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sabato 29 maggio 2010

54) LA STRAGE DELL’HEYSEL

29 MAGGIO 1985 PER NON DIMENTICARE


 
Il pallone nel corso della sua storia ha fatto vivere momenti magici e gioiosi, delusioni e amarezze ma anche immense tragedie. Venticinque anni fa a Bruxelles, allo Stadio Heysel, durante la finale di Coppa dei Campioni Juventus – Liverpool morirono 39 tifosi: 32 italiani, 4 belgi, 1 francese, 1 irlandese e 370 furono i feriti.




Lo stadio era inadeguato e fatiscente per ospitare una partita del genere: le 2 società, inglese e italiana, avevano fortemente criticato quella scelta; non era come oggi, che se uno stadio che vuole ospitare un evento simile deve disporre di severissimi requisiti e norme di modernità e di sicurezza impartiti dall’Uefa. Il giorno prima già c’erano stati degli scontri tra tifosi e nel pomeriggio prima della partita delle automobili con dei megafoni girarono per le strade di Bruxelles invitando coloro che possedevano i veri biglietti ad affrettarsi a recarsi allo stadio, perché stavano circolando e vendendo molti tagliandi falsi. Ciò non impedì ai possessori dei biglietti falsi di entrare: lo stadio si riempì oltre la naturale capienza, soprattutto dove erano ospitati i sostenitori del Liverpool, ubriachi fradici come al solito, che si spinsero verso la semicurva  Z, che ospitava spettatori neutrali, in prevalenza italiani e juventini che non avevano trovato posto nella curva della Juventus. La calca che ne generò, col fuggi, fuggi generale, portarono al crollo di un muro, il quale schiacciò molte persone, mentre altre finirono calpestate, altre ancora si lanciarono nel vuoto per cercare vie di fuga.

Le autorità belghe non disposero la sicurezza e le forze dell’ordine non intervennero immediatamente, solo mezzora dopo arrivò appositamente un battaglione di poliziotti che trovò frangi inferocite di tifoseria bianconera. I tifosi del Liverpool caricarono verso il settore Z a scopo intimidatorio, aspettandosi la reazione degli italiani, come era successo l’anno prima nella finale di Roma, ma i sostenitori del tifo organizzato juventino erano collocati nella curva opposta alla loro. Il capitano della Juventus Gaetano Scirea, insieme al capitano del Liverpool, parlarono dai microfoni della stadio e invitarono alla calma, entrambi non si resero conto realmente di ciò che stava accadendo. L’Uefa decise per motivi di ordine pubblico di far disputare la gara: vinse la Juventus 1-0 con un rigore di Platini, che si abbandonò a scene di esultanza inappropriate per l’occasione. Il rigore non c’era affatto ma il Liverpool non protestò perché si sentiva colpevole per l’accaduto.

I giocatori ammisero di sapere della tragedia, ma la immaginavano di modesta entità, il polacco Boniek dichiarò che non avrebbe voluto giocare e non ritirò il premio partita, mentre Platini l’indomani, conoscendo la vera entità della catastrofe, disse, rispecchiando il pensiero degli altri giocatori e dei dirigenti bianconeri, che non era il caso di festeggiare la conquista di quella coppa che attendevano da lungo tempo. Non tutto il pubblico si rese conto della tragedia e una parte di esso gioì per la vittoria della Juventus, così si giustificarono i giocatori, addirittura a fine gara alcuni tifosi chiesero loro gli autografi. Purtroppo l’indomani al ritorno in Italia i giocatori della Juventus, oramai al corrente di tutto, alzarono con entusiasmo la coppa alla discesa dall’aereo: non era affatto il caso. Molti anni dopo Marco Tardelli chiederà scusa per tutto.
Il telecronista italiano Bruno Pizzul, che sapeva tutto quanto, commentò a malincuore quella partita, senza naturalmente farsi coinvolgere emotivamente dalle prestazioni sportive juventine; allora non c’erano i telefoni cellulari per cui alcuni italiani gli si avvicinarono chiedendogli di fare i loro nomi e cognomi e far sapere che stavano bene, lui si rifiutò per non far preoccupare, disperare ed angosciare ancor di più i parenti di tutti gli altri tifosi della Juventus presenti. Il radiocronista Enrico Ameri invece fece i nomi delle persone che con le lacrime agli occhi lo imploravano. Dopo quella partita le squadre inglesi, i cui tifosi ubriachi si erano già resi protagonisti di analoghi episodi, vennero escluse dalle coppe europee per cinque anni. Dopo la partita Italia – Inghilterra ad Italia 90 ed i gesti di ritrovata fratellanza tra le due squadre  e tifoserie venne deciso di revocare quell’esclusione, ma il Liverpool dovette attendere ancora un anno.

domenica 23 maggio 2010

53) STAGIONE CALCISTICA 2009/2010

INTER PIGLIATUTTO


Complimenti sinceri agli interisti, con cui noi tifosi della Lazio siamo legati da un gemellaggio, che quest’anno hanno vinto Coppa Italia, Campionato Italiano di Serie A e soprattutto Champions League, il traguardo più prestigioso di tutti e che mancava nella bacheca nerazzurra da ben 45 anni. L’unico obiettivo stagionale che l’Inter non ha conquistato è stato nella sfida di Supercoppa Italiana giocata a Pechino ad inizio stagione contro la Lazio , ma come dissi allora è meglio aver fallito in quel piccolo trofeo che fallire in competizioni più prestigiose nel corso dell'anno. Almeno la Lazio un trofeo lo ha vinto, seppur modesto, a differenza di altre squadre che ci hanno irriso e sbeffeggiato per lungo tempo e che ora a fine stagione si ritrovano con un pugno di mosche in mano. Non bisogna mai parlare in anticipo nel dare giudizi, i cavalli si vedono all’arrivo, io difatti ho atteso e adesso posso parlare: ride bene chi ride per ultimo.


Purtroppo l’Inter e l’Italia perderanno Josè Maurinho, questo straordinario personaggio, Uomo Vero in un Calcio Finto, a cui romanisti, juventini e milanisti dovrebbero riconoscere pienamente i meriti e le straordinarie qualità, come faccio io laziale. Nessuno prima di lui in Italia era riuscito nell'impresa di vincere Campionato, Coppa italia e Coppa Campioni. E’ merito suo se l’Inter ha potuto colmare finalmente quel vuoto storico della Coppa Campioni che mancava nella sua bacheca da lunghi anni, ma anche in campionato, nel finale è stato abile a non far perdere la testa alla squadra dopo la crisi invernale e lo straordinario recupero della Roma.

Massimo Moratti ha superato suo padre Angelo ma secondo me la Grande Inter degli anni ’60 era tutta un’altra cosa: era una squadra genuina, in un calcio meno sontuoso ripetto a quello di adesso, fatta di campioni nostrani; è proprio questo il punto: nell’Inter di oggi purtroppo non c’è neanche un giocatore italiano tra i titolari, è l’unica nota stonata. Ma una Coppa Campioni e 5 scudetti, più altri trofei minori, sicuramente faranno entrare la squadra nella leggenda, anche se tra quei 5 scudetti il primo le è stato assegnato a tavolino e, dopo gli ultimi sviluppi su Calciopoli, non si sa se resterà nella sua bacheca.

Io e molti altri laziali non abbiamo dimenticato tutti gli insulti e le offese dei romanisti dopo l’ultima sfida tra le due squadre e la fortuita vittoria della Roma, non bisogna mai sbilanciarsi nel dare giudizi anticipati ed affrettati, tipo: Roma Campione d’Italia, Lazio Serie B; io infatti ho atteso sino ad adesso, non ho parlato neanche una settimana dopo quando Giampaolo Pazzini li ha sgonfiati, perché era ancora tutto aperto. Ce ne vuole di faccia tosta per mettersi a strumentalizzare gli atteggiamenti dei tifosi laziali su Lazio – Inter: che si pretendeva dopo tutto quello che avevano subito da tifosi e giocatori della Roma dopo il derby? La squadra avendo conquistato la salvezza era demotivata e l’Inter, che era di un altro pianeta, ha passeggiato, così come ha passeggiato tre giorni dopo nella finale di Coppa Italia contro una Roma motivata e seconda in classifica. Non dimentichiamo che quando era la Lazio ha lottare per i vertici aveva il tifo contrario dei romanisti e non favorevole: come successe nel 1973 all’ultima partita Roma – Juventus o nel 2000 quando i romanisti esposero uno striscione polemico contro la loro società che diceva “c’hai ridotti a tifà Juve”. E gli juventini, che anche loro se la sono presa con i laziali, non ricordano Juventus – Milan del 1999? Erano le ultime partite e il Milan, che rincorreva la Lazio in classifica, andò a passeggio tranquillamente in quella gara a Torino. Ma sportivamente faccio i complimenti alla Roma e a Ranieri per il suo campionato, iniziato disastrosamente e tra le contestazioni dei tifosi e terminato quasi in trionfo. Quando la Roma è vicina a traguardi importanti è timorosa e le manca quel pizzico di perfezione e di cattiveria, è storicamente provato: Roma – Liverpool 1984, Roma – Lecce 1986, Roma – Manchester U. 2007 e ora Roma – Sampdoria di quest’anno. Concentrazione e determinazione che non mancano alla Lazio quando si trova in analoghe situazioni: vedi le finali di Coppa delle Coppe e di Supercoppa Europea e vedi la Supercoppa Italiana di quest’anno. Eccovi un sano sfottò che non è neanche volgare ed offensivo, come lo sono molti altri che sono presenti in rete.

martedì 11 maggio 2010

52) PROCESSIONE DELLA MADONNA DEL SOCCORSO 2010



FILMATI SULLA FESTA PATRONALE DELLA MADONNA DEL SOCCORSO DI QUEST'ANNO A CORI (LT), CHE COME SEMPRE CADE NEL GIORNO DELLA FESTA DELLA MAMMA. ANCHE LA FESTA CIVILE, COME QUELLA RELIGIOSA, E' STATA UN GRANDE SUCCESSO. MA PURTROPPO IN QUESTI GIORNI FESTOSI NON SONO MANCATI AVVENIMENTI TRAGICI.




sabato 8 maggio 2010

51) POLEMICHE SUL 150° ANNIVERSARIO DELL’UNITÀ D’ITALIA

Lo scorso 5 maggio, 150° anniversario dell’imbarco della spedizione dei Mille da Quarto (Genova), sono iniziate le celebrazioni del 150° anniversario dell’Unita Italiana, le quali culmineranno il prossimo marzo, nel mese in cui il Regno d’Italia fu proclamato nel 1861. Circa 1162 volontari, in prevalenza bergamaschi, sbarcarono a Marsala in Sicilia la mattina dell’11 maggio con la protezione delle navi britanniche.


Il Piemonte aveva iniziato il processo di unificazione italiana nel 1859, dopo il fallimento del 1848/49 con Carlo Alberto di Savoia, ponendo la questione italiana, al centro dei colloqui bilaterali tra Regno di Sardegna, di cui il Piemonte faceva parte, e potenze europee e dopo che i piemontesi si garantirono le simpatie europee per aver partecipato alla Guerra di Crimea. L’alleanza tra Regno di Sardegna e Francia portò alla guerra con l’Austria, alla conquista della Lombardia e alla cessione di Nizza e Savoia a Napoleone III, imperatore dei francesi. La mancata annessione del Veneto, consentì ai piemontesi di non farsi ostacolare dalla Francia nell’annettersi con dei plebisciti l’Emilia – Romagna e la Toscana, divise in ducati e granducati. I piemontesi avrebbero potuto fermarsi lì e concentrarsi nel liberare le altre terre del Nord Italia ancora sotto il giogo dell’Impero d’Austria – Ungheria, ma non fu così perché il loro primo pensiero fu la conquista dei ben assestati stati centro – meridionali dello Stato Pontificio e del Regno delle due Sicilie. Allora perché in questi giorni alcuni esponenti della Lega Nord polemizzano sul Risorgimento, dicendo che l’unificazione era solo una scusa per liberare il Nord dagli austriaci? Se fosse stato così i mille, quasi tutti settentrionali, non si sarebbero imbarcati con Garibaldi, e Vittorio Emanuele II non sarebbe disceso per strappare Marche e Umbria ai pontifici. In Sicilia un esercito di poco più di 1.000 uomini, a cui si unirono dei “picciotti locali”, sbaragliò il potente esercito borbonico in 3 battaglie, quando i garibaldini erano in difficoltà a Garibaldi suggerirono la ritirata, ma egli rispondeva duro: “non ci ritiriamo, qui o si fa l’Italia o si muore!” Il Regno Borbonico era in crisi, il giovane monarca Ferdinando II (Re Bomba) era inesperto e Garibaldi fece leva sull’accensione dell’antico rancore dei siciliani nei confronti dei napoletani. Sul continente le cose non andarono meglio per i Borbone, ma ormai Garibaldi disponeva di oltre 20.000 uomini, la battaglia decisiva per la loro definitiva sconfitta avvenne lungo il fiume Volturno. Dopo essersi incontrato con Vittorio Emanuele a Teano, se non lì sempre da quelle parti, e avergli consegnato il Regno delle due Sicilie, Garibaldi con l’appoggio dell’esercito piemontese lanciò l’offensiva all’ultima roccaforte borbonica posta a Gaeta.
Dopo i plebisciti venne proclamato il Regno d’Italia a Torino il 17 marzo 1861, di fronte ad un parlamento con i rappresentati di tutta Italia, escluse naturalmente Roma e le tre Venezie. Nel sud ci si aspettavano maggiori libertà e giustizie sociali con l’arrivo dei piemontesi, ma gli animi delle masse popolane restarono immediatamente delusi quando Crispi in Sicilia, fece fucilare chi assaltava le proprietà e uccideva i grandi proprietari terrieri. La mancata riforma agraria, che ci sarà solo negli anni ’50 del ‘900, e il mancato smembramento dei latifondi, su cui si basava l’economia del sud con i relativi privilegi per i potenti e con i prodromi del fenomeno della Mafia, portarono al brigantaggio: furono impiegati più uomini per reprimerlo che in tutte le guerre per l’unità. Fatto strano: nel 1946 nel referendum Monarchia/Repubblica i Savoia beccarono una valanga di voti proprio al sud, nonostante le feroci repressioni del brigantaggio i meridionali si affezionarono alla nuova casa reale in 85 anni. Oggi si sente tanto parlare di Partito del Sud, in contrapposizione a quello del nord, di movimenti neoborbonici, ma oggi il sud da solo non va da nessuna parte se si stacca. Maggiore autonomia federalista sì ai vari enti, sempre seguendo le direttive del governo centrale, basta che non si vada a favorire ancor di più i potentati locali e la Lega Nord, la quale è la secessione il suo principale obiettivo. La ricchezza del nord, tranne il Veneto che si è fatto da solo divenendo la regione più produttiva e ricca d’Italia da regione poverissima che era, è nata anche dal sacrificio dei meridionali, oltre naturalmente dal fatto che il suo territorio era diviso in tanti piccoli staterelli ed ogni regnante faceva di tutto per lasciare il segno, per tramandare ai posteri la propria gloria. Una nuova Italia unita con ampie autonomie agli enti dovrà esserci, dove nessuno metterà in discussione Roma Capitale. Anche se l’Italia non l’ha fatta Roma, come la stessa fece ai tempi che da piccolo villaggio divenne impero, l’hanno fatta quagli stessi padani, oggi smaniosi di staccarsi, scegliendo la Città Eterna quale capitale più degna per far rivivere il mito dell’impero.

Sarei stato felicissimo per quella scelta se non fosse che qualche volta mi viene da obiettare perché ai romani, che hanno solo atteso i bersaglieri a Porta Pia, dà alla testa. Se si fosse saputo sarebbe stato meglio far rimanere la capitale a Torino o a Firenze. Noi laziali non romani (burini o ciociari) non facciamo mai caso a quella sorta di razzismo nei nostri confronti, ma nell’Urbe di Romani de Roma ce ne sono ben pochi e coloro che nel corso dei millenni vi hanno comandato (Imperatori, Papi, Re, Presidenti) poche volte lo sono stati. Anche oggi chi comanda a Roma? I padani naturalmente! In questi giorni si sente addirittura parlare di una regione del Lazio Sud, meglio lasciar perdere perché i nuovi enti servono solo a creare nuovi magna - magna.

L'esempio di Nino Manfredi che da ciociaro volle divenire romano per forza, ma anche Alberto Sordi, che molti dicono che sia stato romano da 7 generazioni, non lo era: suo padre era nato a Valmontone. Comunque non ho nulla contro di loro, li considero insieme a Totò i più grandi attori italiani di tutti i tempi.

 Il popolano Ciceruacchio, eroe della Repubblica Romana, in procinto di essere fucilato dagli austriaci (In Nome del Popolo Sovrano 1990).


Nino Manfredi torna alle sue origini (Per Grazia Ricevuta 1971).