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domenica 23 ottobre 2011

108) NO ALL’ABORTO



PENSIERI NEGATIVI SULL'ABORTO





Perché si sopprimono le vite nel ventre materno? Perché non si dà la possibilità di vivere e conoscere la vita umana? Ora non voglio giudicare i singoli episodi, potrete giustamente dire: “tu che ne sai tutto quello che abbiamo passato, prova a metterti nei nostri panni e vedremo come ti saresti comportato!” Certamente non so tutto quello che c’è dietro quando si decide di abortire, le cause che portano a quella drastica e dolorosa scelta e come mi comporterei se per un valido motivo mi trovassi ad optare per quella possibilità, ma la mia tendenza e la mia idea principale sono: “no all’aborto, si alla vita, anche se il nascituro dovesse presentare degli handicap e delle malformazioni”.  La causa principale degli aborti forse sarà proprio quella, oppure il concepimento in una violenza sessuale. Neanche hanno una degna sepoltura i feti soppressi, si inceneriscono. Un’alternativa all’aborto è la possibilità di mettere alla luce il bambino e non riconoscerlo, delle strutture pubbliche specializzate si occuperanno di lui, un’altra è la possibilità di darlo in adozione a delle coppie che vorrebbero disperatamente avere dei figli e non vi riescono.






Effettivamente non so però se convenga davvero sopprimere la legge sull’aborto (la legge italiana 194/78 consente questa pratica alle donne entro i primi tre mesi dall’ultima mestruazione): non tutti cesseranno di praticarlo ed alcuni si daranno alla clandestinità; ma la maggioranza tra coloro che lo cercherebbero non andrà contro la legge. Sugli aborti spontanei, non volontari, non si può dire nulla, neanche quando sia la mamma, sia il bambino sono in pericolo di vita, dovendo scegliere chi salvare e si sceglie la madre. In altri paesi dove non è molto sentita la presenza religiosa l’aborto è la prassi, da noi qualche scrupolo di coscienza c’è. In una vecchia lettera, in versi, di un bambino rifiutato, ritrovata su un giornale locale, si dà la voce ad un bambino mai nato, secondo la visione religiosa tra i mille dubbi e le incertezze che attanagliano l’uomo sull’esistenza delle divinità, trovando il facile alibi del bambino in creazione, che per questo non può svelare tale mistero. 

Cara mamma, il dì di tua festa scrivo: (1)
per dirti che ti voglio bene lo stesso,
pur se grazie al tuo rifiuto non vivo.

Si, hai capito bene! E non son fesso:
dal mio cuor piccin voglio perdonar
perché sei sempre mamma da amar!


 Ti vorrei dir nella mia infantil veste (2)
che Qualche Persona m’ha accolto:
un Creator ed una Mamma Celeste;
tu rideresti dall’adulto capo assorto:
l’alba dell’esistenza dal nulla spunta,
fa luce, al tramonto al nulla ripunta.


    Grazie a te il cervello non è evoluto (3)
per capir chi abbia dei due ragione;
se il Dio c’è premierà il mio rifiuto,
bensì se fossi campato in situazione
ch’avrei meritato il supplizio eterno
e spero che tu non vada all’inferno!


In modo che potremo abbracciarci (4)
e d’affetto non rimarrem mai senza:
perciò nessuno potrà mai separarci
e tu non potrai più negar l’evidenza;
come l’immortalator, ribelle a realtà,
che si cimenta nelle ottuse volgarità.


Quindi, se sia arrivederci o “a Dio”, (5)
attendo che codesta lettera arriverà
al mondo ove non son cresciuto io:
che sia privazione o fortuna chissà?
Or in quel ch’è vostro ignoto vado!
Son il tuo bambino ch’hai rifiutato.
  1. Il giorno della festa della mamma il bambino scrive per dire alla madre che la perdona, perché nonostante tutto rimane sua madre.
  2. Il riferimento è al Vangelo: solo chi nella ragione è semplice come i bambini riesce a concepire il Regno dei Cieli, mentre per un adulto rimane più difficile proprio perché ha le sue logiche, le sue teorie e l’intelligenza, la quale dà una risposta a tutto ciò che vede e non a quello che non vede.
  3. Proprio perché non è mai venuto al mondo, non è mai divenuto bambino, non sa dare la risposta giusta; ma per egli può essere considerato un bene che non sia mai vissuto in Terra, perché avrebbe potuto intraprendere strade che non gli avrebbero consentito di raggiungere un’immediata salvezza eterna, che ha raggiunto grazie a questa situazione, e spera che anche tutti gli altri (per lui specialmente la madre) la raggiungano.
  4. In modo che potrà trovare l’affetto materno che non ha mai avuto, non potendo più la madre negare il fatto di essere sua madre. Si aggiunge una similitudine dell'artista in generale che nelle sue realizzazioni, sfuggendo dalle reali situazioni, va a cercare delle alternative che non sempre sono piacevoli.
  5. I saluti finali: arrivederci, addio o “a Dio”? Il non essere nati è una fortuna o una privazione? Dopodiché c'è Il dissolvimento nel nostro ignoto e la firma.

sabato 15 ottobre 2011

107) LETTERE INEDITE DI CRAXI SU FINI


Le lettere, mai pubblicate, in cui Craxi diceva: “Fini è un compagno”

Pubblichiamo tre lettere che Bettino Craxi ha inviato anche tramite fax alle redazioni di alcuni giornali italiani durante il suo esilio ad Hammamet, ma che non sono mai state pubblicate. Nonostante siano tre lettere datate 1998, si può dire che l’ex segretario del Psi, scomparso da latitante il 19 gennaio 2000 dopo essere stato travolto dall’inchiesta Tangentopoli, abbia previsto alla perfezione l’attuale scenario politico, individuando con puntualità clamorosa la personalità di Gianfranco Fini. Nella prima lettera lo definisce addirittura “compagno”, sia nel titolo della missiva sia nell’incipit che recita testualmente “Fini è un compagno come si deve”. L’ultima lettera che pubblichiamo è invece una lettera che Giuliano Amato, futuro premier, ha inviato a Bettino Craxi proprio prima che si dimettesse da segretario del partito. Anch’essa davvero interessante nei contenuti, ma mai pubblicata sui giornali. Fortunatamente i quattro documenti si possono trovare sulla rete, ad esempio li ha pubblicati il sito perdentipuntocom (perdentipuntocom.blogspot.com) da cui abbiamo attinto. Buona lettura.

Il compagno Fini (lettera mai pubblicata dai giornali, anche se a loro  inviata tramite fax, come molte altre).
di Bettino Craxi

Fini è un compagno come si deve. Viene dall’estrema destra ma marcia, anzi  corre, nella direzione giusta. Ha capito innanzitutto che il vero problema è Berlusconi. Via lui, tante cose si chiariranno anche tra di noi. Lui con il suo ruolo, noi con il nostro. In fondo siamo noi i veri perseguitati della Prima Repubblica.
Berlusconi in quegli anni si è solo fatto grosso. Fini, dobbiamo riconoscerlo, non perde un colpo. I magistrati infieriscono su Berlusconi? Lui non lascia cadere l’occasione e fa loro l’occhiolino. Berlusconi punta i piedi sulle non-riforme? Il compagno Fini si alza a difendere l’interesse della Nazione. Berlusconi distribuisce «Il libro nero sul comunismo», Fini provvede a seppellire il comunismo passato, presente e futuro.
Berlusconi allora si impressiona e corre ad abbracciarlo. Fini si guarda intorno e sembra che dica «ma questo che vuole?». Scoppia la polemica. Sono  tanti che si preoccupano. E lui subito «Non preoccupatevi, l’aggiusto in un minuto».
Un colpo al cerchio e un colpo alla botte e quando verrà il momento un paio di telefonate, una a D’Alema e una a Caselli, e un calcio nel culo. Sarà una vera finezza.
Hammamet, marzo 1998


II lettera di Bettino Craxi
C’è una linea di Fini nei confronti di Berlusconi e di Forza Italia che è ormai assolutamente evidente. È figlia della furbizia e dell’ingratitudine prima ancora che dell’ambizione. La parola d’ordine è: «prendere le distanze».
Coerentemente egli lo fa in ogni occasione che si presenta. Il giorno dopo accetta di aggiustare le cose ma intanto ha lasciato il segno. Che cosa c’è al fondo di questa linea di condotta? Interessi rivali? No di certo. Fini non può aspirare ad alte cariche dello Stato né ad assumere la guida della coalizione di opposizione. Bisogno di identità e di autonomia di Alleanza Nazionale? Una cosa senza senso almeno nei confronti di Forza Italia, che ha compiuto a suo tempo, con tutti gli oneri relativi, e ha continuato a garantire sulla parola una operazione di sdoganamento interno ed internazionale in piena regola di una forza politica che, benché non più ghettizzata, permaneva ancora del tutto isolata. Insofferenze personali? La politica è fatta da esseri umani con i loro pregi, i loro difetti, le loro passioni e quindi anche di amori e di odi. Non parrebbe il caso visti i baci, gli abbracci e le effusioni che anche le immagini televisive hanno immortalato, anche se non è da escludere.
E allora? Prendere le distanze, nel modo come viene fatto, significa, nella realtà della politica, opportunismo bello e buono per non usare il parolone del tradimento. Berlusconi è oggetto di una aggressione politico-giudiziaria che potrebbe risultare devastante per lui, la sua famiglia, la sua azienda, il suo movimento politico. Bisognerebbe entrare in campo con grande decisione contro questa specie di «giustizia politica» che lo sta perseguitando. Bisognerebbe fare muro compatto contro quanti, nel sistema politico, blandiscono e assecondano l’arma giudiziaria.
Invece non si fa, qualche volta si fa il contrario, spesso si finge di non vedere, anche se, su questo fronte, non tutta Alleanza Nazionale pare perfettamente allineata con il suo leader. La linea ufficiale però sembra chiara. Non ci si scontra con i poteri forti, con il potere più forte degli
altri, e con quanti lo sostengono e si fanno sostenere. Se arriva una tempesta, noi mettiamoci al riparo anzi vediamo di approfittarne. La parola d’ordine è quindi: «prendere le distanze».
Hammamet, 1998
III lettera
«Ecco che, ancora, in questo drammatico panorama parrebbe ergersi una figura diversa, classica oserei dire, lineare, volutamente votata all’ordine, al rispetto delle regole (di quali però?), alla metabolizzazione frettolosa e
acritica delle coscienze, al ripristino di uno Stato etico che, comunque, si muove nella medesima altrui direzione; quella della restaurazione e dello stigma notarile della fine della democrazia. E costui risponde al nome di Fini.
Un nome che già nel suono nulla dice, nulla suggerisce (a parte lo spot sui tortellini), e che si può sussurrare in fretta. E dimenticare in fretta. Un nome senza echi, nella storia di un partito che la storia dovrebbe aver definitivamente segnato. Un personaggio che ammannisce apparente sicurezza, uno di quei nipotini di Almirante che, come tali, mai potranno essere legittimati a gestire una democrazia vera (…) Un individuo, questo Fini, che pare inamidato nella sua immobilità, anacronistico «residuo» di altri «residuati» la cui vacuità politica, sostanziale, è significata dal resoconto degli atti parlamentari che la dicono lunga sulla sua «vis» di uomo politico e di gran pensatore. Prendiamo in esame il decennio ’83-’92. Cosa ne vien fuori? La maggior parte, la quasi totalità anzi, dei suoi interventi ruota attorno ad un punto. L’osservanza dell’art. 77 della nostra Costituzione repubblicana(…) (Craxi elenca le sedute a partire dal 21 settembre 1983, e i temi su cui Fini è intervenuto)(…) Ma il deputato Fini raggiunge l’acme, riesce (se mi è permesso) a godere intensamente, ad avere il suo sacrosanto orgasmo quando, nella seduta del 12-2-’85, gli tocca di rievocare quelle giornate radiose in cui gli Italiani mostrarono il loro vero, profondo amore per il regime (naturalmente quello fascista!) facendo olocausto della loro più personale ed intima memoria. Dice difatti (p. 24097 e sg.): «La destra prima di chiedere i sacrifici… ha preferito dare l’esempio… Quando fu chiesto agli italiani dal capo di governo di allora, Mussolini, di dare il proprio oro alla patria. Tutto ciò farà sorridere, però quell’oro gli italiani lo hanno dato, quel sacrificio lo hanno fatto sia cittadini di umile condizione sia cittadini che erano di ben altro tenore sociale». Le parole del deputato Fini non abbisognano di commento.
Egli riesce a «pensare», a salir di tono, solo quando parla di «Mussolini» e degli italiani «di ben altro tenore sociale». E lo fa in un’aula parlamentare di quella Repubblica nata dalla resistenza e dall’antifascismo.
E questi è il medesimo Fini che, con cravatta e in doppiopetto, oggi si presenta agli italiani come faccia del «nuovo» e come candidato a guidare la destra, la nuova-vecchia destra, e magari un futuro governo. Un uomo della seconda Republica che, guarda caso, ha avuto i piedi ben piantati nella prima e il cuore, o la mente, radicati profondamente nel passato (…). Roba da sbellicarsi dalle risate… se non fosse che, data la drammacità dei momenti che stiamo vivendo, il dolore e il pianto avrebbero da sgorgare spontanei, e impetuosi. In tutta la sua vita parlamentare c’è un vuoto assoluto, anzi «il» vuoto assoluto, l’assenza di un’idea capace di contribuire al progresso degli uomini e delle istituzioni e di un’azione politica che tale progresso renda possibile, e visibile. E a costui, che da tempo si sta esercitando a guidare la destra e forse il nostro infelice Paese, gli italiani stanno forse correndo ad affidare il proprio destino e il futuro delle generazioni a venire! Chi avrebbe potuto immaginarlo? (…) Se la prima volta ci hanno tolto perfino le «fedi», stavolta che cosa si apprestano a toglierci? Ed oltre, cosa c’è? (…) Un seme di niente non può che darci un niente (…). Ma intanto un popolo di creduloni aspetta e spera, anche perché in una notte senza più luci o punti di riferimento visibili ci si riesce ad accontentare anche della luce più fievole della più fievole lucciola (…) Stiamo rischiando di sbattere col naso contro sventure inimmaginabili (…). Ci pensino, gli Italiani, finché si è in tempo.
E auguri.

Infine una lettera inviata da Amato, allora neo Capo del Governo a Craxi, già colpito da avviso di garanzia, Silvano Larini sta rivelando al Pool manipulite dei sette milioni di dollari versati su un conto Protezione da Licio Gelli che sono riferibili al Psi. Poco dopo Craxi si dimetterà da segretario, Martelli idem, e Amato cercherà di far approvare un decreto denominato SALVA LADRI, che poi sarà costretto a ritirare in fretta, ma che tutti avrebbero approvato se non avessero rischiato la faccia.

“Caro Segretario, prendo a calci i primi mattoni di un muro di silenzio che non vorrei calasse fra noi. E vorrei chiederti invece di avere fiducia in quel che io sto cercando di fare.
Occorre certo che passi qualche giorno, che la situazione delle imprese, e non solo della politica, appaia (come del resto già è) insostenibile.
E’ inoltre realisticamente utile che la macchia d’olio si allarghi.
Neppure a quel punto credo che sarà possibile estinguere reati di codice.
Ma credo che l’estensione per essi dei patteggiamenti e delle sospensioni condizionali sia una strada percorribile. Sto conquistando su questo preziosi consensi.
E ritengo che si ottengano così procedure non massacranti, che evitano la pubblicità devastante dei dibattimenti e forniscono possibilità di uscita (…). Claudio mi pare ormai in pericolo.
Apprendo che, se ci fosse un riscontro a ciò che ha detto Larini, già sarebbe partito un avviso per concorso in bancarotta fraudolenta.
Io sono qua. E continuo ad esserti grato ed amico. Giuliano”.

domenica 9 ottobre 2011

106) IL CATTOCOMUNISMO


SCONFESSIONE DELLE TEORIE CATTOCOMUNISTE

Nelle ultime righe del mio ultimo scritto ho accennato alla Marcia della pace “Perugia – Assisi”, o presunta tale. Presunta tale perché in questi ultimi mesi nessuno di coloro che vi hanno partecipato, che si riconoscono in una ben nota area politica, ha mosso un dito contro la guerra di Libia. Nel 2003 in occasione della guerra americana contro l’Iraq costoro scatenarono il putiferio. Saddam Hussein non era forse uguale a Gheddafi, in uccisione di oppositori politici e civili? Allora quei pacifisti avevano intenzione di colpire il governo italiano che dall’esterno appoggiava l’intervento contro l’Iraq; mentre oggi l’interventismo sfrenato del Presidente della Repubblica Napolitano, il quale ha costretto il governo italiano a concedere le basi agli alleati della Nato e a partecipare alle incursioni aeree in Libia, ha contagiato tutta la sinistra. Il Presidente Usa Barack Obama, “nero e buono”, non è affatto diverso e fa tutto quello che faceva il predecessore George Bush, “bianco e cattivo”, compresi i raid aerei in tutte le parti del mondo per far fuori i terroristi islamici.

Le componenti che si aggregano ai cattolici progressisti in molti casi sono dichiaratamente atee, credono che il Cristianesimo si limiti alla Caritas, attaccano la Chiesa, accusandola di ingerenza, quando interviene a difesa della vita, contro l’aborto, contro l’eutanasia, contro il riconoscimento giuridico delle convivenze al di fuori del matrimonio, contro le manipolazioni genetiche; ma la elogiano quando il Papa invita a ricercare energie pulite, schierandosi contro il nucleare, o gli alti prelati richiamano i politici a ritrovare una condotta morale e a  “purificare l’aria” (ma non era riferito esclusivamente a ciò che credevano e speravano si riferisse quel messaggio). Alcuni cardinali si dice che tramino per far cadere il governo e far rinascere la Democrazia Cristiana: questa è vera ingerenza. Oppure quando dei sacerdoti, dichiaratamente progressisti e qualcuno non italiano, per la rete tirano fuori con orgoglio gli editoriali di “Famiglia Cristiana” contro il governo, una rivista che non dovrebbe assolutamente essere venduta dentro le chiese: volete far politica? Nessuno ve lo impedisce, ma in altri luoghi e in altre circostanze. Cercano il dialogo interreligioso, l’ecumenismo, d’accordo, ma ciò non vuol dire chiedere quasi scusa per essere cristiani e accettare l’idea che altri culti possano sopraffarci. Ogni nazione con la sua religione, le sue usanze e i suoi usi e costumi: è questa la bellezza del mondo.

Possedimenti italiani 1940
Se le nazioni europee possedessero ancora l’Africa, trattando i possedimenti non più come colonie ma come province d'oltremare, si risolverebbero i problemi della fame e del sottosviluppo: ogni nazione provvederebbe a costruire strade, autostrade, ospedali, scuole, acquedotti, vi impianterebbe industrie, ecc. Le risorse quei paesi le hanno, il guaio è che sono governati da banditi che pensano solo ai propri interessi e se si mandano aiuti li impiegano per acquistare armi. Le popolazioni si liberassero da costoro, che vorrebbero tenerli in un cupo medioevo. I vecchi possedimenti italiani della Libia e dell’Africa Orientale stanno vivendo situazioni travagliate per svariati motivi: non potrebbe essere una buona occasione per l’Italia per riprendersi quei territori? Le truppe di occupazione a suo tempo purtroppo non si comportarono bene, perché erano costrette a rispondere con durezza alle ribellioni, ma i regimi che sono arrivati successivamente in quei territori non sono stati più teneri. Questa volta lavoreremo per lo sviluppo di quelle terre, specie dell’Africa Orientale, rispettando la cultura, le tradizioni e la religione di quella gente, non andremo ad imporre le nostre usanze. Però penso che non tutti ci accetteranno di buon grado ed alcuni potrebbero scatenare una guerriglia, per cui non so se ne varrà davvero la pena.

domenica 2 ottobre 2011

105) LA CRISI DELLA SINISTRA A CORI


  UN’INCHIESTA SUL CALO DEI CONSENSI DELLA SINISTRA A CORI
 
  • CAUSE DEI CAMBIAMENTI

Vi siete mai chiesti perché le percentuali della sinistra a Cori negli anni ’70 toccavano il 70% (Pci 61% - Psi 9%), mentre il centrosinistra odierno (eredi del Pci e una parte di quella che era la Dc) nel nostro paese arriva all’incirca al 55%? Oggi sono i cattolici di sinistra che ancora tengono a galla gli ex comunisti, se non lo facessero sarebbero minoranza.

Riguardando i risultati elettorali delle elezioni comunali dell’ultimo trentennio si può notare che è il 1990, l’anno che ha segnato la svolta, facendo perdere al Pci la maggioranza assoluta. Anche nel 1985 l’aveva persa, però c’era stata una scissione all’interno di quel partito: sommando i voti del Pci con quelli degli scissionisti le percentuali grossomodo rimanevano invariate e non c’erano rilevanti perdite di voti. Il calo dei consensi del Partito Comunista nel 1990 ci fu un po’ in tutta Italia: fu causato dalla caduta del Muro di Berlino e dalla fine dei regimi comunisti nell’Europa dell’Est, così molte verità saltarono fuori. Da lì la trovata di rinnovarsi radicalmente per non sparire dalla politica. La fine del socialismo reale è stato il primo fattore della fine dello strapotere comunista nel nostro paese.

Alcuni anni dopo finì anche la Democrazia Cristiana, che guidava l'Italia da un cinquantennio, con i suoi alleati socialisti e di altri partiti minori, iniziò una nuova fase politica in cui uno si liberava dai classici schemi che l'avevano ingabbiato per decenni: “inizia una nuova era, mi libero dalle ideologie, dalle convinzioni religiose e scelgo chi ritengo più in grado di poter guidare il mio paese nelle nuove sfide e nel nuovo modo di pensare che ci attendono”. L’inizio di una nuova fase politica è stato il secondo fattore.

La nostra società dagli anni ’40 agli anni ’90 del ‘900 era profondamente modificata, c’erano nuove generazioni cresciute nella tecnologia, nel consumismo sfrenato e con la televisione soprattutto, la quale provocò una vera e propria rivoluzione. Il cambiamento della società e il ricambio generazionale è stato il terzo fattore.

Le politiche sbagliate di sinistra e la buona amministrazione della destra, quando si trovò al governo del paese, hanno fatto sì che in alcune elezioni, molti elettori di centrosinistra dirottassero i loro voti verso destra per le sole elezioni comunali, mentre li mantenevano a sinistra per tutte le altre elezioni (ad esempio nel 2004). La mal politica di sinistra e la buona politica degli avversari è stato il quarto fattore.

 


  • LO STRAVOLGIMENTO DEL RADICAMENTO


In un paese dove la maggioranza della popolazione era bracciante agricola o era dedita alla pastorizia e dove c’era una ristretta cerchia di benestanti e di proprietari terrieri, era facile far credere che con la rivoluzione socialista ci sarebbe stata una più equa distribuzione delle ricchezze e sarebbe arrivata una giustizia sociale. Non si poteva minimamente immaginare che non era tutto oro quello che luccicava. Si pensava che un primo passo per realizzare ciò, fosse possibile con la fine del potere temporale dei papi, i quali detenevano il potere, e che avrebbe comportato lo stroncamento dei privilegi ecclesiastici, ma col nuovo Regno d’Italia le condizioni generali non migliorarono subito.

Anche dei ricchi c’era e c’è bisogno perché danno il lavoro ai poveri: con le innovazioni tecnologiche,  con l'industrializzazione di massa, con le arterie di comunicazione, con il libero mercato, con l’assistenza dello stato, che garantiva i diritti di tutti, sarebbero arrivate migliori condizioni di vita e di riscatto. Si poteva immaginare che tutto sarebbe peggiorato con il comunismo e che avrebbe privato le libertà, favorendo solo la ristretta cerchia di potere? Guardate la Cina di oggi, che da quando si è aperta al mercato libero, è divenuta un colosso economico non indifferente e dove si è creata una classe agiata che dà molte opportunità a tutti.

Negli anni ’70, anni di piombo e anni del massimo storico del Pci, ancora si credeva che oltrecortina si vivesse meglio che da noi: così dichiarò in un sondaggio un’elevata percentuale di intervistati nell’ottobre 1977, per un documentario Rai in occasione del 60esimo anniversario della Rivoluzione d’Ottobre nell’Urss. Quei giovani degli anni ’70, oggi cinquantenni o sessantenni e intellettualoidi dell’odierna sinistra, sono coloro che stanno meglio di tutti in questi momenti difficili. Mentre altri giovani sinistroidi di quegli anni sono divenuti berlusconiani e oggi sono i più aggressivi di tutti verso la sinistra. Lo stesso facevano quei vecchi che bazzicavano la "cooperativa – casa del popolo": faceva stupore sentire durante i comizi dei compagni, in occasione delle loro sconfitte alle elezioni comunali del 1999 e del 2004, i loro commenti non proprio di apprezzamento e giubilo.

C’è una parte irriducibile che non vuol cambiare: vota sinistra per tradizione, rimanendo ancorata a quegli schemi antichi senza rendersi conto di quanto siano cambiati la società italiana, le fabbriche e il mondo (i ricchi non sempre sono di destra e i poveri spesso non sono di sinistra), così fanno anche le generazioni che discendono da essa; mentre altre nuove giovani generazioni lottano con i loro genitori per cambiare le mentalità e così scegliere liberamente per chi votare. A me rimasero impresse le testimonianze di alcuni giovani militanti di An, nel loro vecchio blog, in cui dichiararono che per partecipare alla vita politica del loro circolo dovettero intraprendere delle serrate lotte con i loro padri. Questo nuovo corso ha riguardato con decisione e senza più timore anche la revisione della storia, la riscoperta dell'alto ideale patrio, con il rispetto di quei morti, considerati sino ad allora di serie B e per quello dimenticati, che diedero la vita per una causa che essi ritenevano giusta.

Morale della favola: se le forze avverse alla sinistra fossero state più unite, coese e non si fossero autodistrutte tra loro, i comunisti e i loro derivati dal 1990 non deterrebbero più il potere nel nostro paese. Ora hanno bisogno di quei cattolici, che avevano sempre osteggiato e schernito, per non sprofondare. Marciano tutti insieme compatti nella “Perugia – Assisi”, presunta marcia della pace, che assume un chiaro significato politico.