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domenica 9 novembre 2014

245) TRIESTE È ITALIANISSIMA

SESSANT’ANNI FA LA CITTÀ DI TRIESTE DOPO MOLTE SOFFERENZE TORNAVA ALL’ITALIA. NELLE ZONE DI FRONTIERA, DOVE CI SI SENTE MINACCIATI, IL SENTIMENTO PATRIOTTICO ITALIANO È PIÙ FORTE.




La campana di San Giusto

Per le spiagge, per le rive di Trieste
Suona e chiama di San Giusto la campana,
l'ora suona l'ora suona non lontana
che più schiava non sarà!

Le ragazze di Trieste
Cantan tutte con ardore:
"O Italia, o Italia del mio cuore
Tu ci vieni a liberar!"

Avrà baci, fiori e rose la marina,
la campana perderà la nota mesta,
su San Giusto sventolar vedremo a festa
il vessillo tricolor!

Le ragazze...

La Campana di San Giusto” (San Giusto è il santo patrono triestino a cui è dedicata una cattedrale) fu scritta nel 1915 per incitare il passaggio di Trieste all’Italia, che ci fu nel 1918. Quel canto patriottico venne successivamente riutilizzato in occasione della seconda unione italiana di Trieste, avvenuta nel 1954. Quell’anno la sovranità italiana sulla città giuliana venne completata in maniera definitiva dopo undici anni di assenza. Nel 1943 Trieste fu annessa direttamente al Terzo Reich Tedesco e non fece parte (almeno formalmente) della Repubblica Sociale Italiana, nel 1945 fu occupata dagli jugoslavi, successivamente gli accordi internazionali stabilirono la creazione di un territorio libero sotto la tutela anglo – americana. Il suddetto territorio era a sua volta diviso in “Zona A” e “Zona B”: nel 1954 si decise che la “Zona A”, di cui Trieste faceva parte, sarebbe tornata all’Italia, mentre la “Zona B” sarebbe passata alla Jugoslavia, la quale già si era presa gran parte della regione Venezia Giulia. Gli undici anni a cavallo tra il 1943 ed il 1954 furono anni di terrore, distruzione e morte per i triestini e per i giuliani: bombardamenti, morte, terrore con le rappresaglie tedesche e slave.



Nell’ottobre 1954 finalmente gli incubi terminarono: i triestini con giubilo riabbracciarono la Madre Italia e scongiurarono il pericolo della slavizzazione della città, come era avvenuto a Pola, a Fiume e a Zara. L’unione di Trieste alla Patria Italiana fu visto in entrambe le occasioni (nel 1918 e nel 1954) come una liberazione, un momento di riscatto e di orgoglio che significò la fine delle persecuzioni: basti pensare che ai tempi dell’Impero Austro – Ungarico comandavano gli slavi e ci fu qualche episodio di eroismo, come quello di Guglielmo Oberdan, a cui sono intitolate molte strade nelle città e nei paesi di tutto il nostro territorio nazionale. È sempre rischioso avventurarsi nelle guerre: la Prima Guerra Mondiale per l’Italia finì bene ed essa acquisì nuovi territori, mentre la Seconda Guerra Mondiale è finita male e la nostra nazione ha perso alcune terre guadagnate in precedenza con un grande tributo di sangue. Dopo le drammatiche esperienze l’attaccamento alla patria italiana per i triestini divenne molto più forte, visto che erano divenuti terra di frontiera e l’incubo jugoslavo era sempre in agguato: accrebbe ulteriormente con la contrapposizione tra i due blocchi (occidentale e comunista). Ancora oggi gli sloveni rivendicano Trieste per la loro piccola nazione: si ficchino in testa che essa è una città italianissima (come lo erano Pola, Fiume ed altre cittadine della costa dalmata) e non si tocca. È una caratteristica tipica delle zone di frontiera, dove a volte ci si rende conto di essere stranieri da italiani e si ha la sensazione che un giorno potrebbero invaderti e cacciarti, sentirsi più italiani che altrove: vale anche per i nostri connazionali dell’Alto Adige e della Val d’Aosta. Chi sta nel cuore d’Italia non potrà mai capire e neppure noi che siamo vicino la degna capitale d’Italia e che nell’antichità creò un grande impero. Il nostro è un altro tipo di amor patrio.

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