bandiera

bandiera

sabato 20 febbraio 2010

42) IL GIORNALE DI INDRO MONTANELLI

Da circa un decennio si può leggere nei locali pubblici, principalmente nei caffè, il quotidiano “Il Giornale”, cioè da quando si vende abbinato al giornale della provincia di Latina “Latina Oggi”: al prezzo di un quotidiano se ne prendono due. Generalmente i nostri pubblici locali acquistano quattro quotidiani per farli leggere ai loro clienti: Il Messaggero, Corriere dello Sport e appunto Il Giornale con allegato Latina Oggi. Il Messaggero è interessante per la cronaca della nostra provincia, nelle pagine nazionali è troppo orientato da “una parte”, ma da quando si legge anche Il Giornale l’equilibrio è tornato a regnare. Nelle ultime settimane Il Giornale ha abbinato un inserto con le prime pagine di quel quotidiano quando ne era direttore Indro Montanelli, tra il 1974 e il 1994, che ne fu anche il fondatore; ho letto con attenzione quelle prime pagine e gli editoriali del direttore. Il Giornale fu fondato dal principe del giornalismo italiano Montanelli nel 1974, quando fu allontanato dal Corriere della Sera che aveva assunto una linea editoriale progressista, in contrasto con quella di Montanelli. Indro Montanelli, conosciuto anche per la sua macchina da scrivere Lettera 22 Olivetti, fu sempre un uomo conservatore, di destra, ma antifascista e antiberlusconiano. In gioventù, dopo essersi laureato in giurisprudenza, aderì agli ideali fascisti: partì volontario per la guerra italo – etiopica, sposò una dodicenne eritrea pagando al padre 500 lire, ma successivamente i matrimoni tra italiani ed africani furono vietati dal Regime: Montanelli approvò. Andò come giornalista in Spagna per la guerra civile  e lì, venuto a contatto con anarchici, divenne antifascista: per degli articoli che ledevano all’onore dell’Italia fu escluso dall’albo dei giornalisti e fu sospeso dal Partito Fascista; nonostante ciò Il Corriere della Sera lo assunse perché credeva nel suo talento. Fu inviato nell’Europa dell’Est per seguire l’evolversi degli eventi bellici e incontrò Adolf Hitler; seguì anche le operazioni militari italiane nei Balcani e al fronte Greco – Albanese: un suo articolo fu considerato disfattista dal Minculpop che gli chiuse il suo settimanale Panorama. Nel 1942 sposò un’austriaca, nel 1943 aderì ad una formazione partigiana, “Giustizia e Libertà”: fu scoperto dai tedeschi, arrestato, rinchiuso nel carcere milanese di San Vittore, dove incontrò Mike Bongiorno, e condannato a morte. La condanna a morte fu scongiurata grazie all’intervento del Cardinale di Milano Ildefonso Shuster; e grazie alla famiglia Crespi, proprietaria del Corriere della Sera, riuscì ad evadere dal carcere a a fuggire all’estero. Il dopoguerra non fu facile: gli antifascisti non gli perdonarono l’adesione al regime e gli ex fascisti non gli perdonarono il tradimento dopo l’8 settembre 1943, ma riuscì a tornare al Corriere della Sera, nel settimanale "La Domenica del Corriere". Si cimentò anche come storico scrivendo la storia Greca e Romana e la storia del colonialismo, difendendo quello italiano perché, a suo avviso, era stato un colonialismo bonario a differenza di quello inglese e francese. Come abbiamo detto nel 1974, anno del suo terzo matrimonio, uscì dal Corriere della Sera e fondò, con l’aiuto della Montedison, un quotidiano a struttura cooperativa denominato Il Giornale Nuovo: Montanelli avrebbe preferito chiamarlo Il Giornale ma già esisteva un altro quotidiano che si chiamava così, nel 1983 con la chiusura dell’altro quotidiano, poté chiamare il suo giornale col nome che preferiva.

Il primo numero de Il Giornale del 25 giugno 1974

I primi anni furono caratterizzati dalla linea anticomunista: alle politiche del 1976 c’era il pericolo del sorpasso del Pci ai danni della Dc e Montanelli, che non aveva molte simpatie democristiane, invitò a votare Dc turandosi il naso. Nel giugno 1977, nell’arroventato clima degli anni di piombo, fu gambizzato dalle Brigate Rosse con un attentato. Il Giornale trovò in quell’anno, nell’imprenditore Silvio Berlusconi, un generoso contribuente per sostenere le esorbitanti spese e negli anni successivi ne acquisì sempre maggiori quote fino a divenirne il maggior azionista. Il Berlusconi imprenditore non era per nulla invadente, lasciava ampia autonomia a Montanelli sul piano politico, gli interessava soltanto che le pagine degli spettacoli e dello sport dessero importanza alle sue televisioni e al Milan. Ci furono dei problemi con Craxi primo ministro, amico storico di Berlusconi, il quale non era visto di buon occhio da Montanelli. Non vide di buon occhio neanche l’elezione di Scalfaro a Presidente della Repubblica del 1992, grazie alle bombe di Capaci, rivelandosi un buon profeta. Da spirito conservatore rese solenni onori a Umberto II di Savoia, ultimo Re d’Italia, morto a Ginevra nel 1983. Nel 1991 M. rifiutò la carica di senatore a vita che gli fu offerta dal Presidente Cossiga perché secondo lui un giornalista, conoscendo il potere, non è più sé stesso . Nel 1994 Silvio Berlusconi annunciò la discesa in campo, chiedendo a Il Giornale, passato sotto la proprietà del fratello Paolo per la legge Mammì, di appoggiarlo nella campagna elettorale, Montanelli non accettò perché dopo la bufera di Tangentopoli vedeva in Mario Segni l’uomo della provvidenza e fu costretto a lasciare. La sinistra, dopo aver considerato Montanelli per un cinquantennio quasi un fascista, gli innalzò un monumento. Fondò, insieme ad altri dissidenti de Il Giornale tra cui Marco Travaglio, un nuovo quotidiano antiberlusconiano denominato La Voce, che durerà solo pochi mesi. Marco Travaglio, assunto a Il Giornale da Montanelli, prima di divenire antiberlusconiano, tifava per Berlusconi durante le sue questioni imprenditoriali di disputa con De Benedetti. Questo Travaglio quando parla degli altri è sempre minuzioso, preciso nell’accusare, quando gli fanno notare alcune sue vicende personali di amicizie con mafiosi si infuoca, arrabbiandosi molto. Montanelli negli ultimi anni di vita assunse posizioni durissime, di netta opposizione e chiusura verso Berlusconi, soprattutto durante la campagna elettorale del 2001, anno in cui Berlusconi tornò al governo, pochi mesi prima della sua morte. La direzione de Il Giornale fu assunta nel 1994 da Vittorio Feltri fino al 1997, quindi toccò a Mario Cervi sino al 2001, a Maurizio Belpietro, a Mario Giordano e di nuovo a Feltri: la scorsa estate con una bomba su Dino Boffo, direttore di Avvenire, Feltri riprese la direzione del quotidiano che nel 1997 era stato costretto a lasciare per un articolo a favore di Di Pietro. Attualmente il quotidiano è il settimo in Italia per diffusione, favorito anche dal fatto che viene dato insieme a molti giornali di cronace provinciali, ma già dopo l'addio di Montanelli i successivi direttori incrementarono le vendite. Con Montanelli il quotidiano non andava malissimo da quel punto di vista: aveva i suoi fedelissimi lettori sottratti al Corriere.

Questa fu l’epigrafe di Montanelli scritta dallo stesso giornalista per la sua morte:
“Mercoledì, 18 luglio 2001 - ore 1.40 del mattino. Giunto al termine della sua lunga e tormentata esistenza - Indro Montanelli - giornalista - Fucecchio 1909, Milano 2001 - prende congedo dai suoi lettori ringraziandoli dell'affetto e della fedeltà con cui lo hanno seguito. Le sue cremate ceneri siano raccolte in un'urna fissata alla base, ma non murata, sopra il loculo di sua madre Maddalena nella modesta cappella di Fucecchio. Non sono gradite né cerimonie religiose, né commemorazioni civili”.

Nessun commento:

Posta un commento