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domenica 27 marzo 2022

489) LE GUERRE SPETTACOLI TELEVISIVI

DALLA GUERRA DEL GOLFO IN POI DEL 1991 (LA PRIMA IN DIRETTA TELEVISIVA), SUPERATA LA GRANDE PAURA, SIAMO ABITUATI A VEDERE I CONFLITTI BELLICI COME SPETTACOLI TELEVISIVI (JUGOSLAVIA, AFGHANISTAN, IRAQ, ISRAELE, LIBIA, UCRAINA) E PENSIAMO CHE MAI E POI MAI POTRANNO GIUNGERE SINO A NOI.

 


Quando sentiamo parlare di guerra, noi in Italia, pensiamo immediatamente ai racconti dei nostri nonni o in minima parte dei genitori che l’hanno vissuta in tenera età. Oggi, nonostante la generazione della Seconda Guerra Mondiale sia quasi estinta, conserviamo dentro di noi quelle drammatiche testimonianze, senza immedesimarci completamente in esse perché non le abbiamo vissute direttamente. Successivamente abbiamo avuto gli anni di piombo con la strategia della tensione, ma non possono essere paragonati a delle vere e proprie guerre. Le prime belligeranze successive al 1945 (Corea, Vietnam, Algeria, Israele varie volte e altre) erano per noi considerati eventi che accadevano molto lontano o sommosse locali che non ci coinvolgevano direttamente.

La prima guerra in cui tornò la grande paura fu quella del Golfo nel 1991: infatti l’Italia partecipò, in una coalizione promossa dall’Onu, con l’aereonautica militare per colpire degli obbiettivi ben definiti. Essa fu la prima guerra in diretta televisiva della storia: fu l’amplificazione mediatica che fece scaturire nelle masse un gran timore che potesse arrivare sino da noi o al massimo che avremmo potuto subire qualche attacco missilistico. Iniziarono tutti a fare gradi scorte di cibo, di acqua confezionata (per timore che i nemici infiltrati potessero avvelenare le sorgenti), le mogli e le madri erano preoccupate che potessero richiamare i loro mariti, i loro figli, alle armi, si parlava di confinare e di tenere sotto sorveglianza gli individui di etnia araba che erano allora presenti. Col passare delle settimane, la gente comodamente seduta in salotto e mentre assisteva via cavo all’evolversi degli eventi bellici (tra case distrutte, sangue, morti, feriti), si rese conto che quella guerra era uno dei tanti spettacoli televisivi, se non interessava bastava cambiar canale; che tutti quei timori erano infondati e che eravamo inattaccabili, essendo chiusi in una botte di ferro.

Fu così che non ci furono più preoccupazioni per i conflitti che seguirono, compresi quelli vicino casa nostra, come in Jugoslavia, dove l’Italia tornò in una coalizione internazionale nel 1999 per bombardare la Serbia, o in Libia (eravamo sotto protezione americana ci spaventarono  poco i missili su Lampedusa). Un po’ di preoccupazione tornò dopo l’11 settembre 2001, ma avevano colpito gli americani, i “cattivi del mondo”, “noi cosa abbiamo fatto di male?” si diceva. Trovavamo sempre delle giustificazioni anche quando altri attentati della stessa matrice colpivano le città europee, non preoccupandoci tanto per le città italiane. Mentre altre nazioni erano impegnate in prima linea nella lotta al terrorismo, diversi contingenti militari italiani parteciparono negli anni a delle missioni di pace, al fine di mantenere l’ordine pubblico in aree instabili (Congo, Bosnia, Kosovo, Somalia, Iraq, Libano, Afghanistan), sebbene ci fossero stati molti caduti, come in Afghanistan, in Iraq, in Somalia, in Congo nel 1961. Abbiamo avuto nel corso dei decenni dei caduti militari italiani sì, sempre lontano dalla patria. Conseguentemente gli italici sono abituati a vedere le guerre come eventi lontani di un'altra dimensione e non fanno parte delle loro realtà, tranne nei rari casi in cui si hanno dei familiari caduti all’estero in missione.

Oggi, con l’odierna guerra tra Russia e Ucraina, è tornato il grande evento mediatico, che ha il fine di terrorizzare, che occupa interamente gli spazi televisivi. Essendo la Russia la seconda potenza nucleare del mondo, c’era molta preoccupazione per un ipotetico intervento della Nato per contrastarla, col passare del tempo si è capito che nessuno interviene per non scatenare una Terza Guerra Mondiale devastante e tutti sono tornati a vedere il conflitto come un normale evento televisivo, uno spettacolo drammatico con le immagini scioccanti: la maggioranza dei telespettatori prova dispiacere, tristezza, compassione, angoscia, pensando che a loro non potrà mai succedere una cosa del genere. La preoccupazione che li coinvolge di più sembra quella per l’aumento dei prezzi. Fatta l’abitudine alla belligeranza, i media hanno ricominciato a dare qualche spazio ad altri fatti ed avvenimenti: hanno ripreso il Covid, hanno parlato della nazionale di calcio non qualificata ancora una volta per i mondiali. Dovrebbe finire come le altre volte, però non si sa mai, tutti i conflitti sono imprevedibili: a volte basta un niente per farli allargare, coinvolgendo altre nazioni. Speriamo di no.

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