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sabato 23 marzo 2019

417) I COMBATTENTI ITALIANI IN SIRIA



L’ISIS, CIOè LO STATO ISLAMICO, è STATO BATTUTO (PER ORA) IN SIRIA. ANCHE DEI VALOROSI NOSTRI CONNAZIONALI SI BATTONO IN SIRIA PER LA LIBERTà E PER LA NOSTRA SICUREZZA E UNO è CADUTO (lorenzo orsetti) tra l’indifferenza generale e delle istituzioni.




Situazione Siria oggi


la guerra in Siria ancora non è finita ma sembra sia arrivata ad una svolta: infatti l’Isis, ovvero lo stato terroristico islamico, è stato sconfitto dopo che è caduta l’ultima roccaforte da esso controllata. Diverse fazioni, che controllano vari territori, se non si metteranno d’accordo continueranno a fronteggiarsi tra di esse: il Regime di Assad, i ribelli e i curdi. Una svolta decisiva ad Assad l’hanno data i russi e in piccola parte gli americani. Lo Stato Islamico nel 2014 era all’apice: controllava quasi tutta la Siria, oltre che una fetta di Iraq, e organizzava attentati sanguinari in Europa. I curdi, che vivono tra Siria, Iraq e Turchia, sono secoli che vogliono un loro stato indipendente e, con la pretesa di combattere il terrorismo opprimente, cercano di raggiungere il loro scopo primario, con la libertà e i diritti che gli oppressori negano. 

Situazione Siria 2014



Dall’Europa sono partiti molti volontari per unirsi alla lotta, non solo per battersi dalla parte sbagliata dopo raggiri, illusioni ed indottrinamenti. Molti giovani europei, italiani compresi, hanno sentito lo stimolo di battersi anch’essi per delle giuste cause: per i diritti, le emancipazioni di quelle genti e per prevenire gli attentati terroristici in Europa. Nella società occidentale odierna, dove vigono il consumismo sfrenato, la comodità, il materialismo e le nuove generazioni sono molli, delicate, può sembrare un paradosso. Nell’800, quando gli italiani erano quasi tutti più poveri, spinti dalla necessità erano costretti a combattere per l’Italia unita al fine di conquistare la libertà e il riscatto sociale che non arrivò subito. (Domani non è detto che delle nuove necessità non si ritorni a pugnare) Invece nel contesto italiano odierno si resta meravigliati dalle scelte di questi coraggiosi; le popolazioni locali mediorientali sono costrette a combattere per la loro stessa esistenza, la maggior parte di noi pensa che, si ci minacciano o ci colpiscono con attentati, basta individuare gli autori e colpirli dal cielo per sradicare altre eventuali azioni eclatanti.



La morte del fiorentino Lorenzo Orsetti, di idee anarchiche e che combatteva a fianco dei curdi, non ha suscitato un clamore generale e c’è stato poco cordoglio, anche perché subito dopo sono accaduti eventi di maggiore rilevanza mediatica; appunto, sempre per rimanere in tema di terrorismo. Ma già il giorno stesso della sua morte i politici e le istituzioni non hanno espresso parole di cordoglio. I suoi familiari erano preparati al peggio e si sono detti orgogliosi del loro congiunto e delle scelte che aveva fatto. Anch’io dal mio piccolo lo ringrazio di aver dato la propria vita anche per noi, per farci vivere un po’ più tranquilli, anche se i pericoli non sono completamente scongiurati. 

domenica 3 marzo 2019

416) IL DELITTO DI AGORA


“IL DELITTO DI AGORA” è L’ULTIMO LIBRO DI ANTONIO PENNACCHI CHE MODIFICA IL VOLUME “UNA NUVOLA ROSSA” DEL 1998, ISPIRATO AL DELITTO DI CORI DEL MARZO 1997.


Lo scorso dicembre è uscito l’ultimo libro di Antonio Pennacchi, il noto scrittore di fama nazionale di Latina, “Il delitto di Agora” (Mondadori), liberamente ispirato al delitto di Cori del 9 marzo 1997, il quale ancora oggi presenta dei misteri rimasti tali. L’autore si era già cimentato in qualcosa di simile nel 1998 con “Una nuvola rossa” (Doninzelli editore); questa volta egli ha modificato e integrato il vecchio libro.

Noto che lo stesso autore si è documentato a fondo, leggendo i verbali del delitto, gli articoli pubblicati allora sui quotidiani; a suo tempo venne nel paese del fattaccio, ascoltando opinioni sulle persone in un modo o nell’altro coinvolte, pettegolezzi di paese, maldicenze, illazioni, voci di popolo, opinioni e ipotesi su chi potesse avere commesso il delitto e i più fantasiosi moventi. Non tutto però rispecchia il vero: infatti alcune parte sono state inventate, o meglio romanzate, e gli squallidi particolari non sono stati tralasciati. Anche se le querele non si rischiano, per uno che non è del luogo è più facile scrivere su argomenti così delicati e tragici rispetto ad uno del posto, il quale sarebbe costretto ad affrontare quotidianamente le ostilità di coloro che non hanno gradito quanto esposto.

In questo romanzo il delitto viene fatto risalire a fine febbraio 1996 ad Agora, un paesaccio dei Monti Lepini vicino Roma (proprio dietro l’angolo), che ha per monumento simbolo il Tempio di Minerva, dal quale si ammira tutta la Pianura Pontina, il Circeo, le Isole Ponziane, la sua principale piazza è Piazza Norbana e nel Ponte di Silla, situato ad Agora Bassa, i giovani fanno l’autostop per recarsi nella parte alta del paese. Agora è nota per essere il paese dei matti: sarebbe il tabacco che anticamente si coltivava dentro casa che avrebbe tarato i cervelli degli agoresi. L’autore descrive anche i cambiamenti radicali che ha subito Agora nel giro di un decennio: da paese contadino, in cui circolavano muli e somari, senza fogne e senza acqua nelle case, dove si faceva la fila nelle fontane pubbliche nel 1960, si passò alle comodità moderne e alla motorizzazione di massa nel 1970 e le antiche strette scalinate in selciato di Agora vecchia vennero spianate e ritoccate con il cemento e l’asfalto per consentire la circolazione dei veicoli a motore, le stalle degli animali divennero rimesse per veicoli a motore. Si diede priorità al progresso piuttosto che alla salvaguardia del tessuto storico urbano. (sembrano quasi delle colpe, perché la maggioranza della popolazione del resto d’Italia non campava di agricoltura e di pastorizia? Gli animali non erano ovunque i mezzi di trasporto? Le comodità tecnologiche e il progresso arrivarono dapprima nelle grandi città, solo qualche anno più tardi giunsero nei piccoli paesi) Nel palazzo del potere di questo centro abitato tutti sono rossi; se uno non lo è non avrà mai i privilegi che hanno coloro che lo sono. I rossi Lepini diffidano della gente di pianura, anche di quei pochi che hanno le loro stesse idee, come lo stesso Pennacchi: il loro peccato originale politico rimane sempre (politicamente le cose sono cambiate dopo il 1997: sia in qualche paese dei monti, sia in qualche città di pianura). I dialoghi nel libro vengono riportati anche in dialetto agorese, ma non è sempre perfetto.

Domenica 25 febbraio 1996 ad Agora Alta, in una casa di Via della Fortuna, due giovani fidanzati Emanuele e Loredana, vengono uccisi con 244 coltellate; a scoprire i cadaveri sono il fratello e il padre di Loredana, maresciallo dei carabinieri in congedo, e Giacinto, amico delle vittime. Il caso sembra risolto con l’arresto di Giacinto, però dopo viene scagionato. L’omicidio col movente passionale omosessuale, condensato da storie di droga, potrebbe essere solo una copertura, infatti dietro questa orribile storia potrebbe celarsi qualcosa di molto più grosso, forse legato al lavoro dell’ex maresciallo dei carabinieri o ai grossi debiti di droga di Emanuele: si va dai ai servizi segreti e si arriva a qualche grossa organizzazione criminale (Banda della Magliana). Alla fine tra i vari indagati ed indiziati viene incriminato Luigi Imperiali di Cisterna, forse discendente di Augusto Imperiali che batté Buffalo Bill in una gara equestre nel 1890. Nei pantaloni di Imperiali sono state trovate delle macchie di sangue compatibili con quelle delle vittime. L’autore tenta di scagionarlo, dicendo che quelle macchie sono troppo piccole per giustificare un delitto con fiumi di sangue e sembra credere alla sua versione secondo cui, nel primo pomeriggio, entrò in casa delle vittime e vide i due ragazzi già morti, andando contro le testimonianze di coloro che videro in vita nella tarda serata del 25 febbraio 1996 le due vittime. Per lui sembra poco probabile che quei testimoni si siano messi d’accordo nel mentire: essi videro le anime dei due ragazzi che facevano l’ultimo giro nei luoghi del loro amore prima di salire in cielo. Nel libro non mancano le teorie sull’omosessualità (secondo l’autore presente un po’ in tutti, soprattutto in coloro che fanno di tutto per dimostrare il contrario), sulla rabbia che quasi sempre uno reprime, non sfogandola contro chi vorrebbe per non rovinarsi, e qualche aneddoto sui colleghi di lavoro di fabbrica di Pennacchi, compresi quelli di Agora quando dicevano di voler “spanzare” qualcuno solo nella loro mente. Ovviamente come in tutti i paesi ci sono i personaggi tipici e le autorità: il sindaco compagno, scrittore e poeta, il parroco sezzese, il maresciallo dei carabinieri, gli avvocati padre e figlio, l’orefice, i baristi del Bar Giovannino di Piazza Norbana, eccetera. Qualche imprecisione è presente: nel febbraio 1996 i telefoni cellulari, acquistati dalle vittime e dagli indagati di questo delitto, erano ancora un lusso per pochi, mentre l’anno dopo, con l’introduzione di quelli con la scheda, divennero economicamente accessibili per molti; la serie televisiva “Noi siamo angeli” non fu trasmessa nel 1996, la sera del 9 marzo 1997 si.

Io invece penso che l’incriminato di questo delitto (sia di quello narrato nel romanzo, sia di quello reale) centra in un modo o nell’altro, se hanno trovato delle prove così schiaccianti sui suoi pantaloni e molti testimoni hanno smentito la sua versione. Certo se egli fosse stato reo confesso non rimarrebbero più dubbi, ma visto che ha sempre negato l’evidenza e, come ha scritto Pennacchi, quelle macchie di sangue sono troppo piccole per poterlo incriminare da solo di un delitto così efferato, gli enigmi rimangono.