bandiera

bandiera

sabato 26 marzo 2016

307) FERMIAMO L'ISLAMIZZAZIONE



Bombe a Bruxelles: salta in aria l’Europa “eunuco”

di Paolo Di Caro, il


Adesso metterete le vostre idiote bandierine belghe sul profilo facebook, pronti a piangere i morti dell’ennesima strage perpetrata dal nemico invisibile, ma che grida “Allah Akbar” prima di farsi esplodere.

Lo farete dopo aver difeso la società multirazziale che a Bruxelles, come nei sobborghi di mezza Europa, semplicemente non esiste.

Siete mai stati a Molenbeeck, il quartiere della città-burocrazia nel quale si applica la legge coranica?
Avete mai respirato quell’odore acre nel quale fanatismo, delinquenza e impunità si mescolano fino a farti mancare il respiro?

Bruxelles è un simbolo dell’Europa senza spina dorsale: forte coi deboli, i Popoli costretti a subire normative vessanti e cervellotiche, debole coi forti, quelli che con le armi e dietro il paravento di un testo sacro si prendono interi quartieri e li trasformano in “enclave” terroristiche protette e inaccessibili alle forze di polizia locali.

Verrebbe da dire che chi ha difeso una finta società multiculturale e multirazziale senza regole e senza rispetto di identità e tradizioni oggi si meriti quello che accade, ma proprio la nostra cultura e le nostre tradizioni ci impediscono di gioirne.

Certo solo l’ipocrisia finto egualitarista di certo pensiero debolissimo poteva e può tollerare la proliferazione e il consolidamento di sacche di fanatismo religioso ingrassate da condizioni economiche e sociali aberranti, pronte ad esplodere (sic!) al primo accenno di reazione e di fastidio degli annoiati e imbelli Popoli di quello che enfaticamente definiamo “Occidente”.

Ieri catturiamo nel cuore di Molenbeeck il ricercatissimo Salah e oggi il terrore spappola cervelli, braccia e gambe all’aeroporto e in metropolitana, semina il panico, si fa beffe di misure di sicurezza, metal detector, cani-artificieri.


Eppure stamattina i burocrati di Schumann, di Berlaymont, di Charlemagne, di Justus Liptus andranno a lavoro nei palazzi di vetro e acciaio di questa piccola Europa, continueranno a pensare al debito pubblico della Grecia e a bacchettare le finanziarie di Spagna e Italia, mentre a casa loro, a due fermate di metropolitana, centinaia di fondamentalisti islamici insediati nel fortino di Molenbeeck esulteranno per la morte degli infedeli, protetti persino da una legge ridicola che vieta le perquisizioni notturne per non disturbare la quiete pubblica.

La guerra asimmetrica del terrorismo islamico è il poligono che entra convesso nelle debolezze concave di questo ventre molle: veniamo a casa vostra, ci aprite le porte, ci regalate le vostre case, i vostri quartieri, le vostre Città, ma se vi azzardate a reagire, o a fingere di farlo, vi facciamo saltare in aria dove vi sentite più protetti.

Le guerre sono fatte di simboli e di azioni simboliche.
Prima ancora di interrogarsi sui propri errori, una Nazione degna di questo nome e della propria lettera maiuscola farebbe irruzione in quel quartiere e se lo riprenderebbe anche con la forza, smettendola di piangersi addosso sul lettino dello psicologo e citando manuali di sociologia.

Invece metteremo bandiere del Belgio sui profili, fingeremo di intensificare la missione in Siria, insisteremo sulle politiche di integrazione e di accoglienza, senza preoccuparci minimamente del fatto che entrambi i vocaboli andrebbero declinati come sinonimi di convivenza civile, rispetto delle regole e delle tradizioni di chi ospita, garanzia di condizioni di vita che non favoriscano conflitti sociali e guerre fra poveri.

Troppo difficile, vero?

Meglio lucrare sul business dell’immigrazione, lavandosi la coscienza con un corso di formazione per mediatori culturali e un simposio sul dialogo interreligioso, tanto quanto basta per potersi accomodare nei salotti fighetti dove si predica solo il politicamente corretto.

Avete preferito questa Europa “eunuco” al conclave di Popoli e Culture che la storia vi aveva affidato, quindi risparmiate le lacrime e lasciate che a piangere siano i soli che saltano per aria mentre voi guardate la skyline di Bruxelles dai palazzi di vetro della Città-burocrazia.

Che riposino in pace.

Riproduzione riservata - ©2016 Qelsi Quotidiano

http://www.qelsi.it/2016/bombe-a-bruxelles-salta-in-aria-leuropa-eunuco/

2 commenti:

  1. 26/03/2016 09:55
    Cagliari bloccata dagli immigrati
    Arrivano in 600 ma non vogliono farsi identificare - Intanto Renzi vola a Lampedusa per il solito ritornello buonista
    Cagliari bloccata dagli immigrati

    Mentre Matteo Renzi vola a Lampedusa a ripetere la soluta solfa buonista sull’accoglienza degli immigrati, in un’altra isola – sempre italiana – succede di tutto. Siamo a Cagliari, dove circa duecento immigrati ospiti nella struttura di accoglienza del capoluogo sardo hanno bloccato il centro della città in segno di protesta e ripetendo che loro di dare le impronte digitali all’Italia non vogliono proprio saperne.

    Si tratta di una parte dei 667 profughi che lunedì scorso sono sbarcati in Sardegna e alcuni di loro hanno trovato rifugio nell'hotel Pirri. Qui stanno più che bene, hanno tutti i comfort a loro disposizione, ma hanno già fatto sapere di volersene andare dalla Sardegna e pure dall’Italia, desiderosi come sono di raggiungere i parenti sparsi in ogni angolo dell’Europa.

    E nelle ultime ore, in segno di ulteriore protesta e per dar forza alle loro rivendicazioni, si sono anche rifiutati di essere identificati tramite le impronte digitali perché così temono di dover stare per lungo tempo in Italia.

    I mediatori culturali e il personale della struttura cagliaritana hanno cercato di convincere gli immigrati e di spiegar loro come stanno le cose (le impronte ne permettono l’identificazione e quindi sarebbe anche più facile trasferirli altrove), ma gli ospiti non se ne danno ragione e hanno quindi deciso di bloccare il centro di Cagliari in segno di protesta.

    "Non vogliamo più stare qui e le nostre impronte non ve le daremo. Non ci terrete in Italia per sempre", hanno urlato, fino all’intervento della polizia. Subito dopo, un altri gruppo di immigrati – provengono soprattutto dalla Somalia e dall’Eritrea – hanno iniziato lo sciopero della fame.

    Problematiche che a quanto pare non interessano il presidente del Consiglio Renzi che, come detto, ieri è volato a Lampedusa per ripetere la solita filastrocca, accompagnato dal ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio.

    Lampedusa "deve essere un luogo vivo e vissuto. Non è la periferia dell'Italia. Per noi l'isola è così centrale che oggi siamo qui. Servono risposte concrete – ha detto il premier, per poi aggiungere che “questo luogo ha unito la bellezza geografica dei luoghi alla bellezza dei propri abitanti. Questo luogo oggi vuole essere considerato per quello che è: una porta d’Europa ma anche un luogo dove poter vivere bene Lampedusa è il punto geograficamente più lontano, più a sud di Tunisi ma per tutti gli italiani deve essere uno dei luoghi centrali del nostro Paese e della nostra Europa”.

    Lo ha detto il premier Matteo Renzi nel corso dell'incontro con il sindaco di Lampedusa Giusi Nicolini. "Quando siamo andati a Tunisi ci hanno detto: siamo più vicini noi all'Italia che Lampedusa", ricorda Renzi.

    RispondiElimina
  2. Lite in carcere: musulmano non vuole che il compagno di cella mangi maiale
    di Ginevra Sorrentino
    sabato 26 marzo 2016 - 10:53

    Lite in carcere: un tema abusato e ricamato da sempre. Cinema di ambientazione penitenziaria e letteratura carceraria tramandano da sempre il racconto della lotta per l’affermazione del potere in carcere: botte da orbi, risse colossali e persino misteriosi omicidi da sempre animano il mito della guerra tra bande – o tra aspiranti capi – perennemente in corso tra le mura degli istituti di pena disseminati per il mondo. Adesso però il mito dovrà necessariamente aggiornarsi alle ultimi “evoluzioni” della cronaca che, in materia di botte in cella, registra l’ultimo singolare caso: quello di una lite tra un detenuto di fede musulmana e il malcapitato compagno di cella sulla “supremazia del menù”…
    Lite in carcere tra un musulmano e un italiano

    Già, perché proprio di questo si è trattato, a grandi linee, nel caso su cui la Polizia penitenziaria ha avviato i necessari approfondimenti, e che si è verificato nei giorni scorsi in carcere a Bologna: botte in carcere tra due detenuti costretti a dividersi la cella. Motivo del contendere? L’acquisto di prodotti con carne di maiale. Dunque il pranzo – o meglio, i rimandi religiosi che può comprendere e i tabù alimentari che ne potrebbero derivare – avrebbe fatto scattare la rissa tra i due, a seguito dell’intervento delle forze dell’ordine separati in due spazi diversi.
    Botte in cella: maiale sì o maiale no?

    Secondo quanto fin qui ricostruito, i problemi tra i due contendenti, un italiano e un nordafricano, sarebbero sorti intorno al cibo: il primo avrebbe riferito che il compagno di cella non gli avrebbe consentito di comprare generi alimentari di origine suina perché «non vuole l’origine del peccato nella propria cella». Notoriamente, infatti, secondo il credo musulmano il maiale è bandito dalle tavole dei seguaci del Corano in quanto animale impuro. Ma il detenuto italiano, evidentemente per nulla d’accordo sull’esclusione di salame e braciole dalla sua alimentazione, e nient’affatto intenzionato a demonizzare l’animale e il suo succulento utilizzo gastronomico, avrebbe obiettato le sue argomentazioni al compagno di cella. E più che la fede è stata la fedina penale a fare evidentemente la differenza… Ora sono scattati i dovuti accertamenti e della vicenda sono stati informati anche i dirigenti dell’istituto penitenziario bolognese. Non è dato sapere, però, se intanto il pasto giornaliero servito ai due abbia dato ragione all’uno o all’altro

    RispondiElimina