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giovedì 10 maggio 2018

388) IL DIBATTITO SUL LAVORO DEI MARITTIMI



Nelle ultime settimane ci sono state sia delle polemiche, sia degli elogi alla compagnia di navigazione “Tirrenia – Moby” che sceglie prevalentemente personale italiano che le costa di più, rispettando le regole a suo tempo stipulate. Da questo spunto si possono aprire delle discussioni sulla manovalanza italiana o straniera: spesso prevale la seconda perché, come si dice da tempo, gli italiani scansano alcuni lavori, oppure  perché è a basso costo? Beppe Grillo dal suo sito spiega le ragioni della “Tirrenia – Moby”, prendendone le difese.


Siamo un popolo di navigatori, disoccupati

 

di Beppe Grillo –
Nel 1998 fu varata una legge (30/98) che consentiva alle società armatrici la quasi totale defiscalizzazione e la totalità degli sgravi Inps e Irpef per i marittimi imbarcati.
Vi sembra strano? Non lo è, perché la legge a suo tempo fu approvata per favorire la piena occupazione, specialmente al sud, nel settore marittimo, con vincolo di personale interamente italiano o comunitario. Esisteva anche una deroga ministeriale in favore di personale extracomunitario, ma soltanto nei limiti di 1/3 dell’equipaggio.
Nel corso degli anni però, in seguito a modifiche della legge e con accordi sindacali mirati, gli armatori hanno ignorato l’obbligo di imbarcare marittimi italiani e hanno iniziato ad imbarcare personale extracomunitario, anche in numero superiore all’originario limite di 1/3, con rapporto di lavoro “regolamentato dalla legge scelta dalle parti”. Al lavoratore extracomunitario viene così applicato l’accordo sindacale del suo Stato di provenienza: in questo modo si abbattono notevolmente i costi rispetto ad un marittimo italiano.
Il datore di lavoro mantiene quindi le stesse esenzioni fiscali previste per il personale italiano o comunitario. A questo aggiungiamo anche il problema dei corsi di formazione per acquisire il libretto di navigazione: in Italia il costo ammonta a circa 2mila euro, gli extra comunitari invece possono conseguirlo nel loro paese di origine con pochi euro.
Il quadro è chiaro ed è questo: totale penalizzazione dei lavoratori italiani, fino a farli scomparire dalle navi battenti bandiera italiana, ed innalzamento dello sfruttamento lavorativo da parte di società armatrici che imbarcano extracomunitari con salari da fame, gestiti da società di manning, con sede,  il più delle volte, in paradisi fiscali, senza alcun contratto diretto con il singolo lavoratore!
Per farvi avere una idea più chiara dei costi: un marittimo italiano può guadagnare al netto da 2000 a 5000 euro circa, a seconda del ruolo. Un marittimo extracomunitario è sottopagato, arriva a percepire circa da 300 a 700 euro al mese.
Vincenzo Onorato, armatore partenopeo, si sta battendo anima e cuore per salvaguardare i diritti dei nostri marittimi. La sua campagna di comunicazione a favore dei marittimi italiani, ha generato, nei poco informati, un turbinio di polemiche e illazioni senza senso. Ogni giorno Onorato si scontra contro questa realtà paradossale, a vantaggio soltanto degli armatori, che continuano a non pagare le tasse, beneficiando così della legge 30 del 1998, e non favoriscono altresì l’occupazione dei connazionali italiani. Sono infatti più di 40 mila i marittimi italiani disoccupati. Onorato è stato tacciato dai media di razzismo, di discriminazione becera, senza mezze misure.
Chi non vuole vedere la realtà accusa, nascondendosi dietro a questioni razziali.
Condivido a pieno la battaglia di Onorato e faccio mie le sue parole: chi è il razzista? Chi lascia a casa i nostri marittimi a fare la fame o chi con sfruttamento selvaggio imbarca extracomunitari, con salari da fame?
A Febbraio ho partecipato con Luigi di Maio all’incontro con l’associazione no profit “Marittimi per il Futuro” a Torre del Greco, perché credo fortemente che i diritti dei lavoratori vengano prima di ogni cosa. La cittadina campana è una delle tante città che vive di questo mestiere. Io, che come loro vengo da una città di mare, conosco la sofferenza di chi con il mare non può dar da mangiare ai propri figli.  Intere generazioni di padri, nonni, bisnonni, hanno sostenuto le proprie famiglie con uno dei mestieri più belli e antichi del mondo. Ora, il popolo marittimo di Torre del Greco, così come in altre città (Ercolano, Castellamare etc…) è ridotto alla fame, e all’associazione arrivano ogni giorno continue richieste di aiuto.
La soluzione a questo quadro è semplice e, come tutte le cose semplici, in Italia diventa complessa. Aggiungiamo che la politica e il potere delle lobby del settore frenano ogni tipo di iniziativa a favore dei più deboli.
Se un armatore italiano vuole mantenere la quasi totale defiscalizzazione deve imbarcare soltanto marittimi italiani o comunitari, almeno per la tabella di armamento-sicurezza (il numero legale minimo degli imbarcati a bordo). Se non accetta, allora paga  le tasse come qualsiasi società italiana.
Ciò comporterebbe un fortissimo innalzamento occupazionale e, non per ultimo, una maggiore sicurezza sulle navi  (non esiste un report di quale sia il numero reale di extracomunitari imbarcati sulle navi battenti bandiera italiana).
Siamo un popolo di navigatori, abbiamo un’esperienza millenaria e il mare è nel nostro dna. Tuteliamo il nostro immenso patrimonio dell’arte della navigazione.
Barra a dritta e avanti tutta!


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