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domenica 29 gennaio 2017

342) LA TRILOGIA CINEMATOGRAFICA DE “IL PADRINO”



BREVE RECENSIONE SULLA TRILOGIA CINEMATOGRAFICA DE “IL PADRINO” (TITOLO ORIGINALE “THE GODFATHER”): DIRETTA DA FRANCIS FORD COPPOLA, ISPIRATA ALL’OMONIMO ROMANZO DI MARIO PUZO, CHE HA COME ATTORI PRICIPALI MARLON BRANDO, AL PACINO E ROBERT DE NIRO.

Qualche mese fa ho acquistato la trilogia cinematografica de “Il Padrino” su dvd, sfruttando un’offerta promozionale. A suo tempo quelle pellicole ebbero uno strepitoso successo e vinsero molti Premi Oscar . Io non ho avuto mai occasione di vederle in televisione perché generalmente le hanno sempre trasmesse molto tardi e perché durano tantissimo. Dopo l’acquisto ho potuto visionare quelle opere cinematografiche con calma ed approfondirle fino in fondo.

  • Il padrino I – L’emigrato siciliano Vito Corleone è divenuto dopo anni di crimine il più potente capomafia di Nuova York: i sui affiliati fanno la fila per essere ricevuti e chiedergli favori. È assistito dai figli Santino, Fredo e dal figlio adottivo Tom Hagen, un brillante avvocato che tutela gli affari di famiglia. Nel 1945 Don Vito, dopo il matrimonio della figlia, riceve, da un rappresentante di un’altra famiglia mafiosa, la proposta di partecipare ad un traffico di stupefacenti: gli si chiede d’offrire il suo appoggio finanziario e di sfruttare le sue conoscenze politiche. Egli rifiuta e dopo alcuni giorni subisce un attentato in cui viene ferito gravemente. L’altro figlio di Vito Corleone, Michael, che voleva rimanere fuori dagli affari di famiglia, decide di difendere il padre, commettendo degli omicidi, per poi rifugiarsi a Corleone in Sicilia. Lì si sposa con Apollonia, che dopo pochi mesi morirà in un attentato. In America, il fratello Santino cade in un’imboscata e viene trucidato. Nel frattempo Vito Corleone, ripresosi, riassume il comando della sua famiglia e, incontratosi con le altre famiglie mafiose, ristabilisce la pace: per guadagnare tempo, far rientrare Michael dalla Sicilia e lasciargli il posto di comando. Michael parte deciso nell’affermarsi, così da intralciare gli interessi della altre famiglie; suo padre lo consiglia, onde evitare di venire eliminato. Don Vito muore di morte naturale. Michael durante il battesimo del nipote (figlio della sorella), a cui fa da padrino, anticipa le mosse degli avversari, mandando dei sicari ad uccidere i capi della altre famiglie mafiose newyorkesi, successivamente  si vendica di alcuni traditori nella sua famiglia, tra cui il cognato, coinvolto nell’uccisione del fratello. Sua sorella Connie, rimasta vedova, si scaglia con ira contro Michael e mette in guardia la sua nuova moglie su chi sia veramente il marito: il nuovo Don Corleone, il nuovo Padrino, a cui i suoi scagnozzi giurano fedeltà, baciandogli la mano.
  • Il padrino II  - La seconda parte di questa saga è divisa in due narrazioni che si alternano sullo schermo: c’è la storia di Vito Corleone da bambino e da giovane, tra i primi del ‘900 e gli anni ’20 e si continua la storia del Padrino I con Michael Corleone, ambientata negli anni ’50. A Corleone in Sicilia il boss locale Don Ciccio uccide per ritorsione l’intera famiglia Andolini; il bambino Vito, venendo aiutato, riesce a fuggire negli Usa. Arrivato a destinazione, l’addetto al controllo passaporti confonde la località di provenienza (Corleone) col cognome: così da quel momento Vito Andolini sarà Vito Corleone. Da giovane Vito si imbatte in Peter Clemenza e Salvatore Tessio  ed inizia con essi delle attività malavitose. Sono ostacolati da Don Fanucci che li ricatta pretendendo il pizzo. Vito uccide Fanucci: da quel momento inizia la sua scalata che lo porterà ad essere un malvivente temuto e rispettato. Successivamente egli torna a Corleone, con la moglie e i figli piccoli, per compiere la sua vendetta nei confronti di Don Ciccio. Negli anni ’50 Michael, figlio di Don Vito, è nel Nevada e guida l’organizzazione criminale. Egli riesce a scampare ad un attentato organizzato dal potente capitalista ebreo Roth, che guida il giro degli affari a Cuba. Michael si reca a Cuba per partecipare ai loschi affari e vendicarsi. Tutti vengono spiazzati quando il dittatore Batista annuncia la rinuncia al potere per evitare un bagno di sangue contro la guerriglia. Successivamente Roth, tramite il pentito Pentangeli, fa incriminare da una commissione d’inchiesta giudiziaria Michael Corleone per i suoi crimini; l’imputato verrà scagionato quando il pentito ritratterà le accuse a causa della presenza del fratello in aula: fatto arrivare dalla Sicilia per tutelare l’onore. Seguono le solite vendette di Don Corleone contro Roth, Pentangeli e perfino contro il fratello Fredo, coinvolto nell’attentato alla sua persona. Michael viene abbandonato dalla moglie: gli rivela che quando era incinta del loro terzo figlio, aveva abortito volontariamente per non mettere al mondo un altro futuro mafioso assassino. Il protagonista, ormai rimasto solo con i figli piccoli, ripensa al compleanno di suo padre Vito nel 1941 (il giorno in cui  giapponesi attaccarono gli Stati Uniti), allorquando la sua famiglia era riunita al completo, ed annunciò che si era arruolato anch’egli per combattere, suscitando le ire del fratello Santino e le perplessità degli altri familiari che avevano in mente per lui un futuro da grande uomo politico.
  • Il padrino III – Michael Corleone ha iniziato l’opera di estromissione della propria famiglia dalla malavita e ormai gode della fama di un rispettabile miliardario. Alla fine degli anni ’70 riceve a Nuova York un’onorificenza da parte del Papa Paolo VI per le sue opere benefiche. Tenta di convincere il figlio Anthony a lavorare per lui, ma egli preferisce la carriera di cantante lirico. Ben presto entra nelle grazie del Padrino il nipote Vincent Mancini, il figlio illegittimo del fratello Santino, ed inizia a lavorare con lo zio. Michael entra in affari con la Banca Vaticana, investendo 600 milioni di dollari. Tale investimento serve all'Arcivescovo Gilday per evitare il rischio di una bancarotta fraudolenta causata dalle manovre di un gruppo di avidi uomini d'affari cattolici, guidati dal potente Licio Lucchesi, un influente uomo politico italiano, che guida la maggior parte dei clan mafiosi in Italia. Lucchesi ordina l’eliminazione di Michael ma fallisce; il nipote, con l’appoggio della zia Connie, organizza una vendetta contro un malavitoso che aveva partecipato all’agguato. La famiglia Corleone si reca a Palermo per assistere al debutto all’opera di Anthony. Il nuovo Papa Giovanni Paolo I è intenzionato a preferire Corleone a Lucchesi: quest’ultimo fa avvelenare il suo tè. Michael si ritira, lasciando il comando della sua famiglia al nipote, che assume il nome di Don Vincent Corleone, ma pone una condizione: dovrà rinunciare alla relazione che ha con sua figlia Mary. Viene organizzato un ennesimo attentato contro l’anziano Corleone, al Teatro Massimo di Palermo, ma per errore viene uccisa la figlia Mary. Anche Lucchesi viene ucciso quella sera. Michael, ormai anziano, molti anni dopo la morte di Mary, è tornato a vivere in Sicilia. Il boss si spegne roso dal rimorso, completamente solo e abbandonato da tutti mentre è nella quiete desolata del giardino della sua villa.



Questa saga cinematografica, nonostante sia una narrazione criminale, ha ricevuto molto successo e molti premi. L’autore del romanzo e i produttori cinematografici hanno realizzato queste pellicole per condannare la vita criminale, non penso per elogiarla, descrivendo una triste realtà della nostra società. La maggioranza degli omicidi, nella finzione e nella realtà, rimane impunita perché nessuno è disposto a testimoniare: per delle questioni d’omertà e d’onore; se uno lo fa dovrà cambiare vita nascondendosi. Non in tutto il pubblico queste storie violente provocano indignazione e condanna: molte persone, specie alcuni meridionali, elogiano queste scalate al potere con metodi violenti dei boss mafiosi; infatti nella rete sono presenti alcuni spezzoni di questi film in cui ci sono dei commenti di approvazione, invece che di dissociazione. Uno, pensando che la finzione sia come la vita reale, non si rende conto che finirà in galera o sottoterra se proverà ad emulare questi racconti cinematografici. La colonna sonora de “Il Padrino” (postata sopra) è diventato un mito: viene suonata ai funerali degli “uomini d’onore” e anche nelle processioni paesane quando si passa davanti alle case dei grandi capimafia. È una mentalità tipica in vaste aree delle regioni del sud chiedere favori e protezione ai padrini locali; e poi se un giorno chiederanno di ricambiare i favori e diranno di compiere azioni criminali? Penso anche a me: probabilmente non avrei avuto tanta libertà nel trattare temi di politica locale su un blog se fossi nato o fossi residente in un paese del Sud Italia con forte presenza della criminalità organizzata.

sabato 21 gennaio 2017

341) INIZIA LA PRESIDENZA TRUMP



Ora il potere torna al popolo

Il discorso pronunciato da Donald Trump il 20 gennaio 2017, subito dopo il giuramento al Campidoglio: Basta spendere miliardi per difendere gli altri e basta con i politici che non fanno nulla. Creeremo lavoro e rifaremo i confini. Comprate e assumete americano"

Donald J. Trump - Sab, 21/01/2017 - 09:36

Presidente della Corte Suprema, Presidente Carter, Presidente Clinton, Presidente Bush, Presidente Obama, americani e gente di tutto il mondo: grazie!

Noi cittadini americani siamo uniti nel formidabile sforzo nazionale di ricostruire il nostro Paese e di ripristinare le promesse per il nostro intero popolo. 

Insieme determineremo le sorti dell'America e del mondo per molti anni a venire. Affronteremo delle sfide, faremo i conti con momenti di difficoltà, ma ci riusciremo. Ogni quattro anni, ci ritroviamo su questa scalinata per realizzare il passaggio pacifico e regolare dei poteri e siamo grati al Presidente Obama e alla First Lady, Michelle Obama, per l'aiuto garbato che hanno dato nel corso di tale passaggio. Sono stati fantastici. Grazie. La cerimonia di oggi, però, ha un significato davvero speciale perché oggi non stiamo semplicemente effettuando un trasferimento di poteri da un'amministrazione a un'altra o da un partito a un altro, bensì stiamo trasferendo il potere da Washington, D.C., e lo stiamo restituendo a voi, popolo. Per troppo tempo, un piccolo gruppo nella capitale della nostra nazione ha fatto propri i benefici del governo, mentre il popolo ne pativa i costi. Washington prosperava, ma il popolo non beneficiava della sua ricchezza. I politici prosperavano, ma i posti di lavoro venivano meno e le fabbriche chiudevano. Il sistema proteggeva se stesso, non i cittadini del nostro Paese. Le loro vittorie non sono state le vostre vittorie. I loro trionfi non sono stati i vostri trionfi. E, mentre quella gente festeggiava nella capitale del nostro Paese, c'era poco da festeggiare per le famiglie in difficoltà nell'intera nazione. Tutto ciò cambia a partire da qui, fin d'ora, perché questo momento è il vostro momento: appartiene a voi. Appartiene a tutti quelli che oggi si sono radunati qui e a chiunque ci stia osservando da ogni punto dell'America. Questo è il vostro giorno, questa è la vostra festa e questo Paese, gli Stati Uniti d'America, è il vostro Paese. Quello che davvero conta non è quale partito controlli il nostro governo, bensì che il nostro governo sia controllato dal popolo. Il 20 gennaio 2017 verrà ricordato come il giorno in cui il popolo è tornato a essere sovrano in questo Paese. Gli uomini e le donne dimenticati di questo Paese cesseranno di essere dimenticati. Ora tutti vi ascoltano.

Siete venuti a decine di milioni per entrare a far parte di un movimento di portata storica come il mondo non ne aveva mai visti prima. Al cuore di questo movimento sta una convinzione cruciale: che una nazione esiste per servire i suoi cittadini. Gli americani vogliono ottime scuole per i loro figli, quartieri sicuri per le loro famiglie e buoni posti di lavoro per se stessi. Si tratta di richieste giuste e ragionevoli da parte di un popolo retto e di un pubblico retto. Ma per troppi dei nostri cittadini esiste una realtà diversa: madri e figli intrappolati dalla povertà dei nostri bassifondi urbani; fabbriche in stato di abbandono disseminate come tombe nel paesaggio della nostra nazione; un sistema scolastico in cui vengono riversati tanti soldi, ma che lascia i nostri giovani e splendidi studenti a corto di conoscenze; e il crimine e le gang e le droghe che hanno strappato troppe vite e che hanno privato il nostro Paese di un enorme potenziale inespresso. Questa scempio americano deve interrompersi e si interromperà in questo preciso istante. Siamo una nazione e il loro dolore è il nostro dolore. I loro sogni sono i nostri sogni e i loro successi saranno i nostri successi. Abbiamo un solo cuore, una sola patria e un solo destino glorioso.

Il giuramento che oggi faccio è un giuramento di fedeltà a tutti gli americani. Per molti decenni, abbiamo arricchito industrie straniere a danno delle industrie americane; abbiamo sovvenzionato gli eserciti di altri Paesi, consentendo allo stesso tempo di impoverire il nostro sistema militare; abbiamo difeso i confini di altre nazioni, rifiutandoci di difendere i nostri; e abbiamo speso migliaia di miliardi all'estero mentre le infrastrutture americane finivano in rovina e in sfacelo. Abbiamo arricchito altri Paesi mentre la ricchezza, la forza e la sicurezza del nostro Paese sparivano oltre l'orizzonte. Una a una, le fabbriche chiudevano i battenti e abbandonavano il nostro Paese, senza la minima riflessione riguardo ai milioni di americani che si lasciavano alle spalle. La ricchezza della nostra classe media veniva strappata alle loro case e ridistribuita in tutto il mondo. Ma quello è il passato. E ora noi guarderemo solo al futuro.

Noi che ci siamo riuniti qui oggi stiamo per imporre un nuovo ordine che verrà udito in ogni città, in ogni capitale straniera e in ogni aula del potere. D'ora in avanti, una nuova visione delle cose governerà la nostra terra. Da questo momento in poi, lo slogan sarà: prima l'America. Ogni decisione sul commercio, sulle tasse, sull'immigrazione, sulla politica estera, verrà presa a vantaggio dei lavoratori americani e delle famiglie americane. Dobbiamo proteggere i nostri confini dalle devastazioni create da altri Paesi che producono i nostri prodotti, ci sottraggono le nostre aziende e distruggono i nostri posti di lavoro. Il protezionismo porterà grande prosperità e forza. Mi batterò per voi con tutta l'energia che ho in corpo e non vi deluderò mai. Mai. L'America ricomincerà a vincere, a vincere come non mai. Riporteremo in patria i nostri posti di lavoro. Ripristineremo i nostri confini. Riporteremo in patria le nostre ricchezze. E faremo tornare i nostri sogni. Costruiremo strade nuove e statali nuove e ponti e aeroporti e tunnel e ferrovie in tutto il nostro splendido Paese. Toglieremo la nostra gente dai servizi di assistenza sociale e le ridaremo un lavoro, ricostruendo il nostro con mani americane e forza lavoro americana. Seguiremo due semplici regole: comprare prodotti americani e assumere personale americano. Cercheremo amicizie e buoni rapporti con le nazioni del mondo, ma lo faremo nella convinzione che sia nel diritto di tutte le nazioni mettere al primo posto i propri interessi. Non cercheremo di imporre il nostro sistema di vita a nessuno, ma, piuttosto, lo faremo risplendere al punto da farne un esempio che chiunque possa seguire. Rafforzeremo vecchie alleanze e ne formeremo di nuove e uniremo il mondo civilizzato contro il terrorismo del radicalismo islamico, che faremo scomparire dalla faccia della terra. E il fondamento della nostra politica sarà una devozione assoluta agli Stati Uniti d'America e, attraverso la lealtà al nostro Paese, riscopriremo la lealtà reciproca fra le persone. Quando si apre il cuore al patriottismo, non c'è spazio per i pregiudizi. La Bibbia ci dice: «Ecco quanto è buono e quanto è soave che i fratelli vivano insieme!». Dobbiamo esprimere apertamente le nostre idee, discutere in maniera onesta i nostri dissensi, ma sempre puntare alla solidarietà. Quando l'America è unita, è assolutamente impossibile fermarla. Non dovrebbero esserci timori: siamo protetti e sempre lo saremo. A proteggerci saranno gli uomini e le donne formidabili delle nostre forze militari e della polizia e, soprattutto, Dio. Infine, dobbiamo pensare in grande e sognare ancor più in grande. In America, sappiamo bene che una nazione vive solo fintanto che lotta. Non accetteremo più uomini politici che siano solo parole e niente azioni, che si lagnino costantemente senza mai far nulla al riguardo. Il tempo per i discorsi vuoti è finito.

Ora arriva il momento dell'azione. Non lasciate che nessuno vi dica che è impossibile. Nessuna sfida è pari al cuore e alla combattività e allo spirito dell'America. Ci troviamo agli albori di un nuovo millennio, pronti a svelare i misteri dello spazio, a liberare la terra dalle miserie delle malattie e a governare a nostro vantaggio le energie, le industrie e le tecnologie del domani. Un nuovo orgoglio nazionale scuoterà i nostri animi, ci farà puntare a obbiettivi più elevati e guarirà le nostre divisioni. È il momento di ricordare il vecchio adagio che i nostri soldati non scorderanno mai: ovvero che, indipendentemente dal fatto che siamo neri o bruni o bianchi, versiamo il medesimo sangue rosso dei patrioti, gioiamo delle stesse libertà gloriose e porgiamo i nostri omaggi alla stessa fantastica bandiera americana. E, che un bambino nasca nell'ambiente urbano di Detroit o nelle pianure del Nebraska sferzate dal vento, avrà davanti a sé lo stesso cielo notturno, si riempirà il cuore degli stessi sogni e sarà permeato dall'alito vitale infuso dallo stesso Creatore onnipotente. Pertanto, americani di tutte le città vicine e lontane, piccole e grandi, da catena montuosa a catena montuosa, da oceano a oceano, udite queste parole: non sarete più ignorati. La vostra voce, le vostre speranze e i vostri sogni definiranno il destino dell'America. E il vostro coraggio e la vostra onestà e il vostro amore guideranno sempre il nostro cammino. Insieme, renderemo di nuovo forte l'America. Renderemo di nuovo ricca l'America. Renderemo di nuovo orgogliosa l'America. Renderemo di nuovo sicura l'America. E, sì, insieme, renderemo di nuovo grande l'America. Grazie. Che Dio vi benedica. E che Dio benedica l'America.
Donald J. Trump
(Traduzione a cura di Seba Pezzani)

mercoledì 11 gennaio 2017

340) INIZIO ANNO E VISITA A SOFIA



L’INIZIO DEL 2017 TRA I FESTEGGIAMENTI ED UNA BREVE VISITA A SOFIA, CAPITALE BULGARA. 

L’inizio del 2017 è iniziato con i consueti festeggiamenti e con i tradizionali cenoni. Anch’io sono stato invitato ad una cena: dopo aver atteso la mezzanotte mi sono ritirato per ritemprare le forze per affrontare la giornata del 1° dell’anno, che per me tradizionalmente inizia con la funzione religiosa. 

 

Alla vigilia dell’Epifania sono partito per un breve viaggio di tre giorni a Sofia, la capitale della Bulgaria, distante appena un’ora e mezza di aeroplano. È stata una vacanza economicamente conveniente, più delle altre: sia per quanto riguarda i voli aerei nelle compagnie a basso costo e l’albergo (che ho prenotato entrambi nel mese di novembre, nel giorno promozionale del risparmio nelle spese telematiche), sia per le altre spese relative al soggiorno (mangiare, visite ai musei ed ad altri luoghi d’interesse); la moneta locale, il Lev (rinnovato e simile nella forma alla valuta europea), vale la metà di un Euro. Infatti c’erano moltissimi italiani a Sofia, i quali hanno approfittato di questo cambio monetario conveniente. Il clima rigido era il vero problema: ero tentato di rinunciare per via delle previsioni atmosferiche, che sarebbero arrivate sino a – 18° C nei giorni della mia visita, non immaginando che da quelle parti sono abituati a quelle temperature e tutto funziona come se nulla fosse. Da noi, nel nostro clima mite mediterraneo,  le ondate di gelo d’inverno e quelle d’afa d’estate sono di breve durata, mentre nei Balcani si passa da un eccesso all’altro, a seconda delle stagioni, e uno deve sopportare per mesi. La neve che non smetteva mai di scendere dava più fastidio del freddo: le strade per le macchine le tenevano costantemente pulite, sui marciapiedi creavano qualche passaggio dove si rischiava spesso di scivolare per il ghiaccio.

I Bulgari sono un popolo slavo che nel VII Secolo D. C. si spostarono dal Caucaso, penetrando nell’odierna Bulgaria, scacciando i Bizantini e convertendosi al Cristianesimo. La nazione ha avuto due zarine italiane, consorti degli zar regnanti: Maria Luisa di Borbone Parma, moglie di Ferdinando I, e Giovanna di Savoia, moglie di Boris III. Dal punto di vista turistico Sofia, anche se non è una meta prediletta come Praga, Budapest, Cracovia, è interessante anch’essa come le citate città dell’Europa dell’Est. Ci sono delle chiese e dei siti archeologici patrimonio Unesco. C’è il complesso archeologico di Sérdica (l’antica città preesistente fondata dai Traci) con le rovine romane, situata all’interno dell’omonima stazione della metropolitana cittadina. Ci sono statua, basilica e cappella dedicate a Santa Sofia, che dà il nome ala città. C’è il Monte Vitoša, alto oltre 2.200 m.: un’attrattiva sciistica che sovrasta Sofia col suo parco naturale. Diverse chiese e basiliche sono state costruite per gratitudine verso i Russi, con il quale la Bulgaria ha un rapporto di fratellanza e che liberarono la nazione dal dominio ottomano, tra cui spicca  la Cattedrale di Aleksandăr Nevski, il simbolo di Sofia. Poche sono le testimonianze del periodo del Socialismo Reale. Nel centro storico c’è anche una moschea: un 7% della popolazione bulgara è discendente dei turchi, che per oltre quattro secoli sottomisero la Bulgaria. Molti monasteri e chiese storiche durante la dominazione turca furono profanati e trasformati in moschee; quando la Bulgaria riacquisì l’indipendenza gli stessi torarono al culto Cristiano di rito Greco – Ortodosso, praticato da quasi tutta la popolazione bulgara. Di recente a Sofia è stata costruita una chiesa cattolica per i pochi cattolici locali e per qualche straniero di passaggio; anch’io ne ho approfittato per la messa dell’Epifania. Mi aspettavo di trovare situazioni di degrado e di disagi sociali, ma ho visto ben poco di tutto quello: non c’era nessun venditore ambulante e raramente incontravo questuanti. Bisogna solamente fare attenzione ai tassì, individuando quelli provvisti di licenza che non imbrogliano, i quali hanno la scritta “ok”. Per il resto tutto funziona perfettamente: le metropolitane, le corriere di linea, i grandi centri commerciali che vi hanno messo piede. Ormai anche nell’est l’inglese ha preso il sopravento come lingua internazionale (ai tempi del comunismo la lingua internazionale era il russo), tutti lo parlano: nelle attrattive turistiche, negli alberghi, nei ristoranti e ovunque ci sono le doppie scritte (lingua bulgara in caratteri cirillici e lingua inglese in caratteri latini). A dire la verità, io che non sono un esperto e conosco quelle poche parole di base anglosassoni per farmi capire, per capire gli altri, e che perfeziono di viaggio in viaggio, sentendo alcuni commenti di altri italiani, si diceva che il loro inglese non è perfetto. 

 

A questo punto i paesi dell’Europa dell’Est si avviano verso un processo di evoluzione, di modernizzazione, d’aumento positivo della qualità della vita che li porterà un giorno al livello dei paesi dell’Europa Occidentale. Si evolvessero, ma non esagerassero, altrimenti subiranno le conseguenze negative che stiamo subendo noi: immigrazioni, islamizzazioni, caos, terrorismo, eccetera. E soprattutto lasciassero perdere l'euro.