ad una volta che percorsi quell’autostrada su un taxi abusivo, preso insieme ad altre quattro persone alla Stazione Termini di Roma perché eravamo stati sorpresi da uno sciopero dei treni e pagammo 50.000 lire a testa: era la sera di San Valentino del 1998, era pure di sabato, nel momento in cui la gente spensierata, sorridente e ben abbigliata sostava negli autogrill nell’attesa di andare a divertirsi, noi depressi tornavamo nella prigionia. Oggi però abbiamo conquistato quella libertà, quella responsabilità  e quella maturità che ci consentono di non aver più nulla da invidiare a quelle ragazze di quel sabato sera e che ci consentono di venire così lontano da soli con l’automobile: da 20 anni a 30 anni è un bel balzo, anche se c’è chi non ha dovuto attendere così a lungo perché anche a 20 anni giungeva a Civitavecchia con l’auto da terre molto più lontane della mia. Ma siamo stati bersaglieri e alla fine ne è valsa la pena: basta pensare di esserlo stati e si alza la testa nei momenti in cui giungono i nostalgici pensier, i ricordi che ci fan sospirar; alla fine delle giornate, come quella trascorsa, siamo stanchi, magari con il corpo, ma le nostre anime sono ancora tese verso l’ascesa dell’Italo Valor!

Piume al Vento
(Canto bersaglieresco)

Sfilano per le strade i bersaglier,
musica in testa, a gran velocità.
Ogni piumato fante se ne va
scordando i suoi nostalgici pensier....
L'ammirazion che desta il suo passar
è la sua vita, tutto il suo piacer
e se un ricordo lo fa sospirar
rialza la testa :"Sono un bersaglier!" 
Passa!Le piume al vento l'Italia nel cuor!
Squilla con ardimento fanfara d'amor!
Stanco magari è il corpo
ma l'anima è ancor
tesa, verso l'ascesa dell'italo valor!


N.B.: le fotografie sono tratte dal gruppo Quelli del Primo Bersaglieri La Marmora.

giovedì 10 giugno 2010

56) SETTANTA ANNI FA

10 GIUGNO 1940

  
Esattamente 70 anni fa, il 10 giugno 1940, Benito Mussolini, Primo Ministro e Duce d’Italia, dal balcone del suo ufficio situato a Palazzo Venezia sull’omonima piazza a Roma, annunciava l’entrata dell’Italia in guerra a fianco della Germania Nazista. Il Patto d’Acciaio e l’Asse Roma – Berlino, stipulati tra i due paesi, imponevano l’assistenza reciproca in caso di conflitti. Il desiderio della Germania dopo l’ascesa al potere di Adolf Hitler era prendersi la rivincita dopo l’inglorioso esito del Primo Conflitto Mondiale.


Con la scusa di voler riunire tutti i popoli di sangue tedesco sotto un unico grande stato, il nazismo voleva imporre una nuova egemonia sul mondo e sostituirsi alla Gran Bretagna, che allora era un po’ come gli Usa oggi. Hitler si annesse l’Austria e i sudeti cecoslovacchi, quest’ultimi con l’approvazione della Francia e della Gran Bretagna, dopo la conferenza di Monaco in cui Mussolini ebbe il ruolo di negoziatore e mediatore. Il successivo obiettivo dei tedeschi era il corridoio polacco, che separava la Germania dalla Prussia Orientale Tedesca, per Francia e per Gran Bretagna era considerato il limite che la Germania non doveva oltrepassare per entrare in guerra con loro. Nonostante ciò il 1 settembre 1939 le forze corrazzate tedesche iniziarono l’occupazione militare della Polonia, così Francia e Gran Bretagna dichiararono guerra alla Germania. L’Italia, alleata della Germania, attuò la politica della cosiddetta non belligeranza. Ma per otto mesi al confine tra Germania e Francia non si sparò un solo colpo, quel periodo fu denominato La Drôle de Guerre, la strana guerra: i due eserciti erano posizionati lungo le linee di fortificazione, la Linea Maginot francese e la Linea Sigfrido tedesca, in quel lasso di tempo i tedeschi tentarono invano di convincere i francesi alla pace. Nella primavera del 1940 partirono le operazioni belliche tedesche: i germanici occuparono Danimarca e Norvegia, in previsione di un accerchiamento della Gran Bretagna e di eventuali guerre sottomarine, dopodiché invasero i neutrali stati del Belgio, dell’Olanda e del Lussemburgo, penetrarono in Francia, aggirarono la Linea Maginot e dilagarono. Un nuovo tipo di guerra irrompeva, la guerra lampo: chi si aspettava la guerra di trincea tipica della Prima Guerra Mondiale si sbagliava di grosso, perché quella volta i nuovi armamenti, primi tra tutti i cacciabombardieri, facevano la differenza. Mussolini non voleva farsi sfuggire un’occasione storica e quando oramai i tedeschi sfilavano sotto l’Arco di Trionfo a Parigi, l’Italia dichiarò guerra alla Francia (e alla Gran Bretagna); i francesi parlarono di pugnalata alla schiena da parte italiana. Il Duce pensò: “se la Francia è caduta così rapidamente, presto anche l’Inghilterra cederà”; i suoi gerarchi tentarono di convincerlo a lasciar perdere la guerra ma egli rispose che aveva bisogno di alcune centinaia di morti per potersi sedere sul tavolo della pace.

Il progetto fascista di espansione italiana ad inizio conflitto

L’inutile assalto italiano alla Francia causò la perdita di oltre 1200 soldati italiani, tra morti e dispersi, mentre i francesi non persero nemmeno 200 militari. L’Italia uscì a mani vuote dopo l’armistizio franco – germanico: avrebbe voluto impossessarsi di Nizza, Savoia, Corsica, Tunisi e Gibuti, ma tutti quei territori vennero controllati dal governo collaborazionista della Francia del sud, con capitale Vichy, presieduto dal Maresciallo Pétain; mentre la Francia del nord venne occupata direttamente dalla Germania. Solo dopo la fine della Francia di Vichy, con lo sbarco americano nel Marocco, l’Italia pose sotto suo diretto controllo militare una parte della Francia del sud e la Corsica. La stessa Corsica, Tunisia e Malta erano considerati imponenti pericoli per l’Italia in caso di guerre, per questo e per altri motivi, il Capo di Stato Maggiore, Maresciallo Pietro Badoglio, sconsigliò a Mussolini e al Re la guerra: secondo lui l’Italia sarebbe stata pienamente pronta nel 1944 e in quel 1940 più di sei settimane non avrebbe resistito, visto e considerato che aveva impiegato quasi tutti gli armamenti nelle guerre di Abissinia e di Spagna. Mussolini non volle sentire ragione perché per lui il conflitto era finito e perché temeva Hitler, che sotto-sotto non aveva mai amato. Hitler al contrario era sempre stato un estimatore del Duce: era il suo modello sin dal 1923 quando attuò il primo tentativo, poi fallito, di impossessarsi del potere a Monaco di Baviera. Continuò ad essere suo ammiratore anche quando salì al potere nel 1933, ma Mussolini non ricambiò la stima, anzi bloccò perfino un suo primo tentativo di annessione dell’Austria, perché temeva per l’Alto Adige o Tirolo del Sud. Ben presto però il Duce cambiò idea su Hitler, non immaginando che sarebbe stata la rovina per il fascismo, per l’Italia e per lui. Con l’alleanza italo – tedesca Mussolini fu costretto ad attuare anche in Italia le politiche di discriminazione razziale nei confronti degli ebrei, moltissimi dei quali erano fascisti sfegatati. Quel conflitto di “pochi giorni” durerà cinque anni e l’Italia perderà 415.000 vite umane tra militari e civili. Nel 1941 con le prime sconfitte italiane in Grecia, in Africa del nord, nelle battaglie navali del Mediterraneo e con la perdita dell’Impero d’Etiopia, che era indifendibile perché i rifornimenti non potevano passare per il Canale di Suez britannico, tramontò l’ambiziosa idea della guerra parallela, cioè una guerra italiana autonoma, sempre da alleata della Germania. Si passò così ad una guerra congiunta italo – tedesca, quando i tedeschi intervennero in Grecia e in Africa del nord con Rommel, per rimediare ai disastri italiani.

Nel luglio 1943, dopo le sconfitte della fine del 1942 dell’Asse a Stalingrado in Russia e ad El Alamein in Egitto, gli anglo – americani sbarcarono in Sicilia, mentre tempestavano di bombe tutta Italia, il Re destituì Mussolini sostituendolo con Badoglio e firmò l’armistizio con gli Alleati nel settembre del 1943. I tedeschi reagirono occupando militarmente quasi tutta l’Italia, che per loro era ritenuta traditrice, massacrarono i militari italiani che non volevano consegnare le armi e farsi deportare, liberarono Mussolini dalla prigionia e lo misero a capo del governo fantoccio della Repubblica Sociale Italiana. La patria italiana morì: ormai era terra di conquista di eserciti stranieri che si fronteggiavano, ogni italiano sceglieva da che parte stare e si scontrava con un altro italiano nella sanguinosa guerra civile, dove perirono anche civili innocenti sterminati da tutte le parti. Gli alleati vinsero, in Italia finì il fascismo e la monarchia e gli americani posero sotto loro controllo militare indiretto il nostro paese, salvandolo dal comunismo, ma allo stesso tempo lo aiutarono economicamente. La cosa positiva di quegli anni di morte, di sangue, di desolazione, di massacri, di fame, di miseria fu l’inizio di una nuova era di prosperità, di pace e di sviluppo economico. Per i bambini che nacquero in quegli anni, tra cui i miei genitori nel 1940 e nel 1943, in quell’inferno si prevedeva che il futuro non sarebbe stato certamente di rose e fiori per loro. Ma fortunatamente non fu così.

mercoledì 2 giugno 2010

55) LA FESTA DELLE FORZE ARMATE, LA FESTA D’ITALIA



Oggi 2 giugno, anniversario della Repubblica Italiana, nella nostra capitale si svolge la tradizionale parata militare ai Fori Imperiali. Onore alle forze armate d’Italia, specialmente a quelle impegnate nelle missioni all’estero per garantire la nostra sicurezza ed incolumità, onore a chi muore per noi tutti. Parlai della parata militare anche lo scorso anno, ma visto che ormai ci apprestiamo a vivere i 150° dell’Unità d’Italia, quest’anno in questo mio sito merita una menzione speciale uno dei padri moderni della nostra patria, ovvero il maggior artefice dell’unificazione: il Generale Giuseppe Garibaldi, eroe dei due mondi.



Grazie Generale!
Viva Garibaldi!
Viva la nostra Italia!













 AVE ITALIA


Il suo unico scopo nella vita fu liberare gli italiani dall’oppressione degli stranieri, dei loro complici e liberare Roma dalla tirannia clericale per farla capitale del nuovo stato. Fu un uomo vero dai sani principi che non volle essere mai ricompensato con cariche politiche e con beni materiali. Fu l’unico a non rassegnarsi alla cessione di Nizza, sua città natale, alla Francia. La sua determinazione ed ostinazione nel raggiungere i suoi scopi lo portò spesso a scontrarsi con l’esercito regolare piemontese e poi italiano, le cui autorità raccomandavano prudenza nelle guerre di redenzione. Dopo di lui il processo di unificazione continuò per riunire sotto un unico stato tutti i popoli italiani ed oggi possono esserci dei rammarichi per altre terre perdute recentemente e in tempi lontani che avrebbero potuto appartenere all’Italia: Istria, Dalmazia, Nizza, Savoia, Corsica, Ticino, Malta.

Oggi nella giornata delle forze armate, le quali hanno combattuto per l’Unità, sentitevi orgogliosi di appartenere a questa nostra grande nazione, tirate fuori l’orgoglio patriottico perché se si arrendono le nazioni la barbarie vincerà ed altri ci sottometteranno, rivalutate il culto di Garibaldi. La bandiera d’Italia è qualcosa di sacro, non è unicamente la bandiera della nazionale di calcio, di cui se ne vedono molte in giro di questi tempi per via dei campionati del mondo. È una presa in giro nei confronti della nostra storia, della nostra cultura, dei nostri caduti, del nostro sangue equiparare il tricolore italiano alla bandiera dalla Juventus, del Milan, dell’Inter ecc. Allo stesso modo l’Inno Nazionale viene accostato all’inno delle squadre calcistiche. Si, anche il calcio va bene, ma l’orgoglio di appartenere ad una nazione non può basarsi unicamente su di esso.