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domenica 20 settembre 2020

452) ANNIVERSARIO DELLA PRESA DI ROMA

CENTOCINQUANT’ANNI FA, A SEGUITO DELLA BRECCIA DI PORTA PIA, ROMA DIVENNE CAPITALE DEL NUOVO STATO ITALIANO E FINÌ IL MILLENARIO POTERE TEMPORALE DEI PAPI.

Il neonato Regno d’Italia, all'inizio degli anni 1860, non sentiva realizzato appieno il processo di unificazione perché Roma ancora non era stata liberata e fatta capitale. La città eterna veniva vista come il cuore ideale della neonata nazione, sia per motivi storici, sia per motivi geografici: era ed è a metà distanza tra nord e sud. Il papa Pio IX, dopo aver perso Romagna, Marche e Umbria, nel 1870 governava soltanto 2/3 dell’odierna Regione Lazio ed era posto da oltre 20 anni sotto la protezione dell’Impero francese di Napoleone III, il quale  dopo aver sconfitto la Repubblica Romana (quando ancora non era imperatore ma Presidente della repubblica), aiutò i piemontesi nel processo di unificazione d’Italia, in cambio di Nizza e Savoia, ma non permetteva che Roma e il Lazio si unissero al neonato Regno d’Italia. Il Governo italiano non intendeva andare in rotta di collisione con Parigi per Roma, per questo fermò ed arrestò più volte Garibaldi, il quale con dei volontari al seguito, intendeva prendere a tutti i costi la città papalina. Il Re Vittorio Emanuele II si riteneva un fedele cattolico e intendeva proteggere il Papa Pio IX, e il clero in generale, dai molti anticlericali, dai massoni garibaldini e dagli esuli romani, bramosi di vendette, di ritorno a Roma; un po’ gli piangeva il cuore mettersi contro il Papa Pio IX, per realizzare il sogno suo e degli italiani di Roma capitale.

 

Per tranquillizzare la Francia la capitale fu trasferita da Torino a Firenze: il citato trasferimento faceva parte del trattato tra Italia e Francia del settembre 1864, in cui l’Italia si impegnava a non toccare lo Stato Pontificio. Nonostante ciò, il Generale Garibaldi nel 1867 riuscì a penetrare nello Stato della Chiesa, dopo che seppe che c’era stata un’insurrezione fallita ad opera dei Fratelli Cairoli, ma fu sconfitto dagli Zuavi francesi a Mentana che avevano i nuovi fucili a tiro rapido Chassepot. A Roma non mancavano rivoluzionari e cospiratori che, quando venivano scoperti venivano ghigliottinati: fu il caso di Giuseppe Monti e Gaetano Tognetti, ritenuti responsabili di un attentato mortale contro gli Zuavi pontifici, e di altri che avevano appoggiato Garibaldi a Mentana. Nel 1869 il Concilio Vaticano I proclamò l’infallibilità del Papa in materia di fede. Roma era allora una città sporca e ciabattona che contava 230.000 abitanti, di cui 50.000 erano disoccupati e 30.000 accattoni, con una Curia e un’aristocrazia sceiccali, e una borghesia di avvocati, notai e appaltatori che formavano il sottogoverno laico della Curia. Splendidi palazzi barocchi erano incastrati in ragnatele di tuguri.

Nel 1870 scoppiò la guerra tra Prussia a Francia e quest’ultima, che non era preparata al conflitto, chiese aiuto all’Italia, ma il Governo italiano pretendeva la cessione di Roma come prezzo dell’intervento e Napoleone III interruppe le trattative. Quando nel settembre 1870 l’Impero francese e Napoleone III decaddero, a seguito della loro sconfitta a Sedan nella guerra contro i prussiani, il presidio militare francese aveva abbandonato Roma, il Governo italiano sentiva mano libera e chiese al papa Pio IX l’avvio dei negoziati per l’annessione di Roma all'Italia, mantenendo il rispetto per la sua figura spirituale. Di fronte al rifiuto opposto dal Pontefice al conte Ponza di San Martino, che aveva tentato di indurlo ad accettare l’invasione e ad avviare trattative con l’Italia, il 12 settembre il generale Cadorna, con al seguito 50.000 soldati e anche cronisti, esuli, curiosi, entrò nel territorio pontificio, avanzò senza incontrare resistenza fino alle porte di Roma, dove giunse il 17 settembre. Dopo un ennesimo tentativo di mediazione compiuto dal ministro prussiano presso la Santa Sede, il conte Arnim, la mattina del 20 l’artiglieria italiana iniziò ad attaccare le mura della capitale pontificia. Aperta una breccia presso Porta Pia, alle ore 10 fanteria e bersaglieri entrarono in città, mentre l’esercito papale alzò bandiera bianca (era desiderio di Pio IX evitare spargimenti di sangue). Alle 14 il generale Cadorna e il generale Kanzler, comandante delle forze pontificie, firmarono la capitolazione. Edmondo De Amicis scrisse: “in Piazza del Quirinale arrivano di corsa i reggimenti, i bersaglieri, la cavalleria. Le case si coprono di bandiere. Il popolo si getta tra i soldati plaudendo”. Il Regio esercito italiano mantenne l’ordine in città, evitando le vendette e il linciaggio degli odiati soldati pontifici, caduti prigionieri e che non incutevano più terrore tra il popolo; solo pochi di essi, che si trovavano in giro da soli, furono uccisi.

Manifesto affisso a Cori il 20 settembre 1870

Il Governo italiano propose al Papa le “Leggi delle guarentigie”, per regolarne i rapporti, il Pontefice le rifiutò, lanciando scomuniche, e proclamandosi prigioniero dello Stato italiano. Il potere temporale dei papi terminava dopo oltre mille anni: da alcuni fu definito l’evento del secolo, anzi no, del millennio. Il 2 ottobre 1870, con un grande plebiscito (40.785 voti favorevoli e 46 contrari), Roma dichiarava la sua annessione all'Italia. Pochi mesi dopo a Firenze si riunì il nuovo parlamento, comprendente i rappresentanti di Roma e del Lazio. Il 2 luglio 1871 il Governo si trasferiva nella Città Eterna, che iniziava la sua nuova vita come Capitale dell’Italia! Le matasse della Questione italiana e della Questione romana, dopo svariati rompicapi italiani ed europei, venivano sbrogliate, anche se ci vorrà il 1929 per la regolarizzazione dei rapporti tra Regno d’Italia e Chiesa Cattolica con un trattato, che sancirà la nascita del minuscolo stato papale della Città del Vaticano.

Fontie parziale: http://www.storico.org/risorgimento_italiano/presa_roma.html

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