Movimento Sociale Italiano (1946 – 1993)
Il Movimento Sociale Italiano nacque nel dicembre 1946, fu fondato dai reduci della Repubblica Sociale Italiana, tra i quali Giorgio Almirante, Pino Romualdi e da ex esponenti del Regime Fascista, tra cui Arturo Michelini, scampati da condanne a morte e in seguito amnistiati, per emblema venne scelta una fiamma, simbolo degli arditi della Prima Guerra Mondiale. Per decenni fu il partito dei nostalgici del Ventennio Fascista, ma fu pure il partito di molti giovani, alcuni di loro provenienti da famiglie di militari, che credevano negli ideali di patria, italianità e nazionalismo, cose che dal dopoguerra in poi non andavano più di moda. Fu uno dei due o tre partiti di destra, con il Partito Monarchico e il Partito Liberale, nel periodo che viene identificato emblematicamente Prima Repubblica. Ma ricordiamo che il fascismo, a cui faceva riferimento l’Msi, nacque come partito rivoluzionario di sinistra di ispirazione socialista, casa natale del fondatore Benito Mussolini, con i primi Fasci di Combattimento, ma in seguito mutò posizioni, divenendo partito nazionalista e monarchico, appunto dalla fusione dei Fasci di Combattimento con il Partito Nazionalista nacque il Partito Nazional Fascista. Ho parlato sinteticamente dell’origine del fascismo e non ho approfondito per non uscire fuori tema, ma la parola d’ordine di Almirante fu: “non rinnegare e non restaurare”; così i nostalgici poterono trovare il loro partito per la prima volta nel 1948, dopo che alle elezioni per l’assemblea costituente, insieme al referendum “Monarchia – Repubblica” nel 1946, si affidarono alla lista dell’Uomo Qualunque di Giannini. Alle elezioni del 1948 l’Msi raccolse 526.670 voti, pari al 2% e ottenne 6 seggi alla Camera, mentre al Senato raccolse 200.241 voti, pari allo 0,9% e ottenne un seggio. In molte città del sud quel partito raggiunse elevatissime percentuali partecipando alle giunte comunali, tra cui Napoli, con il monarchico Achille Lauro sindaco; a Roma alle comunali del 1953 De Gasperi disobbedì agli ordini del Santo Padre Pio XII che invitava la Dc ad un’alleanza con l’Msi in chiave anticomunista. Nelle successive elezioni politiche del 1953 l’Msi aumentò vistosamente i consensi raccogliendo circa 1.600.000 voti alla Camera, pari al 5,8%, ottenendo 29 seggi. Le percentuali in tutte le elezioni politiche, fino alle ultime del 1992 in cui partecipò con la denominazione Msi, furono sul 5%, 6%, tranne nel 1972, anno del massimo storico, quell’anno si fuse con il Partito Monarchico assumendo la denominazione Movimento Sociale Italiano Destra Nazionale: ottenne l’8,6% alla Camera con 56 seggi e al Senato raggiunse il 9% con 26 seggi. In quegli anni cominciava a preoccupare un Msi così forte, per cui molti giovani militanti vennero presi di mira da gruppi terroristici e finirono tragicamente: quelli furono gli anni dell’isolamento e delle persecuzioni, iniziati nei primi anni ’60, quando l’Msi appoggiò dall’esterno un governo monocolore democristiano presieduto da Ferdinando Tambroni, causa che portò a molti scontri di piazza a Genova, città medaglia d’oro della resistenza che quel partito aveva scelto per celebrare il congresso, e nelle altre città d’Italia. L'Msi fu l'unico partito ad affiancare la Dc nelle battaglie contro i divorzio e contro l'aborto. Altro episodio eclatante della sua storia fu la rivolta del "boia chi molla" nel 1970 a Reggio Calabria, quando il capoluogo della regione venne spostato da Reggio a Catanzaro, con protagonista Ciccio Franco, un sindacalista missino che entrava ed usciva dal partito. Alla morte di Almirante nel 1988, a sorpresa il giovanissimo Gianfranco Fini, segretario del Fronte della Gioventù, divenne il nuovo segretario del partito. Fini aveva scelto quel partito perché da ragazzo dei giovani studenti di sinistra gli impedirono di vedere al cinema un film sulla guerra del Vietnam. Egli tenne la segreteria nei primi anni ’90, tranne un brevissimo periodo in cui Pino Rauti riuscì a soffiargliela, giusto in tempo per l’uscita dall’isolamento, per la definitiva e inaspettata consacrazione, con l’uscita di scena dei partiti che fino ad allora avevano retto le sorti dell’Italia. Si affidò all’Msi quell’elettorato ostile alla sinistra: durante le elezioni amministrative del novembre 1993 il partito ottenne la maggioranza relativa al primo turno a Roma e a Napoli, Fini e Alessandra Mussolini andarono ai ballottaggi e persero per poco, a Latina però vinse con Aimone Finestra, la città tornava così alle sue origini dopo decenni bianchi.
Il Movimento Sociale Italiano nacque nel dicembre 1946, fu fondato dai reduci della Repubblica Sociale Italiana, tra i quali Giorgio Almirante, Pino Romualdi e da ex esponenti del Regime Fascista, tra cui Arturo Michelini, scampati da condanne a morte e in seguito amnistiati, per emblema venne scelta una fiamma, simbolo degli arditi della Prima Guerra Mondiale. Per decenni fu il partito dei nostalgici del Ventennio Fascista, ma fu pure il partito di molti giovani, alcuni di loro provenienti da famiglie di militari, che credevano negli ideali di patria, italianità e nazionalismo, cose che dal dopoguerra in poi non andavano più di moda. Fu uno dei due o tre partiti di destra, con il Partito Monarchico e il Partito Liberale, nel periodo che viene identificato emblematicamente Prima Repubblica. Ma ricordiamo che il fascismo, a cui faceva riferimento l’Msi, nacque come partito rivoluzionario di sinistra di ispirazione socialista, casa natale del fondatore Benito Mussolini, con i primi Fasci di Combattimento, ma in seguito mutò posizioni, divenendo partito nazionalista e monarchico, appunto dalla fusione dei Fasci di Combattimento con il Partito Nazionalista nacque il Partito Nazional Fascista. Ho parlato sinteticamente dell’origine del fascismo e non ho approfondito per non uscire fuori tema, ma la parola d’ordine di Almirante fu: “non rinnegare e non restaurare”; così i nostalgici poterono trovare il loro partito per la prima volta nel 1948, dopo che alle elezioni per l’assemblea costituente, insieme al referendum “Monarchia – Repubblica” nel 1946, si affidarono alla lista dell’Uomo Qualunque di Giannini. Alle elezioni del 1948 l’Msi raccolse 526.670 voti, pari al 2% e ottenne 6 seggi alla Camera, mentre al Senato raccolse 200.241 voti, pari allo 0,9% e ottenne un seggio. In molte città del sud quel partito raggiunse elevatissime percentuali partecipando alle giunte comunali, tra cui Napoli, con il monarchico Achille Lauro sindaco; a Roma alle comunali del 1953 De Gasperi disobbedì agli ordini del Santo Padre Pio XII che invitava la Dc ad un’alleanza con l’Msi in chiave anticomunista. Nelle successive elezioni politiche del 1953 l’Msi aumentò vistosamente i consensi raccogliendo circa 1.600.000 voti alla Camera, pari al 5,8%, ottenendo 29 seggi. Le percentuali in tutte le elezioni politiche, fino alle ultime del 1992 in cui partecipò con la denominazione Msi, furono sul 5%, 6%, tranne nel 1972, anno del massimo storico, quell’anno si fuse con il Partito Monarchico assumendo la denominazione Movimento Sociale Italiano Destra Nazionale: ottenne l’8,6% alla Camera con 56 seggi e al Senato raggiunse il 9% con 26 seggi. In quegli anni cominciava a preoccupare un Msi così forte, per cui molti giovani militanti vennero presi di mira da gruppi terroristici e finirono tragicamente: quelli furono gli anni dell’isolamento e delle persecuzioni, iniziati nei primi anni ’60, quando l’Msi appoggiò dall’esterno un governo monocolore democristiano presieduto da Ferdinando Tambroni, causa che portò a molti scontri di piazza a Genova, città medaglia d’oro della resistenza che quel partito aveva scelto per celebrare il congresso, e nelle altre città d’Italia. L'Msi fu l'unico partito ad affiancare la Dc nelle battaglie contro i divorzio e contro l'aborto. Altro episodio eclatante della sua storia fu la rivolta del "boia chi molla" nel 1970 a Reggio Calabria, quando il capoluogo della regione venne spostato da Reggio a Catanzaro, con protagonista Ciccio Franco, un sindacalista missino che entrava ed usciva dal partito. Alla morte di Almirante nel 1988, a sorpresa il giovanissimo Gianfranco Fini, segretario del Fronte della Gioventù, divenne il nuovo segretario del partito. Fini aveva scelto quel partito perché da ragazzo dei giovani studenti di sinistra gli impedirono di vedere al cinema un film sulla guerra del Vietnam. Egli tenne la segreteria nei primi anni ’90, tranne un brevissimo periodo in cui Pino Rauti riuscì a soffiargliela, giusto in tempo per l’uscita dall’isolamento, per la definitiva e inaspettata consacrazione, con l’uscita di scena dei partiti che fino ad allora avevano retto le sorti dell’Italia. Si affidò all’Msi quell’elettorato ostile alla sinistra: durante le elezioni amministrative del novembre 1993 il partito ottenne la maggioranza relativa al primo turno a Roma e a Napoli, Fini e Alessandra Mussolini andarono ai ballottaggi e persero per poco, a Latina però vinse con Aimone Finestra, la città tornava così alle sue origini dopo decenni bianchi.
Alleanza Nazionale e Forza Italia (1994 – 2007)
Durante l’inaugurazione di un ipermercato domandarono a Berlusconi: per chi voterebbe lei se fosse un cittadino romano, per Fini o per Rutelli? Per Fini, rispose senza esitare. Rimasi sorpreso da quella risposta perché sapevo che Berlusconi era stato socialista e perché allora esporsi in quel modo per Fini avrebbe significato passare per camicia nera: evidentemente aveva già deciso di entrare in politica, altrimenti per un uomo d’affari in vista come lui non avrebbe avuto senso fare quella sparata. Entrò in campo fondando il partito di Forza Italia “per non lasciare in mano il paese a forze di sinistra politicamente immature”: nelle elezioni politiche anticipate del 1994 si alleò al nord Italia con la Lega e al sud con Alleanza Nazionale, la formazione derivata dall’Msi (senza Berlusconi An e Lega non si sarebbero mai alleate). Questa nuova formazione era stata lanciata alcuni anni prima nelle colonne del Secolo d’Italia da Storace e in quelle del Tempo da Fisichella, che aderì al nuovo partito insieme a Publio Fiori, si affiancarono ai colonnelli più fidati di Fini: Storace, La Russa, Gasparri, Tatarella. Dopo il successo delle amministrative del 1993 si ritenne che fosse il tempo giusto per defascistizzare il partito e Alleanza Nazionale nacque ufficialmente nel gennaio 1995 al congresso di Fiuggi: l’ala estrema del partito, facente riferimento a Rauti, non aderì e fondò il Movimento Sociale Fiamma Tricolore. A sorpresa Berlusconi e alleati sbaragliarono la gioiosa macchina da guerra di Sinistra di Occhetto e soci, convinti di stravincere, An in quelle elezioni del 1994 ottenne il 13,4% divenendo il terzo partito di maggioranza dopo Forza Italia e Pds. Forza Italia e Alleanza Nazionale sono stati sempre partiti simili, gemelli; dopo la fine dei partiti di governo della prima repubblica sono riusciti a intercettare le intenzioni di voto di quella parte di elettorato Dc, Psi, Pri, Psdi, Pli ostile alla nuova sinistra nata dalla frammentazione del Pci, ma anche quello di quella parte di elettorato Pci stravolto dagli avvenimenti internazionali. Cosi facendo An raddoppiò i voti che aveva come Msi, mentre Forza Italia (partito di ispirazione conservatrice liberale) dal nulla riuscì a divenire il primo partito italiano. La prima esperienza di governo di centrodestra durò pochi mesi per colpa di poteri forti che remarono contro Berlusconi e fecero pressioni su Bossi per farlo cadere. Negli anni successivi An fu sempre il terzo partito, si rassegnò alla supremazia di Berlusconi, fece opposizione ai governi di centrosinistra, raggiunse il massimo in % nel 1996 e il minimo nel 1999, quando in occasione delle elezioni europee si alleò col Patto Segni, conquistò la regione Lazio nel 2000 con Storace, tornò al governo con FI, Ccd e Lega nel 2001 e Fini prima fu vicepresidente del consiglio, poi ministro degli esteri. Storico fu il suo viaggio in Israele in cui rinnegò il passato e commemorò le vittime dell’olocausto: molti ritengono che abbia fatto benissimo, però ritengono che non doveva indossare quel copricapo ebraico. Una delle due proposte del presidente di An che destarono scalpore negli ambienti di destra fu quella della concessione di voto amministrativo agli extracomunitari, l’altra fu quella di essere favorevole a votare si sul referendum sulla fecondazione assistita, andando contro il suo partito. Fini ed An stavano diventando troppo morbidi per alcuni duri e puri della corrente di Storace, così si scissero e diedero vita a La Destra. Nel frattempo An e Forza Italia, essendo due partiti omogenei, iniziarono a parlare di costituire un unico partito, dopo aver perso sul filo del rasoio le elezioni politiche del 2006 velocizzarono la realizzazione di quell'iniziativa; ma Berlusconi volle fare tutto di testa sua, soprattutto per rilanciarsi perché sembrava essere finito, scegliendo il nome del partito (Popolo delle Libertà) e coinvolgendo solo Forza Italia per quell’obiettivo. Fini per quel motivo, quando nel novembre 2007 fu lanciato Il Popolo delle Libertà, mostrò freddezza e diffidenza.
Durante l’inaugurazione di un ipermercato domandarono a Berlusconi: per chi voterebbe lei se fosse un cittadino romano, per Fini o per Rutelli? Per Fini, rispose senza esitare. Rimasi sorpreso da quella risposta perché sapevo che Berlusconi era stato socialista e perché allora esporsi in quel modo per Fini avrebbe significato passare per camicia nera: evidentemente aveva già deciso di entrare in politica, altrimenti per un uomo d’affari in vista come lui non avrebbe avuto senso fare quella sparata. Entrò in campo fondando il partito di Forza Italia “per non lasciare in mano il paese a forze di sinistra politicamente immature”: nelle elezioni politiche anticipate del 1994 si alleò al nord Italia con la Lega e al sud con Alleanza Nazionale, la formazione derivata dall’Msi (senza Berlusconi An e Lega non si sarebbero mai alleate). Questa nuova formazione era stata lanciata alcuni anni prima nelle colonne del Secolo d’Italia da Storace e in quelle del Tempo da Fisichella, che aderì al nuovo partito insieme a Publio Fiori, si affiancarono ai colonnelli più fidati di Fini: Storace, La Russa, Gasparri, Tatarella. Dopo il successo delle amministrative del 1993 si ritenne che fosse il tempo giusto per defascistizzare il partito e Alleanza Nazionale nacque ufficialmente nel gennaio 1995 al congresso di Fiuggi: l’ala estrema del partito, facente riferimento a Rauti, non aderì e fondò il Movimento Sociale Fiamma Tricolore. A sorpresa Berlusconi e alleati sbaragliarono la gioiosa macchina da guerra di Sinistra di Occhetto e soci, convinti di stravincere, An in quelle elezioni del 1994 ottenne il 13,4% divenendo il terzo partito di maggioranza dopo Forza Italia e Pds. Forza Italia e Alleanza Nazionale sono stati sempre partiti simili, gemelli; dopo la fine dei partiti di governo della prima repubblica sono riusciti a intercettare le intenzioni di voto di quella parte di elettorato Dc, Psi, Pri, Psdi, Pli ostile alla nuova sinistra nata dalla frammentazione del Pci, ma anche quello di quella parte di elettorato Pci stravolto dagli avvenimenti internazionali. Cosi facendo An raddoppiò i voti che aveva come Msi, mentre Forza Italia (partito di ispirazione conservatrice liberale) dal nulla riuscì a divenire il primo partito italiano. La prima esperienza di governo di centrodestra durò pochi mesi per colpa di poteri forti che remarono contro Berlusconi e fecero pressioni su Bossi per farlo cadere. Negli anni successivi An fu sempre il terzo partito, si rassegnò alla supremazia di Berlusconi, fece opposizione ai governi di centrosinistra, raggiunse il massimo in % nel 1996 e il minimo nel 1999, quando in occasione delle elezioni europee si alleò col Patto Segni, conquistò la regione Lazio nel 2000 con Storace, tornò al governo con FI, Ccd e Lega nel 2001 e Fini prima fu vicepresidente del consiglio, poi ministro degli esteri. Storico fu il suo viaggio in Israele in cui rinnegò il passato e commemorò le vittime dell’olocausto: molti ritengono che abbia fatto benissimo, però ritengono che non doveva indossare quel copricapo ebraico. Una delle due proposte del presidente di An che destarono scalpore negli ambienti di destra fu quella della concessione di voto amministrativo agli extracomunitari, l’altra fu quella di essere favorevole a votare si sul referendum sulla fecondazione assistita, andando contro il suo partito. Fini ed An stavano diventando troppo morbidi per alcuni duri e puri della corrente di Storace, così si scissero e diedero vita a La Destra. Nel frattempo An e Forza Italia, essendo due partiti omogenei, iniziarono a parlare di costituire un unico partito, dopo aver perso sul filo del rasoio le elezioni politiche del 2006 velocizzarono la realizzazione di quell'iniziativa; ma Berlusconi volle fare tutto di testa sua, soprattutto per rilanciarsi perché sembrava essere finito, scegliendo il nome del partito (Popolo delle Libertà) e coinvolgendo solo Forza Italia per quell’obiettivo. Fini per quel motivo, quando nel novembre 2007 fu lanciato Il Popolo delle Libertà, mostrò freddezza e diffidenza.
Il Popolo delle Libertà (2008 – 2009)
La fine anticipata del governo Prodi di centrosinistra nel gennaio 2008 riconciliò gli animi: i due partiti si unirono nel cartello elettorale Popolo delle Libertà, con Berlusconi, ancora una volta candidato presidente, vinsero le elezioni anticipate dell’aprile 2008, ottenendo una maggioranza ampissima, con l’apporto decisivo della Lega Nord e escludendo dall’alleanza partiti centristi e di destra estrema. Questa volta Fini divenne Presidente della Camera dei Deputati, quindi dovette rinunciare al ruolo di presidente di An e cederlo a La Russa, Ministro della Difesa, il partito frattanto accellerò il processo di scioglimento e confluenza, con Forza Italia e altri partiti minori, nel partito del Popolo delle Libertà, che alle elezioni del 2008 ottenne il 37,39% alla Camera e il 38.17% al Senato. Il partito nascerà ufficialmente domenica 29 marzo 2009 ma non mancano i primi malcontenti: la gente si aspetta che questo grande partito degli Italiani si rifaccia agli ideali del cattolicesimo, ma si aspetta pure che sia di destra e non sia una nuova Democrazia Cristiana. Le battaglie che hanno affrontato sia FI, sia An per entrare nel Partito Popolare Europeo, quando vi riuscirono chissà che grandissimo traguardo si aspettavano di aver raggiunto, sentendosi realizzati; non doveva loro minimamente interessare il Ppe se fossero rimasti coerenti con i loro ideali destrosi. Si stanno rivelando troppo morbidi: lo scorso anno avevano vinto le elezioni sfruttando l’esasperazione della gente sui problemi che comporta l’immigrazione selvaggia e promisero di intervenire drasticamente; da questo punto di vista se non fosse stato per la Lega non sarebbe successo nulla. Stessa cosa è per la concorrenza di imprese estere in ambito commerciale con le tante aziende italiane che chiudono per via della concorrenza europea e extraeuropea, causata dalla libera circolazione. Non si ha il coraggio di introdurre dei dazi e di dire di no all’Unione Europea (avessimo detto no all’euro, oggi staremmo tutti meglio), sospendendo i suoi trattati, per non ostacolare gli imprenditori italiani all’estero amici di Berlusconi e lo stesso ha i suoi interessi all’estero con le sue imprese. E chi ci rimetterà con queste politiche spregiudicate e troppo morbide? Come al solito noi cittadini il cui futuro sarà sempre meno roseo.
La fine anticipata del governo Prodi di centrosinistra nel gennaio 2008 riconciliò gli animi: i due partiti si unirono nel cartello elettorale Popolo delle Libertà, con Berlusconi, ancora una volta candidato presidente, vinsero le elezioni anticipate dell’aprile 2008, ottenendo una maggioranza ampissima, con l’apporto decisivo della Lega Nord e escludendo dall’alleanza partiti centristi e di destra estrema. Questa volta Fini divenne Presidente della Camera dei Deputati, quindi dovette rinunciare al ruolo di presidente di An e cederlo a La Russa, Ministro della Difesa, il partito frattanto accellerò il processo di scioglimento e confluenza, con Forza Italia e altri partiti minori, nel partito del Popolo delle Libertà, che alle elezioni del 2008 ottenne il 37,39% alla Camera e il 38.17% al Senato. Il partito nascerà ufficialmente domenica 29 marzo 2009 ma non mancano i primi malcontenti: la gente si aspetta che questo grande partito degli Italiani si rifaccia agli ideali del cattolicesimo, ma si aspetta pure che sia di destra e non sia una nuova Democrazia Cristiana. Le battaglie che hanno affrontato sia FI, sia An per entrare nel Partito Popolare Europeo, quando vi riuscirono chissà che grandissimo traguardo si aspettavano di aver raggiunto, sentendosi realizzati; non doveva loro minimamente interessare il Ppe se fossero rimasti coerenti con i loro ideali destrosi. Si stanno rivelando troppo morbidi: lo scorso anno avevano vinto le elezioni sfruttando l’esasperazione della gente sui problemi che comporta l’immigrazione selvaggia e promisero di intervenire drasticamente; da questo punto di vista se non fosse stato per la Lega non sarebbe successo nulla. Stessa cosa è per la concorrenza di imprese estere in ambito commerciale con le tante aziende italiane che chiudono per via della concorrenza europea e extraeuropea, causata dalla libera circolazione. Non si ha il coraggio di introdurre dei dazi e di dire di no all’Unione Europea (avessimo detto no all’euro, oggi staremmo tutti meglio), sospendendo i suoi trattati, per non ostacolare gli imprenditori italiani all’estero amici di Berlusconi e lo stesso ha i suoi interessi all’estero con le sue imprese. E chi ci rimetterà con queste politiche spregiudicate e troppo morbide? Come al solito noi cittadini il cui futuro sarà sempre meno roseo.
#1 22 Marzo 2009 - 19:07
RispondiEliminaQuesto post è un buon sunto della nostra storia politica della destra-centrodestra italiana, anche se manca un breve riferimento ai partiti minori che hanno provato, o stanno provando, a "catturare" qualche dissidente.
Si, mi riferisco al "La Destra" di Storace che continua a non contare nulla sul piano politico ma che comunque sta provando ad incrementare il numero dei propri adepti puntando sull'attaccamento ideologico radicato.
Ma gli italiani sono più intelligenti di quanto qualcuno crede. Tutti hanno capito che anche la politica evolve ed oggi non c'è più bisogno di estremismi. Non hanno più senso di esistere i camerati tantomeno i compagni. L'Italia ha bisogno di una classe politica in grado di capire le esigenze degli italiani e rispondere alle loro richieste.
C.
utente anonimo
#2 20 Aprile 2009 - 20:16
RispondiEliminaOttimo riassunto Andrea. Il rischio e la tentazione per alcuni di ricreare la Democrazia Cristiana è forte, ma sta alla componente di A.N. mantenere a destra il nuovo PdL, la vera sfida politica sta tutta qui, e non sarà facile. Stiamo a vedere. Un saluto
CarpinetiQ