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venerdì 14 agosto 2020

450) SI AL REFERENDUM SUL TAGLIO DEI PARLAMENTARI

 SI AL REFERENDUM SUL TAGLIO DEI PARLAMENTARI PER RIDURRE GLI SPRECHI DELLA POLITICA E I PRIVILEGI DELLA CASTA. IL CONFRONTO CON GLI ALTRI REFERENDUM ISTITUZIONALI.

 


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IL PROSSIMO REFERENDUM COSTITUZIONALE

I prossimi 20 e 21 settembre si terrà il referendum costituzionale confermativo della riforma voluta dal parlamento che riduce i suoi componenti, rispettivamente: alla Camera dei deputati essi passeranno da 630 a 400, mentre al Senato della repubblica passeranno da 615 a 200. Assieme al referendum si terranno le elezioni amministrative e regionali; tutte queste consultazioni ci sarebbero dovute essere la scorsa primavera, esse sono state rinviate tutte per l’emergenza sanitaria Coronavirus. Sarebbe stato meglio che non fosse stato chiesto questo referendum, il cui risultato pare scontato; l’ha fatto qualche parlamentare con la speranza di non vedersi ridursi le possibilità di perdere la poltrona. L’Italia è una delle nazioni al mondo che ha più rappresentanze parlamentari e quella che spende di più per mantenere la casta politica, tra stipendi e vitalizi. Votando sì, si ridurranno un po’ tutti questi eccessi e il meccanismo per approvare le leggi rimarrà invariato. Qualcuno dice che la Costituzione scritta dai padri costituenti non dev'essere toccata; allora occorre ricordare che il numero dei rappresentati al parlamento era leggermente inferiore agli albori della repubblica rispetto ad oggi: nel 1948 furono eletti 574 deputati e 237 senatori, nel 1953 i deputati passarono a 590, nel 1958 questi furono aumentati a 596, nel 1963 si raggiunse il numero attuale di 630 deputati e 315 senatori. Fu un processo di graduale aumento per consentire il dilatarsi di una casta privilegiata, con tutti gli sprechi e le mangerie varie, e oggi i comuni cittadini pagano le conseguenze. Qualcuno che è per il no sostiene che con questa riforma le rappresentanze territoriali saranno drasticamente ridotte o addirittura spariranno per alcune zone: contro questa teoria bisogna considerare che i senatori, che nel sistema attuale sono la metà dei deputati, rappresentano tutte le regioni d’Italia in proporzione al numero degli abitanti dei vari collegi. Approvando la riforma le rappresentanze territoriali ci saranno comunque (il numero dei deputati sarà sempre superiore all'odierno numero dei senatori), seppur in numero ridotto. Occorrerà fare di corsa un’altra legge elettorale e ridisegnare i collegi, altrimenti codesta riforma non servirà a nulla. La riduzione dei vitalizi e dei parlamentari sono dei primi passi verso l’abbattimento dei privilegi politici, ora speriamo che si proseguirà nel taglio degli stipendi d’oro, e trova d’accordo quasi tutti i politicanti di tutti i colori, anche se c’è qualche frangia di questi che manifesta malumore e presenta ricorsi. Queste riforme mi trovano d’accordo, non importa chi le ha fatte. La Lega, che aveva approvato questa legge quand'era al governo, è rimasta coerente dopo il passaggio all'opposizione, continuando a sostenere il sì convinto, mentre il Pd prima era contrario, dopo che è entrato al governo ha dovuto per convenienza cambiare posizione. Molti in tutti i referendum costituzionali hanno guardato ai partiti che hanno proposto le modifiche della Costituzione per decidere come votare e non alle migliorie e ai vantaggi: spesso si è votato no per non darla vinta ai politici di colore avverso.

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   I PRECEDENTI REFERENDUM COSTITUZIONALI

2001 ci fu il referendum per trasferire alcuni poteri e competenze dal governo nazionale alle amministrazioni regionali e prevalse ampiamente il sì;

2006 ebbe luogo il referendum per ridurre il numero dei deputati e dei senatori e per la trasformazione del senato in senato federale, il quale si sarebbe occupato esclusivamente delle regioni, le quali avrebbero avuto maggiori poteri, inoltre i cambi di casacca dei parlamentari, al fine di formare maggioranze parlamentari alternative, sarebbero stati vietati e il Primo ministro avrebbe avuto più poteri. Era una riforma accettabile, purtroppo ci fu una forte campagna di contrarietà, principalmente perché fu una riforma voluta da Berlusconi e dalla Lega Nord e a ragion di logica prevalse il no;

2016 fu proposto il referendum per ridurre il numero dei senatori e cambiarne le loro competenze e per trasferire i poteri dalle regioni allo stato; in realtà si trattava di un cambiamento confusionario, in cui non si capiva quali sarebbero state le funzioni del senato, che sarebbe stato composto in maggioranza dai sindaci delle grandi città e dai nominati dalle regioni e avrebbe avuto potere consultivo e non decisionale. Allora questo nuovo senato a cosa sarebbe servito? Lo stato avrebbe dovuto riprendersi alcune competenze che erano state trasferite alle regioni. Prevalse il no perché quasi tutti i partiti erano contrari, anche alcune componenti di quella maggioranza di centrosinistra che aveva attuato quella riforma.

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