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giovedì 30 aprile 2015

268) IL QUARANTENNALE DEL MARTIRIO DI RAMELLI

Per Sergio, per Enrico, per Anita. Per non dimenticare
  del 29 aprile 2015


Lo so, 40 anni sono tanti, e la gran parte di chi mi leggerà non era ancora nato il 29 Aprile del 1975.
Eppure, l’assassinio di Sergio Ramelli è uno di quegli episodi che hanno tracciato la mia vita.
Perché è accaduto nella mia città, la Milano in cui frequentavo la prima media.
Perché ho il nitido ricordo di mia madre che, appresa la notizia alla televisione, si rivolse a mio padre parlandogli dello strazio di quei genitori. Ed io che nulla sapevo di quanto fosse accaduto – nel 1975 un ragazzino di 11-12 anni era molto meno “sgamato” di un suo coetaneo dei nostri giorni – le chiesi di cosa stesse parlando.
Mia madre, figlia del capo manipolo delle camicie nere dell’Oltrepo Pavese nella Marcia su Roma, poi Console della Milizia, Maggiore del Regio Esercito, poi volontario nella Campagna d’Africa, poi imprigionato in un campo di concentramento inglese ad Addis Abeba insieme a suo figlio – mio zio – che stante la giovane età venne rilasciato, rientrò in Italia, passò da casa giusto il tempo per farsi una doccia e corse a Salò. Mia madre, che mai una parola mi ha detto sulle scelte politiche e sulle conseguenze sopportate dalla sua famiglia, e che proprio muovendo dal martirio di Sergio seguì con apprensione gli albori del mio impegno politico, mi disse “hanno ucciso un ragazzo dell’età di tuo fratello, spaccandogli la testa. Solo perché aveva espresso delle idee diverse da chi lo ha attaccato”.
Entrai in quel mondo pochi anni dopo, e sentii di appartenere ad una famiglia quando, ormai studente universitario, seguii ogni giorno le udienze del processo agli assassini, che nel frattempo si erano laureati ed erano rispettati come “persone per bene”.
Mi capitò, per un legame che ha positivamente condizionato la mia vita, di passare insieme ad Ignazio La Russa – avvocato di parte civile della famiglia Ramelli – e ad Antonio Caruso (i nostri tre padri erano tra loro amici di infanzia) le notti nello studio di Ignazio, mentre lui studiava e provava la linea processuale, sentendo la responsabilità di chi non deve assolvere un incarico professionale ma deve rappresentare una comunità, la propria comunità. E che quella sarebbe comunque stata la mia comunità – per sempre – lo capii una mattina in Corte d’Assise a Milano.
La Russa stava interrogando uno degli assassini, che nel frattempo era diventato un medico. “Ma voi, tutti studenti di medicina, non immaginavate che colpendolo alla testa avreste potuto ucciderlo?” gli chiese. E quello “no, volevamo solo dargli una lezione”. “E con che cosa lo colpiste?” chiese Ignazio, “con una chiave inglese” rispose il medico. “Era una Hazel 36?” incalzò l’avvocato, “si” rispose l’imputato. Ignazio si fermò dal parlare, prese la sua borsa, estrasse un pacco. Lo srotolò, prese in mano una chiave inglese Hazel 36 la sbatté violentemente sul tavolo e disse, concludendo il suo interrogatorio “come questa?”.
Il rimbombo fu spaventoso, fu come se tutti, in quell’Aula, fossimo stati colpiti con violenza, inaudita, inattesa, ingiusta.
Come Sergio.Come finì lo sappiamo, gli assassini vennero condannati, scontarono pochissima pena e si fecero una vita, una famiglia, un lavoro, passioni, amori, gioie e preoccupazioni. Uno di loro addirittura oggi è primario di Psichiatria a Niguarda. Vissero e vivono insomma, ciò che impedirono ad un ragazzo di 17 anni la cui arma era una penna con la quale scrivere un tema a scuola.
Da quel giorno è cambiato tutto, o almeno così sembra ad un occhio superficiale, perché poi – se ti fermi a pensarci – ti accorgi che lo strabismo sociale e politico continua, che ciò che a noi non sarebbe nemmeno consentito immaginare, diventa regola di sopruso per la sinistra. Coperta, ancora oggi, da un manto di ipocrita protezione da parte dell’informazione, delle istituzioni, della giustizia.
E’ di ieri la notizia dell’incendio appiccato alla libreria Ritter, e non ho sentito alcun solone dell’intelligencija nostrana gridare allo scandalo.
I debosciati dei centri sociali mettono a ferro e fuoco le città ogni volta che escono dalle loro topaie ma la questura si preoccupa se i ragazzi di destra vogliono commemorare in piazza l’anniversario della morte di Sergio.
Un Presidente recuperato in extremis dal serbatoio della prima repubblica, sceglie la data simbolo di una devastante guerra civile per indicarla come il momento che dovrebbe rappresentare l’unità; pochi giorni dopo il capo del maggior partito della sinistra mette la fiducia sulla legge elettorale. E tutto tace.
No, noi siamo figli di un dio minore, ma siamo quelli che – per scelta – appartengono ad una storia in cui tutto, anche le cose più banali, sono più difficili da raggiungere, da ottenere. Anche quando ne hai diritto.
Ma è il nostro modo di essere. Ed è ciò che ogni giorno mi fa pensare di essere dalla parte giusta; che mi porta a credere che stare sinistra sia una condizione di minorità mentale, quasi una tara psichiatrica da curare in quel reparto che oggi è guidato da chi, 40 anni fa, scaricò una mazza di ferro sul cranio di un ragazzino che non si era omologato.
Questa sera tanti ragazzi, molti dei quali di anni ne hanno meno di 40, organizzano una serata celebrativa in piazza, a Milano, di fronte alla Chiesa in cui vennero celebrati i funerali di Sergio ed in cui, poco più di un anno fa, salutammo per l’ultima volta la mitica “mamma Anita”, guarda caso, la stessa chiesa in cui – 60 anni fa – si sposarono i miei genitori.
Già, mamma Anita, sempre presente ad ogni nostro appuntamento, sempre interessata alle nostre vicende. Così amorevole con noi, con me. Eppure, l’unica persona al mondo di fronte alla quale mi sia sempre sentito in soggezione. La guardavo negli occhi e pensavo alle parole di mia madre, quel giorno: “pensa allo strazio di quei poveri genitori”.
Questa la mia vicenda personale. Per questo stasera ci sarò, in quella piazza, a titolo personale e riservato, insieme a tutti quanti – nella diaspora dolorosa – fanno comunque parte di “quel mondo”.
Non ho il dono della Fede, e non sono quindi tra quanti pensano che Sergio ci vedrà. Ma ci sarò, egoisticamente, per me stesso.
Per ricordarmi che da lì nasce la mia storia, e che lì restano – tutti ed invariati – i motivi del mio impegno.

La Russa al Parlamento: oggi Sergio Ramelli è qui. Presente
  del 30 aprile 2015
Oggi per me è un giorno importante, è il 29 aprile. Quaranta anni fa Sergio Ramelli veniva barbaramente ucciso sotto casa, senza nessuna colpa se non la sua appartenenza al Fronte della Gioventù dell’allora Msi. Nel mio studio di avvocato penalista, difendevo allora la mamma di Ramelli, vennero i colpevoli a portarmi una lettera con una richiesta di perdono. Una richiesta che io, a nome della mamma di Sergio, accolsi perché il sacrificio di quel ragazzo non fosse mai la rivendicazione di una parte ma potesse aspirare ad arrivare ad un momento di pacificazione, un monito per le nuove generazioni contro una cieca violenza e una pratica del ‘divide et impera’ che in quegli anni era una consuetudine per chi comandava.
A 40 anni di distanza non vorrei che quel messaggio di pacificazione, amore e sacrificio per l’Italia venisse dimenticato da chi oggi a Milano manifesta contro il ricordo di questo ragazzo. Il modo migliore per celebrarne la memoria è di offrire il suo ricordo a tutti gli italiani. Sergio Ramelli è oggi presente col gruppo di Fratelli d’Italia, qui in Parlamento.

domenica 26 aprile 2015

267) LA STORIA SCRITTA DAI VINCITORI (?)


IL FASCISMO ITALIANO CERTAMENTE NON FU TUTTO ROSE E FIORI (MA QUALE CORRENTE POLITICA LO FU?), PERO' I PRESUNTI VINCITORI RISCRISSERO LA STORIA A MODO LORO, RIMUOVENDO DALLA MEMORIA MOLTE COSE POSITIVE DI QUEL REGIME, CHE PER ANNI GODE' DI UN AMPIO CONSENSO POPOLARE.
 


Soltanto recentemente è iniziato un revisionismo storico, riguardante il Fascismo e le vicende belliche dell'ultimo conflitto mondiale, mentre per molti anni nelle scuole ci hanno fatto studiare una storia scritta a senso unico dai vincitori. Tengo a precisare che io non sono fascista (nel mio ambito familiare sono state presenti molte varietà di opinioni politiche: Fascismo prima della guerra, Dc nel dopoguerra, nell'altro ramo anche Pci ), però devo riconoscere che il Fascismo apportò molti cambiamenti positivi nella società italiana ed attuò delle buone politiche pro - masse popolari, da millenni sfruttate e trattate come animali: grandi opere pubbliche, come costruzioni di nuovi quartieri, di nuove città, di grandi vie di comunicazione, nuovi terreni agricoli strappati alle malsane paludi, riforme degli affari sociali (pensioni, settimana corta lavorativa, Inps, Inail), iniziative del dopolavoro/doposcuola (treni domenicali e radio a prezzi popolari, colonie marine per i bambini), sviluppo industriale (Iri), incremento demografico.

Gli unici nei furono che sia all'inizio che alla fine, quel regime si affermò e se ne andò in un clima di violenza generale e di guerre (soprattutto alla fine con la fatale e devastante alleanza con Hitler che causò le leggi razziali), in cui non solo i fascisti si macchiarono di gravi crimini. Nelle guerre civili ognuno cerca di tirare l'acqua nel proprio mulino per risparmiare il maggior numero di caduti dalla propria parte: fu così anche per i partigiani e per gli Anglo - Americani. Senza gli Alleati l'Italia non sarebbe stata liberata; nel centro - sud non ci fu nemmeno molta Resistenza, la quale non era un'esclusiva Pci. Penso che gli eccidi, sia quelli nazifascisti, sia quelli partigiani, sia quelli Alleati, vadano condannati tutti. Tra il proprio prologo e il proprio epilogo il Regime Fascista ha goduto di un vastissimo consenso popolare, perfino molti strati del clero lo appoggiavano, soprattutto dopo i Patti Lateranensi, e nella guerra civile i preti si divisero tra Repubblica Sociale e Resistenza: in entrambe le parti alcuni furono fucilati. Riporto una frase del futuro Papa Giovanni XXIII in occasione della caduta di Mussolini nel 1943:
"La notizia più grave del giorno è il ritiro di Mussolini dal potere. L'accolgo con molta calma. Il gesto del Duce lo credo atto di saggezza, che gli fa onore. No, io non getterò pietre contro di lui. Anche per lui sic transit gloria mundi. Ma il gran bene che lui ha fatto all'Italia resta. Il ritirarsi così è espiazione di qualche suo errore. Dominus parcat"


La verità è che le masse si genuflettono con facilità alla cosa o alla moda del momento, a tal proposito mi viene in mente un noto proverbio corese che fa al caso nostro: "quando tata mmazzé jo porcio tutti disseno: "tata nostro!"; quando i sbiri venneno 'n casa tutti disseno "cchiappate tata!" Tata è Mussolini che fonda l'Impero e tutti lo osannano e l'acclamano; gli sbirri che vengono in casa sono gli Anglo - Americani: tutti quelli che acclamavano il Duce si fanno partigiani e lo catturano. Se fossero arrivati i russi tutti sarebbero divenuti comunisti, se un domani arriverà l'Isis tutti si faranno islamici. Il Fascismo era lo stato: tutti volenti o nolenti sono stati costretti a servirlo (tranne una piccola minoranza di oppositori) e ad indossare le divise; quelli che le uniformi mostravano con più orgoglio, magari nel dopoguerra si fecero intellettuali, dirigenti e militanti dei tre maggiori partiti (Dc, Pci, Psi) e indicavano Mussolini come il male assoluto. Fra tutti i totalitarismi il Fascismo italiano fu il meno peggiore. Non bisogna dimenticare che il Comunismo provocò 100 milioni di morti; anche in democrazia ci furono delle stragi, quelle di mafia, con i politici democristi siculi collusi. Ed anche le grandi religioni si sono macchiate di gravi crimini. Le condizioni di oggi non consentono un ritorno fascista, per cui è inutile che tutti si allarmino quando la Lega Nord (agli antipodi col Fascismo) organizza delle democratiche manifestazioni: si scagliano contro dei ragazzini che non conoscono a fondo la storia o l'hanno fatta interpretare loro in malo modo. Non sono neanche un leghista.

martedì 14 aprile 2015

266) DOPO PASQUA

DOPO PASQUA SI TORNA ALLA SOLITA VITA, METTENDO DA PARTE GLI EFFETTI BENEFICI DELLA QUARESIMA, GODENDOSI QUELLO CHE SI È CONQUISTATO E SI È SORDI ALLE PROVOCAZIONI E ALLE CHIACCHIERE.

Per coloro che durante la quaresima (il periodo di preparazione alla Pasqua che inizia il giorno delle ceneri e finisce il venerdì santo) mangiano meno rispetto agli altri periodi dell’anno arrivano degli aspetti benefici in fatto di calo di peso. Poi dalla Pasqua in poi si riacquisiscono le vecchie abitudini, in un primo momento abbuffandosi più di prima, principalmente per compensare le restrizioni delle settimane precedenti. Se uno che non ha problemi di salute si comportasse come nel periodo quaresimale tutto l’anno sicuramente la sua linea ed il suo fisico ne gioverebbero molto. Potrà pure sembrare un discorso vano e assurdo perché pochissimi cambiano le abitudini alimentari durante la quaresima. Per chi per ragioni religiose ha deciso di seguire quella strada quaresimale le giornate di Pasqua e di Pasquetta acquisiscono un sapore diverso: sono vissute come un taglio di traguardo di  una dura maratona un cui ci sono la premiazione e la festa. Anch’io mi sono chiesto se concedermi un piccolo premio dopo questo tortuoso cammino. Ma si! E Lasciando perdere tutte le angosce per le molte spese venture. Facendo uno sforzo economico nel tagliare 20 € qui, 10 € lì, ecc. dalle prossime previsioni di uscite ho messo da parte una somma tale da concedermi un piccolo viaggio nella giornata di Pasquetta, calcolando il carburante dell’automobile, il pedaggio autostradale, il pranzo e qualche altro capriccio personale. Certo se uno riuscisse a trovare qualche compagno di viaggio risparmierebbe qualcosa, ma in quel caso non avrebbe la piena libertà di scelta su dove andare e che fare. La stessa cosa se si portasse dietro qualche femmina e ci sarebbe qualche problematica di più: bisognerebbe prima di tutto convincere i propri familiari più stretti e rassicurarli e poi tutte le spese ricadrebbero sull’uomo. (Questo non è un segno di subordinazione? Per raggiungere la parità che le donne tanto reclamano occorrerebbe che anch’esse offrissero ai maschi.) Ma basta ciance; la giornata premio può essere goduta in molti modi: uno di questi è divertirsi con la propria vettura su lunghi tratti e ascoltare dei dischi e altre musiche della pennetta, scaricate dalla rete, che nei brevi viaggi di tutti i giorni non si ascoltano mai. Ho un doppio cd con le canzoni degli anni ’20 – ’30 – ’40, identificate in un dato periodo storico – politico, in cui spicca anche “Vivere senza malinconia” ed il testo della canzone corrisponde alla mia odierna filosofia di vita (era la classica ciliegina sulla torta quando la ascoltavo la scorsa estate durante il lungo tragitto della mia vacanza).



“Vivere senza malinconia, vivere senza più gelosia, vivere finché c’è gioventù perché la vita è bella la voglio vivere sempre più!” Finché uno è giovane e nel pieno delle forze si gode la vita, concedendosi degli svaghi e accontentandosi di ciò che ha raggiunto, dimenticando tutto quello che non ha funzionato e non guardando a quello che fanno gli altri. È inutile pure cadere nelle provocazioni nel caso ce ne fossero: a cosa serve arrabbiarsi? Tanto non è che le cose ti cambieranno in peggio solo perché potresti essere l’ossessione di alcuni che spesso neanche conosci. Mi spiego: se a me rodesse di una persona sfigata che improvvisamente le va tutto bene, facendo fortuna e divenendo ricca sfondata, potrò angustiarmi quanto vorrò, non è che ella perderà tutto per il solo fatto che io sono geloso e alla fine ci rimetterò solo io, la salute. Se uno vuole attaccare o criticare una persona nella sua parte pubblica, nelle idee, può farlo tranquillamente, nella parte privata non dovrebbe farlo. A ragion di logica se io se dovessi lasciare il blog lo farò soltanto o perché mi sarò stancato o per altri motivi e mai perché alcuni compaesani non gradiscono che io scriva: che l’ha ordinato loro il medico di venire qui? Non possono crearsi anch’essi i loro siti con le loro idee e le loro concezioni di vita? Nella società di oggi tutti vogliamo primeggiare, non sappiamo abbassarci, essere umili, tendiamo a dire: “io naturalmente sono più bravo ed intelligente di lui che è stupido e non capisce niente!” Io, io, io, sempre io, raramente riconosciamo nell’altro maggiore bravura e qualità per qualcosa. Ecco allora che si parla, si straparla, si chiacchiera e spesso nel passaparola paesano si stravolge completamente il senso di una vicenda, specie quando si origliano i discorsi degli altri, capendo fischi per fiaschi. Ma pazienza se la gente non ha migliori interessi all’infuori di guardare alle cose degli altri continui a farlo; soltanto nei casi che vi dovesse fare gravi accuse prive di fondamento o dovesse appropriarsi delle cose vostre prenderete dei leciti provvedimenti, nei casi di semplici provocazioni, illazioni, giudizi, vi consiglio d’ignorarla, lasciarla fantasticare come vuole, non date quella importanza che cerca, non abbassatevi mai ai livelli del dar peso alle stupidaggini, farvi rodere per esse e anziché avvelenarvi pensate alle cose personali: a programmare il futuro, a come impiegare quei pochi soldi che si mettono da parte, a dove passare le prossime vacanze, vivendo senza malinconia, senza gelosia, finché c’è gioventù e si sta bene.

Chiudo con un esempio per riallacciarmi ai discorsi precedenti su come si ingrossano dei fatti piccoli ed insignificanti e si sparli a sproposito. Sono assorto in tutt’altri pensieri e ho altro da fare e da pensare durante il giorno che fossilizzarmi con le baggianate, compresa l’infondata chiacchiera  diffusa secondo la quale avrei voluto ricoprire il ruolo di amministratore del mio condominio (Ma che deve fare questo???). In primo luogo amministrare un condominio è una brutta gatta da pelare, una patata bollente da non prendersi volontariamente e poco retribuita per un non professionista, per cui avevo dato risposta negativa all’amministratore uscente quando in privato mi disse se sarei stato interessato a svolgere quel compito; seconda cosa, prima di emettere delle sentenze sulle capacità altrui sarebbe bene verificare. In ogni caso facevo parte di una rosa di nomi interni al condominio, non ero l’unico in lizza e se mi fosse interessato veramente fare l’amministratore l’avrei detto papale – papale nell’assemblea condominiale, che a sua volta avrebbe dato parere positivo o negativo. La suddetta assemblea, scartata l’ipotesi di affidarsi ad un condomino interno pro tempore, ha deciso di affidarsi ad un vero amministratore di ruolo iscritto all’albo. Sono passati diversi mesi, il nuovo amministratore esterno e professionista è entrato in carica, non pensavo più a quella vicenda, alcuni me l’hanno rimembrata quasi a volermi consolare. Io mi sono limitato a farmi una risata interiore.

venerdì 3 aprile 2015

265) PASQUA COL “CHRISTUS” DI ANTAMORO

IN OCCASIONE DELLA PASQUA ECCO IL “CHRISTUS” DI GIULIO ANTAMORO, UNO DEI PRIMI FILM MUTI E IL PRIMO CHE PARLA DELLA VITA DI CRISTO, CHE FU PRESENTATO UFFICIALMENTE NEL 1916 ED ALCUNE SCENE FURONO GIRATE A CORI (LT), DOVE PARECCHI CORESI DI ALLORA FURONO INGAGGIATI PER DELLE COMPARSE.

Nell’ultimo decennio si è parlato molto a Cori del film muto “Christus” del regista Giulio Cesare Antamoro (1877 – 1945), prodotto dalla Cines di Roma e si è altrettanto visionato tante volte, dopo che fu trovato casualmente in una bancarella. Il lungometraggio fu girato tra il 1914 ed il 1915 in Egitto ed a Cori. Gli interpreti principali furono alcuni divi degli albori cinematografici degli anni ’10 del ‘900: Alberto Pasquali (nel ruolo di Gesù), Augusto Mastripietri (Giuda Iscariota), Amleto Novelli (Ponzio Pilato), Leda Gys (Madonna), Amalia Cattaneo (Maria Maddalena). Il film è diviso in tre parti, denominate "Misteri". Il primo Mistero comprende l'arrivo di Gesù , dei re Magi, di Erode e Pilato, la strage degli innocenti e la fuga in Egitto. Il secondo Mistero comprende la predicazione di Giordano, gli episodi dell'adultera, la cacciata dei mercanti dal tempio e l'ingresso trionfale a Gerusalemme. Il terzo Mistero è a sua volta suddiviso in tre parti: la Passione, la Morte e la Resurrezione.



Quando scorrono le molte immagini cinematografiche si possono riconoscere benissimo alcune zone di Cori: Piazza Monte Pio, in cui venne girata la scena della strage degli innocenti, mentre nelle scene della passione e della crocefissione  si possono riconoscere la scalinata di Santa Maria della Pietà, le Pietre, l’odierna Via De Rossi e il Monte del Soccorso. Come mai proprio Cori fu scelto per quel film? Probabilmente perché il paese era frequentato da alcuni intellettuali romani, conoscenti dei produttori del Christus, tra i quali il poeta Trilussa (che alcuni anni dopo conoscerà la sua fedele serva Rosa Tomei). La popolazione corese di allora, in gran parte contadina, abbandonò il lavoro nei campi perché fu ingaggiata per recitare in dei ruoli secondari, per poi fare la fila nell’attuale Piazza Signina per la sospirata paga: banconote di grosso taglio e attaccate tra loro, chiuse in delle grandi valigie, venivano separate con le forbici. Una manna dal cielo, uno svago, un lavoro insolito alla vigilia dell’entrata nella Prima Guerra Mondiale dell’Italia, la quale coinvolse anche molti “attori improvvisati” di Cori; in piena guerra, sul finire del 1916, ci fu la prima del film. Seguono i filmati presenti in rete: il primo è una presentazione, il secondo è il film vero e proprio.