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giovedì 5 luglio 2012

150) L’EUROPA DELLA CRISI E DEL PALLONE


IL PALLONE DIVENTA UN'ARMA DI DISTRAZIONE E DI VENDETTA TRA LE NAZIONI EUROPEE IN DISPUTA TRA LORO PER LA CRISI FINANZIARIA.


Non si era mai vista una così grande attenzione dei media e dei politici per un Campionato Europeo di calcio per nazioni, come si è visto in occasione di quello di quest’anno. La grande attenzione attesa per la finale, Italia –Spagna, che c’è stata, in cui i telegiornali nei giorni precedenti se ne occupavano per circa 20 minuti sui 30 a disposizione, non si era vista nemmeno in occasione delle finali mondiali conquistate dall’Italia nel 1994 e nel 2006. Il calcio in questo caso è divenuto una notizia di distrazione per un’Europa in crisi monetaria da (n)euro. I quotidiani politici incitavano allo scontro sul campo che avrebbe così dovuto riscattare le onte subite dai mercati e dalle borse per la nazioni più colpite dalla crisi (Italia, Spagna, Grecia, Portogallo), a vantaggio delle nazioni che continuano ad ingrassare (Germania in testa). In contemporanea alla semifinale Italia – Germania c’è stato un vertice tra paesi europei, in cui il capo del Governo Italiano è riuscito a imporre le sue idee sull’omologa tedesca Merkel, il giorno seguente i giornali hanno riportato la notizia della doppia vittoria sulla Germania, politica e calcistica, e Mario Monti in dei fotomontaggi assumeva le sembianze di Balotelli, entrambi detti “Super Mario” (???).

I titoli in prima pagina dei giornali di destra, irrisori verso Angela Merkel (la vera affossatrice del Governo Italiano legittimamente eletto), venivano bacchettati dagli altri quotidiani ostili; Feltri ha controreplicato: “culona non si può scrivere e psiconano si?” Il Presidente della Repubblica e il Presidente del Consiglio hanno preso a cuore la nazionale di questi europei, il primo è stato più coerente del secondo: sin dall’inizio ha invitato la nazionale a disputare le partite, assistendo all’esordio in Polonia, mentre il secondo non voleva far disputare più incontri di calcio, per via dell’ennesimo episodio del calcio scommesse illegale che ha travolto come un fulmine a ciel sereno alcuni calciatori della nazionale, soltanto quando ha intravisto la finale è corso ad assistere. Hanno detto che abbia portato sfortuna; una squadra sportiva non perde per queste sciocchezze: in un incontro vince chi è più bravo, più in forma, tutto il resto è noia.

Appunto, la nazionale italiana, che alla vigilia non era assolutamente considerata, è un miracolo che sia arrivata in finale: questa deve essere la consolazione alla disfatta. Due pareggi iniziali, una vittoria contro l’abbordabile Irlanda, tra gli immancabile piagnistei mediatici nazionali del possibile accordo per estrometterci, una vittoria ai rigori contro la forte Inghilterra e una contro una Germania eccessivamente sopravvalutata, ci sono stati, prima del collasso finale contro la fortissima Spagna. Nell’elogiarci troppo dopo la semifinale abbiamo commesso lo stesso errore dei tedeschi prima di quella sfida e si pensava: “ormai siamo campioni, la partita sarà solo una formalità!”  La squadra era incerottata, stanca e stravolta da un calendario assurdo, in cui alcune rappresentative avevano più giorni di riposo, mentre altre no. È facile per tutti parlare a fine gara: “perché hai fatto giocare questo e non quello?” Per una questione di riconoscenza: se l’allenatore avesse fatto giocare altri giocatori di riserva, non acciaccati ed avesse perso lo stesso, da ridire l’avrebbero trovato comunque.


Il calcio italiano, di cui una volta il suo campionato era il più bello del mondo, è in forte crisi dall’inizio degli anni 2000, mentre quello spagnolo è in continua crescita: le due più forti squadre spagnole (Real Madrid e Barcellona) dalle proprie rappresentative giovanili continuano a sfornare talenti che costituiscono le ossature delle squadre, riducendo l’apporto degli stranieri al minimo, smentendo così le teorie secondo le quali per vincere nelle nazionali bisogna naturalizzare i giocatori esteri. La nazionale calcistica d'Italia ha avuto la parentesi del 2006 con il titolo mondiale, perché sulla strada essa trovò modeste nazionali e ricordiamo che nell’epilogo solo ai rigori trionfò. I continui scandali degli arbitraggi pilotati, del calcio scommesse, delle partite truccate, delle violenze negli stadi non giovano certo all’immagine del paese a livello internazionale: difatti non ci assegnano più l’organizzazione di nessun evento calcistico importante e veniamo superati addirittura da Polonia e da Ucraina. Decenni addietro, con Artemio Franchi, quando l’Italia era stimata, ammirata ed aveva peso, facevano a gara per assegnarle l’organizzazione di qualche evento: Euro ‘80 e Italia ’90 ne sono stati gli esempi.


Una cosa che non mi piace è vedere le lacrime dei calciatori a fine gara: comportatevi da uomini, siate forti, non piangete come bambini o come donnine per aver perso una partita! Capisco l’agonismo, la tensione, la concitazione, la stanchezza, il tutto mescolato alla delusione e a qualche farmaco legale; ma almeno cercate di resistere e non singhiozzate davanti alle telecamere, sfogatevi negli spogliatoi. Bisogna dare al’estero l’immagine di un paese forte e fiero, le lacrime occorre riporle per cose molto, ma molto più gravi. Quando si giocava qualche partitella tra bambini, nei giardini o nelle strade, e qualcuno piangeva per delle banalità veniva accostato a Maradona: infatti fu lui che inaugurò questa moda, venendo irriso, perché "grande e grosso, piange come un marmocchio". Se alcuni calciatori spagnoli hanno pianto (ma non credo) le loro lacrime sono state di tutt’altro tipo e con orgoglio negli ultimi quattro anni, col pallone, stanno riscattato alla grande una nazione messa duramente in ginocchio dalla gravissima crisi economica.

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